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Autore: GreedFan    19/07/2012    1 recensioni
Si è rinchiuso nella biblioteca del palazzo con il preciso intento di porre rimedio ai suoi errori, perché riconosce che, benché suo padre sia un monarca dispotico e autoritario, legato a valori ormai obsoleti, il suo rispetto è l'unica cosa che ambisce di ottenere. Non intende concepire di averlo perso per sempre.
Potrebbe fare molte cose per attirarsi la gratitudine del re, ma non gli basta; vuole cancellare l'onta e al contempo desidera ammirazione, rispetto, orgoglio. E questo è infinitamente più complesso, quasi impossibile.
Non permetterà a se stesso di annegare nell'autocommiserazione.
[...]
La leggenda narra di un cavallo leggendario di nome Svaðilfœri, appartenente ad uno Jötunn di nobile stirpe, bello più di qualsiasi altro destriero al mondo. Racconta di come sia nato dalla caduta di un astro candido negli abissi di Jötunheim e di come i Giganti se lo siano conteso dall’alba dei tempi; infine, descrive la bellezza del suo manto albino, i suoi zoccoli d’oro, la criniera d’argento e gli occhi azzurri come fiamme fredde.

[Thorki; Movieverse con fortissime contaminazioni della mitologia norrena]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
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Questa fanfiction ha bisogno di un paio di doverose premesse. Punto primo, è ispirata al famoso episodio del concepimento di Sleipnir, che potete trovare nell'Edda (una raccolta di miti norreni che personalmente non ho mai letto, ma che prvvederò a procurarmi moooolto presto). Avevo già scritto una one-shot che accennava a questa cosa, ma siccome mi andava di svilupparla ecco a voi una "long" - l'ho quasi finita e non credo che supererà i sette capitoli brevi - che ne parlerà molto più diffusamente. Ovviamente si discosta molto dalla mitologia, ho preso soltanto lo spunto originale e poi inventato tutto di sana pianta, pensando anche al movieverso. Per farvi un esempio concreto, Baldr non è un figlio di Odino ma un tizio a caso - inserito giusto perché nella mitologia è un dio straordinariamente bello.

Il pair fondamentale è Thorki, ma non sarà molto centrale in questa storia. Avrete Loki, Loki e ancora Loki fin sopra ai capelli, ma il fratello biondo con il cervello di un'aringa affumicata (ma io gli voglio tanto bbbbene) sarà relativamente poco presente. Non ci posso fare niente, quel tipo di personaggio proprio non mi piace .___.

Ad ogni modo, come sempre il lavoro è piuttosto stupido e privo di ogni pretesa, ma prendetevela pure con me se sentite di star leggendo una colossale imbecillata. Probabilmente avrete ragione.

Roby













Ligge


«Fratello mio... tu mi ami, non è così?»

Il sussurro di Loki si perde tra i mobili intarsiati di madreperla e d’argento, troppo debole per rimbalzare sulle pareti degli appartamenti del futuro erede al trono di Asgard. Il Dio degli Inganni respira con calma, avvolto dalle lenzuola di seta del letto a baldacchino – nel loro candore, appaiono comunque più scure della sua pelle quasi eburnea – e fa scorrere le dita magre, con lentezza, nei capelli biondi del fratello.

Thor giace a pochi centimetri da lui, su un fianco, e lo fissa con un’espressione indecifrabile dei suoi chiarissimi occhi azzurri. C’è adorazione, c’è amore, desiderio, c’è – sepolto accuratamente sotto una dura corazza di spavalderia – un senso di colpa appena percettibile, ma infido e strisciante come il più velenoso dei serpenti. Loki sonda la mente del fratello con il proprio sguardo di smeraldo, e non vi trova che la solita, rassicurante sensazione di accoglienza. Ed è assurdo che Thor sia sempre così ingenuo, così disperatamente innamorato e incapace di comprendere il peso dei loro gesti, di quello che fanno, quando il peccato che hanno consumato tra quelle lenzuola è quanto di più turpe vi sia al mondo.

Gli afferra la mano – le dita di Loki sono gelide come schegge di ghiaccio – e la bacia, lui che scotta come se nelle sue vene scorresse la luce del Sole.

Il Dio degli Inganni osserva le sue braccia forti, il petto allenato e la barba virile che indurisce appena i tratti del bellissimo volto, e sopporta senza la minima esternazione una dolorosa fitta d’invidia che, traditrice, gli colpisce lo stomaco. Socchiude appena gli occhi verdi, fattisi improvvisamente affilati come rasoi, e lascia che le labbra si pieghino in un sorriso sinceramente ironico e, allo stesso tempo, amaro. È così scontato che suo padre preferisca Thor, così come è scontato che lui ne sia inesorabilmente attratto quando dovrebbe detestarlo con tutto sé stesso e desiderare la sua morte.

Ha provato ad odiarlo, ma non c’è mai riuscito completamente.

«Mi fa piacere che per una volta non si sia dovuti ricorrere ai tuoi trucchi per incontrarci». La voce di Thor, pur se roca, assume un tono sgradevolmente carezzevole in queste situazioni. Loki non ama percepire l’affetto sincero che si annida in ogni parola, che trabocca dallo sguardo del fratello; piuttosto, preferirebbe che il Dio del Tuono lo schiacciasse contro il materasso e tentasse di prenderlo con la forza – che gli fornisse, insomma, un pretesto valido per giustificare il suo astio e la sua passione.

«Si direbbe quasi che tu consideri un bene la guerra che ha allontanato nostro padre dalla corte e lo sguardo di Heimdall dal regno di Asgard». È la risposta, e ogni sillaba trasuda noia. Da quando Odino è partito per un nuovo conflitto con uno dei tanti mondi al di là del Bifrost – e il Guardiano di Asgard, beninteso, è troppo impegnato a sorvegliare le sorti del suo re per preoccuparsi di un paese che prospera nella tranquillità – gli incontri dei due fratelli si sono fatti sempre più fitti e sconsiderati; il lato negativo, secondo Loki, è che l’assenza della paura di venir scoperti, che di solito li obbliga a separarsi dopo pochissimo tempo, istiga Thor ad intavolare tutta una serie di discorsi patetici che lui non ha la minima voglia di ascoltare.

«Non comprendo il tuo odio verso la guerra. È sempre stata il mezzo attraverso cui i nostri avi hanno inseguito la gloria...»

«La gloria è sempre stata il pretesto attraverso cui i nostri avi hanno scatenato guerre crudeli per appagare la propria sete di dominio. Sei ingenuo, fratello... leggere qualche libro in più e combattere un po' meno farebbe forse maturare la tua mente».

«Speri forse che io diventi come te?» Il tono scherzoso, Thor allunga una mano a sfiorare, in punta di dita, la clavicola sottile del fratello, sporgente sotto la pelle all'apparenza fragilissima «Magro, pallido come l'ombra della neve? Sei tu che dovresti seguirmi più spesso nelle mie battute di caccia».

«Ma, fratello,» e la voce di Loki pare quasi un sussurro scaturito dal fruscio delle lenzuola «se non conoscessi tutti i miei trucchi, come ti piace chiamarli, chi credi risolverebbe situazioni come questa?»

Sul volto del Dio degli Inganni si apre un sorriso insolitamente ampio, divertito; ad un'occhiata interrogativa di Thor, Loki preme un dito sulle labbra, intimandogli di fare silenzio, e accenna con il capo alla robusta porta a due battenti che costituisce l'unico accesso alle stanze del fratello.

Distinti, seppur lontani, si odono dei passi.

«Che significa?»

«Ma come, fratello, non riconosci il passo di nostra madre?» Thor spalanca gli occhi, e sul suo viso, per un attimo, guizza la paura.

«Sciocco, perché sei ancora qui?! Vattene, prima che-»

«Abbassa la voce. Se uscissi ora dalla porta mi vedrebbe... d'altra parte, credo si stia dirigendo proprio qui, e sono abbastanza sicuro che se mi nascondessi avvertirebbe comunque la mia presenza. Cosa credi che dovrei fare, Thor?»

I passi si fanno sempre più forti e scanditi, vicini. Il Dio del Tuono lancia uno sguardo di terrore alla porta, poi all'espressione deliziata del fratello; è palesemente divertito, adora vederlo in difficoltà.

«Allora? Credi che dovrei usare uno dei miei trucchi e sparire all'istante da questo letto, oppure sarebbe meglio che rivelassi alla nostra adorata madre quale genere di affetto fraterno ci lega?»

«Razza di...»

In quel momento, si sente bussare alla porta.

Prima che Thor possa afferrare il fratello e scaraventarlo sotto il letto, o quantomeno raggiungere la porta per far sì che non venga aperta, Loki è già scomparso con uno schiocco di dita, nell'aria l'eco della sua risata silenziosa. Per un attimo il cuore del Dio del Tuono manca un battito, poi si riempie di sollievo .

A volte ha quasi paura che Loki possa decidere davvero di rivelare a tutti il loro segreto, ed è talmente imprevedibile che Thor teme le sue minacce come poche altre cose al mondo.

Ha giusto il tempo di ricomporsi e seppellire il corpo nudo tra le coperte prima che il volto di sua madre, la regina Frigga, faccia capolino dalla porta aperta.


*


I ricevimenti sono cosa comune, in tempo di guerra.

La famiglia reale offre feste sfarzose a tutti i nobili di Asgard, per comunicare alle famiglie dei soldati la solidarietà che il popolo si aspetta dai parenti del re; che sia una mera forma di propaganda - come crede Loki - o un atto di coesione e benevolenza - come invece sostiene Thor - quel che è certo è che la pratica dei banchetti è una delle rare occasioni per i figli del re di uscire dalla monotonia della routine quotidiana.

