Smoke
and Cinders
“Ti
amo non tanto per ciò che sei,
bensì
per ciò che io sono
quando
sono con te.”
[Elisabetta
Barret Browing]
Me
lo ricordo ancora, sai? Quel giorno di settembre.
Ti
avevo chiesto di venire a casa mia, per una questione abbastanza
urgente.
E
non sapevo ancora che quello sarebbe stato la fine di tutto. La fine del nostro
rapporto. La fine di me e di te. Di te e di me. Di Jun e Yayoi.
Eri
bellissima quel giorno. Forse, anche se ti fossi presentata a casa mia in
pigiama rosa con disegnati gli orsetti e con le pantofole a forma di coniglio ai
piedi, ti avrei trovata splendida lo stesso.
Quando
ti ho aperto la porta di casa, mi sei saltata al collo, non dandomi nemmeno il
tempo di un “ciao” o un “come stai”.
Ero
appena tornato dalla World Youth. Erano settimane che non ci
vedevamo.
Inebriato
dal tuo profumo comunque, non ti respinsi nemmeno, ti avrei parlato dopo. Ora
avevo solo voglia di stare con te e non pensare a niente che non fossi te e solo
te. E non so nemmeno poi come ci siamo finiti in camera mia a fare l’amore,
eppure fino a tre minuti fa non eravamo in salotto a parlare di Tsubasa e Sanae
che si sarebbero sposati?
E
forse in quel momento sono stato un bastardo, perché quella cosa tanto
importante dovevo dirtela prima di venire a letto con te.
-
Appena tornato a Tokyo sono stato dal medico.. ci sono dei problemi Yayoi..- ti
dissi mentre lentamente, seduto sul letto, mi rimettevo la maglietta, cercando
di trovare le parole più giuste, più appropriate per non farti
soffrire.
Mi
sono accorto subito del tuo sguardo preoccupato che mi guardava dal dietro. Ti
sei mossa sul mio letto, ancora nuda e ti sei avvicinata in modo da potermi
guardare in faccia.
-
Jun.. che ti ha detto il medico?- mi hai chiesto seria ravviandoti una ciocca di
capelli dietro l’orecchio.
-
Il mio cuore è tornato a fare i capricci, Yayoi.- ti ho detto osservando il tuo
volto preoccupato.
Mi
hai guardato immobile per minuti o forse ore, sinceramente non ricordo e non
m’interessa. Ti sei messa a piangere all’improvviso, coprendoti il volto con la
coperta, bagnando i bordi. Ed è forse in quel momento che ho capito tutto, che
non potevo costringerti a sopportare altre sofferenze, che non potevi continuare
a soffrire per un ragazzo col cuore di cristallo. Sì, perché nonostante il
medico mi aveva detto di essere guarito, il mio cuore era tornato lo stesso a
rovinarmi la vita. E anche la tua.
Io
volevo solo che almeno tu fossi felice.
I
giorni seguenti poi sono stati un incubo a occhi aperti. C’erano le amichevoli
fra nazionali e non sai come mi sono sentito inutile e impotente quando ho
portato al mister le mie analisi, dicendo che non potevo assolutamente giocare o
questa volta ci avrei rimesso le penne. Infatti, la
World Youth è
l’ultimo campionato che ho giocato.
E’
una brutta sensazione guardare le partite di calcio in TV, sai? Per uno come me
che è abituato a viverle, correndo nel campo verde. È stata dura separarmene, ma
è stata ancora più dura separarmi da te.
E
ancora un mese era passato, un mese intero passato in ospedale per gli
accertamenti, le analisi e tutte queste cose che ho cominciato a odiare con
tutto me stesso. E un mese nel quale tu ci sei sempre stata, sempre, non ricordo
giorno in cui tu non sia venuta in ospedale per vedere come stavo o se avevo
bisogno di qualcosa. E ti vedevo sempre più pallida, più smunta, più
magra.
