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Autore: Vale_Love_Lea    12/07/2012    1 recensioni
Luna era una ragazza solare e piena di vita. Amava stare con la gente. Ora è cambiata. Una nuova città, una nuova scuola e una nuova vita si aprono davanti a lei. Saprà afferrarle? Ma Luna nasconde un segreto nel suo passato. Chi le vuole bene saprà accettare anche questo suo lato?
Parto della mia mente contorta durante le ore di scuola!! Diventerà una OS se non gradirete quindi sentitevi liberi di fare la mia autostima a brandelli ;)
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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1. Partenze

 

 

Aprii gli occhi di scatto con il cuore che andava a tremila. Ancora brutti sogni. Erano le 4:58; la sveglia non era ancora suonata. Mi girai a fatica nel letto e chiusi gli occhi. Ma fu solo per pochi secondi. Ecco la sveglia. La lasciai suonare. Non volevo che quella giornata iniziasse.

“Ahi!” gridai dopo che il telecomando dello stereo mi colpì in pieno la nuca. “Ma sei scema?” urlai contro mia sorella che mi guardava furiosa dal letto accanto al mio.

“No, sei tu che sei pazza. Sono le cinque e io voglio dormire. Spegni quella cosa!” mi ordinò. La guardai. Vent’anni, studentessa di economia e commercio, bella, alta, capelli biondi, atletica e affascinante, mia sorella Stella era quel tipo di ragazza che infligge colpi quasi mortali all’autostima delle altre donne; anche alla mia. Sospirai scendendo intontita dal letto. Non volevo litigare con lei, non quel giorno almeno.

“Scusa.” le sussurrai dopo averle schioccato un bacio sulla guancia. Lei sorrise sospirò e ricominciò a dormire paciosa. Dio quanto la invidiavo!

Mi trascinai fino in cucina e aprii il frigo. Rimasi li a fissarlo per non so quanto tempo, poi lo richiusi con un sospiro, consapevole che non sarei riuscita ad ingoiare nemmeno uno spillo quella mattina. Andai a svegliare la mamma e filai dritta verso il bagno.

Oddio sono orrenda! pensai guardandomi allo specchio. Mi buttai sotto la doccia per uscire dal bagno un’ora dopo completamente sveglia, vestita e ancora più agitata. Vagai per casa per qualche minuto poi mi lasciai cadere sul divano. Errore colossale. Fui immediatamente assalita da un flashback…

 

18 Agosto.

 

 

“Amore mio, io e tuo padre ci abbiamo riflettuto molto e abbiamo preso una decisione.” Disse mia madre.

“E sarebbe?”

“Beh, ecco, noi abbiamo pensato che per te sarebbe meglio se ti allontanassi da qui e da tutto quello che è successo.”

“Spiegati meglio.”

“Beh…ehm…ecco…si…ehm…”.

Mio padre, che fino a quel momento era stato zitto con gli occhi bassi, la interruppe:

“Beh…ecco…quello che cerca di dirti tua madre è che abbiamo deciso che andrai a vivere a Roma. Ti abbiamo preso una casa in centro e tua zia si prenderà cura di te.”

Bum…un piede su una mina…bum…una bomba che ti cade addosso…bum…una secchiata di acqua ghiacciata mentre dormi beata sotto il sole di mezza estate…bum…bum…bum. Non ci potevo credere. Parlai piano:

“Ma cosa…come…no…voi non potete farmi questo…che cosa…che cosa vi fa pensare che una volta da sola io non ci riprovi?” Silenzio. “Rispondetemi!”, urlai

“Noi ci fidiamo di te.” azzardò mia madre. E fu peggio di prima:

“Cosa? Voi vi fidate di me? Ma se non mi fate più uscire per paura che io lo rifaccia. Ma che cazzo dite? Ma quando mai vi siete fidati di me? Ma la sapete una cosa? Eh…la sapete una cosa? Io non ci vado. Voglio rimanere qui. Non voglio andarmene via ,non voglio, non voglio, non voglio…” e le ultime parole risultarono quasi una preghiera, una supplica. Mia madre si alzò per abbracciarmi.

