Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: ckofshadows_    18/07/2012    6 recensioni
In un'accogliente caffetteria in una piccola città, un ragazzo con bellissimi occhi azzurri siede allo stesso tavolo ogni giorno, come se stesse aspettando qualcosa, o qualcuno. Blaine si sente in dovere di sedere e parlare con lui... e scopre l'inimmaginabile.
*********
Questa storia è una traduzione!
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Roses in december
Autore: ckofshadows
Traduttrice: AngelCalipso
Disclaimer: I personaggi di Glee appartengono esclusivamente a Ryan Murphy e alla Fox, le vicende narrate in questa storia non sono frutto della mia testolina bacata , ma dell'autrice ckofshadows.


Capitolo 2

Resto al Lima Bean per diverse ore, nella remota possibilità che oggi il misterioso Kurt ritorni. Non lo fa, però, e le occhiate curiose di Bethany si sono trasformate in un continuo fissare, così alla fine raccolgo le mie cose e vado via.

È difficile guidare per lunghe distanze quando sei soggetto ad avere visioni. Mantengo con risolutezza i miei occhi sulla strada e canto le canzoni che trasmettono alla radio per distrarmi. Ci sono molte canzoni che continuo a non conoscere, però –recuperare un anno mancante va ben oltre ciò che si possa immaginare.

Una volta che sono a casa, una volta che sono steso sul mio letto con gli occhi chiusi, lascio finalmente la mia mente vagare e fissarsi su Kurt. Ricordo l’affascinante sfumatura dei suoi occhi –azzurro con del verde e del grigio mescolati dentro- e come sembravano morbide le sue labbra. Ricordo la soffice cadenza della sua voce, e la linea dritta del suo cappotto, e il modo in cui i suoi occhi si sono illuminati quando gli ho detto che lo amavo-

I miei occhi si spalancano, e mi siedo confuso. L’orologio indica che sono le sei e trenta del pomeriggio. Devo essermi addormentato.

Scacciando via i ricordi del sogno, mi dirigo al piano di sotto, seguendo il debole rumore di stoviglie e pentole e l’aroma di aglio e pollo. Mia madre è in casa, indossa un abito di cotone e perle, somigliando in tutto alla casalinga americana degli anni ’50. Eccetto per la parte Filippina, ovviamente.

“Ciao, mamma.”

Mi guarda e mi sorride, premendo un bacio asciutto sulla mia guancia. “Babbo sarà presto a casa dal lavoro. Puoi apparecchiare al posto mio?”

Non ho più chiamato mio padre babbo da quando avevo quattro anni, ma mamma continua a riferirsi a lui in questo modo.

“Certamente. Metto i tovaglioli di lino?”

“Certo.”

Quando mio papà varca la soglia di casa, borsa alla mano, la cena è pronta. Mamma serve per loro due del vino, e porge a mio padre il coltello trinciante. Lui taglia la carne, e noi battiamo educatamente le mani prima di servirci la cena.

Mentre sto imburrando l’interno del mio panino, mio padre comincia a raccontare a mia madre di un paziente particolarmente difficile a lavoro. L’attenzione è lontana da me, così permetto alla mia mente di vagare di nuovo. Mi chiedo come facessi a sapere questa mattina che Kurt guida una Navigator. Mi chiedo come conosco la sensazione dei sedili sulla mia pelle nuda quando noi-

“E come è stata la tua giornata oggi, tesoro?”

Batto le palpebre velocemente, cercando di scacciare l’immagine nella mia mente di me e Kurt che pomiciamo febbrilmente sul sediolino posteriore della sua auto. È una bella immagine –una meravigliosa immagine- ma dal modo in cui entrambi i miei genitori mi stanno scrutando dal tavolo della sala da pranzo, ho il pensiero paranoico che sanno cosa stavo immaginando. “La mia giornata? È andata bene.”

