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Autore: pleinelune    19/07/2012    3 recensioni
Abbassai lo sguardo sulla lettera, leggermente stropicciata, che tenevo in mano da troppi minuti. Il gelo, intanto, annunciava l’arrivo della stagione del vento freddo, della pioggia e della neve, ed io mi accingevo ad accompagnarlo, fredda e svuotata di ogni sentimento.
Tutto era ormai racchiuso in quella busta spiegazzata.
Il mio corpo, di fronte alla cassetta rosso cremisi delle lettere, -mezza arrugginita e rovinata dal tempo e dalla goliardia dei giovani-, era fermo, come un ordigno inesploso.
Pronto a scoppiare quando meno ci si aspetta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Angeli sbagliati - ALL IN'
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18 – IL LINGUAGGIO DELLE DONNE.

    

La festa era finita più tardi del previsto e, assieme ai bambini sfiniti per i giochi e le urla, era svanita anche la possibilità che io ed Edoardo potessimo vederci dopo scuola, al solito parchetto isolato. 
La mattina dopo, il risveglio era stato traumatico. Quello che il giorno prima sembrava solo essere tanto noioso si era trasformato, durante la notte, in un eccesso di acido lattico all'altezza di cosce e polpacci. Facevo fatica ad alzarmi dal letto, figurarsi arrivare a scuola a piedi. 
Mi passò per la mente l'idea di rimanere a casa, accoccolata al caldo delle lenzuola. L'idea planò sopra la mia testa e si affrettò a cambiare rotta, diretta verso la testa di qualcun altro. Edoardo, come potevo vederlo, rimanendo a casa? 
Il pensiero, nonostante la familiarità che aveva preso la mia testa con quel nome, mi fece rabbrividire. 
Era davvero così importante? Tanto da sopportare il dolore e andare a scuola comunque? 
Probabilmente sì. 
Mi alzai a fatica, prendendo i primi vestiti che mi capitarono sotto mano e andando a chiudermi in bagno, uscendone poco dopo con dei vestiti diversi e l'espressione vagamente addolcita da un po' di trucco. 
Presi velocemente la borsa e, uscendo, raccolsi velocemente l'ipod. 
Per strada tutto sembrava così tranquillo che mi venne il dubbio di essermi svegliata troppo presto.
Nonostante le gambe doloranti accellerai il passo, concedendomi la possibilità di prendere il pullman prima, quello meno affollato, quello con i posti a sedere. 
Entrai, salutando il conducende con un gesto della mano e vidi alcuni miei conmpagni di classe uniti al grupetto di un'altra classe, intenti a confabulare. Il gruppo dei secchioni, come avrebbe detto Edoardo. 
Accesi l'ipod e lasciai che la melodia mi entrasse nelle orecchie, negli occhi chiusi, nella testa appoggiata allo schienale rosso, di plastica.
Dopo neanche dieci minuti intravidi la sagoma della scuola in lontananza, così, presa da una forma strana di masochismo, scesi alla fermata precedente, ignorando il dolore alle gambe e camminando per qualche minuto immersa nella città, nella vita dell'altra gente e nel freddo di dicembre. Un brivido mi corse lungo la schiena, ma non per il freddo. Presto sarebbero iniziate le vacanze di Natale. 
Edoardo sarebbe andato in montagna come tutti gli anni. 
Ed io cosa avrei fatto per due settimane senza di lui? 
Entrai dal cancello principale con ancora quella sensazione di spaesatezza addosso, ma quando vidi Azzurra vicino a lui, confabulare qualcosa e poi ridacchiare, il senso di spaesatezza ci mise poco a trasformarsi in rabbia, divorante e nera, nera come la pece. 
"Buongiorno", biascicai, avvicinandomi a entrambi, troppo vicini per i miei gusti. Non le bastava Guglielmo? 
"Ciao tesoro, hai sentito dello scherzo che ha fatto Edo a Mattia?", esclamò ilare Azzurra, guardandomi. 
Chi è Mattia? Quale scherzo? 
"No", sorrisi, esortandola silenziosamente a continuare con i dettagli. Evitai con attenzione di incrociare lo sguardo di Edoardo, divertito e fisso su di me. Probabilmente non riusciva nemmeno a immaginare la gravità della situazione, la mia rabbia. Percepivo il suo sorriso spensierato senza il bisogno di guardarlo direttamente. 
