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Autore: Meredith    26/01/2007    1 recensioni
Jacques Rousseau. Una vita piena di regole che non lo lascia essere quello che vorrebbe. Una fuga che lo farà diventare ciò che vuole. Un incontro che gli cambierà la vita.

" Jac guardò la ragazza, la sua ragazza, e pensò che, anche se viveva in una squallida camera in uno squallido albergo, era il momento più bello della sua vita".

Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“ Jacques Ulysse Rousseau!”.
Il ragazzo si avvicinò alla madre. Odiava essere chiamato con il suo nome per intero.
“ Cosa c’è mamma?” chiese
“ L’insegnante di tedesco mi ha detto che non ti impegni nella sua materia”
“ Forse perché odio il tedesco” rispose sarcastico Jacques
“ Ma è importante che tu conosco molte lingue. Quando sarai grande e seguirai gli affari di tuo padre…”
“ Non so ancora se voglio seguire gli affari di mio padre” fece notare Jacques
“ Non dire stupidaggine, Jacques Ulysse, è ovvio che seguirai la tradizione. Non farti venire in mente certe idee. Impara da tuo fratello Fabien Hugo. Lui si è sempre impegnato a studiare e guarda com’è adesso: un grande imprenditore finanziario”.
Jacques pensò al fratello. Se era sicuro di una cosa, per quanto riguardava il suo futuro, era che non voleva diventare come suo fratello. Fabien infatti aveva raggiunto sì un posto molto avanzato come imprenditore, ma era fidanzato con una ragazza che non amava, con cui si sarebbe sposato solo per il capitale e per l’importanza del suo cognome. Tutte le sere, Jacques lo sapeva, suo fratello usciva con una donna diversa, che magari aveva conosciuto quello stesso giorno, e ci passava la notte insieme. Meschino, subdolo, senza cuore. Questo era Fabien, e questo era quello che Jacques non voleva diventare.
Il ragazzo avrebbe voluto ribellarsi, infuriarsi, mollare la sua famiglia e andare a vivere in un posto dove il cognome Rousseau non significasse niente.
“ Va bene, mamma, mi impegnerò di più” disse soltanto.
Come faceva a ribellarsi a tutto quello che era stato la sua vita?
“ Fabien Hugo e Lucille verranno da noi, domani, e si fermeranno un po’ “ gridò la madre, mentre Jacques saliva le scale in marmo e, superando le ampie vetrate colorate del XVIII secolo, salì in camera sua. Chiamarla camera era ridicolo. Era una stanza enorme, con un letto a baldacchino e due grandi armadi strapieni di vestiti. Anche quella stanza risaliva a qualcosa come quattro secoli addietro. Tutta la casa, appartenuta sempre ai Rousseau, era stata costruita nel 1700 circa. Jacques si buttò sul letto. Voleva andarsene da casa sua. Sua madre, Clarisse, lo faceva studiare dalla mattina alla sera le cose più inutili e superflue come la storia approfondita della famiglia Rousseau nei secoli, latino scritto e letteratura antica francese, nonché tre lingue straniere: tedesco, inglese e italiano.
Voleva essere un normale ragazzo di quindici anni, che gioca a pallone e guarda le ragazze che camminano per strada, invece era sempre stato costretto a stare in casa, da solo, a studiare.
Si addormentò. Avendo finito di studiare, non aveva nient’altro da fare. Il giorno dopo, come aveva detto la madre, Fabien Hugo e la sua fidanzata Lucille si presentarono alla villa Rousseau.
Jacques compativa Lucille. Lei, con quell’aria così innocente, quel volto da bambina, non si meritava un ragazzo come suo fratello. Avrebbe voluto avvertirla, dirle di mollarlo finchè era in tempo, ma a cosa sarebbe servito? Non poteva lasciarlo, suo padre l’avrebbe diseredata, come minimo, e le avrebbe impedito di vivere tranquillamente.
“ Ciao Lucille” esclamò, senza degnare di uno sguardo il fratello “ Jac, quanto tempo. Come stai?”
“ Bene, grazie. E tu? Come stanno andando i preparativi per il matrimonio?’
“ A meraviglia. È già quasi tutto pronto”.
La cosa che gli piaceva di più di Lucille era che lo chiamasse Jac e non Jacques Ulysse, come sua madre. Odiava il suo nome perché lo faceva sentire ancora più diverso dagli altri, ancora più solo. I suoi però continuavano la tradizione di dare due nomi ai figli e Jacques avrebbe giurato che anche i figlio di Fabien Hugo avrebbero avuto due nomi ciascuno.
Dopo i convenevoli, i due ospiti andarono nelle rispettive camere( la madre di Jacques aveva insistito perché non avessero la stanza insieme), e Jacques tornò nella sua solitaria cameretta.
Stava facendo i compiti di italiano quando sentì un leggere bussare alla porta. Sapeva chi era. Solo lei bussava in quel modo.
“ Jac, è permesso?”
“ Entra, Lucille”
“ Sai, ho pensato che ti sarebbe piaciuto vedere le foto del mio viaggio in Inghilterra”.
Jacques si alzò, curioso di vedere com’era l’Inghilterra di cui aveva sempre sentito parlare.
Le foto erano state tutte scattate a Londra o nei suoi dintorni. Mostravano Piccadilly Circus, Trafalgar Squame, London Bridge, the Tower of London e tanti altri monumenti di cui aveva studiato la storia per anni, ma di cui non aveva mai visto foto.
“ Sono bellissime. Dev’essere veramente fantastico andare in vacanza là”
“ Oh, sì, assolutamente. Le persone sono veramente loro stesse, si vestono come vogliono, senza pensare a cosa pensano gli altri”
“ Davvero?”.
Jacques pensò a sua madre, che se lui non era vestito di tutto punto, non lo lasciava uscire, quelle rare volte in cui il ragazzo metteva piede fuori dalla porta della villa.
“ Dovresti andarci. Secondo me ti divertiresti moltissimo”
“ Già, figurati se i miei mi lasciano andare”.
L’espressione di Lucille cambiò, diventando come di chi ha detto una cosa sbagliatissima per quel momento.
“ Puoi tenerle, se vuoi. Sono solo delle copie, io ho le originali a casa”
“ Grazie mille, Lucille”.
Jacques restò a guardare quelle foto per tutta la notte. Era una città così bella, Londra. La gente si divertiva, lì. Lui, invece, non sapeva neanche cosa volesse dire divertirsi.
Fu così che decise di scappare. Sarebbe andato a Londra. Già si immaginava nella città, felice.
  
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