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Autore: Querthe    28/01/2007    10 recensioni
Ispirata da un video di una canzone polacca (non chiedetemi il titolo...). Un sicario e un obbiettivo. Ma se il sicario è Usagi e l'obbiettivo è Mamoru?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mamoru/Marzio, Rei/Rea, Seiya, Usagi/Bunny
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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La donna si sedette a gambe incrociate sul letto della camera di albergo in cui si trovava da circa un paio di ore, dopo essere arrivata in Giappone dall'America. Aveva preso delle pillole di melanina per eliminare il jet-lag dal suo cervello, ma di sicuro sul volto si vedevano le ore noiose e stancanti dell'aereo.
- Chibichibi, pronta a dirmi se dobbiamo accettare o meno il lavoro?
Il piccolo coniglio rosa, una sorta di incrocio tra un batuffolo di cotone e dello zucchero filato alla fragola alzò il suo muso impassibile e la osservò con i due grandi occhi rossastri che indicavano una presenza di una componente albina nella sua particolarità d'aspetto. Sembrava quasi aver capito la domanda. Annusò l'aria un paio di volte, individuando le due carote che stavano dalla parte opposta della stanza. Ognuna era sopra un biglietto piegato in due per nascondere quanto vi era scritto. Si mosse, un salto titubante, quindi due, quindi tre per arrivare davanti alle due carote. Le annusò entrambe, quindi decise di addentarne una. In quell'istante la bionda le accarezzò la testa e sorrise. Il biglietto conteneva il disegno di un teschio con un foro in fronte.
- Come al solito, abbiamo accettato il lavoro. - mormorò, dando anche l'altra carota all'animale e gettandosi sul letto a leggere le carte che le erano state consegnate. - E questa volta direi che il mio bersaglio è anche un bel ragazzo. Chiba Mamoru, capo di un gruppo di resistenza ambientalista, trentacinque anni, scapolo.

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Le informazioni che la sua organizzazione le aveva fornito erano come sempre attendibili e complete. Non poteva aspettarsi di meno da chi aveva fatto degli assassini a pagamento una professione di alto livello, e lei era la punta di diamante dei sicari. Nessuno poteva aspettarsi che una delicata ragazza che non aveva ancora trent'anni fosse uno spietato omicida, nessuno poteva sospettare di una ingenua ragazza che vestiva in maniera sportiva, portava i lunghi capelli biondi legati in due buffi codini ai lati della testa e amava il gelato alla crema ricoperto di crema al cioccolato, panna montata e noccioline tritate. E questo per lei era importante. Poteva arrivare praticamente ovunque indisturbata, e nessuno si ricordava di lei. Certo, era un tipo, ma dopo i primi due secondi diventava una ragazza senza volto.
- Quindi hai pestato i calli a qualche persona di troppo, mio caro Mamoru... - borbottò leggendo e rileggendo il dossier. - Immagino che i mandanti siano i capi della multinazionale che vorrebbe la raffineria che tu stai impedendo ad ogni costo, sapendo benissimo che se la raffineria arriva, i pesci se ne vanno. E se se ne vanno i pesci, addio anche al paese, che ha solo pescatori. Certo, potrebbero diventare tutti operai per la raffineria, ma a che prezzo, non solo per l'ambiente? - Si alzò, vestita solo con la biancheria intima e una maglietta bianca troppo grande per lei. - Bene, più o meno ho tutto. Ora una macchina, due ore di viaggio e ci siamo. Sarò una giornalista in gita, e vediamo cosa salta fuori. Sono anche fortunata, hai un albergo, che gestisci con tuo fratello Seiya, che canta e suona la sera per gli avventori e tua sorella Rei, la sacerdotessa del luogo. Proprio una bella famigliola. - per un istante la sua mente pensò alla sua, ma non trovando nulla di piacevole, tornò al presente. - Un peccato rovinarla. Beh, ho commesso tanti peccati, uno più, uno meno... - disse cinica.