"Strano, lo porta avanti da più di una settimana..", cominciò Azzurra, descrivendo poi dettagliatamente il tipo di scherzo. Ma io non sentivo più niente oltre la prima frase. Una settimana, e Azzurra ne era a conoscenza. 
Perchè io no? 
Mentre Azzurra ancora si dilungava nella spigazione dello scherzo mi permisi di alzare lo sguardo su quello di Edoardo, ancora fisso su di me. 
Il sorriso che albergava sulle sue labbra affievolì lentamente e ne rimase così un solo accenno.
Aveva visto i miei occhi, e gli occhi dicono molto più del necessario, a volte. 
Il sorriso si spense completamente, trasformandosi in una smorfia sdegnosa quando, alzando lo sguardo oltre la mia nuca, intravide qualcuno e, voltandomi, riconobbi i visi di Emiliano, Stefano e Niccolò. Sorrisi ai due che conoscevo, manifestando una certa allegria nel vederli, finalmente, come il resto degli alunni di quella scuola. Un gruppo di bei ragazzi. 
Niccolò era l'unico ad apparire diverso, un po' magrolino e intimidito, evidentemente a disagio dagli sguardi rispetto ai suoi due compagni, alti e in cerca dei riflettori. Quando mi vide gli si illuminò il volto e fece per venirmi in contro, ma la campanella suonò proprio in quel momento, frapponendo tra me e il terzetto una massa di alunni assonnati, in movimento come un gregge di pecore diretti tutti verso le rampe di scale. Ci scambiammo velocemente un cenno della mano e alzando il viso salutai anche Stefano, che nonostante l'ora sembrava perso in pensieri intensi. 
Aspettai, voltandomi nuovamente verso Azzurra ed Edoardo, persi nuovamente in una conversazione fitta di risate e pacche sulle spalle, e pochi istanti dopo mi diressi anche io, seguendo la folla, verso le scale. 
"Buongiorno", la voce mi arrivò bassa all'orecchio, ma nonostante la vicinanza e la posizione,
Edoardo non voleva essere romantico, non voleva farmi sperare che lo ripetesse.
"Ciao", biascicai, cercando di mantenermi fredda, impassibile. 
"Come stai oggi?", continuò, sempre rimanendomi accanto, mi guardai velocemente attorno, per accertarmi che una chioma bionda fosse a distanza do sicurezza e alzai poi lo sguardo su di lui. 
"Chiedilo ad Azzurra", sbottai, abbassando frettolosamente, lo sguardo per non dover avere a che fare nuovamente con la sua espressione divertita. 
Rimase in silenzio qualche istante, poi abbassò leggermente la testa alla mia altezza, per non farsi sentire. 
"..da che pulpito". 
Oh, era colpa mia. Non potevo dire nulla che finiva con la colpa dalla mia. 
Mi spinsi leggermente in avanti, notando la presenza di due ragazze della classe di fronte alla mia, e le salutai calorosamente. Non mi voltai nemmeno quando sentii la sua mano sfiorarmi il braccio. Mi limitai ad allontanarlo dalla sua presa, continuando a sorridere alle ragazze.

***

"Senti forse è meglio se la finiamo qui", sbottai. Mi aveva trascinato in bagno con la forza, trattenendomi per un braccio. Il piano era deserto, quindi, se anche avessi urlato, non mi avrebbe sentito nessuno. Questo era sicuramente un punto a mio favore. 
"Finiamo cosa?", mi era sembrato così impassibile nel pronunciare quella frase. Come se non fossimo niente, non lo fossimo mai stati. 
"Appunto, hai ragione. Non so perché mi hai portata qua", perché il coraggio che avevo mentre mi trascinava fino al bagno ora stava affievolendosi sempre più, rendendomi quasi impossibile la pronuncia delle parole? 
"Perchè mi andava di sentirti dire due stronzate". 
"Tu non sei geloso". Non era una domanda, era un dato di fatto, eravamo lì, in quel momento, per la mia gelosia, per i miei modi scorbutici, per la mia reazione nell'averlo visto con Azzurra. 
"Lo sai". Non era una risposta. Era interpretabile in trecento modi diversi. 
Lo sai come sono fatto, 
Lo sai che lo sono, 
Lo sai che non lo sono. 

