Anime & Manga > Angel Sanctuary
Ricorda la storia  |      
Autore: Angel Selphie    26/01/2007    1 recensioni
Un angelo femminile decaduto trova la sua redenzione…
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucifero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Volando in un cielo iridescente sulle ali candide di un angelo

Da quando sono decaduta non fanno che ripetermelo, come un mantra, e ogni loro parola è una ferita bruciante nel mio cuore.
-Più ti avvicini alla luce, più grande sarà la tua ombra!-
Parole di angeli decaduti come me, ma in fondo diversi da me. Angeli che hanno perso la speranza e la voglia di lottare, corpi senz’anima dannati fino alla fine del tempo, occhi abbassati, sguardi puntati al suolo sudicio di questo quartiere povero, dove ci hanno brutalmente gettati dopo averci marchiati.
Siamo condannati a portare sulle nostre pelli il segno del peccato, condannati per i nostri sbagli a non poter più godere della luce benefica del sole. Ma io non voglio arrendermi! Perché rassegnarmi sarebbe come morire.
Ero un angelo fiero, combattente di luce, vendicatrice di una giustizia marcia e vestita di morte, che pure non condividevo. Sfolgoravo, astro nascente, generale più brillante di un esercito corrotto. Ero un’anima nata dannata, che riluceva dei bagliori sinistri e nel contempo affascinanti delle tenebre nere che avvolgevano il mio cuore. Traevo gioia dall’uccidere, gli urli disumani di chi cadeva sotto i fendenti della mia spada nera mi facevano star bene, mi divertiva guardare negli occhi le mie vittime, e scorgere nei loro sguardi la paura. Ancor più mi divertiva sentirmi implorare da quegli angeli che dovevo uccidere. Mi si buttavano ai piedi chiedendo pietà, un sentimento che non ero in grado di provare. Allora le mie risa sprezzanti mandavano in frantumi il silenzio cristallino intorno a noi, l’urlo della mia preda echeggiava tra le pareti di quelle squallide prigioni dove ero solita lavorare. Poi più nulla.
Non una lacrima versata, non un ripensamento. Il mio cammino disseminato di cadaveri e sporco di sangue…non ci feci mai caso, non ero abituata a voltarmi indietro. Avevo fatto carriera grazie a quei cadaveri, grazie alla mia fredda crudeltà, alla mia incapacità di provare sentimenti. Ammazzavo tutti gli oppositori di quel regime ingiusto che controllava i cieli, e che io ero la prima a non appoggiare. Mi ero venduta all’esercito celeste solo per non mettere a rischio la mia vita. Avevo deciso di avanzare nella gerarchia, soltanto per sfidare tutti quegli schifosi pregiudizi riguardanti gli angeli femminili.
Inizialmente le cose andavano bene, poi cominciarono i primi problemi: ero arrivata a ricoprire la carica di Comandante Supremo dei Nove Cieli, il posto più ambito e invidiato. E naturalmente, non mancavano coloro che tramavano alle mie spalle per spodestarmi: era una vergogna che una donna fosse arrivata là dove molti uomini avevano fallito. Ero ormai diventata scomoda, perciò un bel giorno una pattuglia venne a prelevarmi dal mio alloggio, sventolandomi sotto al naso un ordine di arresto per alto tradimento. Soltanto più tardi appresi che ero stata accusata di aver tramato per deporre Dio e prendere il suo posto.
Ovviamente non ebbi scampo: il Tribunale Divino dei Troni mi condannò, e fui dichiarata decaduta. Come da copione fui marchiata a fuoco, tuttavia mi fecero la “cortesia” di risparmiarmi il taglio delle ali, in quanto ero pur sempre stata una autorità.
Il processo fu un susseguirsi di testimoni, che dichiaravano di avermi sentita parlare con il mio diretto sottoposto Daniel di un attentato che mirava a spodestare Dio. Menzogne su menzogne, parole false e marce, come gli angeli che le proferivano, pagati dai soldati e dalle autorità superiori perché si inventassero qualcosa atto a condannarmi.