E
forse, quando il dottore mi disse che c’erano poche possibilità di rimettermi
completamente, ho capito che dovevo salvare almeno te da questa situazione, che
almeno tu dovevi essere felice. Ma non accanto a me. Tu non avresti mai potuto
essere felice accanto a Jun Misugi.
E
mi fa ancora male pensare a queste cose, ma il tempo passava e io ero sempre più
sicuro delle mie scelte, o almeno credevo di esserlo.
Ed
era ottobre, il 26.
Mi
avevano dimesso dall’ospedale e tu, come ogni santissimo giorno, mi passavi a
trovare finendo col pranzare sempre da me. Ovviamente, cucinavi tu dato che io
non ne ero capace!
E
quando ti ho accompagnato alla porta di casa per salutarti, non credo che tu
immaginassi che il mio sarebbe stato un addio. Che avrebbe fatto male più a me
che a te, probabilmente.
-
Yayoi.. forse sarebbe meglio che non ci vediamo più.- non sono mai stato bravo
con le parole, la mia più grande bravura era il calcio e forse, dato che i
medici e il mio cuore non mi consentivano di praticarlo, mi sono sentito un
fallito. Cosa avrei potuto offrirti? Cosa avevo da darti? Mi resi conto che in
queste circostanze, il solo amore non basta mai.
-
Ma che dici Jun?- mi hai guardato incredula. So che non te
l’aspettavi.
-
Non venire più a casa mia. Fallo per te. E anche per me.- dopo ho chiuso la
porta di casa, lasciandoti sul pianerottolo con gli occhi sbarrati.
Ci
sono stati attimi di silenzio nei quali io sono stato poggiato alla porta a
piangermi addosso per aver perso l’unica persona che poteva amarmi davvero nella
vita. L’unica persona che nonostante le difficoltà e le brutte notizie non mi
aveva mai lasciato solo, non aveva mai permesso che in qualche modo io potessi
sentirmi solo. Perché io e te le abbiamo viste le persone morire e disperarsi,
quando stavamo all’ospedale. Le
abbiamo viste le persone sofferenti che si consumavano dal dolore, le persone
con i miei stessi problemi non farcela. Mi ricordo di quando stavo sul lettino
bianco, con la paura che forse il prossimo sarei stato io, in fondo, mi dicevo,
io sono come loro, la mia vita vale come la loro. Perché dovevo essere diverso?
Perché proprio io dovevo salvarmi?
Poi
hai dato un colpo alla porta. Uno, due. Sempre più forti e decisi. Tu che mi
pregavi di aprirla, di chiarire, che non capivi perché avevo deciso di
allontanarti e mi chiedevi che cosa avessi fatto di male.
No
amore mio, tu non avevi fatto proprio niente, anzi, per uno come me avevi fatto
anche troppo.
Non
potevo più sentire la tua voce rotta dal pianto, mi faceva stare male, tu non
dovevi piangere, dovevi solo andare via, magari con qualche insulto, ma non con
le lacrime. Non era così che doveva andare, non era come avevo
previsto.
Così
aprii la porta di scatto, spaventandoti, piangendo anch’io a mia volta, una
delle rare volte che ho versato delle lacrime.
-
Perché non capisci? Perché Yayoi? Tu non ti meriti questo! Non meriti una vita
passata sempre in ospedale per stare al capezzale di uno come me! No
Yayoi!-
Tu
mi hai abbracciato forte, all’improvviso, piangendo sommessamente, stringendo la
mia felpa fra le tue piccole mani. E io che ti stringevo forte per imprimere
dentro di me quell’abbraccio, che credevo sarebbe stato l’ultimo, per non
dimenticare.
Avevi
capito.
Ma
non volevi abbandonarmi.
Passarono
due settimane. E tu non ti eri fatta più vedere.
Perché
io te l’avevo imposto. Anche se avevi capito e non mi avevi abbandonato, io
restavo sempre della mia idea: che dovevi rifarti una vita senza di
me.
