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Autore: xCyanide    13/07/2012    2 recensioni
Gli sarebbe piaciuto sentirsi parte di qualcosa come ci si sentivano quegli artisti. Sentirsi amato e compreso dalle persone che ti stanno intorno, ricevere tutti gli applausi che ricevevano loro ed essere pagato per fare quello che amava.
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Si sentiva lusingato per questo, nessuno era mai andato al circo per vedere solo e solamente lui. E anche se non ne aveva la certezza, voleva credere che fosse per lui. Voleva credere che qualcuno lo amasse non per il suo essere “fenomeno da baraccone”, ma per la sua teatralità o, chissà, anche per il suo aspetto.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Come ogni sera, si apprestava ad entrare in quel luogo che gli ispirava magia.
Da quando il circo era arrivato in città, aveva sviluppato una sorta di dipendenza verso quel tendone rosso, quella sabbia che gli si attaccava alle scarpe tutte le volte che ci metteva piede. Aveva ispirato molti suoi disegni a quei colori, a quell’allegria e a quell’aria di famiglia che trasudava ogni centimetro di quel posto.
Gli sarebbe piaciuto sentirsi parte di qualcosa come ci si sentivano quegli artisti. Sentirsi amato e compreso dalle persone che ti stanno intorno, ricevere tutti gli applausi che ricevevano loro ed essere pagato per fare quello che amava.
Si sedette a quello che ormai era diventato il suo posto da un mese a quella parte. Era situato nel lato sinistro, in alto, in modo da riuscire a vedere tutti quanti.
Si morse un’unghia, quella del ditone, e si guardò intorno. Immaginava di sentire il trambusto che facevano gli artisti prima di salire sul palco, l’ansia che avevano nel corpo doveva essere proprio tanta.
Lui non aveva mai provato la gioia di essere atteso per così tanto tempo, non era un tipo da palcoscenico e non sarebbe sopravvissuto a tutta quella pressione.
Ma c’erano persone che, semplicemente, erano state plasmate per essere guardate, adulate e applaudite. Persone che sarebbero morte senza un po’ d’attenzioni, persone che senza apprezzamento si sarebbero sentite maledettamente inutili.
Persone che erano nate col successo nel sangue.
Sapeva che stava parlando pur sempre di un piccolo circo in quel buco di paese che era Belleville, ma lui ammirava anche quei piccoli granelli che erano quelle persone.
Si passò una mano sugli occhi, stanco di aspettare il presentatore. Voleva vederli, ammirarli, urlargli quanto rappresentassero ciò che lui non sarebbe stato mai.
Prese il suo taccuino dalla tasca sinistra del giacchetto, quello dove appuntava tutte le sue idee per i suoi disegni, e scrisse i cambiamenti che avevano apportato alla scritta proprio sopra l’entrata degli artisti, di come la polvere che era a terra sembrasse leggermente più scura rispetto al giorno prima. E, in un riflesso incondizionato, si ritrovò a ripassare la F scritta in nero nel bel mezzo del foglio.
Non poteva prendersi in giro, continuando a ripetersi che stava spendendo tutti i suoi risparmi in biglietti per il circo, solo per vedere delle persone esibirsi, perché lui ne aspettava solo una.
Fun Ghoul, era il suo nome d’arte. Quale fosse quello vero, ancora non l’aveva capito.
Ci stava male a essersi preso una cotta (come la chiamava lui per sminuirla) per un artista del circo. Ma, diamine, lui era così bello! Nessuno avrebbe potuto dire il contrario.
Sbuffò di nuovo, muovendosi sulla sedia e trovando una posizione comoda.
Stava per prendersela di nuovo con le sue unghie, quando le luci si spensero e un occhio di bue illuminò il presentatore.
 
-Signore e signori, benvenuti!
Fun Ghoul smise subito di ascoltare le parole del signor Smith, il presentatore, e si avvicinò al suo camerino.
Oddio, camerino era un parolone. Erano tutti spazi divisi tra loro da innumerevoli tende e nessuno aveva la sua privacy. Questo lo urtava, non poteva nemmeno prepararsi in tranquillità che Bert, Toro o Quinn dovevano entrare e rompergli.