Non lo è, lo sapevo. Propesi per l'interpretazione migliore, la più coerente. 
"Bene, forse è il caso che vada. Magari Azzurra ti sta cercando e non ti trova", farfugliai, cercando di passargli accanto senza toccarlo. 
"Magari ti sta cercando anche Guglielmo"
"Ne dubito fortemente", sussurrai, fermandomi. 
"È questo il punto, Perla? Il succo della questione è Guglielmo?" Il suo tono di voce era più alto, ma non mi permisi di alzare lo sguardo per constatare se fosse arrabbiato. 
"Oppure il problema sono le tue ossessioni?", finalmente riuscii ad alzare lo sguardo su quegli occhi, scoprendovi il nulla. 
"Sai quello che mi sta facendo Azzurra", biascicai, sconfortata dalla mia assenza completa di quella rabbia che ero riuscita a mantenere fino a qualche istante prima. 
"E tu sai cosa fa a me Guglielmo"
"Niente in confronto ad Azzurra, è una vipera e tu vai da lei a raccontarle le barzellette.".
Perché vai da lei? 
Riuscii a soffocare a stento un singhiozzo, allontanandomi un po' da quel corpo così vicino al mio. 
"Ah sì? Guglielmo è cotto di te e tu gli stai dietro come un agnellino. Accetti tutto quello che fa, tutte le sue risposte del cazzo. Per non parlare delle scommesse con Azzurra. Credi che non sappia della scommessa?", alzò un braccio, portandosi una mano tra i capelli spettinati, e mi sentii uno schifo. 
"Io sono una ragazza single, devo convincerli in qualche modo che tra noi..", , biascicai un po' più convinta di prima. 
"Non devi convincerli di niente", lo sentii sospirare, abbassare nuovamente il braccio lungo al fianco e rimanere fermo. 
"Perché non siamo niente, lo so", quasi singhiozzai, trattenendo a stento una lacrima solitaria.  Era quello il punto, lui non era ciò che io speravo che fosse. Lo stare insieme, i baci, l'intimità erano per lui passaggi così superficiali in una relazione da non essere nemmeno presi in considerazione. 
Quella relazione non era una relazione. 
In un istante sentii il suo corpo aderire al mio, spingendomi con forza verso la parete alle mie spalle. Poi il suo viso si fece così definito, così vicino, da farmi quasi scoppiare a piangere definitivamente. 
"Sei uno stronzo, vai con quella cazzo di Azzurra e non rompere le palle a me". 
Resta, stringimi più forte possibile
"Mmh, mmh", biascicò lui in risposta, "quasi quasi ci faccio un pensierino". 
"La scelta è tua, fa' come vuoi". 
Resta con me, non puoi scegliere lei. 
"Tu cosa vorresti che facessi?", sembrava calmo, appoggiato a me e al muro. 
"Vai da lei, se è questo che vuoi", non andare, rimani con me, "infondo lei è più carina, spigliata". 
Si allontanò, lasciandomi appoggiata al muro freddo, e rimasi lì a guardarlo aggirarsi per il bagno. 
"Mi stai cacciando?", annuii, cercando di restare calma. Doveva leggere tra le righe, capire che non lo stavo cacciando, ma che gli stavo dicendo ciò che voleva sentirsi dire. 
"Mi prendi per il culo, Perla? Prima mi rompi il cazzo con una scenata e poi fai come se niente fosse?", iniziò a colpire lo stipite della porta con il palmo della mano aperta, provocando un rumore sordo.  "Dovresti dimenticarmi, lasciar perdere tutta questa storia.. o quello che è". 
Non mi dimenticare, vieni qui e abbracciami, dimmi che è tutto ok. 
Lasciai cadere le braccia lungo il corpo, e abbassai lo sguardo, aspettando che se ne andasse, che seguisse il mio consiglio. 
"Cos'hai Perla?", sembrava tranquillo, rassegnato. 
"È tutto ok"
Sto morendo. 
Alzai lo sguardo per l'ultima volta sul suo viso, e poi lo guardai voltarsi e lasciare il bagno e me, lì.  Rimasi ferma ancora per un tempo indefinito, poi sentii dei passi riecheggiare all'esterno, nel corridoio, e la voce concitata di qualcuno. 
"Perla, stai bene?", alzando lo sguardo notai l'alta figura del professor Cardoli, ma le sue labbra erano serrate,non era stato lui a parlare. Mi trovai di fianco una chioma dorata e due braccia esili mi cinsero i fianchi. 
"Scusi prof., non mi sentivo bene", biascicai, tirandomi via dall'appoggio della parete, "grazie Niccolò, ce la faccio", sorrisi nella sua direzione per poi tornare a guardare il professore.  Conosceva il motivo, anche se non lo avrebbe mai rivelato per primo, e si limitò a guardarmi con uno sguardo indecifrabile. 
"Stavi male e sei salita quassù. Bella mossa!", disse, prima di mettermi un braccio attorno al corpo per sostenermi. 
"Riesco a camminare", farfugliai convinta. Lui mi guardò, accennando a lasciarmi libera, ma appena lo fece sentii il vuoto, così mi affrettai a riappoggiarmi a Cardoli. 
"Grazie", sussurrai solo a lui, camminando lentamente verso l'ascensore. 
All'interno di questo, mentre attendavamo che i piani ci riportassero alla realtà, cercai di abbozzare un sorriso e mi staccai definitivamente dall'appoggio che rappresentava il professore. Mi tenni in piedi con il passamano dell'abitacolo e, successivamente, con molta forza di volontà, mi trascinai sospirando fino alla mia classe, terrorizzata dalla possibile vista di qualcosa di orrendo e terrificante.