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- Che gli dei prendano questa macchina e la stramaledicano! - gridò annoiata più che arrabbiata la bionda, aprendo la portiera e quindi il cofano, per scoprire la cinghia distrutta come se fosse stata passata nel tritatutto. - Mancano venti minuti al paese e tu mi molli qui. Credo che farò un lavoretto gratuito quando vedrò il noleggiatore. Tu cose ne dici, Chibichibi?
Il coniglio, che era in una ampia gabbietta sul sedile del passeggero non la degnò di uno sguardo, continuando a mordicchiare delle foglie di lattuga che aveva lì vicino.
- Hai ragione, non ne vale la pena. I proiettili costano. - sorrise triste. - Ma rimane il fatto che sono appiedata. Maledizione!
Chiuse con rabbia il cofano, prese dal bagagliaio una valigia rigida grigio scuro e una custodia rettangolare allungata e piatta. Mise la tracolla della gabbietta sulla spalla destra, afferrò le due valige e si incamminò lentamente verso il paese, di cui poteva vedere in lontananza alcune case.
- Se viene da Tokyo con quelle valige, o è matta o è un'ottima camminatrice - chiese una voce maschile alle sue spalle.
Lei si voltò, riconoscendo nell'uomo il fratello del suo bersaglio.
- No, ho la macchina rotta.
- Ah, immaginavo. Vuole un passaggio fino ad Insmothzu? Se si fida e se può aspettare due minuti.
- Volentieri, ma vedo che anche lei è a piedi...
- No, no. Sto lavorando qui vicino per aggiustare un trattore che ha dato forfait a un mio amico. Ho praticamente finito e mi stavo dirigendo alla macchina. La vede, là, oltre quella curva?
La donna vide un camioncino rosso parcheggiato poco lontano, seminascosto dalla pendenza della strada e dal terreno attorno, un po' rialzato.
- Vista. Ma come sa che vado a Insmothzu?
- E' l'unico paese che si può raggiungere prendendo questa strada. O vai o vieni da lì in questo punto.
- Già. Ha ragione.
- Senta, le posso chiedere se ci possiamo dare del tu? Abbiamo circa la stessa età.
- Per me va bene. Serena Tsukino.
- Seiya Chiba. Non è totalmente giapponese come nome...
- Genitori. Sono nata e cresciuta in America, ma conosco la lingua, anche se con uno strano accento, lo ammetto.
- No, no. E' comunque una novità qui, e tutte le novità sono ben accette qui. A parte la raffineria... - si incupì.
- Già. Ho letto che avete un bel gruppo di resistenza. Sono qui per quello.
Seiya inarcò un sopracciglio, scuso come il resto dei lunghi capelli, la pelle abbronzata per il sole e l'aria di mare. Il fisico era asciutto, tonico ma non muscoloso. Sapeva di erba e di sudore, oltre che di olio di motore. Un odore simile al lubrificante che lei usava per il suo fucile di precisione e per le sue pistole automatiche.
- Giornalista?
- Già. Sono venuta apposta. Ho una mezza idea che se potessi far conoscere bene la vicenda anche in America, forse altre organizzazioni ambientaliste potrebbero dare una mano.
- E a te cosa viene in tasca?
- Se tutto va bene, un po' di fama e la speranza di togliermi dalla cronaca rosa. Se mi va male, beh, rischierò il premio Pulitzer con il colore della barboncina di qualche riccona eccentrica... - sorrise sfoderando la sua migliore espressione di innocente ragazza in cerca di fortuna e gloria.
- Disinteressata, eh? - chiese un po' deluso lui, ma poi aprì il volto in un largo sorriso. - Ma comunque meglio che nulla. Hai già dove stare?
- No. Avete un albergo, spero?
- Decisamente. Il migliore della città è a tua disposizione. Non per vantarmi, ma ha anche il migliore cantante della zona. Io.
- E immagino che sia tuo anche l'albergo?
- No. Di mio fratello, che è il capo del cosiddetto gruppo di resistenza. Io gli do una mano ogni tanto. - le rispose aprendole la portiera del furgoncino e facendola accomodare. - Non ti preoccupare per l'auto. Ci penserò poi io a prenderla e a riparartela, se non è nulla di grave.