Gli voleva bene, per carità, ma lui voleva stare tranquillo e rilassarsi. E magari pensare a quel ragazzo che li andava a vedere sempre, non mancava mai. Ormai era una presenza costante e Fun Ghoul non avrebbe fatto lo spettacolo senza prima aver controllato se ci fosse o meno.
Anche quella sera l’aveva visto: si era seduto al solito posto e aveva tirato fuori il solito taccuino. Aveva scritto un po’ e l’aveva visto perso nei suoi pensieri.
Era bello, era il ragazzo più bello che avesse mai visto, esibirsi aveva preso un altro significato da quando o vedeva in mezzo al pubblico. Con quei capelli neri che gli coprivano gli occhi di un verde ialino e quelle mani sempre sporche di colore.
Era un artista anche lui, Ghoul ne era sicuro. Aveva le movenze imbarazzate in mezzo alla gente, cercava sempre di non guardare nessuno in faccia, segno che non usciva molto da casa. Era un artista, si, per forza.
E allora perché tutte le sere li andava a vedere? Sicuramente, era innamorato di qualche bella ragazza che lavorava lì al circo. Che fosse Lynz? Quella acrobata alta e sexy che portava minigonne che non lasciavano niente all’immaginazione. Oppure Alicia? La sua aiutante con un vestito rosso pieno di paillettes. Si, doveva essere una di loro, non c’era altra spiegazione. Non poteva essere lì per altri motivi.
Prese un respiro profondo e si sedette dietro la tenda che divideva il palco dal backstage, in modo da poter vedere anche le altre esibizioni, attendendo di salire sul palco.
 
Gerard incrociò le braccia sul petto, sbuffando spazientito. Non gliene fregava niente di quelle acrobate e dei loro vestitini attillati e cortissimi, lui voleva vedere Ghoul!
La signora vicino a lui lo guardò male e abbracciò il suo nipotino, come se potesse fargli del male.
Gerard si riscattò quando, al cambio delle luci, riconobbe i colori che usava Ghoul per il suo numero. Emise un gridolino che di virile non aveva niente, suscitando un’altra reazione spropositata da parte della vecchietta, che stava per inglobare quel povero bimbo nel suo giacchetto.
-Ora, signore e signori, quello che molti di voi stanno aspettando con trepidazione! – annunciò il presentatore. –E’ un mago, un prestigiatore, un incantatore! E’ il nostro Fun Ghoul!
Una serie di urla arrivarono da un gruppo di ragazzine abbastanza emozionate che si trovavano nell’altro lato della sala. Avrebbe voluto ridere di loro, ma si bloccò quando una nuvola di fumo si levò da terra e Ghoul apparve, in tutta la sua bellezza.
A Gerard si mozzò il fiato, riconoscendo tutti i particolari del vestito di scena del ragazzo, che portava come sempre una camicia bianca fermata da un paio di bretella a righe attaccate a dei pantaloni bianchi anch’essi. E un paio di anfibi neri gli regalavano qualche centimetro in più. Sorrise a quel pensiero, era basso.
Poi lo sguardo di Gerard si spostò sul viso di Ghoul e poté riconoscere i lineamenti marcati ma dolci e il cerone di cui si riempiva. La lacrima nera proprio sotto l’occhio sinistro e la frangetta che copriva l’altro. E per donargli un tocco di classe un  cilindro scuro che lo slanciava.
Ogni tanto si stupiva di come riusciva a ricordarsi per bene ogni dettaglio e di come nella sua testa si formasse minuziosamente l’immagine di quel ragazzo quando non lo poteva vedere con gli occhi.
-Buonasera, signori – Ghoul si inchinò e Gerard rimase stregato dal suono della sua voce. Quell’uomo rilasciava droga, ne era sicuro. –Sono contento siate qui ad assistere alla mia esibizione, ma ciò non sarebbe possibile se prima non vi presentassi la signorina che rende possibile la maggior parte delle mie magie… Alicia, vieni qui, tesoro!
Gee si rabbuiò. Lei era bellissima e si stava sviluppando in lui sempre di più la convinzione che non fosse solo un aiutante per il ragazzo. Prese un respiro profondo e cercò di calmarsi. Dopotutto, lui nemmeno lo conosceva il giovane mago, non poteva rivendicarlo suo.