***

"Cosa ti è successo?", Aurora, Filippo e gli altri sembravano sinceramente preoccupati. Edoardo mi guardava, seduto sulla sedia di fronte alla mia. Unico a conoscenza del mio malessere. 
Come poteva aver frainteso, come poteva non aver letto tra le righe, come? 
Era finita. Era finito qualcosa che non era nemmeno iniziato, o che probabilmente era durato anche troppo. 
Così diversi, così perfettamente incompatibili. Due calamite. No, le calamite con poli opposti si sarebbero attratte, non respinte. 
Sarei sicuramente il polo negativo
Abbassai lo sguardo sulle mie dita, impegnate e rigirarsi un braccialetto tra le mani, e sentii la sua voce attraverso tutte le altre. 
"Stai bene?"
"Forse"  No. 
"Vuoi qualcosa?"
"Voglio che stai zitto".
Parlami. Portami via di peso e parlami.
Abbassò gli occhi e si voltò, lasciandomi alle altre voci.

***

Passai il resto delle ore con lo sguardo fisso davanti a me, la schiena contratta di Edoardo come unico riferimento. 
Le campanelle suonavano e io rimasi ferma in ogni istante, anche al suono di inizio ricreazione. 
La giustificazione non era poi una completa bugia. 
"Ho mal di gambe, non riesco a stare in piedi". 
Possibile che quella relazione/non relazione mi potesse sconvolgere in quella maniera?  Vidi entrare, dopo circa cinque minuti di intervallo, il trio della quinta, e riservai un sorriso solo per Niccolò. Era stato lui a trovarmi, oppure no? Era entrato in quel bagno e mi aveva raccolto nonostante fossi quasi più grande di lui. 
Notai l’espressione sul volto di Emiliano, quasi impacciata a dispetto della sua bellezza disarmante.
"Piacere Emiliano", la mano del ragazzo era a metà tra lui e me, così distesi la mia, stringendogliela. 
Bel momento per le presentazioni, pensai, sorridendo. 
"Io sono Perla. Scusami se non sono molto espansiva, ma.."
"So chi sei, e tranquilla, capisco benissimo e non ti voglio espansiva", ricambiò il sorriso, sembrava stranamente a disagio. 
"Come stai ora, Perla?" Scorsi in fondo alla classe, dalla parte opposta alla mia, lo sguardo di Edoardo, e abbassai gli occhi.
"Se vuoi stare tranquilla ce ne andiamo", sussurrò Stefano, rimasto in silenzio fino a quel momento.  "No, sto bene", ripresi a sorridere, guardandoli ad uno ad uno con calma.
Scorsi, all'entrata, la figura di Azzurra stagliarsi timida. La vidi indugiare, indecisa se presentarsi o meno, e nonostante tutto le sorrisi, facendole un veloce cenno con la mano. 
Azzurra poteva essere vendicativa, egoista o stronza, ma rimaneva comunque un'amica di vecchia data, una ragazza che conoscevo meglio delle mie tasche e profondamente sola. 
"Lei è Azzurra", esclamai allargando un braccio nella sua direzione. Il terzetto si voltò all'unisono e le sorrise, quei ragazzi sembravano leggersi nel pensiero a vicenda. 
Lei biascicò un ‘ciao’ e strinse le mani di ognuno. 
Si misero a far conversazione mentre io, seduta, mi limitavo a far finta di ascoltare; ogni tanto scorgevo il viso di Azzurra rivolgersi a me con un sorriso a trentadue denti sul volto. Era una tacita scusa, lo sapevo e me ne beavo. Potevamo litigare, dirci qualsiasi cosa, ma eravamo amiche, ci volevamo bene e saremmo passate sopra a tutto. O almeno speravo.

***

You hold me without touch.
You keep me without chains.
 
You loved me cause I’m fragile.
When I thought that I was strong.
But you touch me for a little while and all my fragile strength is gone.
 