Per tutta la durata di quella baracconata non feci altro che starmene rinchiusa in un orgoglioso silenzio, con un sorrisino sprezzante dipinto sul volto. Non tentai mai di difendermi, perché sapevo benissimo che qualsiasi parola avessi pronunciato mi sarebbe stata ritorta contro. Quando il giudice pronunciò la sentenza che mi condannava, quella stessa sentenza di fronte alla quale milioni di angeli avevano tremato e pianto, scoppiai in una risata fragorosa. Non avevo paura del dolore fisico che il marchio mi avrebbe causato, e avevo la certezza che le mie ali sarebbero rimaste al loro posto. Affrontai quella punizione con uno stoicismo e un orgoglio tali che i più pensarono che non fossi altro che un demone, o che fossi pazza. Non diedi ai miei carcerieri la soddisfazione di sentirmi urlare, quando mi impressero il simbolo della vergogna sul braccio. Non una lacrima stillò dai miei occhi; per quanto dolore mi causasse quella piaga, rimasi impassibile.
L’opinione della gente non mi spaventava: fin da bambina ero stata considerata una creatura non completamente pura, a causa delle piume nere che ricoprivano le mie ali, e degli occhi rossi più del sangue. Perfino colei che mi aveva messa al mondo mi ripudiò. Crebbi da sola, senza conoscere l’affetto materno, ed imparai presto che per sopravvivere non dovevo dare alcun peso ai sentimenti. Non sapevo provare amore, né affetto, né compassione o tantomeno pietà. Mi nutrivo della mia rabbia, il rancore mi spingeva a tirare avanti. Quando venni a sapere che la mia famiglia era stata condannata e giustiziata per essersi opposta alla nuova dittatura, la notizia mi scivolò addosso come acqua. Perciò, quando gli altri angeli mi additarono come essere eretico, non feci altro che rivolgere loro un sorriso più gelido del ghiaccio.
Quando, alla fine, fui condotta nella catapecchia puzzolente e sporca dove vivo, non feci una piega, e l’inizio della mia nuova vita fu proprio come l’avevo immaginato: restavo in disparte, superba, altera, cosciente di essere diversa da tutti quei molluschi decerebrati che mi circondavano. Loro erano impazziti dopo il taglio delle ali, che io non avevo subito, e vagavano come anime in pena per le vie di quella città cadente in cui vivevamo, alternando momenti di quiete a periodi di assoluta follia. Così non facevo altro che disprezzarli.
Ma il mio cuore subì una mutazione radicale in un giorno ben preciso, il giorno in cui vidi i due esseri più belli dell’universo.
Me ne stavo seduta fuori di casa, sui gradini, senza pensare, quando vidi arrivare un angelo con le ali più scure della pece. I capelli corvini appena mossi dal vento e gli occhi di un verde ghiacciato mi fecero intuire che mi trovavo al cospetto del grande Re Malefico Lucifero. Tutta la sua persona emanava una grande aura di potenza e spandeva malvagità ovunque. Lo capii guardandolo: anche lui, come me, non era in grado di provare sentimenti che non fossero di origine maligna. Camminava fiero, lanciando occhiate disgustate attorno a sé, conscio di essere una creatura superiore. Sapevo dove era diretto, poiché avevo sentito qualche voce: stava andando a firmare un contratto di alleanza con Rosiel, il nuovo Capo dei Cieli.
Non potei fare a meno di provare ammirazione per lui, che stava tornando nel luogo da cui era stato cacciato, sfidando i pregiudizi degli abitanti celesti.
Poco più tardi arrivò un altro angelo, biondo con gli occhi castani. Mentre camminava, percorrendo la stessa strada sulla quale poco prima aveva camminato Lucifero, si accorse di me, e mi si avvicinò sorridendo dolcemente. Non capivo cosa volesse, finché non mi venne così vicino che potei sentire il calore che emanava il suo corpo. Quel visino così pulito fece crollare il pilastro su cui avevo poggiato la mia intera esistenza. Tutto il mio astio verso i sentimenti svanì, sostituito da un dolce fuoco che mi riscaldava, e senza capire né come né perché, realizzai che lo amavo. Mi ero innamorata di quell’angelo innocente, poco più giovane di me, eppure così puro da sembrare un bambino.
-Chi sei?- mi domandò con voce suadente.
-Io…sono Asaliah!- risposi, senza capirne il motivo.
-Io sono Rasiel. Dimmi, come mai sei qui?-
-Non hai mai sentito parlare di Asaliah, Comandante Supremo dei Nove Cieli?-
-Tu…tu sei quella donna!-
-Beh…visto che la cosa ti infastidisce tanto, puoi pure andartene, non me ne importa!-
Bugia! Me ne importava, eccome! Ma non potevo rischiare di sporcare la sua anima, col mio peccato. Non volevo che fosse condannato a causa mia. Dovevo allontanarlo, farlo soffrire, se necessario, ma non potevo permettere che la sua anima bianca fosse violata.
-Non mi infastidisce, invece! So chi sei, ho fatto molte ricerche su di te!-
-Daniel?- chiesi quasi inconsciamente, senza nemmeno badare a quello che Rasiel aveva appena detto.
Daniel. Il mio collaboratore più fedele. Lui sapeva che stavo agendo per impossessarmi del potere e proteggere il Creatore dall’avidità delle sue stesse creature. Volevo un Paradiso pacifico, un nuovo governo non più ingiusto, dove tutti gli spiriti celesti sarebbero stati uguali. Dopo la mia condanna, di lui non seppi più nulla.
-Beh, fu condannato anche lui, e giustiziato. Si rifiutò fino all’ultimo di tradirti.-
Buon vecchio Daniel. Aveva dato la vita per proteggermi.
-Cosa fai qui?- chiesi bruscamente, riscotendomi.
-Ti cercavo, Asaliah!-
-Perché?-
-Per darti questo!- e così detto mi si avvicinò e mi baciò con dolcezza.
Quando si allontanò, istintivamente mi portai una mano alla bocca. Come avevo potuto permettergli di fare una cosa così stupida? Come avevo potuto sporcare il suo spirito? E perché non mi ero scansata?
-Cosa…?- riuscii a dire.
-Sono venuto qui per te. Conosco tutto di te, i tuoi ideali, il tuo desiderio…tutto! Voglio proporti un’alleanza.-
-Non posso…io…lo sai…- balbettai confusa.
-Oh, si che puoi, basta volerlo.-
-Non dire assurdità…-
Non mi diede retta, mi ignorò bellamente.
-Ti faccio una promessa: tra un mese esatto tornerò qui e ti porterò via con me, capito?-
La sua proposta suonò alle mie orecchie più come un ordine, ma non ebbi coraggio a sufficienza per oppormi.
-Ti prego, giurami che verrai! Promettimi di strapparmi da questo luogo di pura follia, qualsiasi cosa accada!-
Scossi la testa: le parole mi erano uscite di bocca spontaneamente, senza che io non avessi nemmeno avuto il tempo di pensarci un solo istante.
-Non devi temere Asaliah, dolce amore mio…-
Suggellò la sua promessa con un casto bacio, che mandò in fiamme la mia anima dannata, e poi si allontanò, silenzioso come era arrivato.
Da quel giorno vivo solo nella speranza di rivedere la mia luce, sopportando con pazienza la dura vita di qui. E sono certa che la mia pazienza domani verrà ricompensata, perché domani scadrà il fatidico mese, e lui verrà qui, per me, solo per me.
Mi porterà nel suo cielo tinto dei colori dell’arcobaleno, mi accoglierà tra le sue braccia, e mi proteggerà per sempre con le sue grandi ali bianche.
Per sempre…


Fine

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Angel Sanctuary / Vai alla pagina dell'autore: Angel Selphie