“Non voglio!” urlai mentre la scacciavo con tutta la forza e la rabbia che sentivo dentro e corsi in camera. Per tutta la settimana non parlai con nessuno. Poi capii che forse sarebbe stato meglio così, che forse mi avrebbe fatto bene…

 

“Luna, andiamo, portiamo le valigie in macchina che poi partiamo.”, mi richiamò all’ordine mia madre.

“Si, mamma.” Mi alzai piano dal divano lasciando li qualche ricordo, quel po’ di leggerezza che mi era rimasta e un cuscino su cui troneggiavano indisturbate due enormi lacrime.

 

 

***

 

 

“Ed eccoci arrivati al momento dei saluti.” dissi e sorrisi cercando di alleggerire un po’ la situazione. Sotto casa mia si erano riuniti tutti i miei amici. C’erano tutti quanti, tutti pronti a dirmi un “Arrivederci” speranzoso. Li guardai Beh si, ci sono proprio tutti! pensai, ma me ne pentii subito: non c’erano tutti, ne mancava uno. Un senso di tristezza mi assalì. Guardai ancora una volta i miei amici.

“Ehi, che cosa sono quelle facce da funerale? Non sto mica andando in guerra!”

“Luna noi abbiamo pensato che questi potevano servirti a Roma.”, si fece avanti Marialuisa, la mia migliore amica, mentre mi allungava timidamente un pacco. “È da parte di tutti noi.” Aprii il regalo. Dentro c’era una school bag, due buffi portachiavi - uno a forma di scimmia ed uno a forma di befana - e alcuni CD dei loro gruppi preferiti.

“Per non dimenticarti di noi.” spiegò qualcuno; guardai dentro la borsa e trovai un iPod nuovo di zecca e la sorpresa più bella che mi potessero mai fare: una cornice tutta colorata con dei cuoricini applicati proteggeva ed esaltava delicatamente una nostra foto. Che bella! Ci siamo tutti quanti!, pensai.

“Non ci posso credere! Ma è tutto bellissimo! Non dovevate! Grazie mille! Uffa…non vale però, così mi fate piangere! Uffa…dai venite qui, abbraccio di gruppo!”. E in mezzo all’abbraccio dei miei amici, singhiozzai un po’, poi, ritornata padrona della situazione, mi sciolsi dall’abbraccio.

“Beh, allora…ciao.”, fu l’unica cosa che riuscii a dire. In silenzio salii in macchina, mi allacciai la cintura e dissi a mia madre di partire. La macchina partì lenta verso la mia nuova vita, verso la mia nuova città. Mi girai indietro e regalai a coloro che avevano avuto la capacità di colorare le giornate più buie, coloro che erano stati miei compagni di avventura, di risate, di cazzate, di sigarette fumate clandestinamente, di amori stupidi o prematuri, coloro che amavo più della mia stessa vita, un ultimo sorriso. Accesi il cellulare, mi misi le cuffie e ascoltai quella musica che mi avrebbe sempre ricordato di colei che mi aveva sorriso fin dalla nascita, colei che mi deludeva spesso senza mai farlo davvero, colei che non mi avrebbe mai tradito, colei che, sapevo, mi avrebbe sempre accolta anche se io la stavo abbandonando. E mentre una lacrima mi rigava silenziosa il viso, mi addormentai sognando la mia fantastica Puglia.

 

 

***

 

 

Arrivammo a casa della zia alle sette di mattina.

“Tesoro mio!” esclamò mia zia mentre scendevo dalla macchina. “Che piacere vederti! Fatti guardare…quanto sei bella! Sei il ritratto di tua madre quando aveva la tua età!”

“Ciao vecchietta!” la presi in giro sorridendo alla mia zia preferita. “Anche a me fa piacere rivederti! Ti trovo davvero in splendida forma!”

“Dici? A me sembra di fare diete su diete senza mai combinare niente!”

