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Autore: Sakura Kurotsuki    06/07/2012    1 recensioni
L, consapevole del fatto che sta per morire, si reca un'ultima volta a Winchester, nell'istituto dove è cresciuto, per vedere con i suoi occhi colui al quale lascerà in eredità il compito di preservare la giustizia.
...spinto da una forza misteriosa, mi chino sul suo orecchio.
«Sto per morire».
La storia non è a scopo di lucro e i personaggi non mi appartengono.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Near, Watari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il pianto di un bambino, le campane, la neve che cade. Ma non è neve... È pioggia; sta piovendo a dirotto.

«Ryuzaki. Che c'è?».

Resto in silenzio sulla porta dell'ufficio di Watari.

«Allora? Che ti prende?»

 

 

«Non capisco il perchè di tutta questa fretta» mi dice Watari, perplesso. «Mi vuoi dire cosa succede?»

Succede che tra poco ne tu ne io ci saremo più.

«Devo ancora fare la mia scelta, no?» rispondo diplomaticamente.

«Ma perchè ora? Hai ancora un sacco di tempo» mi fa presente.

Vorrei che fosse vero. Lo vorrei tanto, amico mio.

La limousine sfreccia per le strade di Winchester, in Inghilterra. Dal finestrino il paesaggio scorre velocemente, tanto che non riesco a distinguere gli alberi dalle case; come la mia vita, trascorsa troppo velocemente, tanto che non ho avuto il tempo di viverla.

Sotto lo sguardo sbalordito di Watari abbasso il finestrino con il pulsante automatico e metto fuori la testa. Di solito quando viaggio in macchina, tengo i finestrini oscuranti ermeticamente chiusi; non ho mai voluto vedere la vita al di fuori, con le sue quotidianeità dalle quali, l'ho sempre saputo, sarei rimasto escluso per sempre. Ma questo è l'ultimo viaggio che farò e voglio fissare nella mente l'aria che sferza prepotente il mio viso, gli odori e i suoni della città; una giovane donna incinta esce da una pasticceria da cui proviene un profumo di pane delizioso: probabilmente è stata colta da una delle voglie tipiche della sua condizione. Anche io sono sempre stato goloso di dolci fin da piccolo, anche se per altri motivi. Mi ricordo che una volta Watari, dopo avermi portato l'ennesimo bignè, mi disse: «Hai le voglie, per caso?». Solo pochi anni dopo, quando salì in camera mia in una giornata tempestosa per spiegarmi che i bambini non nascevano sotto i cavoli, come avevo innocentemente continuato a credere fino a quel momento, capii finalmente cosa volesse dire.

Poco più avanti un uomo e una donna passeggiano con il loro figlioletto che cammina in mezzo a loro, e talvolta gli fanno fare dei salti in avanti tenendolo per entrambe le mani; il piccolo ride, è felice di trovarsi con la sua mamma e il suo papà. La sua risata richiama il suono di campane dorate; fisso anche questo nella mia mente.

Gruppi di adolescenti poco più avanti, vanno per le strade ridendo e facendo chiasso, trafficando con i telefoni; probabilmente si stanno scambiando le ultime hit del momento. Alcuni di loro prendono a suonare a caso i citofoni, poi scappano correndo a perdifilato, ma un signore anziano li vede e gli urla dietro brandendo un bastone mentre loro corrono via sghignazzando. Poi vedo un ragazzo e una ragazza poco più giovani di me, sui vent'anni, che si tengono per mano: passano davanti a una gioielleria e lei, emozionata, indica al suo compagno alcuni anelli esposti in vetrina, ma il ragazzo non le da retta; è troppo occupato ad accerezzare dolcemente con gli occhi il viso di lei, per guardare ciò che gli viene indicato.

Quando questa generazione si evolverà e metterà al mondo dei posteri, tramanderà loro gli insegnamenti che loro stessi hanno appreso da chi prima di loro ha camminato su questa Terra, e loro li tramanderanno ai loro figli, che a loro volta li trasmetteranno ai loro discendenti. E ricomincerà tutto daccapo, come il sole che compie la sua rivoluzione, tramontando sulle vecchie generazioni e sorgendo su quelle nasciture.

Io non ci sarò più, ma il mondo andrà avanti anche senza di me, senza sapere che di Elle non rimarrà altro che polvere ed è giusto così.

Soddisfatto, mi ritiro di nuovo nella limousine e richiudo il finestrino, lasciandomi alle spalle quella vita che mi sarebbe stata negata per sempre.

«Va tutto bene, Ryuzaki?» mi chiede Watari, mascherando la preoccupazione con un tono indifferente.

«Benissimo»

Watari, non indaga oltre. Sa perfettamente che quel "benissimo" con cui gli ho risposto può voler dire tutto o niente. Allora fa quello che fa sempre in questi casi: mi sta accanto e sta in silenzio, esattamente come farei io.

Grazie Quillsh. Di tutto.