“Come sta procedendo il saggio sul Sacro Romano Impero?” Papà chiede.

“Bene. Ho finito la parte di ricerca e ho scritto la bozza.”

“Ho chiamato sul telefono di casa intorno alle undici,” mamma dice, prendendo un sorso di vino. “Non ha risposto nessuno.”

“Sono andato ad una caffetteria a studiare. Hai provato a chiamare sul mio cellulare?”

Lei sbuffa una risata. “No, subito dopo che ti ho chiamato il fioraio ha consegnato garofani per il pranzo. Garofani, puoi capire? Allora ho dovuto chiamare in giro e cercare chi potesse preparare trenta centrotavola con delle calle in mezzora.  Una “bella” giornata.”

Papà le sorride affettuosamente. “Solo tu riesci a rimanere così calma anche sotto pressione, Cece.”

“È vero,” mi intrometto. “Non penso di averti mai vista agitata per qualcosa.”

Mi aspetto il suo solito pavoneggiarsi quando accoglie un mio complimento, invece c’è una strana tensione che avvolge i miei genitori. Mamma mantiene il suo sguardo basso, infilzando le carotine con la sua forchetta, e papà si schiarisce la voce più volte. Per diversi minuti il solo suono è il tintinnio delle posate.

Sposto il mio cibo nel piatto. “Ho incontrato qualcuno oggi,” azzardo. “Alla caffetteria.” C’è un forte fracasso nel momento in cui mio padre fa cadere la sua forchetta nel piatto. Io e mamma lo guardiamo. E lui prende un profondo respiro, raccogliendo la forchetta con un’espressione interdetta.

“Oh?”

Non so davvero dire perché non racconto di Kurt a quel punto. C’è qualcosa nel tono di voce di mio padre –quasi un avvertimento- che mi fa esitare. “Si, una ragazza di nome Bethany. Abbiamo chiacchierato per un po’;  sembra simpatica.”

Le sopracciglia di mamma si inarcano. “È un potenziale interesse amoroso, tesoro?”

“Cosa? No… Sono gay, mamma, ricordi?”

“Stavo solo chiedendo,”sospira. “Dopo tutto ciò che è successo con Rachel…”

“Chi è Rachel?”

Mamma guarda papà, che guarda me. “Rachel, dalla Bibbia,” dice lui velocemente. “Non ricordi le informazioni su di lei alla scuola domenicale?”

No, in realtà. Ma, ammettendolo, significherebbe per loro un invito a farmi andare in chiesa di nuovo, così annuisco soltanto.

“Giusto. Certo, capisco la connessione.”

Non capisco la connessione.

“Bene, se mai ti sentissi interessato romanticamente verso Bethany, andrebbe bene lo stesso,” mamma dice dolcemente. “Sei troppo giovane per attaccarti una qualsiasi etichetta.”

“Come se poi tu avessi mai avuto un ragazzo,” papà mi ricorda.

“Giusto,” concordo. Anche se so che è in errore.

Dopo cena, dopo aver tolto i piatti dalla tavola e averli messi nella lavastoviglie, mi dirigo in camera mia. Faccio quattro passi nella stanza e mi fermo, girandomi attorno lentamente e cercando per la centesima volta di capire cosa manca.

Qualcuno è entrato nella mia stanza, mentre ero in ospedale. Qualcuno ha preso delle cose e ne ha cambiate altre. Ad un ignaro osservatore, potrebbe sembrare uguale ad una qualunque altra stanza di un ragazzo. Ho un armadio pieno di vestiti… una libreria piena dei miei libri e dei miei CD preferiti… ho persino un computer fisso con accesso ad internet.

Ma ci sono cassetti in cui chiaramente mancano vestiti. Spazi nella libreria dove penso che ci dovrebbero essere annuari. Il computer –così come il portatile-  era nuovo di zecca quando tornai a casa dall’ospedale, infatti non c’erano foto o file video. Il mio vecchio indirizzo email è stato chiuso.

