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Autore: Dearly Beloved    13/07/2012    7 recensioni
Dal testo:
“…domani hai gli orali, non serve che sia io a ricordartelo.”
Ohmmerda.
Dante si buttò sul letto con un tonfo che fece tremare il pavimento.
“… A meno che non svenga lì davanti, ti prometto che un sessanta glielo strappo”
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dante, Vergil
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Macchie.

 

Ore 24.00, casa Sparda.
Il diciannovenne si rigirava nel letto. In quella fottuta stanza non si erano ancora decisi ad istallare un fottuto climatizzatore, per dirla alla Vergil, e così erano due ore che cercava di dormire inutilmente, con le lenzuola intrise di sudore, e sulla pelle nivea facevano la loro comparsa chiazze rosse e calde.
Dante Sparda preferiva l’estate all’inverno, perché il freddo proprio lo detestava.
L’inverno era noioso e monotono.
D’estate poteva svegliarsi tardi, aveva il mare a pochi metri da casa e poteva passare un po’ di tempo con gli amici. Poteva mangiare tutto lo Strawberry Sundae che voleva senza che nessuno lo biasimasse a qualsiasi ora del giorno e della notte (si trattava pur sempre di gelato, un modo come un altro per combattere la caldura), e la birra gelida di freezer con la quale accompagnava la pizza a colazione/pranzo/merenda pomeridiana/cena sembrava ancora più meravigliosamente ghiacciata mentre gli scorreva in gola, e gli regalava una sensazione di benessere ineguagliabile.
Eh, sì. Dante Sparda amava l’estate.
Tuttavia, come in tutte le cose più belle, c’era la fregatura.
La fregatura era che lui era albino, quindi niente mare se non faceva il bravo e metteva tanta, tanta, tanta schifosa, viscida, appiccicosa crema protettiva, e nei casi più estremi, se proprio voleva stare tante ore in acqua, doveva indossare una tuta molto –per dirla alla Trish, cugina di primo grado- out, trash, cacca, spazzatura, mmerda (con due emme, perché Trish aveva un modo tutto suo di esprimersi).
Che tragedia! Proprio lui che avrebbe voluto mettere in mostra il fisico scolpito, e magari… siamo sinceri, rimorchiare un po’.
Anni addietro, a dire il vero, aveva provato. Ad andare al mare come una persona normale. E per dirla tutta, i suoi bicipiti/quadricipiti/addominali avevano avuto il loro tanto agognato quarto d’ora glorioso.
Ragazzine con evidenti sballi ormonali l’avevano assalito. “Giochiamo a tamburelli?” “Abbiamo prenotato il campetto da beach tennis, unisciti a noi!” “torneo di bocce” “karaoke!” “Danze latino americane!” “Ping pong!” “Ti offro il gelato!” “Vieni a divertirti con noi!” “Che pelle liscia!” e così via per quindici minuti.
Quando l’orologio segnò la fine del quarto d’ora glorioso, Dante iniziò ad andare a fuoco. Per la serie che per i quattro mesi a seguire andò in giro con garze su garze imbevute di creme idratanti a mo’ di mummia, scatenando l’ilarità del fratello, dato che nemmeno un suo lembo di pelle era in grado di entrare in contatto con un qualunque materiale esterno senza che lui urlasse per il dolore.
Ebbene sì, Dante Sparda non fu in grado di fare sesso per quattro mesi. E fu il periodo più nero della sua vita.
Dopo l’esperienza illuminante, aveva deciso di fare il bravo e di non mettere mai più a repentaglio la sua preziosa, meravigliosa, sublime pelle albina.
Ma i problemi non si esaurivano al mare.
Infatti, quando nelle notti come quella si strusciava tra le lenzuola imprecando per il caldo e sudando, sudando, sudando e ancora sudando, la pelle subiva una strana mutazione, in quanto veniva invasa da chiazze bollenti e rosse.
A dire il vero, non spuntavano esclusivamente in estate, anche se in quei mesi capitava con una maggiore frequenza, quindi non ci volle molto per capire che non era un’irritazione dovuta al caldo.