Nonostante la mia pelle abbia un colore malsano perchè di rado sono uscito dal mio studio in questi anni e i miei occhi siano solcati da profonde occhiaie per le ore di sonno perse, ho imparato anche io qualcosa da questo mondo, e ora sono pronto a trasmetterla a colui che verrà dopo di me, prima di lasciarlo.

 

 

 

«Ragazzo mio, che onore!»

Roger mi accoglie nel suo studio calorosamente, come fa sempre.

«Lo stesso vale per me. È sempre un onore e un piacere tornare nel luogo dove sono cresciuto» rispondo.

«Sei venuto per lui, vero?» mi chiede.

«Esatto»

«Vuoi portarlo via con te?»

«Direi di no, non sono molto pratico di bambini. Desidero solo parlargli. Dov'è ora?»

«Penso che lo troverai nella sua stanza, come sempre»

«Come, non è fuori?» chiedo, sorpreso.

È estate e fuori c'è un sole che spacca le pietre. Tutti i bambini sono in cortile a giocare, chi a pallone, chi a rincorrersi o a fare le torte di fango.

«Nooo... Near?» mi dice scettico, «Non esce quasi mai dalla sua stanza, sta tutto il giorno chiuso lì dentro»

«A fare cosa?»

«Bhè a parte il fatto che è cagionevole di salute... Non ne ho idea. È un tipo un po' particolare... Comunque ti dico dov'è la sua camera, così puoi verificarlo personalmente».

 

 

 

 

Quando entro nella stanza indicatami da Roger, non riesco subito ad individuare il ragazzino: probabilmente anche lui deve essersi arreso al bel tempo, come tutti i suoi compagni. Solo dopo mi accorgo che è seduto per terra a fare un puzzle. Non l'ho addocchiato subito perchè anche lui, come il pavimento su cui siede, è completamente bianco. Con questo non intendo dire che è pallido; è più come se qualcuno fosse andato lì e gli avesse buttato addosso un sacco di farina.

Di lui non so molto, solo il suo nome, che poi è un soprannome, Near, ma i suoi capelli sono biondo platino, segno che probabilmente ha origini inglesi. E poi i casi sono due: o è anemico, o è albino, perchè la pelle è chiara come il pavimento su cui è rannicchiato, oppure come il puzzle che sta completando che, mi accorgo solo in quel momento, non ha nessuna figura ma è anch'esso completamente bianco. Il bianco sembra dominare in quella stanza: mi chiedo se sia il suo colore preferito, benchè non sia propriamente un colore, o se si tratti solo di un caso.

Da quando sono entrato, il ragazzino non si è mai mosso. Non ha fatto nessun cenno che lasci intendere che sia consapevole di una presenza estranea nella sua stanza e non ha nemmeno alzato la testa per vedere chi sia. Continua imperterrito a completare il suo puzzle, prendendo i pezzi giusti al primo colpo nonostante questi siano per terra in ordine sparso, come se avesse fatto quel puzzle già un milione di volte.

A un certo punto, senza una ragione apparente, si ferma e sembra abbandonare l'idea di completarlo, come fosse annoiato. Magari lo è davvero, in ogni caso ne approfitto.

«Vuoi una mano a finirlo?»

Near finalmente alza gli occhi verso di me, impiantando il suo sguardo anonimo nel mio: mi aspettavo che i suoi occhi fossero chiari come tutto il resto, invece rimango di stucco nell'appurare che sono insolitamente neri. Neri come il pelo di un gatto, neri come il petrolio, neri come i miei occhi.

La mia immaginazione schizza alle stelle, evocando l'immagine di un omino con un secchio di vernice scura in mano, intento a pitturare quelle pupille appositamente per renderle simili alle mie.

Continuiamo a fissarci, lui non muove un muscolo e io neanche, il petrolio che annega nel petrolio.

Nonostante questa sia la prima volta che mi vede, - al contrario di me- , e certamente non sa chi sono, non mi guarda nello stesso modo in cui lo fanno gli altri bambini, quando talvolta vengo in questo istituto e si chiedono cosa ci faccia un ragazzo di oltre vent'anni in un orfanotrofio. Il suo sguardo è adulto, consapevole.

Lo sa. Sa chi sono.

Il ragazzo non mi risponde, ma aspetta la mia prossima mossa. Continua a fissarmi con quel suo sguardo apparentemente assente, ma io so che mi sta studiando.

Mi avvicino e mi accuccio di fronte a lui, poi prendo un pezzo a caso e lo metto al suo posto nel puzzle; anche Near ne prende uno e fa lo stesso, così nel giro di trenta secondi lo finiamo. Quella che pensavo essere un'altra porzione completamente bianca, raffigura in realtà un grande L nera, scritta in stampatello maiuscolo.

«Perchè non sei fuori a giocare con gli altri bambini?» gli chiedo senza tanti giri di parole.