Ci sono altri segni, anche.  Ho una grande bacheca sulla mia scrivania, e anche se ci sono pochi oggetti attaccati –come il girone dello scorso anno dei Buckeyes e la lista delle partite, un poster autografato dalla prima volta che vidi Avenue Q, un paio di biglietti di un concerto che vidi quando ero all’ottavo grado- è per lo più vuota. Ciò si potrebbe attribuire alla mia monotonia, penso, se non fosse che ci sono centinaia di piccoli buchi di puntine su tutta la bacheca.

C’era vita prima sopra, e qualcuno l’ha messa via.

“Blaine?” alzo lo sguardo e vedo mio padre sulla soglia. “Va tutto bene?”

Devo sembrargli ridicolo, fermo immobile nel centro della mia stanza. “Certo, perché?”

“Hai avuto qualche visione a cena,” dichiara, e io posso sentire le mie guance colorarsi.

“Oh. Scusa.”

“Non scusarti, ragazzo. Mi chiedo solo se tu voglia dell’altro litio-“

“Papà. Ci siamo tornati sopra una dozzina di volte,” gli ricordo fermamente. “Niente più litio. Non mi piace come mi fa sentire. D’altro canto, sono sicuro che potresti finire nei guai nel portarmi a casa tutti questi campioni dal tuo ufficio.”

Scuote la testa incurante. “Resteresti impressionato se sapessi quanti campioni ci mandano le case farmaceutiche. Per questo motivo, potrei risparmiare ai miei pazienti il problema delle prescrizioni, e dare a loro i campioni per tutto il tempo in cui necessitano il farmaco.”

“Perché non lo fai, allora?”

I suoi occhi si socchiudono un po’, e ignora la domanda. “Cosa stai leggendo?” chiede, indicando il comodino, dove l’edizione economica di un libro giace aperta sulla superficie.

Dedalus. Lo hai letto?”

“Non quando avevo la tua età.” Mi guarda curioso, aprendo la sua bocca e poi chiudendola immediatamente. “Bene, buona notte.”

“Anche a te.”

“Ti voglio bene.”

“Ti voglio bene anche io.”

Tentenna un po’ prima di chiudere la porta della mia camera.

Questa è una novità. Tutto questo lo è; i pasti assieme come una famiglia, piccole chiacchierate dopo cena, manifestazioni serali d’affetto. Prima dell’attacco, vedevo mio padre un paio di volte alla settimana. Mamma era sempre fuori a qualche incontro per organizzare un evento di beneficienza fino a tarda sera, e così trascorrevo la maggior parte del mio tempo da solo. Andare alla Dalton è stato un miglioramento -c’era costante rumore ed attività. All’inizio è stato opprimente. Dopo qualche settimana, però, non ne avevo mai abbastanza.

C’è un’altra cosa. Sono stato alla Dalton dalla primavera del primo anno di scuole superiori fino all’inizio dell’ultimo. Non avrei dovuto avere degli amici quando l’ho lasciata? Perché non sono mai venuti a farmi visita quando ero in ospedale, o nemmeno quando sono tornata a casa? Sono stato lì per più di due anni. Ssono stato amico di Wes e David del secondo anno. Avrei mai davvero potuto tagliare i ponti quando ho lasciato la scuola?

Non dovrei avere un annuario del terzo anno? Gli annuari del primo e del secondo anno dell’Accademia Dalton sono sulla mensola, ma non c’è uno spazio accanto a loro. Perché non avrei dovuto avere quello dell’anno successivo? E se lo avevo… dove è finito?

Lancio un’occhiata alla porta chiusa. I miei genitori sono sempre stati d’accordo nel lasciarmi avere il mio spazio. Quando la mia porta è chiusa, non mi disturbano a meno che non si tratti di un’emergenza.