“Dove pensi di andare?”, il braccio di Edoardo mi cinse velocemente i fianchi, costringendomi alla sua vicinanza.
“Che cosa c’è? Cammino anche da sola, sai?”
“Quanto cazzo sei testarda”, sembrava esasperato, frustrato. Un miscuglio informe di sensazioni simili e contrarie.
“Sai benissimo che sto bene”, sussurrai, alludendo al vero motivo per cui ero rimasta da sola li, in quel bagno.
“Beh, non mi interessa”
“Allora staccati, se non ti interessa. Guarda, lì c’è Azzurra”, guardammo entrambi verso la ragazza, con accanto un Guglielmo particolarmente attento alla mia persona. Era rimasto a distanza per tutto il tempo, nonostante glielo leggessi continuamente negli occhi che era preoccupato, che non sapeva cosa fare e che aveva voglia di tenermi su, di aiutarmi.
Edoardo si limitò a spostare lo sguardo verso il mio viso e ad ammiccare, facendomi notare l’evidente.
Guglielmo era lì ed Edoardo, per quanto volesse non ammetterlo, era geloso.
Era geloso fino al midollo, di ogni sguardo, di ogni sorriso, di ogni parola. Era geloso anche del respiro che rivolgevo a Guglielmo e che toglievo a lui.
Abbassai lo sguardo, lasciandomi trasportare dal suo corpo contro il mio, e superammo presto la fermata, dove invece credevo ci saremmo bloccati.
“Dove stiamo andando?”, domandai, alzando il viso verso di lui.
Edoardo rimase in silenzio, lo sguardo fisso di fronte a sè. Camminammo in silenzio ancora per qualche minuto, finché non capii che mi stava portando al solito parchetto isolato.
“Senti Edo non ce n’è bisogno, davvero”
“No, c’è bisogno eccome. Mi sono rotto il cazzo delle frasi non dette e degli sguardi con cui dovrei capire le cose”. Rimasi in silenzio e raggiungemmo presto la solita panchina.
“Perla, mi devi dire che cazzo vuoi. Io non li capisco i tuoi sguardi, non ti leggo in quel fottuto cervello che ti ritrovi. Sai benissimo come sono e quello che faccio.”, mi stava informando di cose che già sapevo.
“Non voglio che cambi per me”, trattenni il fiato, in attesa della sua reazione.
“Io non cambierò per te, cazzo! Quello che non capisci tu è che può essere normale, per una volta. Io faccio il coglione con te.. e ti piaceva all’inizio. Hai quel modo di fare, te l’ho già detto no? Non farmi ripetere cose che sai benissimo non mi va di ripetere”.
Non devi ripetere che sono speciale, che sono diversa dalle altre?, abbassai lo sguardo sulle mie mani intrecciate.
“Edo, io sono la stessa ragazza che non sopportavi a inizio anno”
“Ti sbagli. Ora sei spigliata, sei simpatica, sei arguta. Ora sei sincera. Prima eri solo una ragazzina viziata e acida.”, era in piedi di fronte a me, le braccia lungo i fianchi e il busto in avanti, verso il mio corpo seduto.
“Mi piace se fai l’acida, la gelosa, ma come cazzo puoi solo immaginare che mi piaccia Azzurra, in confronto a te? Ma l’hai vista quella lì?”, abbassò la voce, trasformandola in un flebile sussurrò. Stava parlando troppo e se ne rendeva conto solo in quel momento.
