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Autore: Loreena McKenzie    11/07/2012    4 recensioni
Bisogna sempre stare attenti durante un viaggio... la situazione ci potrebbe sfuggire di mano e potremmo capitare nelle grinfie di qualche ospite indesiderato che va a caccia di sangue delle giovani ragazzine.
Questo è un racconto che mi è venuto in mente durante un tema di italiano.
Spero vi piaccia.
Genere: Fantasy, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DRIIIIIIIINNN!!!!!!!!!!!!!!!
Suona la sveglia. Non avevo voglia di alzarmi dal letto. Avevo dormito poco e male, proprio il giorno prima della gita scolastica. Mi ero addormentata verso mezzanotte per vedere quello stupido film horror che mi aveva portato gli incubi per tutta la notte e ora ero così stanca… mannaggia, questa proprio non ci voleva!
Mi alzai faticosamente scostando le coperte e cominciai a prepararmi molto, molto lentamente. Dopo circa mezzora salutai tutti e mi avviai per la strada annebbiata in direzione pullman.
Alla fermata incontrai subito Alice, la mia inseparabile amica.
-Non hai una faccia molto entusiasta, Cloe.- mi disse appena mi vide senza nemmeno salutarmi.
 -Non ho dormito tutta la notte per via del film di ieri sera.- le spiegai.
-Quello horror? Io non l’ho visto, di che parlava?-
-Parlava di alcuni ragazzi che si perdono in una strada durante la notte e vengono uccisi dal Sussurratore, un’anima spregevole che sceglie le sue vittime a caso, e una volta che sei stato scelto non puoi più sfuggirgli!-
-Che stupidaggine! I soliti film horror cretini!-
-Beh… tu che ne sai, scusa? E poi dicono che sia una storia vera.-
Alice esplose in una grossa risata sguaiata. Le avrei mollato volentieri un grosso ceffone, se non fosse stato per il pullman che arrivò all’improvviso e la lunga fila di ragazzi che si formò all’entrata.
Salimmo e partimmo all’istante. Una volta arrivati ci fermammo a vedere un grande museo noioso, mangiammo al ristorante e poi i professori ci portarono ad osservare altre opere d’arte e altri quadri.
Ripartimmo per casa verso le sei del pomeriggio, e dopo circa un’ora ci fermammo per fare una sosta e per cenare.
Io ed Alice, una volta mangiato, risalimmo spensierate, ma, man mano che saliva la gente, cominciavamo ad accorgerci che non erano i nostri compagni di classe quelli. Ci guardavamo attorno spesate, senza sapere che fare.
Ad un tratto il pullman partì, ma dopo pochi metri noi ci recammo dall’autista dicendogli di fermarsi perché avevamo sbagliato pullman.
Si fermò e ci fece scendere. Ripercorremmo di corsa la strada e arrivammo al nostro punto di sosta con il fiatone, ma la nostra classe era già partita.
-Sono andati via! Sono andati via!- cominciò a piagnucolare Alice.
-Basta, smettila! Non fare la bamboccia! Prendi il telefono e chiama qualcuno: sono sicura che non saranno andati molto lontano.- cercai di rassicurarla, ma invano, perché non c’era campo.
-Fantastico, fantastico!!! E ora che facciamo?! Dove siamo?! Dove siamo?!!!-
-Smettila di piangere! Non lo so dove siamo, ma se ci mettiamo a correre può darsi che li raggiungiamo.- cercai di fare l’ottimista, ma senza riuscirci perché Alice esclamò:- Ma tu sei pazza!! Quelli staranno viaggiando a cento chilometri all’ora come minimo e tu pensi di raggiungerli?! Ma cosa ti passa per la testa, Cloe?!-
-Potremmo almeno provarci!- cominciai a correre, e dopo pochi secondi mi raggiunse anche lei che tentò di superarmi, ma io mi riaffiancai. Era strano: anche in una situazione del genere riuscivamo a trovare sempre lo spirito giusto per metterci a competere, cosa che facevamo sempre amichevolmente. Ma dopo un po’ ci fermammo esauste e con un dolore lancinante al fianco. Alice si mise a piangere.