- La cinghia, credo.
- Allora dieci minuti e sarà come nuova... Sono il migliore della zona, visto che sono anche l'unico.
- Spero che non sia lo stesso per la musica...
- Mi offendi. - rise lui accendendo il motore e partendo.

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Le voci che provenivano dal piano terra dell'albergo erano inequivocabili. Due persone, due maschi stavano litigando, e Serena riconobbe immediatamente una delle voci, mentre scendeva le scale per arrivare alla reception.
- Ma perché non vuoi nemmeno parlarle? - chiese alterato Seiya.
- Ti ho detto che non mi interessa. La guerra è nostra, e lo ha detto anche lei che vuole darci una mano solo per la sua gloria. Non gliene frega nulla dei nostri problemi, a quella là.
- Ma almeno tentaci. Santo cielo, che cosa ti costa perdere dieci minuti con lei?
- Ti perdi per due occhi dolci di una donna, Seiya? E se fosse tutto un giro strano della compagnia petrolifera? Che ne sai da dove viene, perché davvero è qui?
- Tu sei paranoico, Mamoru. Questa storia ti sta facendo diventare paranoico. Se ora non possiamo dare fiducia e mezz'ora del nostro tempo ad una persona che potrebbe aiutarci, allora tanto vale rinunciare alla lotta. I nostri cuori non sono poi così diversi da quelli dei nostri nemici...
- Lascia certe filosofate quando parli con Rei, non con me. Io quella non la voglio proprio vedere, è chiaro?
Seiya non rispose, aprendo la porta della cucina e sbattendola mentre la chiudeva, abbandonando la sala d'entrata e uscendo in strada, gli occhi lucidi per un pianto imminente, forse di rabbia, forse di tristezza.
La bionda finì di scendere le scale e si avvicinò al banco come se non avesse sentito nulla. Suonò con gentilezza il campanello di chiamata e attese.
- Dica! - esclamò brusco l'uomo, un giovane dai capelli neri tagliati corti, il fisico muscoloso e un po' troppe rughe ai lati degli occhi per la sua età. La foto non rendeva giustizia di come si presentava davvero Mamoru. - Mi scusi. - modulò la voce. - Non volevo essere offensivo. Come posso aiutarla?
- Non si preoccupi. Avrei bisogno di sapere se posso avere due o tre carote per il mio coniglio. Le sto finendo e non so se qui in zona ci sono dei fruttivendoli.
- No. Bisogna andare all'altro paese, ma non ho problemi a darle tutte le carote che vuole, se sono per il coniglio.
- Perché? - tentò con un tono vagamente sarcastico. - Se erano per me non me le dava?
- Non mi pare un coniglio, lei. Per quello non mi sembra nemmeno una giornalista...
- Mica ci fanno con lo stampino. E poi lei come fa a sapere che sono una giornalista?
- Mio fratello, quello che le ha dato un passaggio qui. Io sono Mamoru Chiba, il proprietario dell'albergo e il cuoco. Mi spiace che sia venuta per nulla.
- Scusi?
- Seiya mi ha detto il motivo della sua visita. Mi spiace ma non rilascio interviste. A nessuno. La ringrazio per l'aiuto interessato, ma la guerra è mia e la combatterò come voglio io.
- Ma cosa le costa? Le ruberò solo mezz'ora...
- Le ho detto di no. Ora le prendo le carote, poi vedrò di trovare mio fratello e gli dirò di farle aggiustare la macchina al più presto, così se ne potrà andare... al più presto, mi auguro.
- Osso duro il ragazzo... - pensò rimuginando velocemente una strategia. - Vediamo se questo può funzionare.
Serena scoppiò a piangere, coprendosi il volto con le mani.
- Mi scusi... - singhiozzò, voltandosi per non mostrargli il viso.
- Signorina, ma cosa...