Non hanno molti amici. A diciassette anni Thor si è circondato di uno sparuto gruppetto di combattenti che Loki descrive spesso come "un branco di orribili imbecilli", mentre il Dio degli Inganni esclude dalla propria cerchia di conoscenze chiunque non ritenga degno di stargli al fianco. Nel qual caso, Thor è l'unico - seppur con qualche riserva - con cui ammette di parlare, giocare e ridere come un qualsiasi diciassettenne.

Quando, beninteso, non sono impegnati in ben altre attività.

Perciò, non c'è da sorprendersi se entrambi accolgono con una certa allegria la notizia di un nuovo ricevimento; per Thor è un'occasione come un'altra di mettersi in mostra, ma Loki, ogni volta, spera di trovare in quel turbine di ospiti altolocati almeno una persona di suo gusto, qualcuno - possibilmente - che non si interessi soltanto di armi, guerra, combattimenti e valori insensati. Anni di ricerche infruttuose non hanno fatto scemare le sue speranze, ed è con un senso quasi di aspettativa che percorre il corridoio che conduce alla sala dei ricevimenti, mentre Thor borbotta qualcosa di non molto interessante sull'ennesima battuta di caccia.

Quando il portone della sala si spalanca davanti ai suoi occhi, Loki predispone un sorriso quanto più possibile sincero e compiacente, sgranando gli occhi verdi come gli ha insegnato l'esperienza; sa che gli basta poco per piacere alla gente, e sentirsi ammirato è una delle cose che più di tutte lo rendono felice.

Si fa largo tra la folla di invitati riccamente vestiti, dispensando sorrisi e frasi di cortesia a chi si fa avanti per pretenderli; un comportamento di tal fatta rientra nell'etichetta, e Loki vi sia applica per l'unico motivo che le buone maniere sono uno dei campi in cui supera il fratello senza nemmeno impegnarsi troppo.

Improvvisamente, mentre è impegnato a congratularsi con una zia per l'eleganza delle sue vesti, qualcosa attira la sua attenzione. Come un guizzo, una frustata di colore che calamita il suo sguardo in un punto ben preciso della folla per poi sparire repentinamente; Loki giurerebbe che qualcuno abbia appena utilizzato le arti magiche allo scopo di monopolizzare la sua attenzione - per appena un secondo, però, in modo che non si accorgesse di chi è stato - e questo gli provoca una curiosità non indifferente. Lascia perdere la zia e si fa largo tra la gente, scandagliando gli ospiti alla ricerca del misterioso incantatore che è riuscito ad imporsi su di lui per un momento tanto fugace. Mormora qualche sillaba dal suono appena comprensibile, e la sua coscienza si allarga fin quasi ai margini della sala, strisciando in ogni anfratto che possa custodire un potere tanto forte da sopraffare il suo.

Infine, lo trova.

Non è magia grande quanto si aspettava - evidentemente, ha avuto ragione della sua mente a causa della distrazione - ma sufficiente per far sorridere il Dio degli Inganni con una certa, infantile sincerità. Solo quando ne scorge il proprietario, tuttavia, Loki si sente davvero compiaciuto della propria scoperta.

Si avvicina senza fretta, un luccichio vittorioso negli occhi. Lo stregone misterioso lo fissa senz'ombra di sussiego, anzi: si direbbe quasi che nel suo sguardo profondo e castano, simile al riflesso cupo del miele rosso, covi una certa malizia.

«Mi avete scoperto».

«Non sono molti i nobili che padroneggiano la magia. A dire il vero, non credevo ce ne fossero. Qual è il vostro nome?» È il principe, e può pretendere l'identità di uno sconosciuto di rango più basso.

«Baldr Gwenvaelson». Sorride, inclinando la testa di lato con notevole grazia. È bello, di una bellezza che forse nemmeno lo stesso Thor, pure apparentemente perfetto, potrebbe eguagliare. Ha i capelli di un biondo scuro venato d'argento, raccolti in una treccia morbida che gli ricade sulla spalla, e gli occhi più caldi e raggianti che Loki abbia mai visto; il volto è di disegno così delicato che a stento l'ossatura ne definisce la forma, resa concreta dal gioco di luci e ombre che si rincorrono sulla pelle chiarissima. Non saprebbe attribuirgli un'età, ma forse è molto più vecchio di quello che sembra.

«Sono giunto dalle campagne a nord, ora che la guerra me ne offre l'occasione, appositamente per conoscere il giovane principe di Asgard».

L'espressione di Loki si rabbuia improvvisamente. Si dà dello sciocco per essersi fatto delle illusioni.

«È mio fratello che cercate, allora. Il principe Thor Odinson è-»

«No, vi sbagliate». Si lascia interrompere, ed è un evento accaduto molto di rado dacché ha aperto gli occhi per la prima volta «Siete Loki, ed io cercavo per l'appunto voi. Altrimenti non avrei utilizzato la magia per attirarvi... mi è giunta voce che siete il solo a praticare certe arti, o sbaglio?»

«No, siete nel giusto». E lo sguardo di Loki si fa acceso, quasi galvanizzato.


   
 
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