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Autore: shezza    07/07/2012    5 recensioni
Delle lettere mai spedite, un giardino pieno di ricordi e di meraviglie, migliaia di goccioline che cadono frettolose dalle nuvole scure e imponenti. E poi un bacio, un bacio al sapore di pioggia e di passato, quello di due bambini spensierati e felici.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Kiss under the rain


Pioveva. Pioveva a dirotto. Sembrava che il cielo sapesse cosa stava per accadere.
Piangeva anche lui, come piangevi tu. Mi ricordo di quel giardino, dove amavamo passare i nostri momenti più belli, che era sempre pieno di splendidi fiori, rose, e alberi rigogliosi, e il verde tutto intorno era talmente lucente che dava fastidio agli occhi. Ma quel giorno era triste anche quello,  sembrava aver perso tutto il suo splendore e le rose sembravano quasi appassite, chinate verso il basso e accarezzate dalle infelici lacrime che piovevano dalle nuvole.
Mi ricordo che tu eri ancora tra i rami del tuo albero preferito, dove ti arrampicavi quando eri triste, e volevi stare da solo.
Non ti importava della pioggia, ma tu eri rimasto lì sopra, ad osservare tutto intorno.
Mi ricordo le lacrime che rigarono il tuo viso quando ti dissi che stavo per andarmene da quel posto. I tuoi splendidi occhi azzurri diventarono lucidi e si spensero, perdendo la loro vivacità.
“Non lasciarmi qui da solo!” avevi urlato, la tua voce rimbombò in tutto il giardino.
Mi ricordo ancora quelle parole. Rimangono ancora impresse nella mia mente, con tutta l’amarezza con cui erano state dette.
Le lacrime iniziarono a scendere dal tuo viso, andando a mischiarsi con la pioggia. Mi ricordo ti eri passato una mano tra i capelli bagnati, in un gesto nervoso, e mi avevi guardata con gli occhi pieni di lacrime. “Non abbandonarmi!”
La pioggia continuava a scendere scrosciante, bagnando i nostri visi. Sentii improvvisamente freddo, e le gocce taglienti di pioggia di cui un attimo prima non m’importava, iniziarono a penetrare nella mia pelle ghiacciandomi tutto il corpo, come mille piccolissimi aghi appuntiti.
Mi avvicinai di più a te e presi tra le mani il tuo viso bagnato, scostandoti qualche ciocca di capelli umidi da davanti gli occhi.
“Non ti lascerei mai da solo, lo sai!” sussurrai.
“E allora perché stai per farlo? Rimani qui, con me, insieme al nostro giardino, non lasciarmi da solo!” ripetesti, con voce strozzata dal pianto.
Ti abbracciai, e tu ti strinsi a me, singhiozzando, entrambi bagnati dalla testa ai piedi per la pioggia che si abbatteva su ogni cosa ancora più violentemente. In quel momento decisi di farlo. Sarebbe stata la mia ultima possibilità, forse non ti avrei mai più rivisto, così ti baciai. Avvicinai lentamente le mie labbra alle tue e ti lasciai con un delicato bacio, un bacio salato delle tue lacrime e della pioggia che ancora non si fermava.  
“Non lo farò. Ti prometto che ritornerò da te. Te lo prometto”
Quella era la mia promessa. E l’avrei mantenuta, avrei mantenuto quella promessa perché ti volevo bene. Perché ti amavo.
E allora perché siamo ancora separati? Perché ho deciso di ignorare quella promessa e di fare finta di niente, di continuare a ripetermi che ormai è solo passato, se tu ancora occupi la mia mente?
Perché ho deciso di non ritornare da te e lasciare che questo peso continui ad assillarmi, ancora oggi? Non so rispondermi nemmeno io, adesso.
Ma sappi che ti amo ancora.

La tua Min

 