- Scusi. L'ho disturbata per nulla. Avevo sperato di... - singhiozzò intensamente voltandosi di nuovo verso di lui e togliendo le mani, stando attenta che lui vedesse bene le lacrime rigarle le guance. - Ho preso delle ferie apposta per fare questo viaggio, e ora... ora... - scoppiò di nuovo in un pianto dirotto.
Mamoru non sapeva cosa fare. Si guardò in giro spaesato, per poi impallidire vedendo giungere dalla sala da pranzo la sorella maggiore.
- Cosa succede? Mamoru, cosa hai combinato? - la voce era calda ma decisa, più simile a quella di una madre che rimprovera un figlio che quello di una sorella, per quanto maggiore di quasi sei anni.
- Rei... Io...
La donna afferrò le spalle di Serena e la voltò, osservandola negli occhi.
- Cosa le ha fatto mio fratello?
Serena decise di rispondere con un altro scoscio di pianto.
Fu sorpresa della reazione della donna. La abbracciò, facendole appoggiare la faccia sulla sua spalla destra.
- Su, su. Piangere fa sempre bene, ma solo se dopo la pioggia viene il sole. Ora lei si siede tranquilla e mi spiega cosa è successo, mentre Mamoru ci fa due belle cioccolate calde. A lei piace la cioccolata, vero?
Lei annuì, colpita dal senso di autorità che trasudava dalla donna, misto a gentilezza e tenerezza verso una persona che nemmeno conosceva.
- Ma...
- Due cioccolate. Ora. E poi facciamo i conti, io e te...

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- Mi spiace che...
- Lasci perdere. In parte me la sono cercata. E' che questa storia della raffineria sta logorando i nervi a tutti, e a me in particolare, come capo del gruppo che non la vuole. Sappiamo benissimo che se anche ci dicono che rispetteranno l'ambiente poi in realtà non faranno nulla, scaricando tutto il loro letame tecnologico nelle acque della baia qui vicino. Niente acqua buona, niente pesci. Niente pesci, niente pesca. Niente pesca, niente lavoro. Facile, facile, ma orribile.
- Già. - annuì lei, spaventata di non fingere in quel momento.
Stavano passeggiando per le vie della piccola cittadina a ridosso del mare. Il sole era caldo, l'aria sapeva di salsedine, di iodio e di una tempesta in arrivo, segnalata da due nuvolette lontane. L'uomo aveva parlato in privato con la sorella per una decina di minuti, per poi concedere a Serena tutto il tempo che voleva per la sua intervista. Erano assieme da tre lunghe e piacevoli ore.
- Ho scritto al ministero, alle associazioni nazionali e a quelle internazionali, ma la compagnia petrolifera è troppo potente. Con i suoi soldi compra tutti e tutto.
- Anche la tua vita, mio caro. Costi parecchio a loro, e quindi io guadagno parecchio. - pensò lei, indecisa se fosse già il momento buono per sparargli un colpo solo, alla testa. Nella borsetta teneva sempre una piccolo calibro automatica con un silenziatore. - Ma il posto è bello, e la tua compagnia piacevole. Voglio assaggiare la tua cena cibo prima di farti diventare cibo per i vermi...
- Fortunatamente Seiya mi da una grossa mano, e anche Rei...
- Ho visto che ha molto potere su di te... Scusi, lei...
- No, no, va bene il tu, Serena. Sai, mi ricordi un personaggio di un cartone che trasmettevano tempo fa qui da noi.
- Lo so. Ci assomiglio, e ho lo stesso nome della versione americana. Qui si chiamava... Usaki?
- Usagi.
- Usagi, sì. - sorrise, immaginandosi per un secondo vestita alla marinaretta a combattere folli mostri con le armi magiche. Poi le vennero in mente le decine di colpi sparati da vicino e da lontano sui suoi bersagli, e il loro corpo afflosciarsi privo di vita. Non stava più sorridendo.
- Come posso aiutarti oltre? Ti ho detto tutto, hai visto le foto, i documenti...
- Direi che ho materiale a sufficienza. Appena la macchina sarà pronta me ne andrò e scriverò l'articolo. Con quello che mi hai mostrato sono sicura che qualche cosa si muoverà...
