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Autore: _Andy    10/07/2012    7 recensioni
Gli amori impossibili sono quelli che non finiscono mai. Quelli che durano per sempre.
Happy B-Day KIAsia
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Io ok, non lo so, va bene!?
Ci ho lavorato un intera notte u.u
E non so se é una schifezza o quant'altro. 
So solo che, beh, Asia.. te l'avevo promesso.
Cioè in realtà no. Ma mi ha fatto piacere farti questo piccolo regalo.
Spero solo che ti piaccia. TANTI AUGURI <3 



Gli amori impossibili sono quelli che non finiscono mai, quelli che durano per sempre.



Sebastian Smythe era stato innamorato.
Oh si, la Dalton, la cara vecchia scuola, l’adolescenza, le migliori scopate fatte in vita sua, primo amore.
Sebastian Smythe aveva appena finito il college.
New York, Manhattan, Columbia.
Sebastian Smythe non aveva amato nessun altro.
Il suo modo di muoversi, il suo modo di parlare, di ridere, di scherzare, di assillarlo con Harry Potter o con le solite smancerie romantiche per San Valentino.

 
 
-Smythe! Per favore, potresti prestarmi un po’ di attenzione, stai facendo un tirocinio, non puoi ancora fingere di ascoltarmi senza prestarmi attenzione!-

Era il 29 Maggio, strano ma vero, Sebastian ancora si ricordava che esattamente 6 anni fa’, quello stesso giorno, lui si era fidanzato ufficialmente e Ahimè, esattamente un anno dopo si era ritrovato Single.
Single per il resto dei cinque anni.
 
 
-Si scusa Annette, ero sovrappensiero, che devo fare?-
Aspirava a diventare un produttore discografico, e se la cavava abbastanza bene, beh, se la cava bene a svegliarsi alle sei per portare caffè e ritirare abiti nuovi di zecca.
Il suo capo aveva quasi ogni giorno una festa lussuosa a cui prender parte.
Certo non era andato alla Juliard e non poteva permettersi di entrare nell’ambito musicale così di colpo, ma se la cavava, e con la sua laurea a pieni voti faceva la sua bella figura.
 
-Il capo ti vuole di sotto, al terzo piano, è con il fotografo per la  copertina del CD di quella ragazzina-
-Vado subito e.. Ah! Porta tu questo caffè al primo piano!-
 
 
Non era la prima volta che capitava.
Il tuo capo chiedeva sempre un suo parere per le copertine e per i modelli da raffigurare.
Quando andava ancora al college era cambiato, non era il vecchio Sebastian, aveva provato tutto, e questo tutto includeva anche un corso di fotografia dove aveva partecipato,costretto dalla sua compagnia del corso di Storia.


 
-Signor Barton, buon giorno-
Era il suo capo ma non lo vedeva mai, dato che ormai era considerato il segretario dei segretario, quindi.
-Oh, Sebastian, buon giorno anche a te..-
Non era una brutta persona, e non era neanche tanto anziano, non chiedeva molte cose, solo il suo caffèlatte già in ufficio di prima mattina, il vero motivo per cui Sebastian doveva alzarsi alle sei.
Esigeva la puntualità e la professionalità quando si lavorava, e si fidava si Seb, non aveva sgarrato mai da quando, qualche mese fa, era riuscito a ottenere il tirocinio.
Era uno dei pochi ragazzi che, nella domanda si assunzione, non avevano messo il nome di suo padre accanto al proprio.
E si stupì quando, dopo averlo assunto, scoprì chi era suo padre, un suo vecchio compagno di liceo.
 
 
-Con chi lavora oggi, Signore?- Chiedeva sempre, anche se sapeva ogni cosa che doveva fare il suo capo, così per sicurezza. Prevenire è meglio che curare no?
-Con quella ragazzina, non mi ricordo come si chiama, ma ha fatto successo anche con la sua dolce età, ed è venuta qui apposta da Chicago per lanciare il suo album con questa casa discografica, traduzione, suo padre mi conosce ed è raccomandata, quindi.. cerchiamo di sbrigarci-
-Su cosa si basa la copertina, Signore?-
se glielo avessero detto qualche anno fa’ avrebbe risposto che non avrebbe mai lavorato per qualcuno e sicuramente non gli avrebbe portato il caffè la mattina alzandosi all’alba, per andare alla caffetteria preferita del suo capo ed essere lì alle sette e mezzo in punto.
Ma le cose erano cambiate, lui aveva trovato il coraggio di essere autonomo senza l’aiuto dei suoi genitori, era maturato,e si stava costruendo un futuro da solo, passo dopo passo.
-La ragazzina ha fatto amicizia con due delle bambine che facevano parte del corpo di ballo al suo concerto,ed ha insistito per averle accanto della copertina del suo nuovo CD, quindi avevo intenzione di un qualcosa di semplice, sono tre ragazzine di 15 anni che tentano di divertirsi tutto qui-
Annuì vigorosamente lasciando il compito al signor Barton di progettare qualche idea con il fotografo, per poi guardare e consigliare la migliore.
 
