“Un
giorno ci incroceremo in un caffè o in metropolitana.
Cercheremo di non riconoscerci
o
di fingere di non vederci,
ci
gireremo svelti dall'altra parte.
Saremo
imbarazzati per ciò che è diventato il nostro
"noi",
per
quello che ne è rimasto.
Niente.
Due
estranei uniti da un passato immaginario.”
(D.
Glattauer)
Camminava
per la strada svelta, com’era solita fare, perché
lei non aveva
tempo da perdere, mai.
I tacchi
alti che portava non le impedivano certamente la sua marcia, la
rendevano, anzi, più ritmata con quel "tic tac" che
risuonava sull’asfalto.
Lo sguardo
orgoglioso sfidava la folla, mentre le gambe slanciate
schivavano i passanti agilmente.
I lunghi
capelli castani erano raccolti in un elegante chignon, mentre
qualche ciuffo le scivolava sul collo liscio.
Una
spruzzata di lentiggini le ringiovaniva i tratti del viso, altrimenti
tirati in un`espressione severa, perché era quella
l’espressione che lei
prediligeva, per esprimere tutta la serietà e risolutezza di
cui tanto andava
fiera.
Due occhi
color cioccolato schizzavano vispi da un volto all`altro, troppo
impegnati a dettare il suo cammino per potersi fermare ad osservare
veramente
qualsiasi cosa.
Una valigetta in pelle nera era tenuta stretta da una manina
affusolata, che
stonava con l`atteggiamento severo della donna. Quelle mani da bambina
rappresentavano un`infanzia non vissuta, da una donna troppo
concentrata sulla
sua carriera.
La giovane donna prese le scale della metropolitana, per scendere di
sotto e
fare un breve viaggio per raggiungere l’ufficio, come faceva
tutti i giorni.
E
il primo incontro
avvenne proprio li.
Era nel suo
ambiente naturale, la metropolitana.
Il buio, le ombre che si allungano, la scarsa luce
artificiale, l`aria pesante
non respirabile.
Lui si trovava a suo agio in quel luogo.
All`oscuro
di quella malandrina luce del sole che
poteva illuminare i suoi occhi chiari e che poteva illuminare la
menzogna del
suo cuore.
La sua
cresta verde si intonava alla muffa che viveva
sulle pareti di quel posto, lo faceva sentire parti di quelle pareti
umide, che
non gocciolavano perché, come lui, di lacrime non ne
versavano mai, ma
restavano comunque umide, mentre quell’acqua trapelava dai
loro pori.
Indossava
una maglietta scura, di un gruppo musicale
metal non molto noto, uno di quelli che ascoltano solo i veri
intenditori e
lui, di quella musica, ne capiva più che della sua stessa
vita.
Era in
quella squallida metro perché quel mattino
doveva andare in centro, aveva infatti bisogno di ritirare delle
cartacce, come
le definiva lui, dal suo nuovo datore di lavoro.
E
fu mentre lui
scendeva dalla vettura e lei aspettava di salire che avvenne.
Stava
picchiettando col piede nervosamente sulla riga gialla che non andava
superata all’arrivo della metro, preoccupata che quel mattino
potesse arrivare
puntuale e senza il suo solito anticipo.
La porta
le si fermò praticamente di fronte e lei si mise a lato per
poter
far passare le persone che dovevano scendere a quella fermata.
Fu
un’insolita cresta verde che attirò per un attimo
la sua attenzione e
proprio in quel momento un lungo brivido le attraversò la
schiena.
Troppa
gente, c’era decisamente troppa gente su quella
carrozza per i suoi gusti e finalmente era arrivata la sua fermata.
Con un
sospiro di sollievo il ragazzo si fece largo
tra i pendolari per raggiungere le porte che si stavano aprendo in quel
momento
e non appena mise un piede sulla banchina gli venne spontaneo guardarsi
intorno
e fu in quel momento che la vide.
Era li,
impettita mentre aspettava di salire sul
convoglio, con i capelli in perfetto ordine, gli occhi truccati poco e
quel
nasino all’insù che l’aveva fatto
impazzire.
Non
si usava forse dire “se non lo vedo non esiste”?
Ecco, lei
fece proprio così.
Non
l’aveva visto e quindi non esisteva, era solo un frutto della
sua
stupida immaginazione, non era vero che era appena sceso da quella
metropolitana.
Salì
in carrozza e si guardò bene dal non girarsi per non
rischiare di
vederlo ancora, perché se non lo vedeva lui non esisteva.
Lei
non si era girata dalla sua parte, quindi non l’aveva
probabilmente visto.
O forse,
semplicemente, lui non si era accorto di
essere stato visto.
Questo
dubbio lo accompagnò finché non
osservò le
porte della metro chiudersi e lentamente ripartire verso il tunnel
scuro, in
modo da scomparire alla sua vista.
Quella
schiena però restò nei suoi pensieri per tutta
la giornata.