Quando era piccolo, mamma Eva aveva addirittura ipotizzato che fosse allergico a qualcosa, e che quella fosse una reazione dell’epidermide. Ma allergico a cosa, poi? Nessuno l’aveva mai capito, ed i test medici erano serviti a ben poco.
Quella tra Dante Sparda e l’estate, in poche parole, era una relazione tanto passionale quanto complicata.
Oh, per quanto riguardava il fratello, doveva anche lui star bene attento quando andava al mare, ma quella delle chiazze era una peculiarità unicamente di Dante.
Vergil, nella stanza accanto, lo sentiva ansimare e non riusciva a dormire. In fine, si decise ad alzare il suo nobile culo di uomo della stirpe di Sparda dal letto, indossare la vestaglia da pensionato (cosa del tutto impensabile per un comune mortale, vista la temperatura dell’ambiente circostante simile a quella di un forno crematorio), e sfondare la porta della camera del fratello con un calcio.
Lo trovò seduto sul letto, le gambe incrociate, a sventolarsi con il ventaglio che loro madre aveva uscito fuori tre giorni prima dal ripostiglio per abbinarlo al kimono in occasione del Tanabata.
“Okay Dante, spiegami che cazzo stai facendo da due ore.”
“Che sei venuto a fare, fratello? Non ti basta che mi hai fregato il ventilatore?”
Vergil lo guardò storto “Oh, nulla, sai, ti sentivo ansimare così forte che pensavo ti stessi masturbando, e volevo unirmi anch’io.”
Il minore sghignazzò “Se vuoi, sei il benvenuto.”
“Ah ah.”, ma poi contrasse i muscoli della faccia in quella che era palesemente un’espressione disgustata. Magari, pensò Dante, si era immaginato la scena.
“Quanto sei frigido, Vergil” disse per sfotterlo.
Il maggiore, dopo averlo fissato per qualche minuto con aria torva, puntò il suo braccio maculato, e si sedette sul letto accanto a lui. “Che è? Hai attivato di nuovo la ‘modalità Dalmata’?”
“No Vergil, i Dalmata hanno le macchie nere.”
“Benvenuto sul pianeta Terra, Capitan Ovvio” ridacchiò l’albino.
“Dante?”
“Mh?”
“Ricordi perché stasera sei andato a letto presto?”
Il più giovane dei due Sparda lo guardò con aria abbattuta, e bofonchiò qualcosa come “perché domani mi devo alzare presto”.
In effetti, non era da Dante andare a letto alle ventidue il dieci di luglio. Il giorno dopo, la dipartita da casa sarebbe stata davvero impietosa. Perché domani…
“…domani hai gli orali, non serve che sia io a ricordartelo.”
Ohmmerda.
Dante si buttò sul letto con un tonfo che fece tremare il pavimento.
“… A meno che non svenga lì davanti, ti prometto che un sessanta glielo strappo”
“Sfido io. Quella tesina la sai alla perfezione, e di quante volte l’hai ripetuta la so anch’io!”
Quanto a Vergil… lui non poteva capire. Aveva saltato diverse classi, e alla medesima età di Dante era già al secondo anno di Università. Che scemenza potevano essere stata, gli esami di Stato, per quel fottuto genio?
Mentre Dante non era mai stato portato per la scuola. Quello straccio di diploma gli sarebbe bastato, e col cavolo che poi si sarebbe rimesso sui libri per l’ammissione all’Università.
Vide passarsi tutta la vita davanti agli occhi, dall’asilo, quando le maestre lo rimproveravano perché costruiva le pistole di carta, tutti i “visto” e le note sul diario, le gite di classe alle elementari, la stronzaggine della prof di mate alle medie, il primo bacio, il patentino e il motorino, la gita di una settimana, il primo libro serio letto alla veneranda età di sedici anni (se non si contano tutti i Viaggi nel Regno della Fantasia di Geronimo Stilton), la scoperta di youporn e la prima volta, le ustioni post-mare, ed in infine il mese di studio intensivo per strappare un misero sessanta ad un fottuto esame di maturità.
Diamine, a differenza di Vergil, lui sì che poteva dire di averne vissute. Quel frigido era ancora vergine, ci avrebbe potuto scommettere.
E se il suo futuro non appariva brillante come quello del fratello poco importava, Dante non era in grado di costruirsene uno migliore.
Quello che gli sarebbe toccato gli stava più che bene. Magari, pensava ridendo mentalmente, aprirò una pizzeria! E nel mio menù abolirò le olive per sempre!
Si accorse che Vergil si era disteso sul letto in diagonale e sorrideva ad occhi chiusi.
“Il mio fratellino prenderà la maturità. Scommetto che sono più emozionato di te!”
Dante gli lanciò una cuscinata.
“Ehi! Perché l’hai fatto!?” scattò il maggiore massaggiandosi la testa.
“uhm, boh, mi andava!”
“Stronzo!”
Le chiazze erano scomparse per la maggior parte. Non aveva alcun senso.
“Secondo me, ti spuntano perché sei nervoso.” disse l’altro quasi leggendogli nel pensiero. “Dici?” chiese Dante fissandosi interdetto il braccio che era tornato normale.
“Adesso, la presenza del qui presente fenomeno” Modesto il ragazzo, pensò Dante “ha alleggerito la tensione, quindi se ne sono andate.”
“Sei molto pieno di te, eh?” disse Dante storcendo il naso.
“Sono semplicemente il gemello figo, io.”
“MA VA’ A CAGA-” Dante non poté terminare l’imprecazione poiché interrotto dal cellulare che vibrava sul comodino.
“Chi ti cerca a quest’ora, gemello non figo?” fece Vergil dandogli una gomitata nello sterno e fregandogli il cellulare. “Oh, oh! Sono le famigerate quattro lettere. Un nome, una garanzia!”
“Zitto Ver!” gridò quasi l’altro strappandogli il cellulare dalle mani, e mentre premeva il tasto verde gli fece segno di zipparsi la bocca.
“..pronto?” fece timidamente una voce femminile dall’altra parte.
“Buona sera, matricola. Le bambine come te a quest’ora dovrebbero dormire, sai?”
“Finiscila Dante! Tanto lo so che non riesci a dormire, te la starai facendo sotto come un neonato per domani!”
“Veramente mi hai proprio svegliato mentre stavo facendo un sogno bellissimo…”
“Ah, sì?” ridacchiò lei.
“Sì, e proprio sul più bello!” sorrise languidamente Dante, mentre Vergil gli faceva il verso sottovoce: “Gnè gnè, macciao matrrrrrrrrrrrricola ti ammmmmmoH!”. Nell’animo del minore iniziò una lotta interiore per non scoppiare a ridere.
“Non ti chiedo di che si tratta, sono ancora minorenne. E comunque, caro il mio maturando, sono un’ex-matricola, l’hai dimenticato?”
“Okay, adesso non ti montare perché vai in seconda, resti una matricola.”
“Sssssshì sssssshì ammmmore resti una matrrrrrrrrricola finché non ti ‘inizio’ io, caVaaaaaH ♥”
A quel punto l’albino scoppiò a ridere. Nessuno al mondo poteva fermare Vergil quando iniziava a sclerare. Tanto valeva arrendersi.
“C’è qualcuno lì?” chiese la ragazza ad un tratto intimorita, come spaventata dall’eventualità che il ragazzo fosse in compagnia di una donna, e Dante afferrò al volo, sorridendo maliziosamente.
“Sì, quella puttana di mio fratello” rispose tirandogli una gomitata nello sterno e facendolo piegare in due dal dolore.
“A-ah! Allora vieni a fare un giro con me, io sono in zona e il chiosco del parco è aperto a tutte le ore, ti offro un mandarino al limone e brindiamo alla tua imminente maturità!”
“Certo, alle bambine solo analcolici, soprattutto passata la mezzanotte ♥.”
Vergil scattò in allerta “EH NO, caro il mio Romeo, tu oggi stai a casetta tranquillo tranquillo e ti metti a nanna, dato che hai gli orali domani. Cristallino?”. Dante coprì il microfono del telefono con una mano, e sussurrò all’altro “Non fare il guastafeste, brutto frigido che non sei altro, almeno mi distraggo per mezz’oretta con un’amica.”
Poi, togliendo la mano dal microfono disse “Sto scendendo”, e ignorando le proteste del maggiore s’infilò i pantaloni neri di pelle con la cintura borchiata e la maglietta dei Led Zeppelin.
Venti secondi dopo era già fuori casa, tesissimo e pieno di chiazze dall’emozione.

