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Autore: saradream85    05/07/2012    1 recensioni
In aeroporto, aspettando di partire con la sua amica, Emma scoprirà un coraggio che non pensava di avere e..un piccolo aiuto per realizzare il suo sogno
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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proesvhipfgvbuixdfj Guardavo fuori dalle enormi vetrate che mi separavano dalle piste di partenza ed atterraggio. Ne avevo visti partire a migliaia di aerei, seduto su quelle scomode poltroncine rosse, così come avevo visto passare migliaia di persone di tutte le età e razze lungo i corridoi illuminati a giorno dai neon. Avevo imparato a riconoscere le mete dei viaggiatori osservandone i gesti, i volti, le valigie. Completo impeccabile, cellulare in una mano, auricolare all'orecchio, valigetta ventiquattr'ore nell'altra mano: viaggio d'affari. Tre bambini di poca differenza d'età, madre con vestiti variopinti, padre indaffarato con quattro valige stipate: viaggio verso la regione nativa. Due ragazzi che si tengono per mano, due zainetti, ognuno con una cuffietta dell'ipod in un orecchio, la testa appoggiata l'uno all'altra, occhi sognanti: viaggio d'amore.

E io, io che di aerei sono ormai stanco, io tamburello con le dita sul bordo di quel sedile di plastica rossa, tenendo il ritmo dei miei pensieri. Chissà come devo sembrare da fuori, un pazzo con gli occhiali da sole e il cappuccio della felpa sulla testa, con queste mie scarpe da ginnastica sgargianti, che infastidisco le persone sedute accanto a me che attendono pazientemente di imbarcarsi. Vedo le persone accanto a me storcere il naso, penseranno che io sia un drogato o qalcosa di simile, perchè si sa, quelli diversi dalla massa sono degli elementi pericolosi. Una mamma prima ha preso per il braccio il suo bambino di circa otto anni che voleva sedersi accanto a me. Chissà che pensava, che potessi portarlo sulla cattiva strada solo per essersi seduto accanto a me? Non ha notato forse lo sguardo di suo figlio, fisso sulle bacchette che sporgono appena dal mio zaino: l'ho sempre detto, che i bambini vedono molto di più di quello che notano gli adulti.

A volte vorrei ritornare a quell'età, quella in cui tutto nel mondo ti sembra interessante e ricco di sorprese, dove non ti importa niente di come ti giudicano gli altri.

Probabilmente devo aver seguito troppo il filo dei miei pensieri, perchè una ragazza seduta dietro di me mi picchietta il dito sulla spalla e mi dice "scusami, puoi smettere di tenere il ritmo così forte? Non riesco neppure a parlare con la mia amica qui accanto!".
Mi giro per chiederle scusa, cosa che non ho più voglia di fare quando la vedo in faccia: avete presente quelle persone che vi stanno antipatiche a pelle? Quelle persone che appena le vedi e ti dicono due parole, avresti voglia di chiedere: ma chi ti credi di essere?

Evidentemente troppo curata, seduta in quella posa da maestrina che mi ricorda l'insegnante che alle elementari mi sgridava perchè percuotevo con la matita qualsiasi superficie, ha ripreso immediatamente a subissare l'amica, che ha tanto l'aria di chi non ne può più. Mi guarda stringendosi le spalle, come a dirmi "scusa, non so che farci". Io la guardo di rimando, ma non è quello che mi dicono le sue spalle che ha attirato la mia attenzione. Si è girata verso di me quel tanto che basta per lasciarmi intravvedere qualcosa di metallico al collo, una collana che conosco fin troppo bene. Quella ragazza ascolta la mia musica, la nostra musica. Quella ragazza è un'Echelon. Strano che non mi abbia riconosciuto, ma beh, in effetti non mi sono voltato molto e indosso degli occhiali che sono grandi quasi quanto la mia faccia.
Borbotto una scusa, e mi sposto di qualche sedile più giù per vederle meglio, ma non troppo lontano, voglio sentire di cosa stanno parlando.

La prima ragazza sta raccontando dei suoi sogni, delle sue aspirazioni, lei vuole diventare una modella e si sta lamentando che la madre questo mese non l'ha lasciata comprare una borsa da mille dollari, che sua madre non capisce come sia essenziale che lei abbia quella borsa per entrare a far parte del giro giusto. Nemmeno il tempo di ribattere
, che ricomincia il fiume di parole, questa volta sul colore da scegliere per lo smalto del giorno dopo, quando sarebbero andate a passeggiare sugli Champs Elysèè e a fare shopping, e del giusto abbinamento con le scarpe, a quanto pare elemento fondamentale per la buona riuscita della passeggiata, che immaginavo sempre di più come una sfilata di moda.
In mezzo a quel mare di stupidaggini, osservo la ragazza seduta al suo fianco: la guarda, le sorride a volte, ma ha gli occhi tristi, la vedo guardare fuori dalla vetrata come facevo io poco fa. Ha negli occhi quella voglia che vedo spesso nei bambini, la voglia di fuggire, di esplorare, di scoprire, ma nel contempo è chiaro che non vorrebbe partire per la destinazione che la attende oggi, e probabilmente l'amica che le sta vicino è un ottimo motivo per voler fuggire in qualsiasi altra destinazione.

