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Autore: Angel Selphie    26/01/2007    2 recensioni
Un Natale triste come tanti altri, un Natale che non vale la pena di essere vissuto. Ma tutto può cambiare…
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sakuya Kira, Setsuna Mudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Selphie alla riscossa! Oh yes!
Scusate per questa introduzione deficiente, ma dopo una serata passata a bere sakè non sono molto savia, tanto più che ho appena finito di scrivere un tema per le vacanze! Sigh!
Beh, visto che non penso che siate interessati dalle mie vicende scolastiche, passo a spiegare il contenuto di questa fic.
Vi avverto, è brevissima! È una specie di monologo o qualcosa del genere…non sono certa che sia venuto ‘sto gran capolavoro…sopportate! Al massimo, se vi schifa, smettetela di leggere! Comunque è ispirata ad Angel Sanctuary, e riguarda Setsuna e Kira.
Voglio dedicarla a tutti i miei angioletti, che mi sopportano (e non so davvero come facciano). Inoltre un ringraziamento speciale va a Voce del Silenzio: ho letto le tue bellissime fic, mi piacciono davvero tanto e mi danno l’ispirazione per scriverne!
Baci dalla vostra Selphie.

Ti ho cercato

È passato tanto tempo, ma non ti ho dimenticato.
Da cinque anni ti aspetto.
Quando sei morto, io sono morto con te.
Eri la mia ragione di vita, e senza te la mia vita non ha senso.
Mi ingannavo che fosse Sara il mio amore, ma ho sbagliato in pieno.
Sono stato talmente cieco da non voler vedere che eri tu ad infiammarmi il cuore.
Ed ora che ti ho perso per sempre, non posso che vivere nel rimpianto.
Sara l’ho lasciata, quando ho capito che ti amavo.
Si è suicidata un mese dopo.
Ora mia madre al solo sentirmi nominare va fuori di senno.
L’ho fatta internare in un istituto, era impazzita.
Mio padre non ricordo nemmeno che faccia abbia, non si fa mai vivo, si limita a spedirmi i soldi per mantenermi.
In tutto questo casino, la tua presenza era come una luce che squarciava le tenebre.
Ma ora che la tua luce si è spenta, non mi è rimasto più nulla.
Non mi sono rimaste nemmeno le lacrime, le ho esaurite tutte piangendo per me, per te, per Sara, per la mia vita che va a rotoli.
Sono circondato soltanto dall’oscurità.
Non ho amici, non ne ho mai avuti.
C’è stata qualche storia passeggera, cose da una notte.
Cercavo te nei volti e nelle labbra di quei ragazzi che stavano con me.
Quelle notti di sesso erano l’unica cosa che mi aiutava a dimenticare momentaneamente la merda in cui vivo.
È una vita squallida, la mia.
Mi hanno anche bocciato, e adesso lavoro come cameriere.
Per fortuna oggi il locale è chiuso, è la vigilia di Natale.
Fa un freddo indemoniato, ma io voglio uscire.
Il solo pensiero di rimanere chiuso in casa mi fa venire la nausea.
Odio la mia casa.
È troppo vuota, troppo fredda, troppo grande per una sola persona.
Prendo il cappotto ed esco.
Il cielo è grigio, come i muri di tutti questi enormi edifici che mi circondano.
C’è un mucchio di gente per strada.
Torme di bambini stanno ammassate attorno alle vetrine dei negozi di giocattoli.
Qualcuno piange, molti supplicano i genitori di comprar loro questo o quello.
Sbuffo, insofferente.
Pensavo che uscire mi avrebbe fatto venire il buonumore, invece mi fa solo star peggio.
Vedere tutte queste famigliole felici a caccia dei regali dell’ultimo minuto mi fa ricordare che a casa mia non ho mai festeggiato veramente il Natale.
Per me era soltanto un giorno come tanti altri, con la piccola differenza che svegliandomi la mattina trovavo un misero pacchetto accanto al mio lettino.
Uno squallido pacchetto senza nastro colorato e senza nemmeno un bigliettino.
E solitamente dentro c’era solo immondizia, giochi vecchi di secoli recuperati a poco prezzo in qualche mercatino dell’usato.