Vennero
a trovarmi Matsuyama e Hyuga.
-
Come va con Yayoi?- mi chiese l’aquila del Nord sedendosi sul mio divano. Non
risposi, semplicemente non c’era niente da rispondere, sapevo che comunque
Hikaru era gia a conoscenza della situazione. Le voci, in nazionale, girano
velocemente con voi manager sempre in contatto nemmeno foste
sorelle!
-
Mentre venivamo qua l’abbiamo vista.. ed era in compagnia.. di un ragazzo.- mi
rivelò Kojiro guardando distratto fuori dalla finestra del salotto.
Ed
è stato quello il momento in cui il mio cuore, gia di cristallo, si è fermato.
Sapevo che prima o poi sarebbe successo, ma speravo almeno che me lo saresti
venuta a dire tu in faccia. Tu, che qualche volta timorosa mi telefonavi per
raccontarmi le cose più strambe, non mi avevi raccontato quella più
importante, di
avere un altro.
Mi
avevi deluso.
Strade
deserte
Note distorte
Componi per lei
Si è fatto buio già
Ore seduto
Su un marciapiede
Sotto un lampione
Sai che lei non tornerà
E'
un lamento continuo
Di frasi che ormai
Sono andate, sparite
Mai più sentirai
Ti aspettavi di udire
"Sei il solo per me"
Metti l'anima in pace
Quei giorni son già
Fumo e cenere
Sono
venuto direttamente a casa tua per parlare, per capire perché non me lo hai
detto. Avevi paura di farmi soffrire? O avevi soltanto paura di me? Della mia
reazione? Per chi mi hai preso Yayoi?
Mi
hai aperto la porta con un sorriso, come se niente fosse accaduto e mi hai
invitato a sedermi.
Mi
hai offerto qualcosa da bere ma io ho rifiutato, lo ammetto: mi dava troppo sui
nervi quel tuo atteggiamento “va tutto bene” per riuscire ad accettare anche
solo una caramella da te. Ero adirato e forse te ne sei addirittura accorta, ma
ti sei comportata come sempre.
-
Perché non mi hai detto di avere un altro?- ti ho chiesto a brucia pelo mentre
ti versavi un bicchiere di limonata. Ora volevo una spiegazione. E che fosse
convincente.
Hai
alzato lo sguardo dal bicchiere con occhi increduli.
Non
mi hai detto niente. Soltanto una frase.
-
Io non ti abbandonerò mai
Jun. Ricordalo.-
E
lì per lì non avevo capito cosa c’entrasse in quel momento, ma lasciai
correre.
Il
tempo passava e arrivò anche il matrimonio di Tsubasa e Sanae.
Mi
sono sentito morire quando ho pensato che al posto loro forse, a quest’ora,
potevamo esserci anche noi due, ma ormai non aveva più importanza, o almeno ce
l’aveva ma non volevo pensarci ulteriormente. Perché continuavo a farmi del male
in questo modo?
E
poi sei arrivata tu, accompagnata dal tuo nuovo ragazzo. E anche questa volta
non mi hai detto niente, non ne parli mai con me. Perché queste cose le devo
sempre venire a sapere da Matsuyama? Infondo la mia ex ragazza sei tu, mica lui,
per fortuna!
Mi
sono avvicinato e ti ho salutato con un bacio sulla guancia, forse un po’ troppo
confidenziale. Ecco perché mi sono beccato un’occhiataccia dal tuo
accompagnatore. Deve conoscere molto bene la nostra storia, allora.
Gli
ho dato la mano con vigore, ha detto di chiamarsi Eiji.
Mi
è stato antipatico a prima vista e non perché ormai aveva preso il mio posto
nella tua vita, mi ero gia preparato psicologicamente a questa eventualità! Ma
lo sentivo e basta. Sentivo che con lui non saresti stata felice. Non saresti
stata felice come quando stavi con me. E solo ora che ci ripenso mi rendo conto
che tu sei stata felice solo con me. E non lo dico perché mi rode profondamente
il fatto che ora fai l’amore con qualcun altro diverso da me, ma perché lo vedo
nei tuoi occhi, lo vedo che i tuoi occhi non guardano Eiji come fino a qualche
settimana fa avevano guardato me, non vedevo più quei sorrisi luminosi come
quando erano per me.
L’ho
visto io e l’hanno visto tutti, strano che non se ne sia accorto anche il tuo
ragazzo.
A
febbraio ho avuto una crisi di cuore abbastanza grave. Sono stato in terapia
intensiva per una settimana.
E
tu c’eri, e io non capivo che cosa stavi facendo. Davvero, non lo capivo. Stavi
con un altro ragazzo e avevi la tua vita, che volevi ancora da me?
-
Se non posso stare accanto a te come fidanzata, almeno permettimi di starti
accanto come amica.- e ti dirò che continuavo a non capire: come facevamo ad
essere amici se tu per prima non mi trattavi come tale non dicendomi che, pochi
mesi più avanti, ti saresti sposata?
La
nebbia sul viso
Nasconde il sorriso
Di quei giorni in cui
Lei era accanto a te
Riassaggi i momenti
Scorrendo i messaggi
Ma solo quelli più dolci
Non li cancellerai
Il tuo mondo
Sta andando a puttane
Oramai
Puoi reagire ma forse
Non è ciò che vuoi
Preferisci esser vittima
Non guarirai
Non mollare
E' un consiglio
O ti ridurrai
Fumo e cenere
Ah
Yayoi! Come siamo arrivati a questo punto me lo devi proprio
spiegare.
Sei
sposata da quanto? Sei? Sette mesi? No scusa, otto mesi e invece di fare l’amore
con tuo marito vieni a letto con me. Lo
so che stiamo sbagliando. Io per primo che ti permetto di tradire il tuo
compagno.
Non
era così che doveva finire. Non in questo modo. Almeno spiegami perché ti sei
sposata? Perché, nonostante accanto a te ci sia un uomo che farebbe carte false
per starti sempre vicino, perdi tempo con uno come me? Uno che è ancora malato
di cuore e l’unica cosa che può fare ora nella vita è l’aiuto allenatore della
nazionale accanto a Gamo! Sai cosa vuol dire lavorare con quell’uomo? Col tempo
ho paura di diventare come lui a forza di stargli accanto.
È
una situazione troppo assurda, deve finire! Lo sa pure tua madre che vieni a
letto con me! E anche lei non dice niente!
Mi
rigiro nel letto e ti vedo che dormi tranquilla accoccolata al mio fianco. Hai
detto a Eiji che stavi fuori per lavoro.
Bugiarda.
Sospiro
pensieroso. Forse non era la fine quel giorno di settembre. Non era la fine di
noi due, di Jun e Yayoi.
Forse
era solo l’inizio della nostra vita come amanti. Perché infondo, è quello che
siamo. Due amanti. Forse non saremo mai marito e moglie noi due, non potremo mai
essere come Tsubasa e Sanae, come Hikaru e Yoshiko, come Kojiro e Maki o come
Ishizaki e la
Tashimoto.
Siamo
destinati a essere amanti e a tradire tuo marito.
E
ancora mi chiedo per quale cavolo di motivo lo hai sposato.
Ma
finchè resteremo così, innamorati ancora come quindicenni, del resto m’importa
poco.
Note
dell’autrice: questa
fanfic è una cosa molto semplice, scritta perché dentro di me in qualche modo
sentivo che dovevo scriverla, senza troppe pretese, semplice come è. Non è
perfetta e nemmeno bellissima, ma spero comunque che nella sua semplicità sia
riuscita a strapparvi almeno un sorriso…
Captain
Tsubasa ©
Yoichi Takahashi
“Fumo
e cenere”
– Tutto è possibile, 2006 ©
Finley
Smoke and Cinders © Elpis Aldebaran