“E invece ti sbagli! Quanti te ne sono caduti ai piedi ultimamente?!” dissi scherzando

“Un paio…ma comunque ancora nessuna storia importante…ed è meglio così…potrò divertirmi ancora per un po’!” rispose ridendo. Mia zia era una forza della natura. Aveva dieci anni in più di mia sorella ma ne dimostrava due in meno di lei. Era sempre in giro per discoteche e party vari. Non era precisamente quella che si definisce una persona responsabile, ma avrebbe dovuto badare a me fino a nuovo ordine. E, comunque, nessuno si preoccupava sotto questo punto di vista: ero talmente tanto in sintonia con lei che l’avrei seguita in capo al mondo. Mia mamma confidava molto anche nel fatto che mia zia mi volesse talmente tanto bene da controllarmi a vista e da farmi evitare qualsiasi atteggiamento pericoloso. Personalmente, confidavo nel suo spirito casinista!

“Dai entriamo dentro!” continuò mia zia.

“Ehi?! Lo so che sei tutta presa dalla tua nipotina, ma ci sarei anch’io!” disse mia madre fingendosi offesa. “Ti scordi sempre di me!”

“Hai ragione rompiscatole! Dai vieni ad abbracciarmi!” rispose mia zia ridendo. “Ah, quanto mi sei mancata!” sospirò tra i capelli di mia madre. Le guardai mentre si abbracciavano calorosamente e mi scappò un sorriso: Anche io e Stella saremo così da grandi?

“Entriamo dai!” le esortai quando mi accorsi che mamma stava per scoppiare in lacrime.

Casa di mia zia era pazzesca: era un appartamento con un salotto, la cucina, la sua camera da letto e una camera che sarebbe diventata una cameretta appena avesse avuto dei bambini, ma che ora era adibita a sgabuzzino. Mi chiesi perché non mi fossi trasferita direttamente da mia zia invece di avere una casa tutta per me. Mi diedi subito la risposta quando mi accorsi di un’enorme palla da discoteca appesa al soffitto del salotto. A quanto pareva la casa veniva opportunamente trasformata in sala da ballo quando lo spirito casinista della zia dava delle feste che, senza dubbio, erano più che strepitose.

“Che ne dite di mangiare qualcosa prima di scarpinare in giro per Roma?” chiese zia.

“Non vai a lavoro?” le chiesi. Lavorava in una pasticceria. Oddio, lavorare è una parola grossa: stava seduta dietro la cassa a stampare scontrini dalle 10:00 alle 12:00. Ma quando l’andavamo a trovare era una pacchia: ci faceva trovare tutte le mattine i cornetti fatti da Gigi, il pasticcere. Roba da leccarsi i baffi. Incrociai le dita nella speranza che non se ne fosse dimenticata.

“No, ho preso un giorno di ferie.” rispose alzando le spalle. “E ho una sorpresa!” disse andando verso la cucina. Tornò con un vassoio pieno di cornetti alla Nutella.

“Gentile omaggio di Gigi!” continuò.

“Evviva!” quasi urlammo io e mia madre tuffandoci sui deliziosi cornetti.

“Prego, servitevi pure!” rise la zia mentre già avevamo divorato metà cornetto a testa. Rimanemmo parecchio tempo a casa della zia sedute per terra come delle ragazzine, mentre mamma e zia mi raccontavano ridendo vari episodi della vita di entrambe. Quando uscimmo pensai che mi avrebbero portata ad un’altra di quelle noiosissime visite guidate, ma mi sorpresero. Restai a bocca aperta quando la nostra macchina si fermò davanti ad un enorme centro commerciale.

“Non. Ci. Posso. Credere!” urlai. “Niente gite in giro per Roma?!”

“Esattamente!” rispose la zia. “Se vuoi ambientarti in questa città, o semplicemente fare un po’ di shopping, questo è assolutamente il posto adatto! Non puoi andare a scuola vestita così!”

“Perché? Che cos'hanno che non va i miei vestiti?” chiesi con aria offesa osservando la mia informe felpa taglia XXL. Nascondeva la maggior parte delle mie generose forme regalandomi l'effetto da me desiderato.