-Suvvia Alice! Non ti preoccupare! Vedrai che ritorneranno a prenderci!- tentai di rassicurarla, ma più che altro stavo cercando di rassicurare me stessa. Dopo esserci riposate cominciammo ad avviarci.
-Sta diventando buio, e sta anche scendendo la nebbia.- sussurrai.
-Vero, e non c’è anima viva: le auto che prima ci sfrecciavano di fianco ora sono scomparse.- aggiunse lei.
Riprovai a chiamare qualcuno, ma niente: non c’era campo. Eravamo due ragazzine sperdute in una strada in piena notte, ormai, con una fitta nebbia e senza anima viva. Nel silenzio più assoluto riecheggiavano i nostri passi. L’unica cosa che in quel momento mi faceva sentire meglio era il fatto che Alice non piangeva più, anche se di tanto in tanto mormorava qualcosa tipo “voglio tornare a casa mia”, “chissà dove siamo” o “non ce la faccio più”. Io cercavo di essere più razionale, ma anche io pensavo le stesse cose.
All’improvviso riuscimmo a scovare nella nebbia qualcuno che risaliva lentamente la strada, vedevamo bene la sua ombra. Ci fu uno scatto di felicità e speranza dentro di me, ma il secondo dopo tutti questi bei sentimenti sparirono come se risucchiati da un vortice: che cosa ci faceva una persona nel bel mezzo della notte in una strada isolata da sola???
- C’è qualcuno! C’è qualcuno!!!- si eccitò Alice.
-Non cantare vittoria, Alice, io non mi fido.-
Cominciammo ad avvicinarci un po’ più velocemente, ma eravamo ancora lontane quando riconobbi subito quella persona: gli occhi infuocati, le mani gelide con le unghie lunghissime ricoperte di sangue, i denti con i canini sporgenti spuntare dalle labbra nere: quello era il Sussurratore!!!
Mi bloccai di colpo:-Ferma Alice! Quello è il Sussurratore!!!
-Ma stai zitta!- fece lei.
-Alice! Quello è il Sussurratore! Ci ha scelte! Il Sussurratore ci ha scelte! Scappiamo, muoviti!-
Alice stava per dire qualcos’altro, ma se ne accorse anche lei che non era una persona normale quella. Le tracce di sangue sui vestiti erano troppo evidenti!
Senza dirci niente cominciammo a correre a perdifiato nella direzione opposta. Eravamo congelate dalla paura, senza nemmeno avere la forza di voltarci e vedere se quell’essere ci stava inseguendo. Per la prima volta in tutta la mia vita avevo veramente paura, paura di morire.
Poi Alice mi bloccò:-Cloe, non possiamo continuare a correre senza sapere dove stiamo andando. Io non ce la faccio più. Cosa facciamo?!-
C’era terrore nelle sue parole. Era stanca, con il fiatone, dolorante… come me, tra l’altro.
Mi voltai: Quella cosa era sempre più vicina a noi. Nonostante il freddo sudavo. Non sapevo cosa fare. Poi vidi al lato della strada una foresta, e fu l’unica salvezza che potetti trovare:-Alice, inoltriamoci lì! Vedrai che non ci troverà!-
-No no cara! Tu hai qualcosa che non va! Lì sarà ancora più pericoloso!-
-Avanti, dai! Dovrai solo seguirmi e vedrai che non ti perderai!-
-No! Non ci vengo!-
-Per favore!-
Non ebbe scelta: quella creatura era troppo vicina! Ci inoltrammo in quel buio che parve infinito. Le ombre degli alberi facevano paura, ma noi, più spaventate di tanto non potevamo essere. Camminammo per un po’, poi, sicure che il Sussurratore non ci avrebbe trovate, ci acquattammo su un arbusto e rimanemmo lì per una decina di minuti, che parvero un’infinità, incollate l’una all’altra con gli occhi spalancati verso il buio per beccare qualsiasi cosa si avvicinasse.
