I passi lenti e
misurati si avvicinarono al letto a baldacchino, dove sembravo giacere
ancora
addormentato. Una voce vellutata mi accarezzò
l’udito.
La prima “cosa”
che misi a fuoco fu colui che aveva interrotto il mio sonno entrando
nella mia
camera, ossia il mio maggiordomo o, per meglio dire, la mia disgrazia.
Sospirai e mi
alzai; mi diressi con passo sicuro verso il finestrone che occupava
gran parte
della parete sinistra della mia stanza. Osservai fiero il giardino
della mia
villa, perfetto come sempre. Ammirai i caldi colori autunnali che
accendevano
letteralmente il parco. Senza voltarmi e con voce atona mi rivolsi
all’uomo
dietro di me.
- Prepara l’abito grigio e porpora.
- Come desiderate, mio Signore.
Lui, nero come un
corvo, si era messo accanto allo specchio con gli abiti sul braccio.
Mi tolsi la
camicia da notte con un gesto rapido, porsi la mano per farmi passare
gli
indumenti e il mio sguardo cadde sull’immagine che era
riflessa dalla lastra
d’argento.
I lineamenti
seppur da adulto, a detta di molti, erano delicati e fini. Il colore
niveo
della pelle faceva risaltare il blu cobalto degli occhi. I capelli
erano
portati da anni sempre corti e scalati, l’unica differenza
era che col passare
del tempo si erano scuriti e, ormai, erano di un castano talmente cupo
da
apparire grigio.
Iniziai a
vestirmi, gli abiti, fatti su misura, cadevano perfettamente sul mio
fisico
asciutto. Abbottonai lentamente la camicia e presi la cravatta tra le
dita.
- Quali sono gli
appuntamenti di
oggi.
-
Alle ore 9.00 avete l’incontro mensile con il responsabile
delle spedizioni
oltre manica. Successivamente dovrete recarvi al porto per incontrare
il
direttore della compagnia mercantile Konlon.
Il
pranzo è previsto nella vostra abitazione londinese, ho
già predisposto ogni
cosa.
Alle
ore 14.00 dovrete presenziare all’inaugurazione
dell’ospedale pediatrico “A.
Durless”, che si terrà nella zona nord di Londra.
Come
ultimo impegno riceverete per il tea delle 17.00 uno dei maggiori
azionisti
della vostra compagnia.
-
Molto bene. È tutto?
-
Ehm… non esattamente…
La sua voce
incerta preannunciava una notizia che sicuramente non avrei gradito.
Esitava.
Mi bloccai dal
terminare il nodo e lo guardai, senza muovermi, spostando solo lo
sguardo. Non
mi servì pronunciare alcuna parola.
-
Alle ore 21.00… vostra moglie ha fissato un appuntamento con
voi presso le sue
stanze.
Mi voltai e lo
fulminai
con lo sguardo.
-
Come?
-
La vostra consorte… mi ha richiesto di essere inserita in
agenda con cadenza
settimanale a partire da quest’oggi.
-
La motivazione?
-
Non ne so molto… mi è stato solo accennato
che… le è stato consigliato dal suo
medico curante.
Tornai alla mia
posizione iniziale, ripresi a fare il nodo e mentre passavo
l’ultimo lembo di
stoffa nel cappio, con voce gelida riuscii solamente a proferire
Non erano nemmeno
le 8.00 del mattino e la mia irritazione aveva già raggiunto
livelli
considerevoli. Con calma apparente indossai i gemelli
d’argento con lo stemma
del mio casato, infilai la giacca e a passo deciso mi diressi, seguito
da
quella sottospecie di maggiordomo, verso la sala da pranzo.
Non mi allettava
affatto l’idea di fare colazione con la mia
“dolce” metà. Mi chiedevo ogni
giorno da sette anni a quella parte per quale motivo avessi
acconsentito a
sposarla. Continuavo a rispondermi che aveva accettato per dovere, per
rispettare la volontà dei miei genitori, ma più
il tempo passava meno tolleravo
la situazione.
Immatura, viziata
e vanitosa, mia moglie non era altro. Non era nemmeno riuscita a darmi
un erede
dopo cinque anni di tentativi. La mia pazienza, notoriamente quasi del
tutto
inesistente, era giunta al limite con questa sua ultima trovata.
Giunsi alla sala
da pranzo. Lei era lì, seduta ad attendermi con il solito
irritante sorriso
stampato sul volto. Sorriso che più vedevo e meno sopportavo.
- Buongiorno caro.
La sua voce
squillante era un attentato ai miei nervi già duramente
provati.
In risposta feci
solo un cenno, nulla di più, se avessi parlato non so cosa
sarebbe successo.
Anzi, lo sapevo perfettamente, probabilmente avrei dovuto sorbirmi un
suo
pianto isterico.
Mi accomodai, la
cameriera mi servì diligentemente il pasto, che iniziai
senza indugio a
consumare. Nel frattempo lei non accennava a chiudere il becco e
tentava in
mille modi, come sempre, di coinvolgermi nella conversazione. Impresa
impossibile. Risposi solo a cenni e monosillabi.
Terminai la
colazione, posai delicatamente la posata e mi pulii le labbra con il
tovagliolo, mentre lei continuava a parlare.
Finalmente tacque.
Mi schiarii la
voce e senza nemmeno guardarla dissi con tono severo.
Elisabeth,
ammutolita, non riusciva ad emettere suono. Sentivo il suo sguardo
perforarmi
la schiena mentre mi dirigevo verso il mio studio. Non me ne curai.
Avevo
questioni più importanti a cui pensare.
Chi
legge Eterna Dannazione
dirà: ma perchè non ne finisci una prima di
iniziarne un'altra? La
risposta è semplice, quella fiction non è farina del mio
saccoda me, o meglio ormai
è a quattro mani quindi tecnicaamente è anche farina mia
più o meno... cooooomunque la storia è di una mia amica,
Hitomi,
e quindi devo
aspettare lei per poter procedere ^^
Invece ora sono qui con una
fiction scritta da me, nata da una frase detta in
autostrada e buttata lì per passare il tempo... una frase
tira l'altra, con la nostra mitica BlackClover (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=97911 andate a leggere
le sue fics subito se non lo avete mai fatto MERITANO, mere da! XD), ed
è nata Fino all'Ultimo Respiro.
Praticamente la storia di base
è nata da questa chiacchierata e io ora la sto mettendo nero
su bianco, sempre con la sua supervisione (quanta pazienza hai Hell ^^
Bishcottooooo *W*).
Sperando che possa piacervi (so di essermi inimicata i fans di Lizzy tutti in una botta sola ma è stato più forte di me XD) vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Bye bye!!!
Tsukiko