Le esibizioni di Ghoul erano come droga per lui. Lo guardava rapito e nemmeno capiva per bene cosa dicesse il ragazzo o cosa facesse. Fremeva nel vederlo segare in due Alicia, ma per il resto rimaneva uno spettatore passivo dello spettacolo che aveva davanti.
Ghoul riusciva ad animare tutti, tranne lui. Lui restava a bocca aperta a guardarlo mentre spiegava che trucco avrebbe fatto o che cosa avrebbe fatto apparire o scomparire.
Scoppiò in un applauso quando Ghoul salutò il pubblico e se ne andò come era arrivato: in una nube di fumo.
Si alzò dalla sedia e decise che il suo momento di divertimento era finito e che poteva anche andarsene a casa, dato che lui non sarebbe più salito sul palco per quella sera.
Lo rallegrò solo il fatto che la sera dopo lo avrebbe visto di nuovo e questa illusione sarebbe andata avanti per un mese intero, prima che il circo smontasse il tendone e passasse a un’altra città.
Cercò di non pensarci, però, mentre usciva dal tendone e si guardava intorno per non cadere nel buio che lo aveva circondato, dato che i suoi occhi si erano abituati alla luce.
 
Ghoul stavolta era convinto. Prima credeva fosse solo una sua impressione, ma quel ragazzo se ne andava appena il suo numero era finito.
Si sentiva lusingato per questo, nessuno era mai andato al circo per vedere solo e solamente lui. E anche se non ne aveva la certezza, voleva credere che fosse per lui. Voleva credere che qualcuno lo amasse non per il suo essere “fenomeno da baraccone”, ma per la sua teatralità o, chissà, anche per il suo aspetto.
Sorrise al solo pensiero e decise di seguire quel ragazzo sconosciuto fuori dal tendone. Non gli importava se Smith si fosse incazzato con lui o se Alicia lo avesse cercato. La sua famiglia poteva anche aspettare, se c’entrava quel ragazzo.
Corse fuori e fece appena in tempo a vederlo attraversare la strada che era proprio di fronte al tendone. Il suo respiro si fece irregolare e si disse che, nonostante la leggera incurvatura della schiena che aveva il ragazzo davanti a lui, era comunque il più bello.
Le sue gambe non risposero subito ai comandi e maledisse per un attimo la pesantezza degli anfibi per rendergli il compito ancora più difficile.
Riuscì, finalmente, a correre dal ragazzo e si fermò al margine del marcipiede, guardando la sua schiena – no, okay, il sedere – guardando il suo sedere mentre finiva di attraversare la strada.
-Ehi, ragazzo! – lo chiamò con tutta la voce che aveva in corpo.
Quando il moro si girò verso di lui, si disse che, che diamine, nemmeno una scusa si era preparato. Beh, ciò voleva dire che gli avrebbe detto la verità.
Ma, insomma, che parole avrebbe potuto usare? “Sai, ti ho visto dalla prima volta che sei stato da noi e credo tu sia l’uomo più bello di tutta la terra?” Non era assolutamente il caso.
L’altro lo guardò con gli occhi sbarrati, come se non si aspettasse certamente che Ghoul lo andasse a cercare e riattraversò la strada, trovandosi davanti al mago. Lo guardò di nuovo curioso mettendo in mostra quei due smeraldi che aveva per occhi.
-Io… emh… - cominciò Ghoul, passandosi una mano dietro la nuca. –Ho notato che, si, insomma… tutte le sere vai via proprio quando io ho finito il numero e mi chiedevo se avessi qualche problema con me o con la mia assistente – mentì spudoratamente, ma si congratulò con sé stesso perché era una scusa credibile, quella che aveva inventato.
L’altro si rabbuiò un poco e abbassò lo sguardo, come se non si aspettasse una domanda del genere. Ghoul si chiese se non volesse sentirsi chiedere di più.
-Oppure è solo una mia impressione, amico, scusami se ti ho disturbato. Anzi, dimenticalo proprio, eh? – fece per girarsi, ma l’altro lo prese per una manica della camicia e lo obbligò a rimanere fermo.