Così, Vergil li guardava allontanarsi dalla finestra del loro appartamento al terzo piano.
Lady era davvero carina, pensò, e caratterialmente assomigliava a Dante molto più di lui che era il suo gemello.
“Non ti fare beccare con una minorenne, Sparda” sussurrò, e come se l’avesse sentito, Dante si voltò verso la finestra.
Vergil però era già sparito, e l’albino scosse la testa.
Capitava che il maggiore, a volte, si sentisse solo senza il fratello, ma tutto sommato se la cavava comunque.
E quando Dante sarebbe tornato a casa pieno di chiazze urlando che non sarebbe uscito mai più con quella lì! come tutte le volte che tornava a casa dopo essere uscito con lei, sarebbe bastata solo una sua battuta sarcastica o magari semplicemente una pacca sulla spalla accompagnata da un ghigno beffardo per far sentire l’altro davvero a casa. E le macchie sarebbero scomparse, anche se lui sarebbe stato malmenato violentemente.
Quindi, Vergil lo sapeva, per far sì che suo fratello non diventasse un dalmata sul serio, gli sarebbe dovuto restare accanto per sempre. Il pensiero lo faceva rabbrividire e allo stesso tempo lo confortava.

Dante era allergico a tutte le cose che gli facevano battere il cuore, e Vergil era la medicina grazie alla quale tornava ad affrontarle ancora e ancora e ancora, ogni volta con più entusiasmo e con la certezza che sarebbe guarito ogni volta, sempre.
 

 


Note -3-
Notare che non ha un senso logico, notare che sono le 5.25 mentre scrivo, notare che ho sonno e notare che ho solo descritto un mio problema della pelle, dato che anche la mia è troppo chiara e giusto l’altro giorno mi sono ustionata così male che adesso mi devono portare in giro con la carrozzina.
Ti capisco Dante ç_ç

Well guys. Gli insulti sono sempre ben accetti.
Non si capisce cos’ho mescolato, la DantexLady, Shonen-Ai, battutine a sfondo gay e Notte prima degli esami. Non si capisce, non si capisce.
Mannaggia al demonio mannaggia! [cit.]
E comunque, mi sembra troppo poco per mettere Shonen-Ai nelle note, e, uhm, a proposito delle note, qualcuno mi spiega cos’è successo alle note? D:

La dedico a Sick perché… boh.
Perché le voglio tanto bene ♥ e non è neanche fan della DantexLady. Questa è l’ennesima dimostrazione del fatto che a quest’ora il mio cervello non funziona.
So già che non recensirete quindi è inutile chiederlo, ma io faccio finta di non saperlo e ve lo chiedo lo stesso.
Per pietà.
Non è questo lo spirito giusto, chi legge deve recensire perché… perché è così che si fa, credo. Cioè, non demotivate fan fictioners in erba come me! Da quando la penso così, se leggo una storia e non recensisco mi vengono i sensi di colpa ed è brutto. Quindi, un commentino giusto per farmi sapere se è carina o fa caga- *squilla il cellulare*.
Che vi costa? ç_ç
Grazie anche se siete arrivati a fine pagina e avete letto le mie chilometriche note. Sono logorroica, sul serio.

Dearly B.

   
 
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