"Si, insomma, quando sarò arrivata a Parigi la prima cosa da fare è cambiarmi e fare un salto in quel locale, quello nuovo, quello dove hanno appena fotografato Paris Hilton.." stava dicendo in tono affrettato la ragazza frou-frou.
"Certo Jane, non preoccuparti che.." tenta di ribattere la ragazza Echelon.
"E INVECE SI CHE MI PREOCCUPO Emma! Tu non capisci, è essenziale che mi faccia notare, devo trovare il modo di farmi presentare a qualcuno del giro, se voglio che la mia carriera decolli!" esclama stizzita la prima ragazza, che pare si chiami Jane.
"Beh, direi che è presto comunque per preoccuparci, quando saremo là cercheremo in tutti i modi di.." tenta di nuovo Emma.
"Saremo? si, figurati, come se io ti potessi portare in un posto del genere! Con quei vestiti che ti sei portata dietro, non penso che tu nemmeno abbia mai immaginato di avere nell'armadio qualcosa di anche solo vagamente ADATTO a un posto come quello!" dice con tono esasperato e saccente Jane.

Smetto di tenere il ritmo sulla plastica della sedia rossa. Tendo l'orecchio, aspettando che Emma faccia una sacrosanta lavata di capo a quella ragazza così odiosa.
E invece rimane in silenzio, fissando la punta delle sue Converse, anche se le orecchie le sono diventate più rosse della mia sedia.

"In effetti, forse dovremmo comprarti qualcosa quando arriviamo..qualcosa di più..come dire..presentabile, non le tue solite magliette di gruppi rock" continua Jane, mentre il rossore di Emma inizia ad espandersi dalle orecchie alle guance "anche se, ovviamente, c'è il problema della tua TAGLIA" prosegue imperterrita, mentre il rossore inizia a trasformarsi in un bel vermiglio sul viso di Emma "e poi, come potrei mai insegnarti a camminare su dei tacchi decenti? Credo che tu non abbia mai nemmeno provato a camminare su un bello stiletto 12, sembreresti un dinosauro!" esclama all'improvviso ridacchiando, spostandosi i capelli freschi di parrucchiere con un gesto plateale, per attirare l'attenzione su di sè. Emma ha assunto ormai una tonalità tendente al violetto, e anche se continua a fissarsi le scarpe sta giocando pericolosamente con la mano destra con la triad che porta al collo.

Forza, piccola Echelon..

"Non so nemmeno perchè ti porto a Parigi! Non c'entri nulla con l'anima della città, il romanticismo, l'eleganza, la raffinatezza..." scorre ormai a ruota libera Jane, mentre si ammira le unghie perfette di chi non ha mai alzato un dito per lavorare sul serio.
Emma lentamente smette di giocare con la triad. Si alza dalla sedia, voltandosi verso l'amica che continua il suo discorso, senza accorgersi che lei si è alzata, a dimostrare che non ha bisogno di nessuno che la ascolti veramente.
In quel momento una voce amplificata riempie l'aeroporto e la sala d'attesa, annunciando l'apertura dell'imbarco per il mio volo per Los Angeles.

Deve essere quello che fa scattare la scintilla in Emma, perchè raccoglie il suo zaino da terra, posa una mano sula spalla di Jane che sta proseguendo i suoi vaneggiamenti e le dice sorridendo:
"Non preoccuparti, Jane, non dovrai cercare di rendermi PRESENTABILE; non dovrai nemmeno affannarti a cercare di insegnarmi a camminare sui tuoi stramaledetti tacchi, o di trovare la mia taglia di un vestito che nemmeno in tempo di follia avrei scelto: ne ho abbastanza dei tuoi "IO, IO", del tuo non trovarmi mai adeguata a te o di non essere all'altezza della situazione, dei tuoi vaneggiamenti sulla tua carriera, quando non hai mai faticato un giorno, del tuo lamentarti delle cose che hai quando tutto quello che possiedi è stato pagato da altri, del tuo pretendere senza mai dare nulla in cambio!
Ho sempre avuto paura di stare sola, paura di non essere all'altezza, paura di non essere adatta, ma sai una cosa? SEI TU A NON ESSERE ALL'ALTEZZA, ne' di me, ne' di nessun altro.
Vacci da sola a Parigi, non ho mai voluto andarci, pensavo che sarebbe stata una bella occasione per ritrovare la nostra amicizia, ma ora mi è perfettamente chiaro che questa amicizia, se mai c'è stata, è finita.
Ah, e sappi che tua madre non ti compra quella borsa da mille dollari solo perchè si è indebitata con mezzo paese per farti avere tutto il resto, e che presto vi taglieranno la luce, perchè non ha pagato le utlime bollette.
Ora, goditi il tuo aereo per Parigi, che ho contribuito anche io a pagarti, quando tua madre è venuta a chiedermelo come favore personale. Io vado a Los Angeles, è una follia, non so nemmeno quanti soldi ho in tasca, non so una parola in inglese ma sarà sempre meglio che restare con una palla al piede che non nota neanche quello che è sotto il suo naso!" si libera finalmente in un torrente di parole Emma.
"Non essere ridicola, Emma, non dureresti un minuto senza di me OVUNQUE!" la rimbecca sprezzante Jane, senza smettere di ammirarsi le unghie.