«Sono malato»

Gli appoggio una mano sulla fronte: è calda, ma non scotta. È una strana sensazione sentirlo caldo: mi aspettavo che la sua pelle fosse fredda al tocco, come quella di una bambola di porcellana.

Tuttavia è impossibile che sia un'influenza stagionale, visto che siamo in piena estate. Dev'essere come ha detto Roger, il ragazzo è cagionevole. Ecco perchè non esce mai.

Poco dopo gli chiedo se è stanco e lui annuisce, quindi lo accompagno a letto.

«Mi leggi qualcosa?» mi chiede di punto in bianco, cogliendomi di sorpresa.

«Cosa vuoi che ti legga?»

Mi risponde che ama Freud e vuole che gli legga L'interpretazione dei sogni, un libro che avevo letto anch'io alla sua età.

Glielo leggo per mezzoretta, finchè non mi accorgo che si è addormentato, quindi ripongo il libro sullo scaffale da cui lo avevo preso e torno a sedermi ai bordi del letto.

Sono venuto qui non perchè avessi qualcosa di particolarmente rilevante da dirgli e tantomeno per informarlo del fatto che sarebbe uno dei candidati preferibili a succedermi con il titolo di L. Volevo solo vederlo, non attraverso uno schermo, per accertarmi con i miei occhi che stesse bene e che fosse pronto all'evenienza.

Il mio futuro risiede in questo ragazzino, è attraverso i suoi occhi che vedrò il futuro e tra qualche anno, quando sarà lui il nuovo L e i suoi collaboratori lo guarderanno negli occhi, rivedranno me in quello sguardo, vivo dentro di lui.

Sei pronto ad assumerti questo peso?

Ed io sono pronto... A lasciare questo mondo?

Faccio per andarmene, quando cambio idea e torno indietro; spinto da una forza misteriosa, mi chino sul suo orecchio.

«Sto per morire».

 

 

 

Ci siamo, come avevo previsto è arrivata anche la mia ora. Già non sento più il mio corpo. Meglio così, perchè in questo modo non sento nemmeno le braccia del mio assassino che mi sorreggono.

Watari, i miei ultimi pensieri vanno a te.

Te ne sei andato prima di me. Non avrei mai voluto vederti morire, ma nemmeno avrei voluto che fossi tu a veder morire me. Quindi va bene così.

Grazie per avermi fatto da padre, grazie per non avermi mai abbandonato. Grazie per avermi rimboccato le coperte la sera quando ero piccolo e anche quando ero già un po' cresciuto. Grazie perchè sei stato il mio unico vero amico.

Sono sicuro che ci ritroveremo, in un'altra vita.

 

Near... Tu riporterai la giustizia nel mondo.

Purtroppo non sono stato capace di risolvere questo caso, proprio sul più bello è sopraggiunta la mia morte, come avevo previsto che sarebbe successo: ma ti ho lasciato tutto quello che ho scoperto e ho già sistemato tutto affinchè tu possa prendere possesso di tutti i dati e le informazioni che ho raccolto.

Sono sicuro che ce la farai a rimettere ogni tassello al suo posto, come fai con i tuoi puzzle. Ricordi quello che abbiamo completato insieme? Non commettere l'errore di pensare di poter risolvere tutto da solo. Non si combina mai nulla da soli, bisogna sempre avere qualcuno al nostro fianco, anche se non vogliamo ammettere di averne bisogno. Abbi il coraggio di cambiare strada; se la via che stai percorrendo non ti porta da nessuna parte, devi avere la forza di ricominciare daccapo e rimetterti in gioco.

Nate River... Tu sarai il fiume che rinascerà dalle mie ceneri. Ora... Lascio il resto a te.

E ricomincerà tutto daccapo.












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Allora, vorrei usare questo spazio per fare qualche appunto su questa One-Shot.

Intanto, come avrete notato, c'è un'alterazione temporale all'inizio. Ho ripreso il flashback di Elle all'inizio dell'episodio 25: nei suoi ricordi nevica e ci sono le campane di sottofondo. Io ho preso quel flashback e l'ho mischiato con il momento in cui è sul tetto sotto la pioggia praticamente poco prima di morire. Infatti dice "la neve che cade. Ma non è neve... È pioggia; sta piovendo a dirotto.".

Qui c'è l'alterazione temporale, praticamente gli ho dato il tempo di volare fino a Winchester, e poi tornare per morire, e così mentre nella storia passano cinque minuti, qui passano settimane. Era l'unico modo per rendere possibile l'incontro tra Near ed Elle, prima della sua morte.

Un'ultima cosa: la frase finale, "Nate River... Tu sarai il fiume che rinascerà dalle mie ceneri.", ho letto in giro che Near, in senso figurativo, è come un fiume (river) che nasce dalle ceneri di Elle, e questa frase riprende anche il tema centrale della One-Shot, cioè le vecchie generazioni che lasciano il Mondo in eredità a quelle nuove.

E ricomincerà tutto daccapo.

 

Alla prossima!

   
 
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