Giulietta,
abbandonata a sé stessa, si stende sul suo letto, quasi
rassegnandosi e
aspettando inerme che si compia il suo destino.
Non sarebbe
dovuta andare in quel modo.
E se fosse
nata in un altro luogo?
E se
confessasse tutta la verità ai suoi genitori?
No,
l’avrebbero sicuramente ripudiata, e buttata in mezzo alla
strada.
Ma non
avrebbe mai accettato che soffocassero la sua vita con un matrimonio
non
desiderato.
Lasciando
che questi pensieri la portino via da quella stanza umida, quasi non si accorge di un
foglietto che, a
causa del leggero vento che proviene dalla finestra, volteggia sul
pavimento.
Lo prende;
si tratta di un biglietto. E’ di Benvolio.
“Mezzogiorno,
piazza dei Signori. Vi amo”
Mezzogiorno?
E che ora
era, ora?
“Balia,
balia, vi prego, che ore sono?” urla Giulietta.
“Calmatevi, padroncina. Le campane hanno appena suonato
l’una del
pomeriggio”
“Oh, balia!”
e così dicendo, Giulietta si precipita fuori dal suo palazzo
attraverso le
lucide scalinate in marmo.
Non si era
curata minimamente di sistemarsi l’acconciatura o le vesti.
Così,
infatti, ora, corre verso il suo amato Benvolio: i lunghi capelli
corvini
liberi alla brezza pomeridiana, la veste color smeraldo che segue i
suoi
leggiadri passi.
Poi,
ad un
tratto, una mano si appoggia sulla sua spalla; lei, spaventata, si
volta,
portando la mano al letale pugnale che porta sempre legato in vita.
Ma non si
tratta di un brigante o di un ladro. E’ Benvolio.
“Non
spaventatevi; sono solo il vostro servo più fedele”
“Perdonatemi;
ma, come saprete, una ragazza è sempre in pericolo quando
è sola”
“Ora non lo
sarete più. Giulietta, venite con me”
“E dove mai?”
“Ovunque, mia signora. Dove siete voi è la vita,
fosse anche una tomba”
“Io sono disposta a seguirvi ovunque come ovunque voi
seguireste me”
“Per sempre”
Benvolio allora, prendendo per mano la Capuleti, si incammina verso le mura esterne.
“Vile Benvolio, traditore, estraete la spada! E che Dio
decida chi tra noi è nel
giusto”