Perché per i miei genitori la mia felicità contava meno di quella del loro gatto.
Ma nonostante tutto ero felice, perché avevo una spalla su cui piangere.
Ora non ho più nemmeno quella.
E mentre cammino, inconsciamente ti cerco.
Cerco i tuoi capelli neri sempre in disordine.
Cerco il tuo sorrisino beffardo.
Cerco la tua sigaretta costantemente accesa.
Ma tanto so che non troverò mai più queste cose.
Sospiro.
Una nuvoletta di vapore esce dalla mia bocca.
Continuo a camminare fra la gente.
Non so nemmeno perché non sono già tornato a casa.
Poi qualcosa attira la mia attenzione.
È un negozietto, ci vendono addobbi Natalizi.
Sono proprio belli, potrei acquistarne qualcuno.
Non ho mai decorato casa mia, forse mi aiuterebbe a sentirla meno vuota.
Entro, deciso.
Compro un abete finto, abbastanza grande, palline, festoni e qualche ghirlanda.
Questa roba è piuttosto costosa, ma me la posso permettere.
Chiedo al negoziante di mettere i miei acquisti in un angolo, sono venuto a piedi e non riuscirei a portarmi tutto a casa a mano.
Esco e mi metto a correre sul marciapiedi, zigzagando fra i gruppetti di persone che affollano la via principale di Tokyo.
Arrivo a casa mezzo scarmigliato, salgo a prendere le chiavi della macchina, poi scendo di nuovo e vado in garage.
La mia auto è al suo posto, come al solito.
Salgo e metto in moto.
Fortunatamente oggi non c’è molto traffico, e arrivo al negozio in un tempo ragionevole.
Parcheggio ed entro nella bottega di corsa.
Pago e carico in macchia ciò che ho preso, partendo poi verso casa.
Adesso si è anche messo a nevicare.
E questo mi fa sentire triste.
Mi ricordo ancora tutte le volte in cui tu ed io abbiamo giocato a palle di neve sui marciapiedi deserti.
Una lacrima dispettosa mi solca la guancia destra.
Mi torna in mente un giorno di undici anni fa.
Avevo dieci anni, allora.
Stavamo giocando alla guerra con la neve, quando misi il piede su una lastra di ghiaccio e scivolai.
Mi sbucciai un ginocchio e cominciai a frignare.
Tu, impietosito, mi conducesti a casa tua e mi medicasti.
Poi ci sedemmo sul divano e crollai addormentato sulle tue ginocchia.
Basta, non devo pensarci.
Sto guidando, non posso distrarmi.
Per fortuna arrivo a casa incolume.
Parcheggio, scarico tutti gli addobbi e salgo al terzo piano del condominio.
Entro in casa, appoggio tutto sul pavimento, butto il cappotto sul divano e mi metto all’opera.
Mi sento un bambino, a mettere palline colorate sull’albero.
Però mi piace tanto.
Ma sarebbe ancora più bello se tu fossi qui con me.
Se potessimo decorare casa mia insieme.
Sono stupido a pensarci…
Me lo dicevi sempre anche tu, che ero stupido.
Ma non lo facevi per offendermi.
Tu usavi la parola “stupido” affettuosamente.
Ecco, finito!
L’albero è fatto.
L’unica cosa che mi resta da fare è attaccare la ghirlanda alla porta.
La prendo, e ce la appiccico con un po’ di bi-adesivo.
Mi guardo attorno.
Adesso casa mia sembra un po’ più accogliente.
Mi avvicino alla finestra è guardo fuori.
È quasi buio, ormai.
Non c’è quasi nessuno che cammina per strada, solo qualche macchina ogni tanto.
La neve continua a cadere, e ce n’è già un po’ che ricopre il mio davanzale.
Seguo con gli occhi l’ipnotica danza di quei cristalli di ghiaccio al di là di questo vetro freddo.
Un’ondata di tristezza mi invade.
Ti vorrei qui.
Nessuno sa quanto ti vorrei qui.
Nemmeno io me ne rendo totalmente conto.
Le lacrime cominciano a scendere da sole dai miei occhi.
Ero convinto di non averne più e invece…
Sospirando mi sposto verso la mia camera da letto, pensando a quanto io detesti il Natale.