Ad un tratto la ragazza entrò, seguita a ruota da altre due ragazzine.
Sembrava fatto apposta, la cantante era una semplice ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi, le sue amiche erano totalmente il contrario, una capelli biondi e occhi azzurri, l’altra mora con occhi castani.
Ecco, la raffigurazione delle tre bamboline perfette.
 
-Sebastian, ascolta, abbiamo già un idea, ma mentre ne parliamo con Sally, la cantante, tu devi andare dalle altre due ragazzine per farti dire il nome, mi scoccia ammetterlo, ma devono avere anche loro il loro nome dietro la copertina-
E così fece, si diresse verso le altre due ragazze che sembravano alquanto spaesate.
-Tranquille, anche io ero abbastanza confuso la prima volta che ho messo piede qui dentro.- tentò di rassicurarle, e ci riuscì a pieno perché si guadagnò due sorrisi dolci come solo le ragazzine di quell’età sapevano fare.
-E come ti ci sei abituato? Dico.. a tutto questo?- Disse la moretta alludendo al suo lavoro ancora con il sorriso sulle labbra.
-Pazienza e un innato senso dell’orientamento-  sorrise per la seconda volta prima di ricordare il motivo per cui era stato mandato lì
-Allora, ragazze, siate così gentili da dirmi i vostri nomi così vi lascio libere di fare quello che volete?-
-Oh beh, non ci disturbi affatto, anzi.. sembri abbastanza giovane, cosa ti porta qui?- Beh, il lupo per il pelo ma non il vizio, infatti non poté non stendere le sue labbra con quel ghigno che gli spuntava ogni volta che riusciva a far colpo con qualcuno, e dallo sguardo della biondina, si vedeva che era riuscito nel suo intento
-Sai, un ragazzo dopo il college cerca sempre gli agganci giusti-Ovviamente non avrebbe usato le sue vecchie battutacce, insomma, ormai aveva 24 anni, poteva sembrare anche un pedofilo
-Hillary Harris- rispose ad un tratto la bionda
.Abby Harwood-
Sbatté le palpebre prima di ritornare a guardare la ragazzina con gli occhi spalancati.
-C.. come scusa?-
-Abby Harwood.. vuoi.. vuoi che lo scrivo io?-
*non ora Sebastian, non in questo momento, insomma, quanti Harwood pensi che ci siano in tutta l’America?*
-
No, no tranquilla, ora.. cioè io vado, ciao ragazze.
 
 
Cosa avrebbe dovuto fare? Chiedergli tutta la sua generazione? Oh magari domandargli ‘’Ehi, sei per caso parente di Thad Harwood?’’
Oh no, lui era andato avanti, cioè almeno, sperava di essere riuscito ad andare avanti.
Da quel giorno del diploma non l’aveva visto più, aveva sentito Nick ed era al corrente che frequentava una scuola di danza abbastanza prestigiosa a Chicago e subito dopo il college era rimasto a vivere lì cercando con tutte le sue forze di raggiungere il suo obbiettivo, cioè ballare.
Ma niente di più, non sapeva se stava bene, se era riuscito a farsi notare in quella scuola, anche se era sicuro di si..
Si chiedeva se aveva conosciuto qualcuno, o se magari, pensava ancora a quel maledetto giorno in cui si erano divisi proprio come faceva lui.
Maledetta lontananza , ricordava ancora quando, seduti nel muretto della scuola il giorno del diploma, Thad gli aveva preso il volto tra le mani e gli aveva sussurrato ‘’Vorrei che il tempo si fermasse, o almeno rallentasse’’ prima di venire chiamato da sua madre per gli ultimi saluti.
E poi tutto era andato così, un ultimo bacio, semplice, ma forse il più importante della loro storia, un ‘’ci rivedremo, te lo prometto’’ e una mano che salutava da dentro una macchina nera.
E poi il niente, non un messaggio, non una chiamata, sentirsi sarebbe stato troppo doloroso, lui era rimasto aggrappato a quel ‘’te lo prometto’’ e ancora aspettava il momento in cui, dopo sei anni, si sarebbe trovato Thad di fronte e gli avrebbe detto ‘’Ti amo ancora’’.
 