Emma lascia cadere il suo zaino a terra, vicino a me, mentre si abbassa per arrivare all'altezza degli occhi di Jane: "No Jane, questo è quello che mi hai sempre fatto credere. Sei tu che hai bisogno di me, e non hai nemmeno la decenza di ammetterlo. Non sai cosa fare, dove andare, organizzo sempre tutto io. Vorrei tanto vederti in piena Parigi, a diventare matta perchè non saprai che fare. Ma non ti vedrò: ho raccolto il coraggio che ho sempre avuto, ma che non mi hai mai permesso di sfruttare, ho deciso e andrò. E non mi volterò certo a guardarti mentre lo farò: hai già avuto fin troppo della mia vita" le dice, quasi sussurrando, lasciando trasparire la soddisfazione della consapevolezza di ciò che stava per fare.
Sorridendo, raccoglie lo zaino, lo sistema sulla spalla destra, e si incammina verso il Gate 15, lasciando una attonita Jane a balbettare mezze frasi tra cui "figuriamoci, io con dei debiti!" "quella non sa cosa dice!" "ma...e il mio bagaglio?" "quale sarà l'hotel?" "e come faccio con i soldi?".

Piacevolmente stordito da questa scena, recupero in fretta le mie cose, e mi metto a correre verso l'imbarco, superando Emma e qualche altra decina di persone. Ci vogliono circa una quindicina di minuti di corsa prima di arrivare all'imbarco, questo è davvero un aeroporto enorme. Mi fermo qualche minuto a discutere con l'addetta dell'imbarco, poi mi siedo sulle sedie accando all'ingresso del gate.
Ci vogliono altri dieci minuti buoni prima che Emma raggiunga l'imbarco, avvicinandosi un pò timorosa al banco.

"Mi scusi, io vorrei comprare un biglietto per questo volo, sa se ci sono ancora posti disponibili? Oppure sa a chi posso rivolgermi per informazioni?" chiede gentilmente.
"Lei è Emma, per caso?" ribatte l'addetta.
"Io? Beh, si, mi chiamo Emma, ma..." esclama sorpresa la ragazza.
"Ecco qui, questo è il suo biglietto, ho bisogno ora del suo passaporto per procedere all'inserimento dei dati e quindi all'imbarco" replica con naturalezza l'addetta.
"Ma..come? Signorina, forse c'è un errore, io non ho ancora acquistato nessun biglietto, io.." allibita, Emma cerca di spiegare.
"Signorina, il suo biglietto è già stato pagato, prima classe, ho solo bisogno dei dati del suo passaporto, e se può facciamo in fretta, come vede ci sono altre persone che attendono di imbarcarsi" risponde un pò spazientita l'addetta, e in effetti dietro Emma inizia a formarsi una piccola coda di gente mormorante.

Allibita, Emma, ancora senza capire, estrae il passaporto dalla tasca davanti del suo zaino, lasciandomi intravvedere le spille che portano i nostri simboli attaccate sulle spalline. Completate le formalità dei dati, si incammina ancora incredula verso il corridoio che porta all'aereo, quando l'addetta la ferma:
"Signorina! Dimenticavo, chi le ha pagato il biglietto ha lasciato una cosa per lei!" dice, porgendole un oggetto dalla forma sottile e affusolata.
Emma allunga la mano, prende l'oggetto e lo studia un momento, prima che i suoi occhi si illuminino e le guance si colorino di un vivace rosa. Si guarda freneticamente intorno, ma non può vedermi perchè mi sono seduto dietro un cartellone pubblicitario.
Con un sorriso che si allarga da un orecchio all'altro, si decide finalmente a percorrere il corridoio che la separa dal suo futuro, stringendo al petto una bacchetta da batterista con la mia firma: Shannon Leto.

Vai piccola Echelon, rincorri il tuo sogno.


  
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