Lo odio con tutto me stesso.
In ventuno anni mai una volta ho trascorso felicemente questa festività.
Lo sguardo mi cade sull’albero che ho finito di guarnire poco fa.
Sento la rabbia salirmi dentro, e gli sferro un poderoso calcio, facendolo cadere a terra.
Poi mi accascio anch’io sul pavimento, in preda ai singhiozzi.
Un improvviso pensiero mi attraversa la mente: voglio farla finita.
Sarebbe tanto facile…
In cucina conservo una bella collezione di coltelli da chef.
Non mi costerebbe niente prenderne uno e tagliarmi le vene dei polsi.
Forse farebbe male, ma almeno poi cesserei di esistere.
Non ho nulla per cui valga la pena di vivere.
Mia madre mi odia.
Mio padre è disgustato da me.
Sara non c’è più.
Tu non ci sei più.
Le lacrime scorrono sul mio viso e cadono a terra, bagnando il tappeto.
Sto ancora singhiozzando quando suona il campanello.
Non voglio andare ad aprire.
Il campanello continua a suonare.
Tanto non mi alzerò da qui.
Lasciatemi solo.
Non voglio vedere nessuno.
Ma l’insistente visitatore non demorde!
Adesso apro e avrà a che vedere con un Setsuna Mudo super incazzato.
Mi alzo a fatica, mi gira un po’ la testa.
Mi avvicino alla porta e la apro.
Davanti a me…
Davanti a me ci sei tu!
-Kira…- riesco a malapena a sussurrare.
-Shhhh! Non dire nulla…- mi ordini.
Poi ti avventi sulle mie labbra e mi baci.
E io ricambio, e intreccio le mie dita con le tue.
Ci separiamo un momento per riprendere fiato.
E questa volta sono io a baciare te.
Non voglio spiegazioni.
Non mi interessano.
Mi basta la tua presenza.
La mia lingua che gioca con la tua.
Il tuo corpo caldo contro il mio.
E il dolore se ne va.
Mi sento leggero.
In vita mia non sono mai stato meglio, perché solo tra le tue braccia mi sento a casa, protetto e sicuro.
Siamo costretti a separarci ancora.
Mi guardi.
Ti guardo.
-Ti amo.- mi dici.
-Ti amo anch’io.- rispondo.
Mi stringi forte a te.
-Dovremmo fare qualcosa per quell’albero, sai?- affermi.
Ti guardo perplesso.
-Non mi piace vederlo lì a terra!- continui.
E senza aggiungere altro lo rimetti in piedi.
-Ecco, ora va meglio!- mi sorridi.
Sorridi, un gesto semplice, che riesce a cancellare tutto il dolore che ho provato in questi cinque anni.
Anch’io sorrido fra le lacrime che mi rigano il volto.
-Perché piangi?- mi chiedi abbracciandomi stretto.
-Perché sono felice.- sussurro, ma non posso impedirmi di singhiozzare.
-Certo che è stupido piangere se si è felici!- osservi.
Lo so che è una cosa stupida, ma non mi riesce di smettere.
Mi sciolgo dal tuo abbraccio, e allora tu mi prendi per mano e mi conduci alla finestra.
Non so per quanto tempo restiamo qui a guardare il cielo, ma ad un tratto…
Una scia luminosa…
Una stella cadente!
Esprimo un desiderio…voglio che tu mi rimanga sempre accanto.
Ed ecco la pendola del soggiorno che comincia a battere i dodici rintocchi della mezzanotte.
Fra poco sarà Natale.
Il mio primo Natale felice.
Perché lo passerò accanto a te.
E questo non è che il primo di una lunga serie.
L’orologio finisce di suonare…è finalmente Natale.
-Buon Natale, amore mio…- mi dici all’orecchio.
-Anche a te, Sakuya!-
Sono felice, ho sempre sognato di dirti queste parole.
Tu mi baci ancora.
Ti amo…non hai nemmeno idea di quanto!
Ti ho cercato per tanto tempo…ma ora non ho più bisogno di farlo, perché sei qui!
Forse è un miracolo, forse è magia…non mi interessa!
Ti amo e ti amerò sempre.


Fine

  
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