Although it is a very beautiful
flower
Oh there's too much thorn it can't be touched.
C’era
una volta un Regno,
alla fine del mondo, in cui si schiuse un bel fiore; era
l’erede al trono, un
bianco fiore di magnolia. Quando la principessa salì al
trono, tra il giubilo
del popolo, le vennero donate le più belle vesti, le
pietanze più succulente e
gli oggetti più graziosi che fossero mai stati visti.
Seduta sul trono nero, con il
diadema sul capo biondissimo ed un ramo carico di boccioli di magnolia
tra le
braccia, la principessa fece tacere la musica e diede il suo primo
ordine.
Sorridendo con le labbra
bianche e gli occhi neri, disse:
- Svuotate le carceri.
Il terrore del suo Regno
cominciò allora.
Intelligente, spregiudicata e
inflessibile, la Principessa condannò a morte molti
prigionieri; ghigliottinò
coloro che non si rendevano conto del crimine commesso, fece fucilare
chi
abusava della mente e del corpo altrui, fece impiccare chi perseguiva
la sua
felicità calpestando quella degli altri.
Nonostante l’allegria con cui
la Principessa affondava le mani nel sangue dei suoi stessi sudditi, in
breve
tempo loro stessi cominciarono a vedere la felicità e la
tranquillità del Regno
della Principessa: poiché tutto il sangue passava per le sue
mani, non c’era
persona che temesse di essere condannata senza motivo.
I Re e le Regine vicini le
chiesero udienza, uno alla volta, per avere consiglio: cosa dovevano
fare per
avere un Regno pacifico come il suo, come potevano essere rispettati
come lei?
Ridendo sotto i baffi, la
Principessa disse loro di preparare un seguito degno della loro
maestà e di
attendere una sua lettera: allora, annunciò, avrebbe potuto
epurare i loro
Regni dal crimine e dalla stupidità!
Loro, rincuorati, obbedirono;
nell’arco di una notte, i messaggeri della Principessa
partirono e affidarono
ai regnanti un messaggio: si chiedeva loro di muoversi con il seguito
che
avevano organizzato verso i loro possedimenti più lontani,
così da lasciarle la
possibilità di separare il grano dalla gramigna e di
giustiziare i malvagi.
Quegli sciocchi obbedirono; e
non si posero domande, quando videro gli agenti della Principessa, con
le loro
casacche rosse, galoppare per le strade ed entrare nei loro Palazzi!
La Principessa fece disegnare
nuovi confini e costruire nuove mura, dopo aver cortesemente chiesto ai
suoi
nuovi sudditi se desideravano averla come loro signora, e il Regno
modesto su
cui aveva governato divenne un Impero che si estendeva da un orizzonte
all’altro.
- Condannateli.
La
Principessa era felice,
regnava su una moltitudine felice: un giorno venne da lei
un’intera
delegazione, guidata da un mercante di stoffe: voleva, così
le rivelò, un
permesso speciale per attraversare l’Impero e raggiungere il
mare, dove avrebbe
preso il largo con la sua mercanzia. La Principessa ascoltò
attentamente il suo
discorso, poi scoppiò a ridere.
- Che misero bugiardo! Che mare volete
attraversare, se il mio Regno è
alla fine del mondo? – rise, ma lo
invitò a cena comunque.
Mentre
lei e il suo ospite
cenavano, un valletto trotterellò verso di loro, si
chinò al fianco della
Principessa e le sussurrò qualcosa, lasciando al contempo
scivolare sul piatto
d’oro una lettera sigillata. Il viso della Principessa si
fece ancora più
bianco e impassibile.
- Temo che dovremmo interrompere la nostra
cena: devo adempiere ad un
compito molto gravoso e, purtroppo, impellente – lo
avvertì, in tono
delicato. Il mercante si asciugò le labbra e si
alzò in piedi, pronto a
seguirla.
La stanza era illuminata solo
da alcuni candelabri e, in quella luce tremolante e spettrale, gli
occhi della
principessa erano più neri e freddi che mai. Non
dissomigliava ad una statua,
con quelle labbra ceree e serrate, quei finti riccioli biondi sciolti
sulle
spalle, il vestito rosso sangue che le avvolgeva il corpo sottile come
una
cascata di seta.
Attraversarono corridoi e
stanze, finché la Principessa non spalancò i
battenti di una grande porta di
bronzo e inveì a gran voce contro l’uomo seduto al
centro della stanza: lui,
alto e robusto, indossava un abito sgualcito color rosso fuoco e
fissava la
regnante con disprezzo.
- Consigliere, credevo che essendo rimasto
l’ultimo, ti saresti
comportato come si confà alla tua carica, ma mi sbagliavo.
Cos’hai fatto, tu?
– sospirò, muovendo un passo impercettibile verso
la guardia della camera.
- Intascava metà del ricavato
sulle tasse delle sue province e costringeva i sudditi a saldare il suo
conto,
principessa, punendoli talvolta perché non avevano
completamente coperto la
somma che rubava.
- Perché nessuno se ne
è accorto? – strillò lei;
poiché nessuno le
rispose, afferrò l’uomo per la gola e lo
trascinò oltre le porte di bronzo, lo
spinse giù da una rampa di scale.
Le guardie che stavano sulla
porta lo presero per le braccia e lo gettarono di malagrazia in uno
spiazzo
illuminato da torce. La Principessa attese di essere raggiunta dal
mercante,
infilò un paio di guanti neri lunghi fino ai gomiti e,
assieme, salirono su una
balconata.
Centinaia d’occhi seguirono i
suoi movimenti.
- Impiccatelo!
-
Principe, perché avete finto di
essere uno sciocco mercante di stoffe? V’ho
addirittura comprato diversi rotoli di broccato e seta celeste, il
tutto per
avere in memoria i colori della vostra casacca! –
rise la Principessa,
quella notte.
Lei sedeva su una sedia
imbottita e dipinta d’oro, il Principe sul pavimento; e la
sua mano,
sorprendentemente liscia, le carezzava il piede e risaliva lungo la sua
gamba.
- Volevo imparare… imparare
come si fa a non esitare… imparare a condannare! –
rispose il Principe, socchiudendo
gli occhi. La Principessa si piegò su di lui con un sorriso
mefistofelico: - Ti
insegnerò, ma voglio una cosa
in
cambio.
Alle
prime luci dell’alba, il
Principe si congedò dalla Principessa; in un tripudio di
stoffa argentea e
verde tenero, con una rosa chiara in mano, lui osservò e
studiò il crimine dell’uomo
che aspettava in piedi, nella luce grigia.
- Ghigliottina – proferì e la
Principessa rise a lungo, battendo le mani.
Vestita di rosso e nero, con
un ramo carico di boccioli di magnolia in mano e il diadema sul capo
biondissimo, la Principessa mise una mano sulla spalla del Principe e
lo baciò
sulla guancia. Lui rise e annuì, per complimentarsi.
Partì.
La
Principessa tornò a sedere
sul trono, le mani mollemente poggiate sui braccioli.
Davanti
a lei, in ginocchio,
un assassino terrorizzato. Lei lo guardò, con un sorriso
tenero.
- Ho
imparato che non posso vivere senza imparare ed insegnare ad altri
qualcosa; grazie a quel mercante di stoffe ho imparato cosa sono la
compassione
e la dolcezza.
Negli
occhi dell’uomo passò un
lampo di speranza, un mezzo sorriso sulle labbra tremanti; anche il
sorriso
della Principessa si allargò, fino a mettere in mostra tutti
i denti
scintillanti.
Con
quel sorriso da lupo,
disse: - Non le
userò con te, però. Ghigliottina!