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Autore: Ortensia_    16/07/2012    4 recensioni
«Ma dopotutto, Dio, non sono anche io uno di loro?
Un corrotto, intendo.
Non lo sono anche io, che mangio alla loro tavola e li odio? Che faccio il segno della croce se davanti ad una chiesa vedo un crocchio di persone in abiti neri che piangono il nome di qualcuno, senza considerare che quel qualcuno potrei averlo ammazzato io la sera prima, marchiato a vita dalla Mafia?»

Chiesa e Mafia. Due realtà che mangiano alla stessa tavola. Due realtà corrotte.
E Romano fa parte di entrambe.
[Avvertimento: one-shot decisamente antichiesa -no, niente bestemmie, solo accenni a crimini di cui molti uomini di Chiesa si macchiano.-
Con questo non crediate che io faccia di tutta l’erba un fascio, anzi.]
Genere: Introspettivo, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corrotto



Io, che mangio alla tavola della Chiesa, e poi rido della gente che la abita, detesto i suoi uomini, i suoi schiavi, ma continuo a credere nel Signore, e compatisco la sua casa, popolata da anime corrotte, assetate di potere.
Da teste di cazzo che abusano di minori ed handicappati, ma considerano l’amore omosessuale un abominio.
L’Italia convive con un parassita da troppo tempo, ora mai, e forse non riusciremo mai a scrollarcelo di dosso, o ad avere uomini migliori che tendano le redini di tutto il corpo ecclesiastico e scelgano di farlo ragionare secondo natura, e non secondo Vangelo, Bibbia, e tutte quelle cazzate di chissà quanti anni fa.

Ogni volta che percorro Via della Conciliazione, devo ammetterlo, rimango senza fiato alla vista della Basilica di San Pietro, con quell’abbraccio di colonne che conduce il credente a spingersi fino alle sue porte, e quando vi entro all’interno rimango estasiato dalla bellezza alla quale artisti come Michelangelo e Bernini sono riusciti a dar vita.
Mi chiedo spesso, però, come possa tanta bellezza appartenere ad un mondo corrotto e spregevole, e perché la Chiesa debba circondarsi di così tanto sfarzo, se poi predicano sempre minchiate come l’umiltà e la povertà.
Minchiate perché sono principi che raramente ho visto mettere in atto da questi schiavi di un Dio ormai troppo impegnato a coprirsi gli occhi a causa degli scandali che popolano radio, giornali e televisioni.
Ma dopotutto, Dio, non sono anche io uno di loro?
Un corrotto, intendo.
Non lo sono anche io, che mangio alla loro tavola e li odio? Che faccio il segno della croce se davanti ad una chiesa vedo un crocchio di persone in abiti neri che piangono il nome di qualcuno, senza considerare che quel qualcuno potrei averlo ammazzato io la sera prima, marchiato a vita dalla Mafia?
Non siamo ormai tutti corrotti, in questo mondo del cazzo?
Adamo ed Eva hanno fatto proprio una cazzata, lascia che te lo dica.
Se un giorno vorrai farmi bruciare all’Inferno per le mie relazioni con la Mafia, perché sono uno dei tanti corrotti, sentiti libero di farlo, ma voglio vedere anche tutti loro con me. Mi sono spiegato.

Mi capita spesso di fermarmi davanti alla Pietà, di isolarmi, di staccare la spina e cancellare quattro sensi su cinque -soprattutto l’udito- e salvando soltanto la vista.
La vista, che servirebbe tanto a tutti questi fedeli che paiono camminare con il paraocchi, ormai divenuto vera e propria parte anatomica del loro viso.
Mi soffermo sui dettagli, e sui punti che nel 1972, soprattutto sulle braccia e sul viso della Vergine, sono stati praticamente distrutti da un emerito coglione.
Adesso, grazie al restauro avvenuto quasi subito dopo l’accaduto, la composizione non presenta alcun difetto, ma io ricordo con precisione tutti i punti che erano stati rovinati, ho ancora l’immagine nella testa.
Il coglione, dettosi anche Laszlo Toth, che era un geologo australiano, si era avventato sulla statua con un martello e l’aveva colpita per quindici volte.
Aveva urlato qualcosa del tipo “sono Gesù, risorto dalla morte!”.
Sì, decisamente un emerito coglione, poi dichiarato malato di mente e rinchiuso in un manicomio qui in Italia per un anno, infatti.
Mi ricordo che quando entrai lui era lì, circondato da diversi poliziotti, e non si calmava, mentre la Pietà era già sparita, rimossa.
Lo avrei voluto ammazzare.
Tirare fuori dalla mia giacca il coltello e piantarglielo nella gola.
Sono un corrotto anche io, che voglio difendere tanto le bellezze del passato dai pazzi e dalla Chiesa che, essa stessa, le custodisce, non è vero?
La sto visualizzando, adesso, la prima e bellissima opera di Michelangelo, anche se sono circondato dalla malavita, anche se so che la mia mano destra è stretta ad una pistola ed il fumo dei sigari mi sta facendo pizzicare le narici.

Sto visualizzando il panneggio perfetto delle vesti della Vergine, il candore del marmo, e la silenziosa sofferenza fra la madre ed il figlio.
Forse la amo così tanto perché non c’è corruzione in un’opera più bella ed eterna della Chiesa.
Forse perché la vera essenza della religione è quella, e non gli anelli d’oro e i discorsi decorosi e convincenti che il papa rivolge ai fedeli riuniti in piazza.
Sono anche io un corrotto: una persona che ama l’eternità dell’arte, ma detesta quella della fede. A volte siamo troppo fedeli.

«Romano?»

D’un tratto ecco che sento l’odore del tabacco invadermi le narici, e appena la bocca, le dita riprendono sensibilità, ed estraggo la pistola dalla fondina, e vedo. Vedo ancora, ma non più la bellissima Pietà.
Vedo un uomo inginocchiato davanti a me, con gli occhi lucidi, le mani legate con una corda ed una striscia di nastro adesivo sulla bocca: oggi la vittima è un prete insignificante, ma non gradito da Cosa Nostra, e spetta proprio a me ucciderlo.

Sparo.

Dimmi Dio, perché io non ci capisco proprio più un cazzo: sono anche io un corrotto, visto che ho appena sparato al prete che, due sere fa, sistematomi alla tavolata allestita nella sagrestia, avevo di fronte?


Teniamoci stretta l’arte, che questo mondo è pieno di corrotti e gente che non vuole vedere la realtà.

   
 
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