Così mi dirigo verso il mio letto, allungandomi dietro la testata e tirando fuori una piccola scala pieghevole. C’è una mensola alta sul mio armadio, troppo alta per essere davvero utilizzabile. Ho messo vecchi giochi da tavolo e la mia tastiera rotta lassù per riempire lo spazio, perché si possono facilmente tirare giù. Faccio questo ora, riponendoli sul lato dell’armadio, e sistemo la scaletta, arrampicandomi attentamente fino a che posso distendermi sulla mensola.

Cominciai a farlo da bambino, quando sentii mio padre dire a mia madre che sarei stato più al sicuro nell’armadio, fraintendendolo. Ma anche una volta che realizzai cosa significasse, continuai a salire qui su. C’è un qualcosa in un posto alto e stretto che mi fa sentire al sicuro. Avevo l’abitudine di portare lì una coperta e leggere libri con una torcia.

Ora, fisso le mie rose.

Ce ne sono quattro in totale. Appese al sottile bordo sopra le ante dell’armadio. Tre sono rosse, una è bianca. Hanno un piccolo nastro, e chiaramente provengono sa una sorta di corsage o boutonnière. Sono in vista solo quando sono sulla mia mensola. Chiunque abbia ripulito la mia stanza non le ha trovate.

Poggio la mia guancia contro lo spesso legno della mensa e guardo le rose.

Qualcuno mi amava una volta.

È l’unica spiegazione plausibile. Se fossero stati fiori di congratulazioni dopo una performance dei Warblers, o il corsage indossato nell’accompagnare delle amiche ai loro balli, non le avrei mai appese qui, lontane dalla vista. Questo è il mio posto segreto, il mio posto sicuro, e loro sono qui, ciò significa che le stavo nascondendo dai miei genitori. Per quanto io posso immaginare, ciò implica una sola cosa: avevo un ragazzo. Chiaramente non c’è più; l’aggressione avvenne quasi un anno fa, e sicuramente mi sarebbe venuto a trovare in ospedale se fossimo stati ancora assieme.

Resta il fatto che qualcuno mi amava una volta. Qualcuno mi amava  abbastanza da comprarmi dei fiori, e io l’amavo abbastanza da appenderli e farli seccare e metterli nel mio posto segreto.

Respiro lentamente, ascoltando il silenzio. Per mesi, sono venuto qui e ho fissato le rose, come se avessero potuto narrarmi tutto ciò che ho dimenticato. Ho provato ad immaginare la persona che me le aveva date, ma era sempre senza volto, senza forma. Lascio andare la mia mente, sapendo che una nuova visione sta per arrivare, ma accettandola lo stesso. Fa caldo nella mia camera, così caldo nel mio armadio , ed io e Kurt stiamo ballando lentamente attraverso la mia mensola quando mi addormento sorridendo.

Note traduttrice
Ciao a tutti! ;) Spero che vi sia piaciuto anche questo secondo capitolo. Abbiamo fatto la conoscenza dei coniugi Anderson, cosa ne pensate? Abbiamo anche scoperto il rifugio segreto del nostro Blaine! L'ultima scena è così tenera che mi fa venire i brividi ogni volta che la leggo! Adesso le cose possono essere un po' confuse, soprattutto per le improvvise visioni di Blaine (fantastica quella sui sedili posteriori della Navigator, peccato che vedere queste cose a tavola con i propri genitori non sia proprio il contesto ideale!), ma vi assicuro che pian piano le cose si faranno più chiare!

Voglio ringraziarvi tutti, mi fa davvero piacere che la storia abbia avuto un riscontro positivo! Spero davvero di riuscire rendere in italiano ciò che l'autrice vuole esprimere, anche se in alcuni punti la traduzione in italiano perde di incisione e devo metterci mano per sistemarla.

Per quanto riguarda gli aggiornamenti, spero di riuscire a postare un capitolo ogni due giorni...

Un saluto a tutti!
Angel



  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: ckofshadows_