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Autore: minerva74    05/07/2012    5 recensioni
Storia scritta per il Summer Sherlock Fest 2012 su questo prompt: "Sherlock, Mycroft, John "Sii razionale ancora una volta". Il titolo ( e la ff ) è ispirato all'omonima canzone dei Linkin park - http://www.youtube.com/watch?v=5g-dHTrNNGQ -
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Questa ff in prima persona nasce da un pomeriggio in compagnia di alcune delle persone del fandom Sherlocked che più mi hanno scaldato il cuore con le loro recensioni e con la loro stima. Una di queste è la mia beta: Lucia, una ragazza dalla sensibilità letteraria davvero notevole. A lei, a Claudia, Jessica, Simona, Michela e Giusy, persone con cui si sta creando un legame molto bello, dedico questa FF anomala. Grazie di esserci e grazie di avermi incoraggiato. Non sapete quanto sia preziosa la vostra compagnia.
Un flusso di coscienza con cui - ignominiosamente – descrivo cosa una figura anaffettiva e chiusa può provare nei confronti di quello che è divenuto il suo punto di riferimento.
E ovviamente, niente slash!!! :-D  )

 
 
Talvolta è difficile comprendere perché si facciano certe scelte, o si perseveri in determinate abitudini.
Talvolta. Per me non è così.
La normalità è un concetto che non esiste nella mia esistenza. Non lo è nel lavoro, non lo è nel rapporto che ho con il resto del mondo, composto da un’inutile, sciocca accozzaglia di animali senzienti che è incapace di rivendicare il proprio dominio sulla realtà. Essere una persona comune dev’essere fastidioso, ma raramente hai coscienza di ciò.
C’è chi sopperisce con altre… doti. Sentimenti. Strumenti di valutazione che non mi appartengono e che uso con parsimonia, proprio perché non ho familiarità con essi.
I sentimenti sono un motore potente ma inquinano la razionalità. Falsano la capacità di lettura della realtà, generano interpretazioni che non hanno la purezza della mera constatazione.
Poi ci sono le eccezioni, ma si tratta di anomalie in un tessuto universale che sembra aver saltato passaggi radicali nell’evoluzione intellettuale. Non val la pena confrontarsi con persone che non possono offrire alcun conforto alle proprie facoltà intellettuali.
 
Eccezioni. Come John. Il mio coinquilino. Medico militare, reduce, è fin troppo legato al passato, alle sensazioni che continuano a infettarlo, simili a un virus. A volte sembra non riesca a farne a meno; ma, forse, è grazie a queste che riesce a trovare il modo di comunicare con me.
Lui è… atipico. Dopo più di un anno di convivenza, mi rendo conto che egli ha rappresentato un canale di comunicazione con il resto del mondo. In una parola, le persone che mi circondano hanno smesso di mandarmi a quel paese per mandarvi lui. Osservo il modo in cui John riesce a mantenere un contegno quando faccio notare agli astanti la loro stupidità, studio le sue reazioni quando compio gesti che lo turbano.
Divertente, in una certa misura. Istruttivo per il resto.
John ha un modo tutto suo di dimostrare i sentimenti. Molto maschile. Ma è capace a prendersi cura di me, in una maniera assolutamente inaspettata. Soltanto da poco me ne sono reso conto.
Mi domando cosa ho fatto per far sì che questo soldato riservato si sia affezionato tanto a me. È una persona semplice, facile da gestire. Non è una sfida intellettuale, non ha particolari doti intellettive, né è brillante.
Ma è… generoso. Lo è in una maniera per me sconosciuta.
La generosità dell’affetto è qualcosa che non ho sperimentato facilmente. L’amore del genitore è scontato. Il rispetto reciproco tra amici o compagni di corso, molto meno.
L’affetto di un amico o di un fratello sono emozioni che non ho provato. Non ho mai sofferto di questa assenza, in verità. L’affettività rende deboli, vulnerabili e, come ho detto, poco lucidi. Non è una condizione che ambisco sperimentare.
John si è affezionato a me. Strano a dirsi ma è così. E con il tempo, mi sono reso conto che la sua presenza è importante. È una cartina al tornasole, la chiave di lettura attraverso cui posso comprendere determinati comportamenti che mi appaiono spesso illogici, la pietra dove affilare il mio intelletto.
Una bella differenza con Mycroft: è fin troppo simile a me.
Non ho mai provato un vero affetto per mio fratello. Me ne sono reso conto solo dopo aver compreso quanto la presenza di John Watson abbia influenzato la mia esistenza.
Non si tratta di compiacimento o della ricerca di una continua approvazione, sebbene Mycroft abbia pensato il contrario. Mi ha accusato di non essere razionale, di cercare qualcosa che non esiste.
“Sii razionale ancora una volta” mi ha detto, rimproverandomi di avere un legame troppo stretto con un ex soldato. Se si trattasse di persona diversa, sarei tentato di pensare che si tratti di gelosia. Ma non si può essere gelosi di un affetto, o di un legame che non si è mai coltivato.
Io e mio fratello non abbiamo nulla in comune. O forse abbiamo più di quanto vogliamo ammettere.
Una volta, molto tempo fa, ambivo alla sua attenzione. All’approvazione del mio modello. Il mio fratello maggiore era un faro, una guida.
Ricordo un episodio. Forse ricordo proprio quel momento perché è una sorta di spartiacque. Avevo sei anni circa e lui poco più di tredici. Stavo inseguendo il nostro cane a Little Priory, la nostra dimora di famiglia. Lui era davanti a me, in bici. Lo chiamai più volte, tendendo la mano perché mi aspettasse… ma lui si voltò e mi guardò senza dire una parola. Una volta sola.
Poi continuò a pedalare e scomparve in fretta, oltre il cancello della tenuta.
Io rimasi ad aspettarlo appoggiato alla ringhiera, in attesa che lui tornasse indietro.
Tornò. Due ore dopo. Quando arrivò, ero quasi in lacrime, seduto per terra, con i pantaloni sporchi di terra e moccio. Il cane era rimasto con lui e portava in bocca un ramo con cui dovevano aver giocato tutto il tempo.
“Perché non sei tornato indietro?” chiesi. Ero arrabbiato.
Mycroft si strinse nelle spalle. “Se non sei in grado di raggiungermi, come speri di poter giocare con me?” chiese oltrepassandomi.
Io avrei voluto giocare con lui. Avrei voluto avere la sua attenzione. Poi, ad un punto della mia vita, mi sono reso conto che non era a mio fratello che dovevo dimostrare qualcosa.
Era il resto del mondo che non era in grado di capire. E a quel punto, Mycroft è passato in secondo piano, per la semplice ragione che io potevo essere come lui.
John non avrebbe mai fatto una cosa del genere. John si sarebbe voltato, mi avrebbe aspettato. Mi avrebbe teso la mano e avremmo corso insieme.
Non avevo capito di aver nostalgia dei sentimenti fino a che non ho compreso che la persona a me più vicina mi ha offerto i suoi. Lo ha fatto in maniera non cosciente.
Affetto, fraternità, persino sciocca allegria.
Un benessere che rappresenta una sensazione nuova, di cui ho paura. È una crepa nel castello di diamante che è la mia mente e la coscienza critica è infastidita da questa sensazione invasiva.
Un tempo c’è stato dell’affetto per mio fratello. Un tempo remoto, che faccio fatica a ricordare; si tratta di sensazioni così lontane da essere estranee. Ricordi ingialliti come le fotografie nella nursery vuota di Little priory: fragili e crepate, segnate dal tempo.
John è nuovo. È stato lui a fidarsi di me, senza mettermi alla prova, senza chiedermi nulla che non fossi in grado di dare. Non aveva bisogno delle mie capacità o delle doti investigative. Il soldato ha dato fiducia al sociopatico.
Ero così abituato a sentirmi chiamare freak da non comprendere subito che lui mi stava trattando da persona normale. Mi ha aiutato quando mi ha visto in difficoltà e lo ha fatto senza aspettarsi nulla in cambio.
È questo che mi disorienta.
Non si comporta come dovrebbe: tutti fanno qualcosa per un motivo. Lui mi ha salvato la vita senza un motivo.
Non è un comportamento razionale. Sebbene sia prevedibile in maniera quasi matematica, le motivazioni del comportamento mi hanno lasciato perplesso in più di un’occasione.
Per la prima volta dopo molto tempo, ho provato la necessità di non deludere qualcuno. L’ho messo in guardia: io non sono altruista. Non penso al benessere o alla giustizia, o alti valori.
John mi spaventa perché riesce a vedere oltre ciò che sono. Riesce a farlo a sprazzi, in pochi momenti in cui lo sorprendo a fissarmi con quei suoi occhi pacati, quasi sapesse che oltre le mie parole c’è qualcos’altro. Ride del mio cinismo, polverizza le mie battute, ignora il sarcasmo. Mi rimprovera.
È entrato nel mio palazzo mentale e vi ha piantato il seme dell’umanità. Talvolta mi domando come potrebbe essere stata la mia vita se fosse stato lui mio fratello. Se quella volta Mycroft fosse tornato indietro, se non mi avesse lasciato ad attendere al cancello. Se non fossi stato così solo.
Una persona come lui è un privilegio di cui pensavo di non poter godere.
Ed è per questo che farò di tutto per proteggerlo.
 
   
 
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