Alzai lo sguardo, emozionata, e cercai di trattenere il sorriso.
“Capisco”, replicai, mantenendo una parvenza di serietà, “non dovevi andare a dire le cose a lei, prima di venire da me”.
Apparve un sorriso sornione sul suo volto: “ma da te vengo quando vuoi”, il doppio senso non era nemmeno troppo velato e lo scacciai con una mano quando lo vidi sedersi accanto a me, d’un tratto non più arrabbiato.
“Smettila, cafone”, biascicai, cercando di scansarlo.
“E dammi un bacetto, così facciamo pace”, mi attirò a sè e io serrai le labbra, impedendogli di baciarmi la bocca.
“Fai la seria, Perla!”
Arricciai il naso, rimanendo in silenzio, e scossi la testa, serrando maggiormente le labbra, sbiancate per lo sforzo.
Lui cominciò a riempirmi di baci lievi sulle labbra chiuse, ma io non cedetti.
“Basta, sono offeso”, replicò lui d’un tratto, voltandosi e dandomi le spalle.
“Oh, non ci casco”
“Basta, non mi bacerai più per il resto della tua vita”, si voltò per imprimere nella mia mente la vista delle sue labbra, serrate come lo erano state le mie fino a pochi istanti prima, ed io scivolai tra le sue braccia, cercando di baciarlo.
Bastarono pochi baci perché le sue labbra si dischiudessero per accogliere le mie.
“Tu giochi sporco però”, furono le sue ultime parole, accompagnate da un sorriso sulle mie labbra.
 

-notepocoserie-
Se state leggendo queste note significa che sono riuscita a pubblicare il capitolo e che quindi il computer non è volato dalla finestra. Perchè vi assicuro che è stato difficilissimo arrivare fino a questo punto xD
Bene, sono tornata LOL 
Siete contente? 
Non farò note lunghissime perchè sono stanca e spossata (?), il caldo mi sta facendo sciogliere tutto tranne che la ciccia (?) e io non ho voglia di fare nulla U.U
Spiegazioni varie del capitolo.
Ora, ammettetelo, non guardatevi intorno come se niente fosse, come se non vi sentiste prese in causa. NOI DONNE SIAMO COSì. 
Diciamo no e vogliamo dire si, diciamo gambo di sedano e vogliamo dire pizza. LOL 
E come noi è la nostra Perla. Su questo ho voluto giocare, le ho voluto dare l'opportunità di essere una ragazza normale LOL
No, il suo bisogno è che Edoardo la capisca, che la comprenda nonostante i no che sono si e i boh che sono no. 
E' tutto piuttosto drammatico sto capitolo, però c'è stato anche Gu per un attimino e spero che Azzurra abbia acquistato punti ai vostri occhiucci adorati ♥ 
Per ultimo, ma non per importanza, la canzone che fa da colonna sonora al capitolo è GRAVITY di Sara Bareilles(
http://www.youtube.com/watch?v=A_U6iSAn_fY
), consigliatami dalla mia Beuccia adorata e adattissima alla coppia ♥

 


Alla prossima adorate ♥ 

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