In fondo era successo tutto quando erano soltanto ragazzini, aveva pensato molte volte.
Eppure lei in quindici anni non aveva mai smesso di scrivergli lettere, lettere dove voleva spiegargli tutto, lettere mai aperte ma che rimanevano intatte in fondo ad un cestino.
Scriveva, scriveva storie su di lui e immaginava la sua vita se fosse stato ancora lì, al suo fianco. Ma lei non sapeva dove fosse, nemmeno se aveva una famiglia. E in quel caso avrebbe dovuto lasciar perdere. Ma ancora pensava a lui. Quel peso ancora la tormentava, dopo tutti quegli anni.
Era passato molto tempo quando decise di farsi avanti. Di tentarci almeno. Di far sparire quel peso che aveva sullo stomaco di una promessa non mantenuta che si accumulava ogni giorno sempre di più. Ma stavolta sarebbe ritornata davvero, avrebbe mantenuto quella promessa.
Sapeva esattamente dove si trovava quel giardino. Si ricordava tutti i particolari.
Arrivò con la sua macchina in quella stradina abbandonata, che dopo tutti quegli anni appariva trascurata e sporca. Chissà se lui si trovava ancora lì?
Il cielo era grigio e coperto da qualche nuvola scura e minacciosa, anche se un pallido sole rendeva l’aria più afosa del solito.
Jasmin parcheggiò e scese dalla sua macchina, ritrovandosi davanti ad un cancello arrugginito e ricoperto di muschio. Forse lui se n’era andato, e allora per lei sarebbe stato troppo tardi. Il giardino poteva non esserci più, e allora tutto poteva rimanere solo nei ricordi del passato e nel rimorso.
Ma quando lei spinse in avanti il cancello si ritrovò davanti una meraviglia: enormi cespugli di rose di un rosso vivace, alberi alti, imponenti e rigogliosi, fitte piante verdeggianti colorate da fiori dai colori accesi che rendevano tutto più vivo. L’erba era umida e fresca, tanto che le venne voglia di sdraiarsi e rimanere per terra per sempre, a scrutare il cielo. Così si tolse le scarpe, abbandonandole in un punto in mezzo all’erba, ma non si sdraiò, spinta a continuare a camminare dalla curiosità sempre crescente. I sottili fili d’erba che le solleticavano i piedi le davano una piacevole sensazione di piacere, e lei continuò a camminare apparentemente sorridente e rilassata, anche se in realtà dentro di lei regnavano confusione e speranza.
Nel giardino non c’era nessuno. Eppure qualcuno doveva pur averlo reso così meraviglioso e incantevole. Qualcuno di sicuro curava le piante e si prendeva cura di loro ogni giorno.
E quel qualcuno non poteva essere così lontano.
Sentì improvvisamente un rumore. Si spostò oltre un pesco, dagli splendidi fiori rosa, e scorse un uomo intento a riempire un grande vaso di terra. Lei si fece avanti.
Era un bel ragazzo, alto, da un bel fisico e i capelli chiari. Improvvisamente si voltò e lei notò i suoi occhi azzurri come il ghiaccio, che davano in lui una bellezza quasi impossibile, lo rendevano ancora più bello e attraente. Rimase incantata per qualche secondo, fino a quando lui parlò.
“Buongiorno” disse, con voce calma e profonda.
“B-buongiorno” rispose nervosa Jasmin. Vedeva qualcosa di familiare in quel ragazzo, il che la spingeva sempre di più a parlargli.
 “Ha fatto tutto da solo? Voglio dire, il giardino lo cura lei?” continuò la ragazza.
“Si. Si il giardino è mio” rispose lui.
“E’ stupendo, davvero. Lei vive qui.. con la sua famiglia?” chiese lei. 
L’uomo riprese a curare un cespuglio di rose e a togliere erbacce dalla terra, e rispose senza degnarla di uno sguardo.
“Io non ho una famiglia” disse, poi smise improvvisamente di lavorare, si asciugò la fronte bagnata con la manica della maglia sporca di terra e si alzò, per spostare un altro vaso di fiori.
“Oh, mi dispiace, non lo sapevo.” rispose lei seguendolo.
Il ragazzo posò il vaso e si sedette, smettendo di lavorare.
Si passò una mano tra i capelli madidi di sudore e la guardò per un attimo con i suoi occhi di ghiaccio, lasciandola di nuovo senza fiato. E in quel momento lei capì, capì di aver trovato il ragazzo che cercava. Era lì, davanti a lei.
Rimase qualche lungo secondo ad osservarlo, a cercare in lui tutti i particolari che erano cambiati nel tempo, a immaginare cosa avesse fatto in tutti quegli anni, a parte rendere quel giardino ancora più meraviglioso. Il cielo stava diventando ancora più cupo e minaccioso e qualche piccola gocciolina di pioggia iniziava a cadere dalle nuvole scure e a bagnare i loro visi.
La ragazza si avvicinò di più a lui, gli prese tra le mani il viso ormai ricoperto di barba e fissò gli occhi sui suoi. Gli occhi azzurri del ragazzo si fecero più vivi che mai, quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo. La pioggia pungente aveva ormai bagnato i loro visi e l’aria tutt’intorno si era fatta cupa e silenziosa, proprio come quindici anni prima.
“Min” mormorò il ragazzo, riconoscendola , finalmente.
“Daniel” sussurrò Jasmin.
I due si guardarono per un attimo, poi Jasmin chiuse gli occhi e poggiò le labbra su quelle di Daniel. I due si spinsero in un bacio appassionato, ed in un attimo si trovarono come chiusi in una bolla di sapone, come se il tempo e le cose attorno a loro si fossero fermate, e neanche le piccole gocce taglienti di pioggia sembravano toccare più i loro visi. 
Solo un bacio, un bacio sotto la pioggia, proprio come quello di quindici anni prima.
I due si allontanarono, e si guardarono di nuovo, sorridendo. Jasmin intrecciò la sua mano bagnata in quella di Daniel e i due iniziarono a camminare passeggiando intorno al giardino, ricordando le loro giornate insieme, riconoscendo gli alberi dove si erano arrampicati da piccoli.
Una parte della loro storia si era ripetuta. Non una di quelle storie scritte da Jasmin, malinconiche e tristi. La loro storia, la loro nuova vita che avrebbero ricominciato insieme. 
  
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