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Autore: _1DBoy_    20/07/2012    2 recensioni
Alice nel paese Della Regina.
Questa fanfiction tratterà dei pensieri di Alice nel suo viaggio verso la regina di cuori.
Genere: Avventura, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alice Madness Returns
 
Il Paese Della Regina

 
Alice si tirò a sedere.
«Ehi, tu. Adesso basta» disse una guardia fuori dalla sua cella.
«Ancora qui, Alice? Perché è qui, Fred?» chiese poi.
«Blaterava fuori dalla Vecchia Signora qualcosa circa un omicidio in Via Acuminata, maledicendo insetti e le ferrovie nazionali. Dovevo portarla dentro.» Rispose la guardia alternando lo sguardo da Alice a il suo collega.
«Tzè Tzè. E’ una minaccia per se stessa, di certo non per gli altri. La prigione non è il suo posto.» Rispose di rimando l’altra.
«E’ vero, ma cosa ne facciamo di lei?»
«Facciamola uscire, Fred. Rimandiamola dal dottor Bumby. Ha scatenato il pandemonio l’ultima volta che l’ho tenuta qui.»
«Cos’è successo?» chiese l’altra guardia incuriosita.
 
“La stessa notte, Jack Splatter, figlio di buona donna, è stato portato dentro per esserci andato pesante fuori dalla Sirena. Stavo portando giù Alice quando incontriamo due poliziotti che trascinano Jack verso le celle. Blatera le solite storie: «Io mai! Persona sbagliata!». Poi, vede Alice: «E’ stata quella stronza!», urla.  Lei grida: «Tu, infame vigliacco! Sanguisuga! Verme! Vivi sulle spalle altrui!», eccetera eccetera. Sto seguendo il suo ammirevole interrogatorio. Quando d’un tratto sembra picchiare la testa e sviene. Non potevo mandarla a casa, no?”
 
Durante il racconto Alice è riuscita a tirarsi in piedi e ora attende impaziente che i due poliziotti la lascino uscire.
«Il dottor Bumby ha perso le staffe?»
«Voleva farmi licenziare e darmi un calcio in culo. Gli ho detto che il primo poteva andare, ma di lasciar perdere il secondo. Buonanotte, Alice. Sai dov’è l’uscita.»
La guardia aprì la porta della cella.
Alice si affrettò ad uscire. Percorse le scale ad arrivò nell’atrio della stazione di polizia.
Si sentivano lamentele, ringraziamenti e piccoli litigi.
Alice si diresse a passo svelto verso l’uscita.
Una volta fuori una luce accecante la costrinse a coprirsi gli occhi, un mal di testa la fece piegare in due.
Alice sentì le forse abbandonarla, poi si accasciò al suolo.
 
Aprì gli occhi di scatto. Si ritrovo in un luogo che non aveva mai visto. Sembrava un’altra area della prigione. Era un luogo costruito di mattoni, e c’erano delle celle. Era in pendenza. Alice iniziò a percorrerlo ignorando le braccia che dalle celle imploravano il suo aiuto. Delle piccole lanterne illuminavano la strada che Alice stava percorrendo. Poi, qualcosa cambiò.
A terra iniziarono ad esserci una, due, tre macchie enormi di sangue.
Alice alzò lo sguardo. Il corridoio cambiava. Le pareti erano rivestite di carne sanguinolenta che si muoveva. Da dietro alcune celle a forma di cuore –un po’ deformato- dei tentacoli cercavano di raggiungere Alice passando attraverso le sbarre.
Alice continuò a camminare fino a ritrovarsi su una piattaforma ricoperta di carne sospesa nel vuoto. Degli enormi tentacoli comparirono dall’abisso sotto di lei, colpirono la piattaforma –che crollò- facendo cadere Alice in un baratro profondo.
Alice chiuse gli occhi, quando gli riaprì si ritrovò a cadere nel cielo. Un’aria fresca le sferzava il viso.
Il corpo di Alice si illuminò di una chiara luce blu. Poi, il suo abitò cambio. Trasformandosi nel’elegante abito blu che l’accompagnava in ogni sua avventura del paese delle meraviglie.
 
Il Ponte Di Carte
 
Alice atterrò sopra ad una carta sospesa nel cielo. Fece un passo avanti. Un carta sfrecciò fulminea davanti a lei per poi attaccarsi all’altra: le carte stavano costruendo un ponte per farla proseguire.
Mentre Alice camminava recuperò un ricordo:
“…Diceva che gli avevo rubato il cuore. Che ‘giocavo con i suoi sentimenti’! Viscido stronzo. Mi toccava… Ho detto a papà di non invitarlo più per il tè!”
Non si ricordava a chi si riferisse sua madre con quella frase. Presto la smise di porsi e il dubbio e continuò la sua corsa verso la regina di cuori.
Dopo aver corso, volato e saltato da carta a carta, Alice si ritrovò in un castello, sospeso nel cielo, costruito interamente di carte.
Mentre visitava le varie aree del piccolo castello, una leggera fitta alla testa le riportò in mente un altro ricordo:
“Luce? La luce è inutile se ciò che illumina causa dolore e sofferenza. Meglio gettare queste cose nelle oscure profondità del Lete, il fiume dell’oblio.”
Questa frase le era stata detta dal dotto Bumby, non l’aveva mai compresa del tutto.
Percorse altre strade di carte, altri piccoli castelli, fino ad arrivare davanti ad un fungo blu.
Era simile a quelli rosa che la spingevano verso l’alto, rendendo i suoi salti altissimi.
Saltò sul fungo blu. Salì ancora più in alto poi la visuale cambiò.
Riatterrò nello stesso castello di carte, ma le carte erano rovinate, erano più vecchie, come se il suo salto fosse durato anni.
Davanti a lei c’era uno scivolo che prima non c’era.
Alice prese un respiro e poi saltò. Cerco di evitare le pozze di catrame bollente che trovava lungo il suo percorso.
Poi, in lontananza, vide un ponte. Si preparò al salto. La fine del ponte era arrivata.
Ed ecco: Salto!
Solo in quel momento Alice si accorse che il suo vestito era cambiato: indossava un abito principalmente rosso e nero. Aveva dei guanti neri che partivano dal gomito fino ad arrivare alle estremità delle dita. Erano perfetti, sembravano fatti su misura.
 
Il Paese Della Regina
 
«Sei tornata ad ammirare il tuo lavoretto? Di nuovo sulla scena del crimine.» le disse lo stregatto che era apparso su quello che rimaneva di una torre.
«Andava fatto, Stregatto. L’hai detto anche tu: “Tu e la Regina Rossa non potete sopravvivere entrambe. Lei è un cancro nel tuo corpo. Asportala o perisci”.» gli rispose Alice portandosi le mani sui fianchi.
«Beh, lei rappresentava la malvagità nel Cuore di tenebra.»
«L’ultima volta non ti ha trattato molto bene. