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Autore: SofiaAmundsen    07/07/2012    10 recensioni
Au!Auschwitz, John!deportato ebreo, Sherlock/generale tedesco.
[II] Stai raccogliendo le ultime scodelle quando sul tavolo atterra un pezzo di pane. 
Lo guardi, sbatti le ciglia un paio di volte e poi ti volti a guardare chi te l' ha lanciato, perché credi nei miracoli, ma non fino a questo punto. E li riconosci subito, quegl' occhi. Li hai visti una sola volta, ma si sono impressi nella tua mente così indelebili che li riconosceresti anche in mezzo al mondo intero.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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John avrebbe tanto voluto dormire, ma quando ogni fibra, ogni più piccola cellula del tuo corpo urla e soffre come fosse trafitta da un sadico ago, nel tuo cervello scatta un autolesionistico meccanismo per il quale ti privi del sonno, l' unico Dio a cui riesci ancora ad appellarti, l' unica medicina capace di spegnere illusoriamente le tue sofferenze. Un sonno senza sogni, vuoto e nero, come ha da tempo, ma si accontenterebbe.

É a questo, al tuo cervello, che imputi la colpa, perchè non vuoi pensare che se non riesci a dormire è perchè la puzza di morto che grava in questa stanza ti soffoca, è perchè i mugolii affamati dei bambini ti trafiggono le orecchie, è perchè il sapore amaro del tuo sangue in bocca ti disgusta tanto che vomiteresti, se solo avessi mangiato qualcosa, è perchè non puoi muoverti, o sfiorereresti le costole sporgenti e le ossa esposte del volto degli uomini accanto a te, e tu non vuoi sentire la loro sofferenza sotto le tue dita, è perchè non riesci a chiudere gli occhi, subito appaiono le immagini crudeli e nitide del campo, del dolore, della fatica, e non puoi tenerli aperti, non su quella distesa di corpi, vivi forse, ma non più tali da diverso tempo, che come te cercano nel sonno il risveglio da quell' incubo.
Non hai neanche piú tanta fame, John, come se il tuo stomaco, vuoto da troppo, avesse divorato quella, come ultimo istinto a sopravvivere, e non senti neanche piú tanto dolore, ti fa male solo la spalla, un soldato te l' ha slogata ma tu non hai emesso un fiato, perchè lo sai che fine fanno i giocattoli rotti. Ma senti lo sporco. Quello lo senti, e lo odi, lo percepisci pesante e insopportabile come uno strato di orrore cucito alla tua pelle. É uno sporco così terribile da essere nero come la pece, come il dolore, uno sporco così disumano da non essere fatto di sudore e polvere da sparo, ma di paura, sofferenza, fatica mai ricompensata. È lo sporco degli altri, che ti si sono buttati addosso con occhi sofferenti, occhi che non dimenticherai mai, e ti hanno guardato chiedendoti aiuto, come se tu non fossi un condannato come loro, lo sporco di a chi invece ti sei buttato addosso tu, ogni volta che hai creduto di morire, ogni volta che hai guardato un viso pregando che non fosse l' ultimo, ed è lo sporco dei soldati, dei loro fucili sulla tua pelle, delle loro scarpe sulla tua faccia. É uno sporco che è quasi doloroso e che sei quasi certo non se andrá mai piú.
Eri un medico, John, prima che ti portassero via, e avevi sempre le mani pulite e profumate, perchè volevi che i malati si sentissero al proprio agio a farsi toccare da te. Eri diventato famoso per questo, tanto che tutti i tuoi pazienti ti regalavano saponi di fragranze meravigliose ad ogni visita, porgendoli sempre con un sorriso di gratitutine sul volto, e il tuo bagno aveva iniziato a profumare come un giardino fiorito.
Pageresti oro colante, ora, per una sola scaglia di quei saponi. Ma in questo posto, gli unici a poterlo avere, sono i prigionieri politici e tu, John, sei solo un inutile, insignificante, lurido, ebreo.

