Il pov. di Anya è scritto da Emma, mentre quello di Adam è mio.
Scusateci se i primi 2 capitoli sono un po'corti, ma servono per introdurre la storia. Buona lettura!:)
FRIENDS WILL BE FRIENDS
It's not easy love
but you've got friends you can trust
Friends will be friends
When you're in need of love they give you care and attention
Friends will be friends
When you're through with life
and all hope is lost
Hold out your hands cos friends will be friends right till the end
(Queen)
< Mira chica! > esclamo uscendo dal camerino, abbagliando le mie amiche con un cascata di paiette, strass e brillantini.
Agito i fianchi e le frange scalate dell'abito si alzano fino a un quarto di coscia, dove inizia la stoffa, rimbalzando e ritornando infine al loro posto.
< Wow! Sei uno schianto dolcezza! > risponde Miranda.
< Ti sta d'incanto Anya! > seguono le altre due in coro.
Mi posiziono davanti allo specchio, alto fino al soffitto.
Sembro una vera professionista di latino-americano con quest'abito addosso e, devo ammettere mio malgrado, che la cosa non mi dispiace. Anzi mi dona alquanto.
La seta satinata mi fascia i fianchi, perdendosi in spirali di calde sfumature che spaziavano dall'oro, al rosso e al fucsia, e tutte convergono in un fiore ricamato sul fianco destro.
Le spalline sottili sono ornate da una fila di paiette rosse che emanano bagliori nell'aria, mentre dal fiore, dalle punte circondate di strass di varie gradazioni di arancione, partono raggi sottili sempre di strass che si spargono per tutto il busto in senso contrario alle sfumature della stoffa, aggiungendo freschezza con tonalità verdi, azzurre e bianche.
Infine le scarpe conferiscono il tocco di classe finale: un lucido tacco 12 con le allacciature in silicone trasparente, ricoperte anch'esse di strass arcobaleno delle stesse gradazioni del vestito.
< È un peccato non usarlo. > esordisce Alice.
Mi volto di scatto, ruotando sul plateau argentato.
< Cosa vorresti dire? > chiedo con uno sguardo fulminante. Sento la puzza di una cattiva idea in arrivo.
< Che se tu fossi una ballerina di latino-americano sarebbe uno splendido abito per il tuo debutto. > dice lei con aria innocente.
La sua espressione da santarellina non mi convince affatto.
Affilo lo sguardo, puntando i pugni sui fianchi, in una posa da terminator che stona notevolmente con la femminilità delicata della seta.
< Ehi bella tranquilla! Su vatti a cambiare che abbiamo altri due negozi da svaligiare, tantissime robe strane da provare e abbiamo solo un'ora e mezza! > m'incita.
Le rivolgo un ultimo sguardo torvo e sparisco nel camerino, tirandomi dietro la tenda in feltro blu scuro. Ho la netta sensazione che la cosa non sarebbe finita qui...
Chiamatemi paranoica, ma quando Alice ha delle idee nella maggior parte delle volte hanno un effetto disastroso su di me, quindi mi tengo ben all'erta.
Lentamente mi sfilo quella meraviglia di vestito, cercando di non fare danni, come strapparlo oppure far saltare strass, paiette o robe varie e lo tendo ad una mia amica senza scostare la tenda perché lo rimettesse nella sua gruccia.
Quando sento la mano libera dal vestito, la ritraggo e infilo i jeans strappati, la canotta verde smeraldo con la bandiera di Londra stampata a mo' di schizzo di colore e scivolo nelle ballerine blu, dopodiché esco.
Scostato il polveroso tendaggio, sorprendo una mia amica (Alice...) bisbigliare qualcosa ad una commessa giovane dai capelli biondi e stopposi legati da un fermaglio azzurro evidenziatore in una coda disordinata.
La tizia annuisce e la mia amica torna verso di noi con un sguardo di vittoria stampato sulla faccia.
La squadro interrogativa e lei si affretta a cambiare discorso, spingendoci verso l'uscita con la scusa che si stava facendo tardi e non c'era tempo da perdere se non volevamo perdere delle occasioni.
Lascio cadere l'argomento, presa dai miliardi di vestiti e scarpe che succedettero nelle due ore seguenti davanti ai miei occhi: gonne, tubini, jeans, canotte, maglie a farfalla, snakers, tacco 12 satinate, abiti per danza come tutù e body vari, altri per pattinaggio o ginnastica artistica e molto altro.
< Io ho perso il conto delle vesciche. > ride Serena.
< Per lo shopping vale la pena di fare questo e altro! > dichiara Miranda alzando il bicchiere di scatto, rischiando di rovesciare metà del suo tè freddo.
< Beh ragazze.. > soggiunge poi < mi iscriverei ad un corso di danza solo per indossare quel vestito splendido che si è provata prima Anya! Tra tutti quelli che abbiamo visto era sicuramente il migliore. >
< Si si hai proprio ragione! > rincara Alice, seguita a ruota da Sara, che dava man forte alle altre.
< Io preferirei rompermi una caviglia sfilando su una passerella piena di uova piuttosto che
ballare, anche se avessi il vestito più bello del modo addosso! > pronuncio la parola quasi con disgusto.
Avevo sempre odiato danza, fin da piccolina, quando mi avevano costretto ad indossare uno di quegli stupidissimi tutù rosa confetto e le scarpette con le punte. Bleah!
Mille volte meglio quando ho incominciato a giocare a pallavolo! Là ero un vero asso nelle schiacciate!
< Pff lo dici solo perché in realtà hai paura di farlo! > mi schernisce Mir.
< Questo lo dici tu. > ribatto tranquilla, sorseggiando la mia coca.
Non avevo paura! Era semplice avversione spontanea e incondizionata che sfociava in un'avversione morbosa nei confronti di quell'arte o sport o come diavolo si voleva definire la danza!
< Scommettiamo? > si aggiunge Alice.
< D'accordo! > no! No! Cosa sto dicendo? Perché non sto mai zitta? Stupida! Lo sapevo che non dovevo dare corda a quella!
Le nostre mani si strinsero, dopo che ho pronunciato quelle ultime parole famose.
E in un attimo mi accorgo di quanto era immensa, estremamente disastrosa e orribile la cavolata epocale che stavo commettendo...
In poche parole: ero nel cacao fino alla punta del capello più lungo che avevo in testa, ed io aveo i capelli fino quasi a metà schiena, quindi lascio spazio all'immaginazione dei lettori per indovinare in quale bellissima situazione mi ero cacciata di mia spontanea volontà!
Sbatto la porta del mio attico, situato all'ultimo piano di una palazzina vicino al centro di Fano, facendo sobbalzare Stellina, la mia gattina di appena cinque mesi.
Me l'avevano regalata per la mia laurea le mie amiche, sapendo che io andavo matta per gli animali, specialmente i gatti. All'inizio non sapevo dove tenerla, perché i miei erano allergici poi però mi sono trasferita per l'università, così il problema si risolse completamente.
Il mio splendore era un incrocio tra un gatto europeo (alias bastardino) e un persiano, infatti aveva il pelo leggermente più lungo dei gatti che giravano nella zona ed era tricolore, con una macchiolina a mo' di bavaglino sotto il mento, le piaceva dormire ed esplorare la casa, oltre ad imbucarsi nei posti più impensabili e remoti.
Butto le ballerine in un angolo dove stavano altre scarpe, tolgo i jeans, la canotta e il reggiseno, che vengono prontamente sostituiti da un top, una maglia comoda e colorata taglia XXL e un paio di shorts grigi.
Mi siedo all'indiana sul morbido materasso del mio lettuccio matrimoniale e estraggo dalla borsetta abbandonata ai piedi del comò il mio fido cellulare, un I-phone 1 comprato in una fiera dell'elettronica mezzo malandato e aggiustato da me, mentre la gatta si acciambellava sulle mie gambe per schiacciare un pisolino.
Afferro la rubrica, che giaceva su comodino a portata di mano, e inizio a sfogliarla.
< A.., b..., bo..., c..., ci.., d! > mormoro < eccola qua... allora d.. da.. scuola di danza. >
Un messaggio appare sul display del mio cellulare, nel momento in cui ho trovato quello che cercavo.
Sblocco e leggo il testo, era da Miranda:
“Allora hai fatto il tuo dovere? ;)”
Sbuffo, maledicendo quella bastarda e la mia boccaccia in tutte le lingue esistenti e non.
“Adesso lo faccio -.-”
Invio il messaggio, immaginando le risate che si sarebbe fatta alle mie spalle quella là, e compongo il numero che avevo trovato sulla rubrica.
Suona due volte e in cuor mio spero che fosse chiuso e che avessi potuto rimandare tutto fino a lunedì, visto che sicuramente non era aperto di sabato.
Purtroppo la fortuna aveva già fatto i bagagli da un po' e adesso era ormai a 4000 km da casa mia.
“Scuola di ballo-latino americano. Desidera?” risponde una voce femminile e squillante dall'altro capo.
Sospiro per farmi coraggio e pronuncio le famose parole che ho preparato da quando avevamo fatto quella stupidissimissima scommessa.
< Buonasera, ehm ho chiamato perché desidererei iscrivermi al vostro corso. >
“Vuole delle informazioni prima o la iscrivo direttamente? Se si iscrive subito salta la lezione di prova e parte immediatamente con il corso, altrimenti fa prima una lezione di prova e poi decide se continuare.”
< Mi iscrivo subito. >
Ecco, avevo decisamente firmato la mia condanna a suon di maracas.
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto:)