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Autore: Clata    26/01/2007    8 recensioni
"...mio figlio non era felice...." "Ma poi tutto cambiò." "E poi cambiò ancora."
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sorpresa
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Morte e Vita

Non desideravo altro che vederlo sorridere.

Non desideravo altro che lui fosse felice.

Aveva sei anni e tutti i bambini della sua età erano fuori a giocare all’aria aperta con i loro amichetti.

Lui no.

Ryo, perché qualche volta non vai a giocare con Akira, il figlio di Yoshiko? Chiede sempre di te!”

Non ricevetti risposta, come sempre d’altronde. Il suo sguardo perso nel vuoto mi infondeva tanta tristezza.

Non riusciva a riprendersi dalla morte del padre. Ma non poteva stare sempre in casa; no, non poteva. Non era giusto.

Oramai, da quel triste giorno, non era mai più uscito se non per andare a scuola...eppure era un bambino tanto gioioso e vivace.

E ogni giorno piangevo perché vedevo mio figlio stare male...e non riuscivo a fare niente...ero impotente...mi ritenevo una pessima madre. Ero una pessima madre: mio figlio non era felice...come potevo essere soddisfatta di me? Guardare i suoi occhi tristi...vuoti e pieni al contempo.... Cosa avrei mai potuto fare?

Io volevo vedere il suo sorriso.

Volevo vedere i suoi occhi pieni di gioia e voglia di vivere.

Ad un tratto arrivano quei giorni che credi di dover prendere una decisione drastica. Erano le 17:00 di un primaverile e caldo sabato pomeriggio. Tutti i bambini erano fuori a giocare. Perché mio figlio non era con loro? Dovevo fare qualcosa.

Questa volta non gli chiesi se voleva andare fuori, se voleva uscire. Lo presi in braccio e fui io a portarlo fuori. Sentivo che non voleva...che piangeva che voleva rimanere dentro, ma sapevo che avrei dovuto farlo...perché così il mio Ryo sarebbe potuto essere felice.

Uscimmo fuori.

Il sole accarezzò la sua pelle, illuminò i suoi occhi.

Il cuore mi batteva forte.

Forse mio figlio sarebbe potuto essere felice da quel giorno.

Tutti i bambini erano a giocare fuori. Una bambina si avvicinò a mio figlio: “Ciao, vuoi venire a giocare con noi a calcio? Io mi chiamo Sanae!”

Inizialmente non rispose...non si sentiva ancora a suo agio. Ma bastarono i dolci occhi di quell’adorabile bambina a farlo parlare: “Io sono Ryo...Ryo Ishizaki.”

“Vieni a giocare?” – gli prese la mano.

“S...sì. Posso mamma?”

Non riuscivo a credere a quella domanda. I miei occhi si stavano per bagnare di lacrime, ma resistetti e dissi: “C...certo che puoi tesoro....

Ero felice.

Passarono dodici anni.

Mio figlio era felice. Era un calciatore professionista e giocava nella Nazionale giapponese. Ero la donna più felice del mondo perché ero riuscita nel mio intento: rendere felice mio figlio.

Ogni giorno mi ringraziava di quel giorno primaverile di dodici anni fa.

Diceva che grazie a me aveva scoperto il mondo del calcio, grazie a me aveva conosciuto tanti grandi amici e che grazie a me era felice.

Non importava se era grazie a me o grazie a chissà a chi...l’importante è che era felice.

“Mamma, domani abbiamo la finale di coppa del Mondo!” – mi disse – “Ci sarai vero?”

“Ma...io non capisco niente di calcio!”

“Ma dai! Non ci tieni a vedere tuo figlio che diventa Campione del Mondo?” – rise.

Com’era bello sentirlo ridere.

“E va bene!” – ridacchiai leggermente – “Ci sarò senz’altro!”

“Ti voglio bene mamma.”

“Anch’io figliolo.”

Il nostro era diventato un rapporto magnifico. Ero felicissima.

Quando arrivò il gran giorno della finale dei Mondiali ero euforica...forse ancor più di mio figlio.

Il fischio di inizio.

Ryo stava per coronare il suo più grande sogno.

Per me era importante che lui lo coronasse...che realizzasse i suoi più grandi desideri...che avesse tutto dalla vita...che fosse felice.

E mentre ero a guardare il mio figliolo che giocava pensavo a dodici anni prima. Pensavo al suo sguardo triste. Pensavo alla sua infelicità. Pensavo ai giorni bui e infelici che avevano segnato la nostra vita.

Ma poi tutto cambiò.

E poi cambiò ancora.

Mi trovo al cimitero.

La lapide che osservo non è quella di mio marito.

E’ quella di Ryo.

La partita che avrebbe potuto renderlo Campione del Mondo l’ha ucciso. Trauma cranico in seguito ad uno scontro col palo. Coma. Morte.

Tutto così in fretta.

Quand’era in vita lui mi ringraziava per la felicità che gli avevo donato...ma non sapeva che poi l’avrei condotto alla morte.

Alcune volte la vita passa così in fretta e non hai il tempo di ringraziare una persona per tutta la felicità che ti ha donato.

Io non ho avuto il tempo, mamma, per ringraziarti.

Mi hai fatto essere felice.

Ed ora, ti prego,m non piangere...non sentirti in colpa.... Non pensare che tu sia la causa della mia morte.

Avrei voluto parlare ancora una volta, prima che ogni mio singolo organo cessasse di funzionare.

Ma non mi è stata data la possibilità.

Gli ultimi dodici anni della mia esistenza ci hanno legato molto. E quindi, se in qualche modo riesci a sentirmi...sappi che l’ultima cosa che avrei voluto dirti è che...ti ringrazio...perché non mi hai portato verso la morte...ma verso la Vita.

  
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