“Oh piccola mia,” rispose mia mamma accarezzandomi i capelli. “assolutamente niente! Tu sei bellissima con qualsiasi cosa addosso!”

“Tua madre ha perfettamente ragione. Però tu non andrai in giro per Roma a dire che sei mia nipote conciata da maschiaccio. Rovineresti la mia reputazione.” concluse serissima la zia, mentre entrava nel centro commerciale.

Da quanto tempo non mi vesto da ragazza? Pensai seguendo mia zia. Direi assolutamente da troppo! Ma se mi vesto da ragazza attirerò troppo l’attenzione, che è l’ultima cosa di cui ho bisogno… vabbè, infondo un po’ di shopping non ha mai fatto male a nessuno! E con quest’ultimo, assolutamente fantastico, pensiero mi decisi a comprare qualsiasi cosa mi capitasse davanti, forse per la prima volta dopo mesi.

 

 

***

 

 

“Dai mamma! Smettila di piangere!” dissi ridendo a mia madre. Eravamo a Roma ormai da tre giorni ed era arrivato il momento che lei tornasse a Lecce. “Devi tornare a lavoro, da papà e da Stella. Cosa credi che farebbero quei due senza di noi?! Sono sicura che non hanno mangiato niente in questi giorni e che ti aspetta un mucchio di panni da lavare e stirare!”

“Si, ne sono sicura anche io” rispose ridendo e tirando su col naso. “E’ che mi mancherai così tanto! Come farò senza di te che giri per casa?!”

“Sinceramente?! Secondo me sarai persa, impazzirai e costerai a papà un mucchio di soldi in psicanalista!” la presi in giro. “E sarai così depressa che dovrete assumere un autista che ti scarrozzi di qua e di la!”

“A proposito!” esclamò lei. “Che stupida! Quasi dimenticavo! Matilde! - mia zia - Vieni qui! Abbiamo dimenticato di far vedere a Luna la casa e la sorpresa!”

“Hai ragione!” rispose la zia correndo fuori dalla camera da letto. “Andiamo!”

“Ma cosa…quale sorpresa?” domandai, ma nessuno mi rispose. Mi gridarono di catapultarmi immediatamente in macchina. Obbedii all’istante.

 

 

“Ok...pronta?” mi chiese mia zia mentre slegava il foulard che mi avevano avvolto intorno alla testa come una benda.

“Mai stata più pronta di così!” le risposi nell'esatto momento in cui la benda mi scivolava via dagli occhi. Ero letteralmente senza parole: difronte a me c'era la macchina che avevo sempre chiesto ai miei.

“Oh mamma mia!” urlai estasiata mentre correvo ad accarezzare la mia nuova Smart rosa shocking.

“Ti piace?!” chiese mia mamma.

“Se mi piace?! LA AMO! Grazie mamma!” esclamai abbracciandola.

“Ehi, Pulce! Risparmia un po' di entusiasmo per la casa mozzafiato che ti ho scelto!” disse ridendo mia zia. Entrammo nel portone davanti al quale era parcheggiata la mia Bimba - l'avevo soprannominata così -, prendemmo l'ascensore ed arrivammo fino all'ultimo piano.




L'angolo di Vale


La mia mente contorta ha partorito questa merdina un paio di mesi fa.. ho sentito il bisogno di farla leggere a qualcuno che non fosse il mio peluche a forma di orso quiiiindi ecco qui che vi state ritrovando a leggere questa cosa non meglio definibile. Il rating è giallo perchè non so come si evolverà la situazione xD Il titolo della storia è una cacchina ma davvero non sapevo come chiamarla!! Si vede che sono confusa vero?!!

Se gradirete vi posterò anche qualche altro capitolo altrimeti.. beh sarà stata una bella esperienza ^^ Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate.. se lo riterrete necessario mi chiuderò in uno scantinato o in una clinica psichiatrica e non ne uscirò per il resto della mia vita!!

Ora mi tolgo dalle scatole xD

Hooooola classe ;)

   
 
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