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Autore: Sparkle_    05/07/2012    2 recensioni
[...]“Bene. Seppellirà anche i fantasmi. I miei fantasmi. E me con loro.” Si ritrovò a pensare, mentre vagava per il cortile. Ma i fantasmi potevano essere seppelliti? Questo Theon non lo sapeva e neanche gli importava se la neve sarebbe stata capace di seppellire lui.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Echi del passato

 
L’aria notturna era gelida. Talmente fredda che Theon sentiva dolore nel respirarla. La sentiva infilarsi dalle sue narici e raschiare lungo la gola, sino a finire nei polmoni dove si tramutava in pugnali che affondavano nella sua carne martoriata aggiungendo dolore ad altro dolore. Fece un respiro, poi un altro. Tra non molto il freddo avrebbe anestetizzato tutto, e niente sarebbe stato più doloroso. Le labbra si sarebbero intorpidite, le dita scuoiate non sarebbero state più un tormento, i piedi e le mani mutilate si sarebbero così addormentate da dare a Theon l’impressione che fossero ancora lì, come prima. Restituendogli le mani forti e precise per la spada e l’arco e i piedi decisi e sicuri per camminare come si addice a un lord di alto lignaggio. Per poter essere di nuovo Theon Greyjoy.
“No, quello non è il mio nome. Il mio nome è Reek, che fa rima con weak, debole.” Doveva ricordarselo o Ramsay si sarebbe preso le altre dita e magari sarebbe passato anche ad altre parti del corpo, giusto per vedere che effetto avrebbe avuto su Theon.
Tutto era silenzioso. Pareva che tutti i suoni fossero fuggiti dagli artigli del gelo per abbandonare Grande Inverno a morire tra la neve e il silenzio.
Theon continuò a camminare, ogni tanto lanciando uno sguardo alle sentinelle sui camminamenti delle mura. Roose Bolton aveva raddoppiato le difese, ma le sentinelle che avrebbero dovuto montare la guardia, e scrutare le tenebre per avvistare Stannis e il suo esercito pronto a dare l’assalto, erano tutte raggruppate intorno ai fuochi, ritenendo più interessante scrutare le fiamme che congelarsi le palle al buio.
Nessuno di loro si accorse di Theon fino a quando egli non fu sotto le mura, allora una sentinella si allontanò dal fuoco lasciando i suoi due compagni e borbotto «Chi va la?»
Theon alzò lo sguardo. “Theon, della Casa Greyjoy di Pyke. Lord di Pyke e re delle Isole di Ferro.” Ma si ricordò di Reek e delle celle di Forte Terrore. Non riuscì a parlare.
La guardi abbassò una torcia e una volta che la luce della fiamma traballante scivolò sul volto di Theon, si ritrasse con un ghigno e come se Theon non esistesse si rivolse al compagno «Il Voltagabbana». Tutte e due le guardie risero e sputarono. Theon diede loro la stessa considerazione a lui riservatagli.
Così riprese la sua camminata nella neve.

La neve aveva concesso al castello una tregua. Non cadeva da un giorno, ma quella notte si potevano vedere nuvole bianche cariche di neve, pronta a sotterrare Grande Inverno per sempre.
“Bene. Seppellirà anche i fantasmi. I miei fantasmi. E me con loro.” Si ritrovò a pensare, mentre vagava per il cortile. Ma i fantasmi potevano essere seppelliti? Questo Theon non lo sapeva e neanche gli importava se la neve sarebbe stata capace di seppellire lui.
La morte era una prospettiva allettante. Quando era prigioniero a Forte Terrore e prima di diventare Reek, aveva cercato molte volte una via di fuga. Quando era Reek, per lui morte o vita non facevano alcuna differenza se una delle due gli avrebbe risparmiato la sofferenza di un dito che viene scorticato o amputato. Ma adesso, a Grande Inverno, era quasi confuso sul chi fosse realmente e si era ritrovato a pensare alla morte come soluzione.
Più e più volte aveva immaginato  a come sarebbe stato facile assalire Ramsay con il suo pugnale. Quasi certamente non lo avrebbe ferito granché a causa del suo avanzato deperimento fisico, ma questo gli avrebbe fatto guadagnare sicuramente la forca. Oppure no. Forse il Bastardo si sarebbe divertito con lui fino a quando Theon non avesse supplicato di essere ucciso e allora lord Snow lo avrebbe accontentato, perché a lui piaceva, come piaceva a suo padre, essere supplicato.