Ma
probabilmente lei l’aveva
visto e sapeva di non esserselo immaginato, perché lei non
prese più la
metropolitana in quel punto, forse per paura di incontrarlo di nuovo.
***
E
il secondo incontro
avvenne proprio li.
Entrò
in quel bar che non aveva mai
frequentato perché doveva andare in bagno, ripensandoci
più tardi si sarebbe
appellata a questa cosa e non a quella chiamata "destino".
Ordinò
frettolosamente un caffè e mentre aspettava
scappò in bagno.
Quando uscì
da quello squallido gabinetto dalla luce bianca al neon poté
definirsi
rilassata.
Ma è proprio
quando abbassi la guardia per un attimo che il nemico attacca.
Alzò gli
occhi tornando al bancone e questa volta non poté far finta
di non vedere, non
poté pensare che fosse stato frutto della sua immaginazione.
Non era il solito baretto
in cui giocava a biliardo
ogni pomeriggio appena finito il lavoro, era stato invitato da un
collega a
fare una partita a biliardo in quel nuovo posto, non giocava quindi in
casa.
Era estremamente
concentrato su quelle palle colorate
che dovevano eseguire i movimenti esatti che lui gli imponeva
colpendoli con la
pallina bianca senza numero.
Un
pomeriggio un po` diverso, ecco come l`aveva
definito prima, quando ancora non era avvenuto il fatto.
Stava
alzando il volto con un sorriso soddisfatto
stampato sulle labbra, aveva appena imbucato una palla impossibile.
Due
paia di occhi che si incontrano e questa volta non si riescono a
lasciare.
Il
cielo e la terra.
L`oceano
e la sabbia.
Respiri
trattenuti.
Cuori
infranti.
Cercò
si staccare gli occhi, ma
qualcosa la tratteneva contro la sua volontà.
Tentò di
tornare a guardare la palla bianca, ma quella donna era più
interessante.
Non
avrebbero dovuto, loro non erano altro che sconosciuti ormai.
Distolse lo sguardo
appellandosi a
quell`orgoglio che la caratterizzava, tornando a concentrarsi sul
bancone del
bar.
Il caffè era
più importante.
Il caffè era
molto più importante di un uomo che non aveva fatto altro
che rovinarle la
vita.
Staccò
gli occhi cercando di tornare l`uomo freddo e insensibile che si
vantava di essere.
La
pallina era più importante.
La
pallina era molto più importante di una donna che
gli aveva stravolto la vita facendolo sentire per la prima volta
realmente
vivo.
Un
traditore, ecco cos’era.
Nient’altro
che uno sporco traditore che nel momento del bisogno l’aveva
lasciata per un’altra,
senza una spiegazione, senza un perché.
Senza un
addio.
Un’arpia,
ecco cos’era.
Una
donna che doveva avere il mondo sotto controllo,
che doveva imprigionare lui in una gabbia di regole e di promesse.
Senza
lasciargli la sua amata libertà.
-Scusi
signorina, ma conosce quel ragazzo dalla cresta
verde pieno di piercing? Perché continua a fissarla..-
-No, grazie
al cielo. Poi sicuramente dovrebbe togliersi quella robaccia dalla
faccia prima
di poter parlare con me..!-
-Hey
amico! Ti
sei incantato a vedere la bellona? La conosci?-
-Io? Ma ti pare che
conosca una tutta così perfettina?
Prima scenda dall`olimpo, poi ne possiamo parlare!-
Estranei.
Ecco
cos`erano ora.
Estranei.
Come
se il loro passato non fosse mai esistito.
Soli.
Estranei.
Soli.
Estranei.
Soli
e estranei.
Estranei
e soli.
Ormai
erano solo quello.
***
Pianse
quella sera, ripensando a
quegli occhi così vivi nella sua memoria, pianse
altre lacrime amare ripensando
a quell’amore che l’aveva distrutta, umiliata,
cambiata.
Si strinse
al
cuscino per non sentirsi così sola,
mentre la televisione accesa riempiva
quella stanza vuota di voci e rumori che a lei tanto mancavano.
Non
andò con quella donna facile quella sera.
Era
chiuso nei suoi pensieri e per una sorta di
rispetto per il suo ricordo non
volle
soddisfare i suoi bisogni carnali quella sera.
Ripensava
a quegli occhi e a quella vita che era
entrata in lui per un momento quel pomeriggio.
E per la prima volta
dopo così tanto tempo sentirono l’esigenza di un
abbraccio.
***
Si sarebbero amati
nuovamente?
No, nessuno dei due
riusciva più a credere nelle favole.
Si sarebbero odiati ed
evitati, mentre si sarebbero consolati con altri.
Perché, in
fondo, chi ha veramente amato non può fare a meno di altro
amore.
E
chissà se loro, Courtney Barlow e Duncan Nelson,
l’avrebbero mai trovato
in qualcuno che non fosse quel personaggio appartenente a quel passato
ormai
lontano.