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Autore: GreedFan    15/07/2012    3 recensioni
Le farfalle volteggiano nell'acqua come pesci multicolori, le ali che lasciano scie invisibili di polvere colorata. Immerso sul fondo dello stagno, i grandi occhi verdi fissi sulle chiazze di luce che si muovono lassù, in superficie, il bambino attende, trattiene il fiato; ogni tanto qualche bolla gli sfugge dalle labbra e sale verso l'alto, tremolante come un budino di aria trasparente, prima di frammentarsi in mille porzioni più piccole e sparire tra le correnti. Non si sente alcun rumore, tutto è soffuso di una luce azzurrina così bella che al bambino verrebbe quasi da piangere, guardandola.
[Following the Big Damn Table #033, "Troppo"]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Thor
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le tue ali, la cenere


Le farfalle volteggiano nell'acqua come pesci multicolori, le ali che lasciano scie invisibili di polvere colorata. Immerso sul fondo dello stagno, i grandi occhi verdi fissi sulle chiazze di luce che si muovono lassù, in superficie, il bambino attende, trattiene il fiato; ogni tanto qualche bolla gli sfugge dalle labbra e sale verso l'alto, tremolante come un budino di aria trasparente, prima di frammentarsi in mille porzioni più piccole e sparire tra le correnti. Non si sente alcun rumore, tutto è soffuso di una luce azzurrina così bella che al bambino verrebbe quasi da piangere, guardandola.

Le farfalle nuotano attorno a lui, gli sfiorano le braccia con le minuscole zampette. Sono tutte diverse, al punto che alcune hanno lunghissime ali simili a capelli e altre sembrano grandi fiori carnosi, luccicanti come perle o opache come pietre, ma il bambino non riesce a trovarne una che gli piaccia più delle altre.

Spera che non lo trovino. Sa che lo stanno cercando, può quasi sentire le loro voci rimbalzare sulla superficie dell'acqua, attutite e distorte. Il bambino vorrebbe soltanto rimanere qui, sul fondo dello stagno, perché sa che, quando sarà costretto ad uscirne, tutte le magnifiche creature che si librano accanto al suo corpo svaniranno come la sua sciocca illusione di poter vivere soltanto della loro contemplazione.

Ha bisogno di aria, ma non vuole respirare. Ha bisogno di molte cose che detesta con tutto se stesso.


Che cosa sono?


Sente i polmoni bruciare. Non gli interessa.

Ha sognato per mesi questo momento, l'oblio dell'acqua scura e la tranquillità del sonno eterno che lo avvolgerà come le braccia di sua madre. Non ci sarà più dolore, solitudine, umiliazione: nessuno potrà più schernirlo, e la sensazione di dolore che gli opprime il petto svanirà, come una bestia sazia che non abbia più il minimo interesse nello straziare la sua preda.

Afferra una farfalla tra le dita pallide e sottili, stringe finché la creaturina non esplode in un nembo multicolore che gli avvolge la mano e poi scompare, repentino. Ombre di incantesimi, gelide riproduzioni di sogni che non avranno mai il calore della vita reale, eppure bellissime, desiderabili, impalpabili.

Non è altro che questo, lui? Una fredda copia dell'altro, del vero, che è caldo e reale e umano? Che ride sotto il Sole e vive della stessa vita degli alberi e dei fiori, mentre lui cresce all'ombra delle pietre come la più ributtante delle muffe?


Allora io non sono niente più che un'altra reliquia rubata, relegata quassù fino a quando non potrò esserti utile!

 

Si chiede se qualcuno piangerà mai la sua scomparsa. Se ci sia, al mondo, una creatura che lo ama e lo considera speciale per quello che è, proprio come lui ama le farfalle illusorie che scaturiscono dai suoi incantesimi.

Il bambino pensa che sia bello stare sott'acqua, perché nemmeno lui può vedere le sue stesse lacrime scorrere e morire. Il viso che si contrae in una smorfia, la morsa che d'improvviso gli stringe la pancia... può fingere che quello sia un sogno, una suggestione, l'ennesima delle sue stupide illusioni, mentre domande che pesano come macigni continuano a rotolare nella sua testa, una ad una, finché anche pensare diventa un processo troppo difficile e tortuoso. Il bambino vorrebbe espirare l'ultimo sorso d'aria che gli rimane, lasciare che l'acqua riempia i suoi polmoni e lavi via il sapore acre dei singhiozzi trattenuti, ma non ha il coraggio per farlo.

Può soltanto aspettare.

 

Questo è un addio, fratello.

 

Ed è in quel momento che una mano buca la superficie dell'acqua.

Non è né grande né forte come quella di un adulto, ma il bambino potrebbe riconoscerla tra mille. Alla mano segue un corpo più grosso e pesante, un'ombra sgraziata che per un attimo oscura la luce del Sole, e un'esplosione di bolle tremolanti che per un attimo lo avvolgono, stordendolo.

Le farfalle sono sparite.

Un braccio gli circonda le spalle, strattonandolo verso l'altro. Il bambino strizza gli occhi più che può, si oppone a quel contatto, ma non può fare niente. All'improvviso, tornano i rumori.

Violenti, disgustosi. Grida, qualcuno che gli parla con la voce piena di preoccupazione, lo scalpiccio di molti piedi, suoni frammisti a quello del suo stesso respiro, che si affanna ad abbrancare generose boccate d'aria. Ogni ansito è un passo che lo allontana dalla sua quiete.

Quando riesce a percepire nuovamente i colori della superficie, il bambino pensa che questo sia davvero troppo per lui. Ed è tremando a gridando che scansa le mani amiche, si fa spazio tra tutta quella gente che lo guarda, che finge di amarlo, e cerca di nuovo il conforto dell'acqua.

Ma non gli è permesso. Sono gli occhi di suo fratello, stavolta, i suoi grandi occhi azzurri e puliti, che gli scavano dentro e lo fanno sentire misero, ridicolo, uno sciocco che non riesce a sopportare il peso della vita.

«Loki, perché l'hai fatto?»

Il bambino non riesce a rispondere, non più. Vorrebbe soltanto che quella voce smettesse di esistere, adesso e per sempre, vorrebbe di nuovo il silenzio e l'illusione placida della solitudine.

Con le mani che tremano, congelate, si aggrappa alle spalle del fratello e appoggia la fronte sulla stoffa calda, morbida del suo vestito; è con un moto di disgusto che si rende conto della sua debolezza, ma non può fare nient'altro che arrendersi.

Le sue farfalle, sul fondo del lago, si sono trasformate in pallidi fantasmi di cenere.

 

Non ho mai bramato il trono, volevo solo essere tuo pari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Angolo del Fancazzismo

So che adesso vi state disperatamente chiedendo che diamine avete appena letto. Prima che il vostro proposito di linciarmi si tramuti in realtà, vi spiego: vorrebbe essere - e sottolineo vorrebbe - una missing moment ambientata quando Loki ha circa sette/otto anni e tenta di affogarsi in uno stagno.

Sì, ha poco senso e probabilmente non vi interessa questo tipo di storie.

E sì, l'ho scritta anche questa in un'ora circa perché mi sono accorta che ho postato l'ultima fic un mese fa. Questo mi fa sentire una scrittrice inutile e molto poco produttiva, quindi dovevo recuperare in qualche modo la mia autostima.

La fanfiction è malamente ispirata al prompt della Big Damn Table #033, Troppo.

Ci vediamo - si spera presto - alla prossima fanfic!

See you soon,

Roby


   
 
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