-Vuoi davvero che io sia sincero? – gli chiese titubante.
-Ehi, io sono cresciuto in una famiglia di circensi, non ho paura di farmi dire che faccio schifo, tranquillo – lo calmò Ghoul, liberandosi dalla sua mano e sorridendogli.
-Io me ne vado sempre dopo il tuo numero perché credo che… - fece un attimo di pausa e si grattò nervosamente una mano –nessuno sia alla tua altezza – confessò infine.
Ghoul dovette trattenere il respiro e le lacrime perché in tutta la sua vita, nonostante fosse pressoché corta, non si era mai sentito dire niente di a dir poco simile. –Io non so che dire – sussurrò.
-Oh, non è niente di che! – sdrammatizzò l’altro. –Non credo che non ti abbiano mai fatto complimenti del genere – il moro fissò il suo sguardo sulla lacrima nera che presidiava la guancia di Ghoul e si disse che forse quel mago era molto più triste di quello che dava a vedere, che forse non aveva tutta la fama che lui gli affibbiava.
-Nessuno mi ha mai detto una cosa del genere – esalò Ghoul. –Sono sempre stato uno dei tanti, niente di speciale.
-Senti, non mi sembra il caso di parlarne qui, non credi? Perché, per esempio, non ci vediamo uno di questi giorni? Che ne pensi? – gli chiese in modo paterno il ragazzo alto.
Il mago si illuminò a quella proposta, ricordandosi improvvisamente che però lui era legato con un patto di sangue alla sua famiglia, non poteva andare via senza chiedere il permesso. Era un’ingiustizia, le persone credevano fosse una totale figata la vita del circo, quando invece non era assolutamente vero. Sospirò e prese una decisione di cui si sarebbe pentito presto.
-Io… si, certamente, se prendi il cellulare ti detto il mio numero – disse, come se fosse una cosa naturale. Ma per lui era tutto nuovo.
Il moro si sbrigò ad estrarre il telefono dai pantaloni e ascoltò attento i numeri che diceva l’altro, fermandosi titubante al momento di salvare il numero. Che nome gli avrebbe dato? Guardò il mago con aria curiosa e interrogativa e l’altro si riscattò, porgendogli prontamente una mano. –Frank, mi chiamo Frank.
Il ragazzo alto gli strinse la mano e sorrise. –Gerard, ma chiamami Gee.
E così, pensò Ghoul, la perfezione si chiama Gee.
 
Una settimana dopo Gerard era davanti allo Starbacks vicino a casa sua, ad aspettare Frank – Dio, era così bello dirlo! – e a dannarsi per avergli detto in faccia quello che realmente pensava. Forse avrebbe dovuto aspettare un poco.
Quando lo vide girare l’angolo di corsa, quasi non lo riconobbe senza trucco e senza cappello.
Aveva la pelle leggermente olivastra e portava una maglia sgualcita e un paio di pantaloni strappati. Gli sorrise e Gerard poté vedere due piccole fossette formarsi ai lati della bocca.
Lo salutò sventolando la mano, rendendosi conto solo dopo di quanto potesse sembrare patetico.
Quando lo ebbe davanti, Frank pensò di poter morire. La sera in cui lo aveva visto da vicino, non aveva avuto l’occasione di notare la piccola macchiolina che aveva sotto l’occhio destro e le lentiggine chiare che aveva sulle guance, tutta colpa del buio.
-Buongiorno! – disse raggiante il mago, che cercava di non pensare al fatto che nel tempo di mezz’ora al circo si sarebbero accorti che lui mancava e avrebbero cominciato a cercarlo per punirlo.
-Buongiorno a te – Gerard gli aprì la porta del locale e Frank si sentì lusingato.
Entrò e rimase abbagliato dalla vita che c’era già alle otto del mattino e di come lui se l’era sempre persa.
Avevano dovuto vedersi così presto perché Gee lavorava tutto il giorno e non ci sarebbe stato. Ma al mago andava bene comunque, avrebbe accettato un suo invito anche se fosse stato alle cinque di mattina.