 
-Ok ragazze, è stato un bel lavoro, complimenti a tutti, a presto!-
E finalmente, dopo mille scatti che sembravano tutti uguali,avevano finito quella straziante copertina.
A volte si chiedeva come i cantanti potessero essere così perfezionisti, la foto era una sola, ma facevano miliardi di foto perché: Quella era troppo chiara, quella mi fa’ sembrare grassa e in quella avevo gli occhi chiusi.

-Sebastian!- lo chiamò il suo capo subito dopo aver smontato lo scenario insieme alla squadra -.. mi devi fare un ultimo favore, io ho una riunione devo scappare, aspetta che i genitori delle ragazze le vengano a prendere e subito dopo puoi tornare tranquillamente a casa-
-Ok, la ringrazio Signore, buon lavoro-
Non si ricordava neanche quando il suo capo gli aveva permesso di uscire prima del suo orario, ma dato la riunione fuori dall’edificio sicuramente non aveva più bisogno di lui.
 
E ora si trovava da solo, con Abby.
La ragazza lo aveva informato che suo zio, la persona che la doveva venire a prendere, era arrivato prima, ma dato che ancora non avevano finito, lei lo avrebbe informato appena finito tutto.
-Quindi, già a quindici anni e con un posto da ballerina fissa in un concerto, ne hai fatta di strada in così poco tempo-
-Beh sai, mio papà ha molti agganci su cui contare.. certo non nego che passare un estate con i miei amici del liceo non mi sarebbe proprio dispiaciuto, ma sai, mio padre è così orgoglioso di me quando mi vede danzare.. e ho sempre cercato di renderlo felice.. tutto qui!-
Ah, se Sebastian Smythe sapeva fare una cosa era proprio quella di cercare l’orgoglio da parte di suo padre, nei suoi confronti. Certo ora era indipendente, ma non si sarebbe mai dimenticato di tutte le cose che aveva fatto da piccolo per vedere un misero sorriso da suo padre.
-Beh,ti capisco..- riuscì a dire solo questo.
-Oh, ecco mio zio..- fece la ragazzina saltando dalla sedia dove era seduta.
 
Come si può definire quando senti che dentro di te sta scoppiando la terza guerra mondiale?
Perché si, aveva dimenticato che quella ragazzina portava Harwood come cognome, perché non aveva pensato al fatto che la ragazza veniva da Chicago, come la cantante, e Thad ormai abitava proprio lì, e non aveva pensato neanche al fatto che Thad potesse avere una nipote in effetti, anche se non aveva mai smesso di pensare a lui per il resto della giornata.
Eppure, eccolo lì, con quei capelli perfetti totalmente uguali a quelli di una volta, il corpo più muscoloso, leggermente più alto e sempre bellissimo.

Quando la ragazza corse verso di lui per andarlo ad abbracciare, automaticamente Sebastian si portò la cartella del lavoro sopra la faccia.
Non osava immaginare cosa sarebbe successo se l’avrebbe riconosciuto e se si sarebbe avvicinato.
Ma non aveva bisogno di avvicinarsi, dato che era stato talmente gentile con quella ragazzina che lei aveva spinto suo zio a presentarsi.
-Zio, Zio Thad.. lui é..-
- Sebastian – Thad completò la frase per la ragazza.
Il diretto interessato aveva abbassato la cartella ma guardava verso un altro lato, magari per non sembrare scortese, ma aveva sinceramente sperato che magari non lo riconoscesse.
Tentativo fallito,  non era cambiato neanche lui più di tanto da liceo in effetti, stessa capigliatura, anche lui leggermente più tonico, non era diventato più alto per sua fortuna dato che non era mai stato un ragazzo molto basso.
-Voi due già vi conoscete?-
*Si, praticamente è stato il mio primo e unico vero amore*
-E.. eravamo compagni di liceo, dividevamo la stanza all’accademia-  Rispose alla fine non staccando lo sguardo da quegli occhi castani che aveva sognato così tante volte.
-Perfetto..- beh, la ragazzina era piccola, ma non stupida, guardava lo sguardo di suo zio, lo conosceva, praticamente aveva vissuto con lui quando i suoi erano a lavorare.
-.. allora perché non andate a prendere un caffè e io prendo un taxi? Ritrovare un compagno di liceo non capita tutti i giorni..-
-Oh, sicuramente tuo zio avrà cose da fare io.. io non vorrei disturbare e..- ovviamente parlava a vuoto, anzi parlava a Thad che continuava a fissarlo, non di certo alla ragazza che era riuscita ad attirare l’attenzione di una di quelle macchine gialle e a salirci
-No..- disse Thad -.. niente da fare.-
 
 
E così fu’, ora erano comodamente seduti al Central Park sorseggiato un caffè e parlando in memoria dei vecchi tempo andati.

