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Autore: Shichan    12/07/2012    5 recensioni
Che lo rivolga a se stesso quando si guarda allo specchio, quello sguardo compassionevole – la verità è che a disturbarlo non è la compassione, ma la preoccupazione. La consapevolezza che solo chi è ancora affezionato a te ha tempo di preoccuparsi.
[Aomine e Kise; Touou vs Kaijou]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: i personaggi appartengono a Fujimaki Tadatoshi.
Personaggi: Aomine Daiki, Kise Ryouta
Wordcount: 300 (fdp)
Prompt: Touou vs Kaijou, Aomine pov
Assegnata da: Lucifer
Note utili: basata sul match Touou vs Kaijou, nello specifico, capitolo 69.
Si ringrazia Rota per il betaggio sull’IC/OOC, dato dal mio terrore/consapevolezza di non rendere Aomine – o di renderlo troppo sentimentale 8D
Note inutili: però non vale. Io devo scrivere cose piene di pathos e leggo Aomine, Kise e poi c’è il capitolo 69. 69. Eddai. *muore da sola*

 

L’unico che può battermi sono io.
Non lo ha ripetuto fino alla nausea solo per auto esaltazione – non solo, almeno.
Lo dice perché lo pensa, perché sa di essere forte: non ha bisogno di nessuno che glielo riconosca – ne ha conferma ad ogni partita, ad ogni punto, ad ogni sguardo di resa che gli è stato rivolto, in ogni volta che giocare gli è venuto a noia perché non importava chi avesse davanti, era sempre troppo debole.
Ha odiato gli sguardi di chi gettava la spugna rinunciando a combatterlo come poche cose nella sua vita; ma in quel momento l’occhiata che Kise gli rivolge ha il potere di farlo incazzare come niente era riuscito a fare prima di quell’istante.
Cosa sarebbe, eh?
Che lo rivolga a se stesso quando si guarda allo specchio, quello sguardo compassionevole – la verità è che a disturbarlo non è la compassione, ma la preoccupazione. La consapevolezza che solo chi è ancora affezionato a te ha tempo di preoccuparsi.
La verità è che sa di non meritarselo, che sa di aver tradito la fiducia, sa di aver calpestato sentimenti, sa di aver gettato via il rispetto e aver nascosto l’affetto da qualche parte, abbastanza lontano perché non potesse avere la tentazione di riprenderlo con sé.
Sa di aver finto che non ci fosse stato niente, prima.
Non osare – si sente montare dentro la rabbia di partite in cui avrebbe voluto prenderli a pugni uno per uno, quelli che abbandonavano il campo senza lottare, e ha voglia di urlare – non osare rallentarmi.
E quella volta avrebbe voluto dirgli che non era colpa sua se era forte, se migliorava, se avanzava. Non era colpa sua se li lasciava indietro.
«Come osi preoccuparti per me?!»
Gliela farà rimpiangere quella partita.
È passato il tempo in cui voleva provare a chiedere aiuto – non lasciatemi indietro.

   
 
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