- Speriamo... - sospirò lui triste. A Serena saltò un battito del cuore, nel vederlo.

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- Altri due giorni?
- Già... - borbottò Seiya. - La cinghia era il meno, quando l'ho sostituita ho visto che il problema non era la cinghia, ma la ruota che trasmette il moto. Se parti, tra un'ora avrai di nuovo la cinghia spappolata. Devo far arrivare il pezzo dalla capitale e sostituirlo...
- Fino ad allora sei mia ospite. Non pagante... - disse Mamoru comparendo dalla cucina.
Rei alzò gli occhi dal libro dei conti, sorrise debolmente e ritornò a leggere e controllare.
- Non credo che...
- Quello che tu credi mi interessa poco, al momento, se non il tuo parere su un pasticcio che sto facendo. Visto che sei l'unica ospite dell'albergo e conosci la mia famiglia, ho fatto qualcosa di speciale. Se ti va, stasera mangeremo tutti assieme. Ti ho visto triste ieri sera, solo tu e Chibichibi al tavolo nella stanza vuota.
- Ma è comunque un'ospite. Non possiamo costringerla a mangiare la tavolo con noi, Mamoru. Una cosa è il tavolo della famiglia, una cosa...
- Seiya, non vedo dove sia il problema...
- Tu... - iniziò a rispondere, poi si bloccò, guardando Serena con occhi accesi. - Mamoru, due parole in cucina, da soli.
- Dacci un minuto. Tra fratelli, sai...
- Mamoru, io...
- Lasciali litigare. Fa bene ogni tanto una sfuriata. Sistema le piccole crepe, o le apre del tutto. Comunque poi il sistema è più stabile. - le disse la donna, senza alzare lo sguardo dal libro. - Sai, non ho ancora capito se sei una fortuna o una minaccia scesa dal cielo, ma comunque sia stai cambiando la nostra famiglia.
- Rei... - per la prima volta nella sua vita, la bionda non sapeva davvero come reagire, cosa fare o dire.
- Buona. Va bene così. Qui tutto è troppo stabile, troppo chiuso. Bisogna cambiare l'aria alla stanza ogni tanto. E tu sei una ventata incredibile. - Alzò gli occhi. - Vieni, facciamo due passi mentre loro litigano. Se poi si picchiano, se la dovranno vedere con me, poi...
Uscirono, ma si fermarono appena dopo la porta.
- Sai, anche se non me lo chiedi, capisco benissimo le domande che ti stai facendo e che vorresti rivolgermi... - Alzò gli occhi al cielo. Stava diventando nuvoloso. - Nostro padre ha dedicato la sua vita alla pesca, e nostra madre ad allevare me e poi loro. Ma nostro padre ci lasciò, una maledetta tempesta lo legò per sempre al mare che tanto amava. Mia madre aprì un piccolo ristorante, sapeva solo cucinare e pulire la casa, e tutti i pescatori facevano a gara per mangiare qualcosa da lei. Erano tutti amici, sapevano che così potevano darle una mano senza che fosse carità. Io dovetti crescere alla svelta, accudire i miei fratellini quando ancora quasi non sapevo leggere o scrivere, e poi dare una mano alla mamma per il lavoro. Ma il dolore per la perdita del marito fu troppo per lei, e quando ebbi vent'anni ci lasciò, ricongiungendosi a mio papà. Mi sono ritrovata con due adolescenti e un albergo. Non ho mollato, e solo la religione mi ha salvato dal crollo mentale e psicologico. Quello che ho perso è la mia adolescenza e tutto il resto. Poi, una settimana fa, il fuoco del tempio mi aveva detto che grandi cambiamenti erano in arrivo. E spunti tu. I miei fratelli, fin troppo uniti ora litigano due volte in un giorno. Sono indecisa, se essere felice o meno.
- Porto guai, insomma.
- No. - sorrise la donna, prendendole la mano e stringendogliela. - Porti cambiamenti. Spero solo cambiamenti che perdureranno dopo che tu sarai tornata in America.