-Com’è andata, a scuola, a Chicago?-
-Beh abbastanza bene, per ora lavoro in una palestra..-
-E cosa ti porta nella grande mela?-
-Vacanza, mio cugino, il padre di Abby, è venuto qui per lavoro, e io sto con lei per tenerla un po’ allegra, per questo motivo ha dovuto finire la scuola prima..-
-Aspetta ma, lei ti ha chiamato zio.. cioè.. voi..-
-Si, vabbè, mi ha sempre chiamato zio, quindi..-
-Capito..-

Quindi sarebbe dovuto tornare a Chicago, magari tra una settimana come tra un giorno.

 
-Tu invece, lavori per una delle case discografiche più famose d’America, bella mossa-
-Tirocinio in realtà ma si, dopo la Columbia ho cercato di lavorare fin da subito, non ho voluto nessuna distrazione che mi permettesse di mandare a puttane il mio futuro..-
Non era del tutto vero, una distrazione l’aveva, e quella stessa distrazione era il motivo dei suoi risvegli pieni di lacrime e dei suoi pensieri tutti i giorni, da sei anni.
-E l’hai avuta.. la distrazione?- ad un certo punto Sebastian si ritrovò a fissare di nuovo quegli occhi che tanto cercava di evitare, ma sapeva che quella domanda alludeva a qualcosa.
-Fino a quando ti fermi? Chiese con fermezza.
-Fino a domani..- Rispose.
 
Cosa doveva fare allora?
Qual’erano le parole giuste quando ti capita una cosa del genere, se sempre ne esistessero.
Salutarlo e continuare per la sua strada?
O magari..
 
-Quindi, ho solo una sera per mostrarti il ristorante più bello di tutta New York?-
 
O magari fregarsene delle conseguenze e godersi quello che, forse, sarebbe stato l’ultimo giorno con il ragazzo che amava più di qualsiasi altra cosa.
 
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-Come diavolo si può chiudere un ristorante per un compleanno di uno stupido ragazzino?-
Thad rise a quell’affermazione.
Si trovavano ancora in dentro il ristorante, e guardavano la grande famiglia di quello che sembrava un bambino di 6 anni, divertirsi.
Sebastian non era cambiato per nulla, non aveva cambiato il suo modo di lamentarsi appena le cose non andavano con il verso giusto, come non aveva cambiato il suo mordersi il labbro inferiore quando si trovava in difficoltà, proprio come aveva fatto davanti all’edificio dove lavorava.
Ed era proprio questo che gli era mancato di lui,
fece scorrere gli occhi lungo un grosso tavolo.
Bingo!
Si allontanò qualche metro trascinando con se Sebastian ancora confuso su quello che stava facendo.
- Richard Cohen e Matthew Baker vanno bene?-
Disse sventolando due segna posti che erano stati messi da parte, sicuramente perché i diretti interessati non si erano presentati.
-Vanno più che bene..- rispose Sebastian sorridendo.
 
 
E il resto della serata lo avevano passato lì, tra balli e scherzi insieme a persone che neanche conoscevano.
Richard, che gli era toccato a Thad, si era ritrovato a ballare con la nonna del festeggiato che, dopo aver saputo il suo nome, lo trascinò nella pista da ballo.
Avevano scherzato, e si erano divertiti.
Fino a quando.. Thad si ritrovò ad accompagnare Sebastian a casa sua.
 
Mettiamola così.. si ritrovò praticamente appiccicato alla porta di Sebastian completamente attaccato alle sue labbra.
Non so’ spiegarvi come è successo in realtà, da quando se ne erano andati via dalla festa non si erano riferiti neanche una parola, ma  quello bastava.
Di certo non bisognava parlare per far capire all’altro che stavano bene.
E poi era successo, Thad  stava salutando Sebastian quando, lui, aprì la porta per entrare e si ci era praticamente buttato contro chiudendosi la porta alle spalle.
 
