“La prossima volta che cambia supervisore ci vado io alle Hawaii …”
Sorrido, sentendo ancora la voce di Greg nella mia mente. Ho raccolto le prove e le ho catalogate il più velocemente possibile, in modo da archiviare il caso il prima possibile ed essere a casa, perché –dannazione- volevo stare con te, ma tu non ci sei. Poso le chiavi sul mobile all’ingresso, respirando piano. L’odore di casa è unico ed avverto uno strano profumo arrivarmi alle narici. Caffè. Il tuo. Entro in cucine e me ne verso un po’ nella mia solita tazza bianca e blu, poi lo bevo piano, assaporandone il gusto amaro, tipico del caffè, e quella punta di dolce che sa di te.
Mi è mancato dannatamente il tuo caffè, alle Hawaii non lo sanno fare. Sorrido e bevo un altro sorso. Sono in attesa, attendo che tu torni dal laboratorio. Poso la tazza sul ripiano di marmo della cucina, chiudo gli occhi e poi mi avvio in bagno. Il getto caldo della doccia mi accoglie come un vecchio amante che rivede l’amato dopo tanto tempo. Sorrido, pensando immediatamente a te. Mi lavo piano i capelli, tentando di usare la stessa cura ed una minuzia simile alla tua, ma ovviamente le mie dita grandi non possono competere con le tue falangi affusolate. Afferro il tuo bagnoschiuma, perché il mio è finito, e con una spugna rossa mi insapono il corpo, per poi lasciare che l’acqua scrolli la schiuma da me. Sento una parte di te accanto, c’è un po’ del tuo odore qui, ma non è come se ci fossi, perché manca una parte essenziale del tuo profumo, quell’odore che è solo ed unicamente tuo.
Esco dalla cabina doccia e mi lego l’asciugamano attorno alla vita. Osservo il mio riflesso nel grande specchio appeso alla parete, passo una mano sul lungo segno bianco, tutto ciò che è rimasto del graffio che c’era prima di partire per le Hawaii. Nonostante sia ancora bagnato, esco dal bagno, lasciando delle gocce d’acqua nel corridoio, mi passo una mano tra i capelli ed entro in cucina. Afferro di nuovo la tazza e riprendo a bere.
La porta si apre, avverto il rumore delle chiavi che si posano sul legno, proprio accanto alle mie, e sorrido, sperando che tu faccia lo stesso. E’ come se queste tre settimane alle Hawaii non fossero mai passate.
“Nick …” mormori entrando in cucina. Rimani per un attimo a bocca aperta guardandomi. Sono appoggiato contro il ripiano in marmo della cucina, con solo l’asciugamano bianco attorno ai fianchi, la tazza di caffè in mano e le gocce d’acqua che corrono sui miei muscoli. Sorrido a mia volta, lui stringe gli occhi e si avvicina, spalanco le mie braccia e Greg si poggia sul mio petto con un sospiro.
“Mi sei mancato …” sussurra Greg stringendomi i fianchi con le mani.
“Anche tu …” replico stringendolo per la base della schiena e stringendolo contro di me. Ti bacio i capelli, tu sospiri di nuovo, poi alzi il volto e mi fissi con quegli occhi che mi fanno perdere il contatto con il mondo ogni volta che li guardo. Le tue mani percorrono dolcemente il profilo del mio corpo, fino ad arrivare al volto, dove ti posi leggiadro. Sorrido mentre mi stringi gli zigomi, mi chino lasciando che le mie labbra sfiorino dolcemente le tue. In un attimo mi spingi coi fianchi contro il ripiano e forzi le mie labbra con la lingua, lasciando che guizzi languidamente contro la mia. La tua mano destra scende dal volto e sfiora il petto, mentre le mie stringono la pelle della tua schiena da sotto la maglia. Ti stacchi da me e respiri piano ad un passo dalle mie labbra, ti sorrido ed avverto la tua mano vagare sul bordo dell’asciugamano che non nasconde la mia erezione. Ti passo la lingua sulle labbra e poi mordo quello inferiore e tu gemi, completamente perso nel nostro vortice di passione.
“Visto qualcosa di bello alle Hawaii?” domanda Greg sfiorando le mie labbra.
“Mmm …” gemo contro di te. “Tanti bei costumi …”
“O forse chi era nei costumi?” replica ingelosendosi Greg.
“Anche …” mormoro. Lui spalanca gli occhi e si allontana da me, sorrido convinto che il suo sia un bluff. Greg viene illuminato da un sorriso sghembo e malandrino, che gli illumina gli occhi. Si volta e corre via dalla cucina.
“E dai Greggo!” urlo. Gli corro dietro, inutilmente, perché si è già barricato nella nostra camera da letto.
“L’unico motivo per cui sono contento che tu sia tornato dalle Hawaii, è che non devo più analizzare quei dannati insetti al posto tuo!” urla dall’altro lato della porta di legno.
“Greggo, so che sei contento che sono tornato a Las Vegas perché ti mancavo!” replico appoggiandomi allo stipite, attendendo che tu apra questa fottuta porta.
“Non è vero!” dice Greg col velo di un sorriso nella voce.
“Invece sì! Tu a me sei mancato!” conclude. Finalmente apri la porta e mi fissi sorridendo. Indossi solo un paio di calzoncini grigi da jogging, ti stringo il fianco e tu mi accarezzi piano il braccio. Ci guardiamo senza parlare per un po’, poi sorridi malizioso e sciogli il nodo del mio asciugamano, facendolo cadere a terra e lasciandomi nudo sotto il tuo sguardo.
“Ops …” mormori con malizia. Sorrido e poi mi chino a baciarti, tu mi trascini dentro la nostra camera e con un calcio chiudi la porta.

Hai appena tracciato un confine, quando entriamo nella nostra stanza tutto scompare, è come se quella porta ci divida dal mondo esterno.

Ed ora quella porta è chiusa e quel che accade dietro di essa, bè, lo sappiamo solo noi.

Anche se questi gemiti rochi che trapelano di tanto in tanto lasciano poco spazio all’immaginazione.




Angolo autrice:
Ho visto la prima puntata della dodicesima stagione di CSI Las Vegas! (E' spoiler?! ... La stagione 12 non è inedita in Italia, quindi ... Boh)
Per di più in notturna! 
A volte amo FOX Crime (anche troppo spesso!)
Eh, boh, questo è quel che ho immaginato!
E' da un po' che non posto su questo fandom, ma Greg e Nick sono nel mio cuore, sempre!
Lascio a voi l'arduo compito di commentare questa roba! (: