Le allegre comari di Windsor slash
ovvero
quando le slasher presero il comando della situazione
ovvero
quando le slasher presero il comando della situazione
Prologue
Parigi ha la chiave del cuor, cantava Sophie nel film ''Anastasia'' mentre portava la rossa protagonista a fare un giro di shopping selvaggio tra le migliori boutique della capitale francese.
Parigi ha la chiave del cuor, vero. Ma bisogna proprio saperla maneggiare con cura, quella chiave, perchè molti portoni possano aprirsi senza problemi.
Forse era in onore di quella vecchia canzone che la parigina Julienne Moreau aveva aperto quel cafè, chiamandolo - per l'appunto- Cafè de l'Amour.
Il cafè citato era costituito da una pittoresca villetta bianca nel centro della caotica città, risalente al periodo Napoleonico, che era stata ristrutturata, arredata - anche se molti dei mobili erano rimasti- e adattata ad accogliere i futuri frequentatori. Che non erano tardati ad arrivare.
Comodamente seduta su una poltrona di vimini del terrazzino del suddetto cafè, che le dava un'ampia visuale sugli Champs-Élysées, la schiena poggiata ad eleganti cuscini damascati, Irene Adler aspettava la persona a cui aveva dato appuntamento avvolta in un elegante talleuir nero, un filo di perle intorno al collo e una costosa camicetta bianca che ne evidenziava le forme eleganti.
Davanti a lei una teiera di the al bergamotto e dei pasticcini adatti ad accompagnare la bevanda: la ''Donna'' sorrideva pazientemente, girando il cucchiaino argenteo nella tazza di porcellana.
Un rumore di passi affrettati alle sue spalle la avvisò dell'arrivo della persona che stava aspettando: con un sorriso posò la tazza nel piattino abbinato e si alzò, osservando la donna che stava di fronte a lei.
Alta, capelli lunghi e neri, occhi verdi e sorriso malizioso sulle labbra carnose rese rosso fuoco dal rossetto non dimostrava più di vent'anni: era fasciata da un lungo abito azzurro scuro che risaltava meravigliosamente il colore dei suoi occhi e la sua pallida carnagione.
«Sei in ritardo» disse con tranquillità Irene, dopo aver baciato l'aria attorno le guancie della ragazza.
L'altra fece una smorfia, accomodandosi con grazia davanti a lei.
«Il portale richiede tempo» ribattè semplicemente mentre un cameriere le versava il the nella tazzina.«E la vacca era nelle vicinanze, non potevo muovermi molto»
«Come va il matrimonio?»
«Come vuoi che vada? Lui è un cretino matricolato, lei una grandissima vacca..»
Irene ridacchiò elegantemente porgendole i pasticcini.
«La cosa che più mi da fastidio non è solo il pessimo gusto di lei in fatto di abiti, ma la faccina spaurita di quell'altro che non si è ancora reso conto dei suoi evidenti sentimenti» la sua interlocutrice diede un morso al pasticcino, masticandolo con grazia. Ingoiò il boccone per poi riprendere.«Qui come vanno le cose?»
La Donna scrollò le spalle.
« Mary e John stanno organizzando le loro nozze come Gwen e Arthur, Morgana» assaporò il nome della ragazza seduta di fronte a lei come se fosse una pregiata sorsata di liquore.
Morgana sorrise maliziosamente. Del resto era quello il tono che la Donna usava quando.. beh, giocavano a nascondino sotto le coperte.
«Dubito che però arriveranno alle nozze.O meglio, dubito che Mary possa vedere l'alba delle nozze. Loro contano su di noi.» continuò Irene.
Morgana annuì, abbassando lo sguardo sulla tazza.
«Ho un piano» esordì improvvisamente la strega. «Ma dovremo contattarle»
Irene le lanciò un'occhiata perplessa.
«Sicura?»
Morgana ghignò.
Parigi ha la chiave del cuor, cantava Sophie nel film ''Anastasia'' mentre portava la rossa protagonista a fare un giro di shopping selvaggio tra le migliori boutique della capitale francese.
Parigi ha la chiave del cuor, vero. Ma bisogna proprio saperla maneggiare con cura, quella chiave, perchè molti portoni possano aprirsi senza problemi.
Forse era in onore di quella vecchia canzone che la parigina Julienne Moreau aveva aperto quel cafè, chiamandolo - per l'appunto- Cafè de l'Amour.