Ed era come l’ultima volta, perfetto come l’ultima volta.
E semplice.
Non c’erano altri aggettivi per descriverlo, era naturale come bere l’acqua, sembrava che quei sei anni non erano passati per niente.
Sembrava essere tornati alla Dalton.
-Mi sei mancato così tanto, Thad..- disse tra un bacio e l’altro.
No, non avevano parlato durante la festa o magari prima.
Forse avevano avuto paura di affrontare il discorso.
O magari paura di un ‘’Oh mi dispiace, mi sono fidanzato’’.
-Mi sei mancato anche tu Seb.. da morire-
Posizionò le sue labbra nell’incavo del collo di Sebastian.
Domani sarebbe andato via, e voleva lasciare dei segni, voleva una prova che tutto quello non era un sogno, che era reale, e che, per qualche giorno, si potesse avere una prova che quello era successo davvero.
-D..dov’è la tua stanza-
La risposta non tardò ad arrivare.
Sebastian prese Thad da sotto i ginocchi mentre ancora era succube di quella piacevole tortura, e si agganciò le sue gambe alla sua vita trascinandolo verso una porta appena distante da lì.
Lo adagiò lentamente sul letto stendendosi sopra di lui leggermente in modo da non fargli troppo male.
-Hai mai pensato a me?- Quella domanda lo tormentava ormai da troppo tempo, anche se la risposta era ormai ovvia.
Aspettava la risposta come un bambino aspetta il suo cartone animato preferito il pomeriggio.
Continuava a bearsi di quei morsi e di quella lingua che avevano preso il controllo ormai del suo collo poggiando la fronte nella spalla di Harwood.
-Notte e giorno- rispose lui, dopo qualche minuto.
Alzò la testa dopo aver risposto, prendendo il viso di Seb tra le mani e, notando che stava sorridendo, chiese..
-Tu..?-
-Sempre..-
Una semplice parola a volte può avere un significato immenso.
E questo Thad lo sapeva.
Infatti, dopo aver messo a tacere i dubbi che tormentavano anche lui da ormai sei anni, con un colpo secco sbottonò la camicia di Sebastian.
-te la ricompro io…- disse, prima di impossessarsi di nuovo delle sue labbra.

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Era così bello svegliarsi e sentire qualcuno accanto a te.
Lo era sempre stato, solo che, era da sei anni che non accadeva.
Non che Sebastian avesse fatto il santarellino, ovvio che no.
E Thad lo sapeva. Anzi se lo aspettava.
Ma era diverso, lui di solito scappava prima che gli altri potessero svegliarsi, o magari gli altri se ne andavano prima che lui potesse svegliarsi.
Ammirò il suo compagno, esattamente accanto a lui accoccolato al suo petto.
Era così bello mentre dormiva.
Gli accarezzò lentamente il volto scostando qualche ciuffo di capelli fuori dal suo viso.
Thad aveva mantenuto la promessa, si erano rivisti, quello non era un Addio.
 
Proprio quando stava per abbandonare il volto di Harwood e lasciarlo dormire questo si svegliò.
Ed era proprio come se lo ricordava lui.
*Strizza gli occhi, sbadiglia e li apre lentamente*
e così era appena successo.
-Buon giorno..-
-Giorno anche a te-
Restarono per qualche minuto lì, a guardarsi.
Thad alzò una mano andando a toccare quei segni rossi che erano stati fatti alcune ore prima.
- Sebastian..- sospirò, senza distogliere lo sguardo dalla sua mano che continuava a tracciare dei segni sul collo dell’altro.
-Devo andare..-
Quella frase poi li riportò alla realtà.
Thad doveva partire, doveva tornarsene a Chicago.
E questa volta doveva rimanerci, per sempre.
-Dimmi quello che senti..-
Non chiedeva altro, voleva solo sentire per l’ultima volta quelle cinque lettere dalla bocca del moro, le voleva sentire per lui.
-Ti amo Sebastian..- ammise sfiorandogli leggermente la guancia.
-Ti amo anch’io-

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Non sai quanto sei forte fino a quando essere forte è l’unica scelta che hai.


Giorno: 31 Maggio.
Ore: 12:30
Da Sebastian a Thad:  Esci!

 
 
 
-Sebastian, che diamine ci fai qui a Chicago, sotto casa mia?-
-Quando ero piccolo, i miei mi avevano detto di inseguire i miei sogni-

Sebastian Smythe è totalmente innamorato.

   
 
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