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Autore: Midao    16/07/2012    1 recensioni
Probabilmente, se avesse realizzato subito, se non fosse stata così addormentata e confusa, ancora in preda si fumi dell’alcool, lo avrebbe cacciato subito, dicendogli di tornare dalla tua ragazza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quando sei sola.
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Guido entrò nella tenda silenzioso, mentre il sonno già si era impadronito di lei. Richiuse con cura l’apertura alle sue spalle, e gattonando fino al viso della ragazza, le scostò dolcemente i capelli dal volto, con delicatezza, avendo tutta la notte davanti a lui. Posò un dolce bacio su quegli occhi incantatori, che riuscivano a scrutarti l’anima, ma al tempo stesso rivelavano ogni suo sentimento, pensiero.
“Fammi tua” avevano detto quella sera, mentre entrambi ridevano e bevevano intorno al fuoco.
“Io vado a dormire”quello che realmente era uscito dalla sua bocca -quella di lei-, due petali di rose rosse. A volte sanguinavano, perché lei non faceva altro che morderle; mordeva le labbra ad ogni parola non detta, ed erano tante. Quelle sue labbra così rosse.
Sono pericolose le persone che si tengono sempre tutto dentro, un giorno ti faranno fuori, ti distruggeranno; covano i pensieri peggiori, le fantasie peggiori.
Faceva così caldo, quella sera, da rendere impossibile l’utilizzo di un sacco a pelo, e Guido guardava silenzioso quel corpo candido -intoccato dal sole- coperto da una canottiera leggera, un paio di pantaloncini che gridavano ‘toglimi’, e i calzini a righe. Perché lei dormiva sempre in calzini, ci fossero anche quaranta gradi.
Guido seguì con una mano il contorno dei suoi seni mentre lei si muoveva inconsciamente nel sonno a quel tocco. Quando lui arrivò a lasciare un dolce bacio sul suo collo, lei finalmente aprì gli occhi, stordita dal sonno, non capendo cosa stesse succedendo. Probabilmente, se avesse realizzato subito, se non fosse stata così addormentata e confusa, ancora in preda si fumi dell’alcool, lo avrebbe cacciato subito, dicendogli di tornare dalla tua ragazza.
“Ma lei è rimasta a casa”, avrebbe risposto lui, se solo lei lo avesse detto; ma il punto è che non successe, non ci furono parole.
Guido si accostò alle sue labbra, e la baciò, delicatamente, posando il peso del suo corpo su quello di lei, il suo alito al sapore di vodka che riempì la bocca della ragazza.
Le loro lingue giocarono per un po’ all’interno di quelle bocche, per poi farsi più audaci, penetranti.
Le mani di lui iniziarono a viaggiare sul suo copro: la sua vita, i suoi fianchi, le sue cosce. Alzando leggermente il bacino, lei fece in modo che le sue mani passassero ad accarezzarle la schiena inarcata.
Lei è la prima a superare lo strato dei vestiti e accarezzargli le scapole nude, la sua pelle calda e appena bagnata di sudore. Lo accarezzò come lui faceva con lei, non più dolcemente, ma con la passione che saliva -scendeva- cresceva, si insinuava nei loro corpi.
Si capiva dal loro tocco, dai loro movimenti; i bacini che si muovono e si avvicinando, strusciandosi, toccandosi come ora la pelle nuda dei seni di lei schiacciati sul suo petto.
Mani ardenti, si avvicinavano, si allontanavano, raggiungevano parti delicate, poi se ne andavano, facendo desiderare ancora e ancora il loro tocco.Quelli erano i momenti in cui lei liberava la sua audacia, la sua schiettezza. Non si direbbe mai, a guardarla, quanto riesca ad essere impertinente.
Le sue mani si muovevano lente e decise, con desiderio, stringevano, aggrappandosi alla sua schiena cercando di più, di più.
E’ una liberazione quando lui finalmente la liberò di quell’ultimo frivolo strato della sua biancheria, aumentando l’audacia del suo tocco, così delicato.
Lei lo strinse a sé con le gambe, liberandolo dei suoi indumenti, desiderandolo, provando a farglielo capire in ogni modo. E’ in suo possesso, lei sa di esserlo. Eppure era così dolce, così bello. La ragione è così lontana dall’esistere in lei in certi momenti, che non le importa.
E quando lui finalmente si decise ad entrare in lei, le spezzò a metà un respiro.
All’inizio era magia, gemiti, sudore, parole spezzate, respiri mozzati, i loro corpi così vicini, così l’uno nell’altro, e sembrava tutto così perfetto che era ovvio dovesse finire. E finì.
Finì che i loro corpi non erano più l’uno dentro l’altro, che lui si allontanò e all’improvviso fu freddo, mentre lei si attaccava ai barlumi di quel calore che ancora aveva dentro.
Lui si spostò, scuotendo la testa, le diede un bacio ‘sei bellissima’, disse, ma non c’era più sentimento nella sua voce, non quello che si sentiva prima, che lei credeva di sentire prima.
Allora iniziò a vergognarsi della sua nudità, si coprì, non lo guardò negli occhi. ‘Devo andare’ e si infilò la maglietta. Gli lanciò un semplice sguardo, e se ne andò davvero, di nuovo.
Ormai aveva anche smesso di usare quelle frasi banali.
“E’ stato uno sbaglio” “Non possiamo” “Non succederà più”.
Ormai sapevano che sarebbe successo ancora e ancora.
Le loro scopate occasionali.
Quando lui era ubriaco, e quando lei era sola.
Non c’era nulla da fare. Lei stessa aveva smesso con le sue frasi di consolazione come:
“Non permetterò che mi usi di nuovo” “Non ho bisogno di lui”.
Eppure ogni volta stringeva a sé il cuscino e sentiva quel senso di vuoto e d’angoscia, al pensare di essere un divertimento passeggero, un gioco, un…
‘Ho dimenticato di dirgli che non prendo più la pillola.’ pensò.
Magari stavolta lo avrebbe avuto in pugno davvero.
Sorrise.
  
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