Lei abbassò gli occhi.
- Certo. Ti ammazzerò il fratello. Altro che perdurare. - pensò. Con un nodo alla gola. Davanti a lei vedeva solo il volto del suo obbiettivo, ma per lei ora era il volto di Mamoru.

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Seiya non si vide a cena, e non era nemmeno nella sua camera, da quelloc he Rei disse al fratello mentre lavava i piatti.
- Tu sai dove si trova?
- Penso di sì. Dopo la litigata di stasera se ne andato urlando che se davvero volevo fare la pace con lui, avrei dovuto capire cosa ci univa fin da piccoli.
- Immaginavo. Vuoi che vada a prenderlo?
- No. Ci vado io. Vai pure a dormire. So che domani hai una cerimonia. Mi spiace per il vecchio Hakoji.
- Lo sapeva. La Morte gli ha fatto solo un favore. Non ha sofferto poi molto. - mormorò la donna alzandosi e lasciando la stanza, diretta alle scale.
- Posso darti una mano, se vuoi.
- No grazie. Faccio da solo. Sono cose semplici, che posso maneggiare. Mi rilassa avere delle sequenze automatiche da compiere. Mi permettono di ragionare senza occuparmi di quello che sto facendo.
- Ti capisco. - disse Serena mentre pensava che anche lei quando doveva pensare smontava, puliva e rimontava quasi senza rendersene conto le sue armi. - Mamoru?
- Dimmi.
- Ho visto la macchina quando era rotta la prima volta. Il problema era solo la cinghia vecchia. Il resto era perfetto. Perché Seiya ha detto che ci volevano altri due giorni?
- Non lo ha detto lui. - sospirò. Appoggiò il piatto asciugato e ne prese un altro. - L'ho detto io.
- Scusa? - si meravigliò.
- Lo so, ora mi dirai che sono un cretino, ma mentre parlavamo oggi ho iniziato a vedere qualcosa di diverso in te. Non eri solo una giornalista... Non ai miei occhi.
- Mamoru, non capisco...
- Nemmeno io. Ho una strana sensazione nel petto. Credo di sapere come si chiami, ma non credevo fosse possibile provarla per una donna.
- Vuoi dire che tu... Seiya... - balbettò, mentre i litigi e le frasi che aveva sentito iniziavano a rendere una piega differente. Anche l'accenno di Rei al fatto che loro due fossero troppo uniti le confermava la cosa.
- Già. Ma credo che a questo punto il discorso sia diverso. Io non pensavo potesse accadere, ma credo di aver avuto un colpo di fulmine.
- Mamoru, io... - non poteva dire nulla, la sensazione di calore e di tristezza mischiate le fermavano le parole in gola. Potè solo allungare una mano verso di lui.
Lui la prese, e la spinse verso il suo corpo. Lei non fece resistenze, e i due si abbracciarono. Serena scoppiò in lacrime.
- Va tutto bene, cucciola, va tutto bene...
La bionda chiuse gli occhi che le bruciavano. Non doveva andare così. Anche lei si era innamorata di lui, una cosa improvvisa, ma che non voleva accettare. Nel momento in cui lui le aveva detto che l'amava, tutte le sue barriere erano crollate. Ora non poteva ucciderlo. Ma non poteva lasciarlo in vita, o altri lo avrebbero fatto al suo posto. L'organizzazione non perdonava.

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Nella sua camera Serena stava osservando lo schermo azzurrastro del telefonino. Aveva ricevuto un messaggio dall'organizzazione.
- Increscioso imprevisto per la macchina. Stasera deve essere fatto il lavoro. Pulito. Dark Lady e Mistress 9 ti verranno a prendere a mezzanotte. - ripeté mentre innumerevoli piani le venivano in mente alla stessa velocità con cui li scartava. - Chibichibi, cosa devo fare? - chiese, voltandosi verso il coniglio, immobile nella sua gabbietta.
Troppo immobile. La donna aprì con mani tremanti lo sportellino, raccogliendo il corpo senza vita, ancora tiepido dell'animale. Una lacrima, la seconda volta in un giorno spontanea, le rigò il volto.