Poi capimmo che ci aveva seguite. Ce ne accorgemmo da tanti sussurri che ci circondavano. Parole incomprensibili che provenivano da tutti i lati della foresta. No, non eravamo più sole!
Alice prese a piangere silenziosamente. Sentivamo i passi di quella creatura mezza umana e mezza demone. Avvertii la morte avvicinarsi sempre di più a me. Non avevo mai pensato prima a come sarei morta, ma quello mi sembrava il modo più brutale. Più i passi erano vicini, e io più venivo trascinata nell’abisso dalla paura.
All’improvviso tacquimo entrambe: il Sussurratore era dall’altra parte dell’arbusto.
Cercammo di farci più piccole rannicchiandoci l’una all’altra. Brividi leggeri percorrevano la mia schiena, e a un certo punto smisi di tremare: una mano gelata mi toccò la spalla, e le unghie si conficcarono nella mia carne senza pietà.
Trattenni l’urlo più doloroso di tutta la mia vita. Mi alzai con uno scatto e cominciai a scappare, scappare e scappare. Nemmeno la consapevolezza che Alice non mi stava più seguendo mi fece fermare. Correvo, correvo, correvo cercando di fuggire dalla morte, dalla paura, dal terrore. Dolore: l’unica cosa che avevo in mente in quel momento. Dolore.
Poi la spalla ferita e il sangue che colava dalla maglietta mi portò a rallentare, ma non mi fermai. Non capivo più niente, correvo così, “a caso” avrebbe detto qualcuno. Non vedevo più la terra sotto i miei piedi, infatti inciampai e caddi rumorosamente. Rimasi così per un po’. Poi vidi il Sussurratore dietro di me, e mi alzai di botto. Quello scatto mi portò dolore su tutto il corpo. Avevo le gambe paralizzate. Rimasi ferma, in piedi, finche mi raggiunse e con le unghia puntò il braccio e lacerò la mia pelle.
Caddi quasi priva di sensi. Vedevo tutto rosso. Sangue che colava. Dolore. Dolore. Non capivo più niente. Non riuscivo più a ricordare perché mi trovavo lì. Perché ero costretta a soffrire in quel modo. E speravo che il Sussurratore non avesse già ucciso Alice, già, Alice, chissà che fine aveva fatto.
Poi quella creatura mi ferì anche sulla caviglia con le sue unghia. Persi i sensi di botto. Riuscii a vedere una luce in lontananza, poi più nulla.
 
Cosa successe dopo? Beh, mi risvegliai a casa mia, con la spalla, il braccio e la caviglia fasciate. Quella luce che avevo visto era il faro della macchina della polizia che era venuta a cercarci dopo che la nostra classe aveva comunicato la nostra scomparsa. Naturalmente mi chiesero tutti chi era stato a ridurmi in quel modo. -Il Sussurratore- dissi io.
I poliziotti si misero a ridere. Dopo che lo ebbi ripetuto più volte annuirono, ma non parvero tanto convinti.
E Alice?
Alice non era stata uccisa come pensavo io, ma era rimasta rannicchiata sull’arbusto mentre io venivo ferita e fu lei a condurre i poliziotti da me.
Guarii in fretta. Tuttavia, da quell’esperienza io e lei non andammo più in nessuna gita scolastica, odiammo  viaggiare in macchina al buio e cominciammo ad urlare in faccia a tutte le persone che ci sussurravano qualcosa.
Fine della mia storia. Spero vi sia piaciuta, e spero soprattutto che nessuno di voi incontri mai il Sussurratore, perché nessuno la passerà liscia.
   
 
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