La morte lo avrebbe sicuramente liberato dagli spettri. Theon dormiva male o evitava di dormire per ciò che lo aspettava nei sogni.
Spesso sognava lord Eddard che lo condannava a morte per quello che aveva fatto. Theon non negava mai, ma si limitava ad abbassare la testa pronto ad assaporare per la prima e ultima volta il morso di Ghiaccio, l’antica spada lunga in acciaio di Valyria che accompagnava le esecuzione da centinaia di anni. Ogni volta che lord Eddard stava per calare la lama lui alzava la testa e al posto del lord c’era Robb. Provava sempre a dire qualcosa. Voleva dire a Robb che non aveva ucciso Bran e Rickon ma non ci riusciva mai. Robb lo scrutava con le labbra tirate e la mascella contratta, occhi penetranti, il viso severo e accusatore, carico di rabbia e forse anche di tristezza. E mentre Theon apriva la bocca per parlare, Robb calava Ghiaccio sul suo collo. E tutto finiva.
Altre volte vedeva lady Catelyn con accanto i suoi figli e i loro metalupi. C’era persino Jon Snow con loro, seduto più dietro con Spettro accanto. Tutti loro lo accusavano in silenzio. Non muovevano la bocca, ma nella sua testa Theon sentiva le loro urla e le loro condanne. Poi rami spuntavano loro dalla testa, i piedi si piantavano nel terreno e si fondevano con esso, i corpi diventavano bianchi e crescevano, le mani diventavano rosse come il sangue e si moltiplicavano, gli occhi e la bocca diventavano grotteschi e da loro colava sangue. Così Theon si ritrovava circondato da Alberi del cuore con i metalupi che, ringhiando e colando bava dalla bocca, gli danzavano intorno.
Di solito si svegliava di soprassalto, scosso da tremiti e sudato. Poi per paura di scontrarsi di nuovo con quegli incubi durante il sono, usciva nel cortile oppure camminava nel Parco degli dei.
Infestava Grande Inverno come i fantasmi infestano i castelli abbandonati in cui era accaduto qualcosa di terribile. Dopo tutto Grande Inverno era un ammasso di mura distrutte dal fuoco e Theon Greyjoy era ormai un uomo in rovina.