- Grazie. Mi hai dato comunque una risposta. - singhiozzò rimettendo il coniglio nella gabbietta.
Guardò l'orologio. Erano le undici e mezza. Aveva poco tempo per fare il tutto. Estrasse dalla custodia allungata un flauto traverso, poi rimosse la fodera, mostrando smontato un fucile di precisione, alcuni bossoli e una pistola automatica con il silenziatore, nera e argentata. La prese, controllò con un movimento veloce e abitudinario che ci fossero proiettili nel caricatore, poi tolse la sicura e infilò l'arma nella cintura dei jeans, coprendo il tutto con la maglietta che indossava. Prese tutti i documenti e le foto che Mamoru le aveva dato, aggiunse il contratto di omicidio che aveva con sé e li mise in una grande busta che collocò sotto la gabbietta di Chibichibi.
- Con questi l'organizzazione avrà dei problemi, e la compagnia dovrà abbandonare il progetto. Non possono di certo insabbiare una cosa del genere. Ci sono nomi, indirizzi e riferimenti. Metà della direzione della compagnia petrolifera salterà con un bel botto... - ridacchiò piangendo.
Mezzanotte meno un quarto. Sentì Mamoru rientrare con Seiya.
- Fai come vuoi. Pensavo che dopo tutti questi anni...
- Siamo fratelli, Seiya. Non doveva essere che così.
- Già. Ora tu hai di che divertirti... - gli disse acido.
- Non...
- Buonanotte. - tagliò corto l'uomo, chiudendosi in camera. Pochi minuti di silenzio, quindi Mamoru scese le scale.
- Sicuramente in cucina. E' il suo regno. Solo lì è tranquillo. Bene. Mancano dieci minuti a mezzanotte. Se conosco le altre due sicarie, sono già qui. Amano essere in anticipo...
Scese le scale, muovendosi silenziosamente. Vide una luce accesa nella cucina, e un'ombra muoversi lentamente. Con circospezione guardò fuori dalla finestra. Una luce fioca e rossastra si accese poco lontano dalla porta di entrata.
- Ti ho sempre detto, Chibiusa, di non accenderti la sigaretta di notte se sei in appostamento... - sorrise, un sorriso tirato e stanco.
Estrasse la pistola, svitò il silenziatore e lo pose nella nicchia per le lettere e i messaggi della sua stanza dietro la reception. Aprì la porta della cucina, la pistola nascosta dietro la schiena. Mamoru non si era nemmeno accorto di lei, intento ad asciugare maniacalmente i piatti e le stoviglie. Lei gli pose la canna dell'arma, fredda e dura, dietro la nuca, dove il collo si perdeva nella testa.
- Cosa?
- Non voltarti.
- Serena...
- Già. - faticava a rimanere impassibile, quanto le volte prima di solito faticava a mostrare anche solo un briciolo di sentimento verso i suoi bersagli. - Devo chiudere un lavoro. Non amo le cose fatte a metà.
- Quindi oggi...
- No. Tutto vero. Prepara la cena, ci vediamo tra poco.
Lui sorrise mentre l'indice premeva il grilletto. Il colpo rimbombò nella notte. Come in un sogno Serena fece cadere il caricatore ai suoi piedi e si diresse a passo spedito alla porta di entrata. Due potenti luci indicavano una macchina accesa.
- Bene. Tutto come previsto. - mormorò aprendo la porta e uscendo, la pistola puntata verso le luci. Sapeva quali erano le procedure in caso di trasgressione degli ordini. E sapeva che avrebbe potuto ucciderle, con una pistola carica.
I colpi furono quasi sovrapposti, uno al cuore, uno alla testa. Il secondo proiettile mancò il bersaglio, ferendo solo di striscio la guancia destra della bionda, che cadde al suolo, gli occhi spenti.
Le due sicarie rientrarono immediatamente nell'auto e sparirono nella notte prima che Rei o Seiya potessero finire di scendere dalle scale.
   
 
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