La porta della baracca si spalanca dietro al colpo secco di uno di loro. Entrano in tre ed iniziano ad urlare, in tedesco, come sempre. E tu non li capisci, come sempre.
Il dolore alla spalla si sveglia prima di te e la fame non sembra essere mai stata sveglia come sta mattina. La senti che cerca di divorarti lo stomaco a morsi piccoli e taglienti come quelli dei topi e ti fa così male che te lo strapperesti via e lo mangeresti, saziandoti di questa macabra immagine.
Conti fino a tre e poi apri gli occhi. Uno, due, tre. Dai la possibilitá al mondo di cambiare, in quei tre secondi, di smettere di essere l' inferno ardente e assassino che è diventato, di tornare ad essere quell' imperfetto posto in cui era bello stare, in cui la gente moriva di tanto in tanto, non ogni giorno, non così.
Ma il mondo sembra non esistere più, ormai, sembra essere stato sbranato da questo erebo furibondo che pare non avere più pietà per nessuno, piú speranza per nessuno.
Ti alzi e ti metti in fila, aspettando il tuo nome pronunciato male tra gli altri -300? 400? Quante diavolo di persone ci sono li dentro? Sono così magri che riescono a incastrarsi tra loro come pezzi di un puzzle.
«Watson.»(*)
E invece per una volta, la prima da un tempo che sembra interminabile, lo senti pronunciato bene, con l' inclinazione inglese che merita. Quasi non ti ricordi più che suono abbia, senza quell' accento duro e sordo.
Alzi gli occhi dal legno terminato e marcio e te ne stupisci, perchè non lo fai mai, guardi sempre in basso, John, come se vedere solo una piccola porzione di quello che hai intorno ne razionasse l' atrocità. Alzi gli occhi e per un attimo non respiri più, per un idilliaco, incomprensibile, silenzioso attimo non sei più un deportato, non sei più sofferente, non sei più moribondo: due occhi azzurri, profondi come l' oceano, gelidi e intensi come il ghiaccio di un inverno piú freddo, sottili ed allungati come la spina di una rosa, che ti entra dentro e non riuscirai mai più a togliere. É questo che vedi, due occhi azzurri, di un tono che non hai mai visto, che non hai neanche mai sognato, o che forse semplicemente non ricordi: da quando sei li tutto sembra in bianco e nero. Ma non quegl' occhi, quegl' occhi sembrano l' unico colore che vedi da tempo, sembrano un colore così vivo, intenso, espressivo che quasi fa male a guardarlo, che quasi respira e ti parla. E vedi il mare, il mare cha amavi e a cui non hai potuto dire addio, lo vedi muoversi e rincorrersi ondeggiando nelle sfumature di quegl' occhi che sembrano racchiuderlo tutto quanto, nella sua cromaticitá variabile, nella sua imprevedivilitá; e vedi il cielo, che è sparito dalla tua vita e che forse esiste ancora, sopra a quella nuvola perenne di cadaveri, diffondersi come un sospiro al vento in quelle iridi cristalline, graduarsi, dietro alle piccole pagliuzze che ci brillano dentro, come faceva quando il sole splendeva ancora e tu amavi vedere l' alba che lo irradiava.
Li guardi e loro gurdano te, per un attimo, e hai l' impressione che quello sia uno sguardo più spaventato e supplicante del tuo, che invece è sempre rimasto orgoglioso.
Li guardi ancora, in quell' attimo eterno e brevissimo, poi il colpo di un soldato ti arriva forte tra il collo e la spalla: stai intralciando la fila, muoviti schifoso ebreo, immagini che dica, quando urla sputandoti in faccia.
Di cose belle, in quel posto, non se ne vedono. Non riesci a immaginare niente che definiresti bello, di quell' assasino recintato, eppure, ancora una volta, l' assurditá regna. Non hai visto niente di bello, però, hai visto qualcosa di meraviglioso.





Note: Ero molto indecisa su questa storia perchè ho un profondo rispetto per questo argomento e non mi ritengo abbastanza capace e coraggiosa per trattare un pezzo della storia che ci ha segnati tutti. Ma alla fine ho deciso di farlo, porgendo questo umile scritto come un modo per non dimenticare, perchè l'unica cosa che possiamo fare è ricordare sempre che noi siamo i figli di persone che hanno sofferto atrocità, sono morte ammazzate, ingiustamente, per una colpa che non avevano, e siamo i figli di persone che hanno commesso atrocitá e ammazzato, ingiustamente, macchiandosi di una colpa che non espieranno mai. Quindi non dimentichiamo, perchè non deve piú succedere.

Note1:(*) I deportati non venivano mai chiamati per nome, ma sempre con il numero che avevano tatuato sul braccio, questa è una licenza letteraria che mi sono concessa.
Il prompt è: John/Sherlock, seconda guerra mondiale
Questo capitolo è molto breve, perchè è di introduzione, agli altri daró più spessore, promesso.


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