Quella notte era stato diverso. Theon non aveva sognato Robb o gli Stark che volevano il suo sangue o i loro metalupi affamati. Aveva sognato un’altra vita. Aveva sognato qualcosa simile a una casa.
Era un sogno dolce. Lui era un bambino in groppa a un cavallo con accanto un gruppo di guardie, a poca distanza da lui cavalcava lord Eddard Stark. Era tutto sfocato, ma avvolto da un’atmosfera di pace idilliaca che infondeva in lui felicità. Anche se Theon ricordava benissimo che il suo arrivo a Grande Inverno non era stato altrettanto felice. Sapeva che non attraversava la doppia cinta di mura come ospite bensì come ostaggio, e che se suo padre fosse stato tanto temerario da accennare a una nuova ribellione, per prima sarebbe stata la sua di testa a staccarsi dal resto del corpo. E poi quella di Balon Greyjoy.
Così Theon Greyjoy era entrato a Grande Inverno pieno di paura come una pecora che viene spinta nella tana del lupo.
Ma non nel sogno. Lì Grande Inverno significava casa, sicurezza e protezione.
Poi il sogno muto dolcemente come le onde del mare calmo, e lui giocava con Robb e Jon Snow nel cortile di addestramento. E rideva. Robb era suo fratello. Persino Jon Snow gli sembrava più simpatico e meno ombroso.
Crebbero nel cortile degli addestramenti. Theon sapeva di essere cresciuto, se ne accorse dalle sue mani, e da Robb che gli stava davanti.
Arrivarono Sansa e Arya correndo e strillando. Adesso la spada erano scomparse e lui si ritrovò chino sullo stagno nero nel Parco degli dei.
Vide il suo viso riflesso. Era giovane e bello, dagli occhi brillanti e le labbra incurvate in un sorriso che mostrava i denti perfetti. E faceva male. Ma era un male piacevole osservare ciò che era stato perduto per sempre.
Quando alzò lo sguardo quella sensazione aveva intriso tutti gli elementi di Grande Inverno. Dallo stango alle foglie, dalle persone che trafficavano nel castello al cielo blu pervaso dalla calma, da Robb a Arya.
Lui sapeva di esserne la causa ma era tempo di banchettare e prese posto nella tavola alta dei lord insieme a tutti gli Stark al completo. Adesso c’erano anche Bran, con ancora le sue gambe, e il piccolo Rickon che strillava tra le braccia di lady Catelyn.
Ma tutti ridevano ed erano felici. Ed anche lui rideva, ma al posto della felicità c’era quella malinconia che attanaglia il cuore nella sua stretta vellutata e non lo lascia più.
Nel sogno forse pianse. E forse rimase a piangere per un po’ in silenzio anche quando si svegliò. Non lo ricordava, Theon. Non ricordava niente eppure sapeva tutto. Forse anche adesso, mentre stava camminando per le rovine, stava sognando. Forse non si era ancora svegliato. O forse si?
“Forse sono impazzito. Ho avuto diversi fratelli e sorelle. Ma chi di loro era vero? Ho avuto diversi padri. Ma chi di loro lo era? Ho avuto diverse case. Ma in quale ero ben accetto? Ho avuto diversi nomi. Ma qual era il mio?” Troppo. Troppo da ricordare e troppo da dimenticare.
Questi pensieri facevano diventare la testa di Theon pesante. Troppe vite che coabitavano in un unico corpo. “Alcune perse per sempre, alcune passate e alcune presenti.” Ma qual erano le une e le altre? E la futura? Quest’ultima Theon non la vedeva. Era inconsistente e buia tanto quanto lo era il parco degli dei a quell’ora della notte.
Era finito lì senza sapere come. Adesso non aveva neanche freddo. Forse era davvero un sogno.
Scivolò sulla neve con la convinzione di non farcela a rialzarsi. Pianse. Sentiva le lacrime salate finirgli in bocca. Erano salate come il mare dal quale era nato in una delle sue numerose vite, non ricordava quale. Forse quelle lacrime erano reali.
La malinconia lo riavvolse nel suo tepore. Gli dei del Nord erano crudi e brutali come quelle terre, ma le scuse dovevano essere comunque ascoltate.
«Scusate.»riuscì solamente a sussurrare con il viso tra le mani. Non piangeva, ma non poteva reggere lo sguardo del volto austero intagliato nell’albero. Non lo avrebbe sopportato, e forse sarebbe scappato via se lo avesse guardato.

Le foglie sibilarono tra loro. Non c’era vento, Theon lo percepiva, e l’aria pareva anche più calda. Le foglie continuarono fin quando il sibilo non si espanse per tutto il parco degli dei e lui poté quasi udire chiaramente parole sussurrate in una lingua antica, ripetute con un certo intervallo e riprodotte in un certo modo. Sembrava una canzone.
Forse i Figli della foresta stavano cantando, come diceva la vecchia Nan. Stavano cantando per lui? Theon non ebbe il coraggio di alzare gli occhi.
Poi come tutto era iniziato così finì. Theon si alzò. La pace malinconia se l’era portata via la fine del canto, che in cambio gli aveva restituito il peso e i dolori del presente.
Si  girò dritto verso il castello, lasciando il parco degli dei alla sua notte. Mentre camminava nella neve una fitta gli percorse il piede, talmente lancinante da farlo cadere sulle ginocchia con le mani nella neve per evitare di finirci di faccia.
E Theon seppe che non era un sogno, ma erano solamente fantasmi.




Note: Premetto che è la prima fan fiction che mi accingo a pubblicare. Volevo solo chiarire il collocamento di questa one-shot che va posizionata verso la metà di A Dance with Dragon (tra il penultimo e ultimo capitolo di Theon in I Fuochi di Valirya, nella versione italiana).
   
 
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