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Autore: Karl2012    11/07/2012    1 recensioni
Questa storia ce l'ho in testa da parecchio tempo. Più precisamente da quando ho finito di leggere, circa 10 anni fa, il libro n° 3 di Resident Evil (S.D. Perry) "La città dei morti". Da quel momento mi è venuta una voglia immensa di gettarmi nel mondo della scrittura. Non dico di avere talento, né di essere portato... Questo sarete voi a dirlo. Questa storia parla di un'organizzazione segreta, di un poliziotto, di una città completamente distrutta e di mistero. Perchè nella sezione horror? Capirete. Buona lettura.
Genere: Azione, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia vita trascorreva tranquilla come quella di qualsiasi poliziotto. Mi svegliavo presto, facevo colazione, mi preparavo e andavo a lavoro. Avevo intrapreso la via del poliziotto per vendicare la morte di mio padre. Lo so, detta così può sembrare la classica trama di un fumetto Marvel, ma andò così. Mio padre fu ucciso da un pirata della strada, sotto i miei occhi. Una cosa non troppo bella, considerando che ai tempi avevo solo nove anni. Il semaforo diventò verde, mio padre cominciò a camminare sulle strisce pedonali e io, invece, mi chinai per allacciarmi le scarpe. "Non si tengono slacciate le scarpe" mi diceva sempre mia madre, "potresti inciampare". Se non fosse stato per mia madre, probabilmente, quel giorno, avrei fatto compagnia a mio padre sull'asfalto. Accadde tutto in pochi istanti. La macchina non rispettò il semaforo e mio padre venne preso in pieno. Fu sbalzato a un paio di metri d'altezza e ricadde pesantemente sulla testa. Mi accorsi di tutto quando finalmente le mie scarpe erano allacciate: un nodo perfetto. Quando alzai la testa vidi una macchina bruciare un incrocio a tutto gas e sparire nelle strade sfollate. Ci furono una serie di rumori tra tamponamenti, urla e rumori di frenate sull'asfalto. Guardai le strisce pedonali e vidi un uomo steso a terra, probabilmente privo di coscienza con uno strano liquido che lo circondava. Era sangue, il sangue di mio padre. Un certo numero di persone cominciò ad accorrere verso l'uomo steso a terra. C'era chi allontanava gli altri e urlava a gran voce di far respirare il poveretto, chi urlava di chiamare un'ambulanza... chi pregava. Io non avevo nessun ruolo, me ne stavo li, paralizzato, a guardare quel corpo riverso a terra. Quell'uomo che tante volte mi aveva sostenuto sulle sue spalle per farmi guardare da una prospettiva migliore. Quel corpo che mi teneva per mano prima di attraversare, che giocava con me al parco, che mi veniva a prendere all'asilo, che mi accompagnava dai miei amici, che mi sorrideva dopo una battuta e diventava serio quando facevo qualcosa che non dovevo fare. Quell'uomo che ora non c'era più. L'ambulanza arrivò un paio di minuti dopo, l'ospedale era a tre o quattro chilometri da quell'incrocio, ora non ricordo. Tanti piccoli particolari non mi vengono più in mente. Come ad esempio il colore di quella dannata macchina, il nome di quella via... A volte mi spavento. Ripenso a mio padre e temo di dimenticarmi anche il suo nome, proprio come mi sono dimenticato della via e della macchina. Per questo ho scelto di entrare in polizia. Al funerale di mio padre presi per mano mia madre e glie lo dissi. Gli dissi che volevo giustizia perché l'uomo che aveva investito mio padre non poteva essere catturato poiché nessuno aveva visto la targa ne aveva saputo riconoscere il modello della vettura. Ve lo immaginate? Un ragazzino di nove anni che proclama giustizia. La giustizia a nove anni sta in un ragazzino che pretende gli venga restituito il gioco appena confiscato dalla mamma perché non è stato lui a rompere quel vaso. Da quel giorno mi preoccupai poco di quelle cose. Nonostante ciò godei di un'infanzia ottima. Entrai in Accademia, mi laureai con uno dei punteggi più alti e divenni poliziotto. La mia giustizia, adesso, sta nell'impedire a pirati della strada, assassini e stupratori di fare quello che vogliono. Nessuno deve più soffrire come ho sofferto io. E' ingiusto. Questo sono io, sono Karl Hill, figlio di Joseph Hill, e la mia storia, per quanto ridicola possa sembrare in futuro, è appena iniziata.
  
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