Il cafè citato era costituito da una pittoresca villetta bianca nel centro della caotica città, risalente al periodo Napoleonico, che era stata ristrutturata, arredata - anche se molti dei mobili erano rimasti- e adattata ad accogliere i futuri frequentatori. Che non erano tardati ad arrivare.
Comodamente seduta su una poltrona di vimini del terrazzino del suddetto cafè, che le dava un'ampia visuale sugli Champs-Élysées, la schiena poggiata ad eleganti cuscini damascati, Irene Adler aspettava la persona a cui aveva dato appuntamento avvolta in un elegante talleuir nero, un filo di perle intorno al collo e una costosa camicetta bianca che ne evidenziava le forme eleganti.
Davanti a lei una teiera di the al bergamotto e dei pasticcini adatti ad accompagnare la bevanda: la ''Donna'' sorrideva pazientemente, girando il cucchiaino argenteo nella tazza di porcellana.
Un rumore di passi affrettati alle sue spalle la avvisò dell'arrivo della persona che stava aspettando: con un sorriso posò la tazza nel piattino abbinato e si alzò, osservando la donna che stava di fronte a lei.
Alta, capelli lunghi e neri, occhi verdi e sorriso malizioso sulle labbra carnose rese rosso fuoco dal rossetto non dimostrava più di vent'anni: era fasciata da un lungo abito azzurro scuro che risaltava meravigliosamente il colore dei suoi occhi e la sua pallida carnagione.
«Sei in ritardo» disse con tranquillità Irene, dopo aver baciato l'aria attorno le guancie della ragazza.
L'altra fece una smorfia, accomodandosi con grazia davanti a lei.
«Il portale richiede tempo» ribattè semplicemente mentre un cameriere le versava il the nella tazzina.«E la vacca era nelle vicinanze, non potevo muovermi molto»
«Come va il matrimonio?»
«Come vuoi che vada? Lui è un cretino matricolato, lei una grandissima vacca..»
Irene ridacchiò elegantemente porgendole i pasticcini.
«La cosa che più mi da fastidio non è solo il pessimo gusto di lei in fatto di abiti, ma la faccina spaurita di quell'altro che non si è ancora reso conto dei suoi evidenti sentimenti» la sua interlocutrice diede un morso al pasticcino, masticandolo con grazia. Ingoiò il boccone per poi riprendere.«Qui come vanno le cose?»
La Donna scrollò le spalle.
« Mary e John stanno organizzando le loro nozze come Gwen e Arthur, Morgana» assaporò il nome della ragazza seduta di fronte a lei come se fosse una pregiata sorsata di liquore.
Morgana sorrise maliziosamente. Del resto era quello il tono che la Donna usava quando.. beh, giocavano a nascondino sotto le coperte.
«Dubito che però arriveranno alle nozze.O meglio, dubito che Mary possa vedere l'alba delle nozze. Loro contano su di noi.» continuò Irene.
Morgana annuì, abbassando lo sguardo sulla tazza.
«Ho un piano» esordì improvvisamente la strega. «Ma dovremo contattarle»
Irene le lanciò un'occhiata perplessa.
«Sicura?»
Morgana ghignò.
Next---> Di rosa, ombre e strani doni
L'atelier Giada aveva aperto da poco ma era davvero uno dei migliori in circolazione: a Londra le creazioni - che si dicevano essere quasi magiche- di quel negozio erano diventate di moda.
John Watson, però, non potè non sentirsi a disagio quando quattro paia di occhi femminili lo scrutarono indagatori e si soffermarono sulla sua mano intrecciata a quella di Mary, Mary che sorrideva e si tormentava un boccolo con le dita, graziosamente come solo lei sapeva fare, Mary che riusciva a farsi amare da tutti e che era stata l'unica a curare le sue ferite quando Sherlock era morto, tre anni prima.
L'atelier Giada aveva aperto da poco ma era davvero uno dei migliori in circolazione: a Londra le creazioni - che si dicevano essere quasi magiche- di quel negozio erano diventate di moda.
John Watson, però, non potè non sentirsi a disagio quando quattro paia di occhi femminili lo scrutarono indagatori e si soffermarono sulla sua mano intrecciata a quella di Mary, Mary che sorrideva e si tormentava un boccolo con le dita, graziosamente come solo lei sapeva fare, Mary che riusciva a farsi amare da tutti e che era stata l'unica a curare le sue ferite quando Sherlock era morto, tre anni prima.