-Allora, come stai? – gli chiese imbarazzato Gerard, una volta seduti al tavolo. Avevano davanti una montagna di ciambelle e due tazze fumanti di caffè, tutto pagato da Gee. Voleva farlo innamorare a tutti i costi e ci stava riuscendo, pensò Ghoul.
-Io sono preoccupato in realtà – si lasciò andare ad una risata nervosa e conginuse le mani intorno alla tazza. –perché il signor Smith mi starà sicuramente cercando in lungo e in largo e quando tornerò a casa mi farà pulire i bagni per una settimana, ne sono sicuro.
-Frank mi dispiace. Se me l’avessi detto, avremmo trovato un altro modo in cui vederci, magari sarei venuto io al circo.
-No, non credo sia quello il loro problema. Loro non vogliono che io abbia amici. Sostengono di essere la mia famiglia e credono che qualcuno voglia rubargli il posto – abbassò lo sguardo sul caffè, prima di soffiarci sopra e berlo. Poi fece un sorriso rassicurante a Gerard e lo vide calmarsi.
-Loro sono la tua famiglia – più che una domanda, quella di Gee era un’affermazione.
Ghoul negò. –I miei genitori erano acrobati e sono morti quando io avevo sette anni. Il signor Smith mi ha preso sotto la sua ala perché mi voleva bene. O almeno questo è quello che sostiene lui. Io credo che sia molto di più perché desiderava un mago e vedeva in me una possibilità di fare soldi. Vedeva in me un fenomeno da baraccone e mi ha usato. E ora ha paura che io possa volare via.
-Il tuo è un talento, non una possibilità di fare soldi, Frank – precisò Gerard. –Insomma, te l’ho detto anche l’ultima volta che credo che tu sia speciale – arrossì all’inverosimile.
-Tu… tu che lavoro fai? – chiese Ghoul per cambiare discorso e non permettere a quel ragazzo di rubargli il cuore.
-Sono un fumettista. Disegno tavole che poi finiscono sui fumetti di altre persone che riescono a farci i soldi mettendoci sopra il loro nome.
-Non mi sembra giusto – asserì Frank, nel modo più innocente che aveva.
-Niente è giusto, Frankie – sussurrò Gee.
Ghoul trattenne un attimo il respiro. Come… come l’aveva chiamato? Con che tono l’aveva chiamato? Rischiò di sciogliersi.
-Non farlo mai più – disse serio.
-Cosa non dovrei fare? – domandò Gerard, con la paura di aver ferito in qualche modo il mago.
-Frankie… - ripeté, cercando di usare lo stesso tono che aveva usato l’altro.
-Cosa c’è di male nel tuo nome? – chiese confuso il moro.
-Davvero non lo capisci? – sbottò. –Tu usi quel tono, mi chiami in quel modo e io mi innamoro, okay? Tu non sai che effetto mi fai! – esclamò, sotto lo sguardo divertito dell’altro, che rise. –Cose c’è di tanto divertente?!
-Che qui non sei l’unico che si sta innamorando – disse semplicemente il fumettista, prima di sporgersi per baciarlo.
 
Nessuno seppe più che fine avessero fatto i due ragazzi. Gerard non si presentò più al lavoro e il signor Smith diede per disperso Frank.
Nessuno seppe quello che in realtà successe a loro. Che in realtà presero a noleggio una macchina e salutarono Belleville.
Nessuno seppe che Frank si sentì apprezzato come non mai e che Gerard si innamorò ogni giorno di più.
Nessuno seppe che i due si trovavano in Italia a fare la bella vita grazie alle capacità artistiche di Gerard e agli spettacoli di Frank.
Nessuno seppe che i due si sposarono e furono finalmente felici.





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xCyanide's Corner
So che non vi sto simpatica, che vi rompo e che vi fanno schifo le cose che posto #autostima Ma io continuo a pubblicare a oltranza LOL
Sono le 2.05, se c'è qualche errore capitemi, anzi magari fatemelo presente. 
Volevo scrivere qualcosa, era tanto che non davo vita a uno OS ed ecco 3.035 parole esatte che spero vi piacciano tanto.
Lasciate una recensione, mi raccomando, mi fareste felice :3

Alla prossima, xCyanide

  
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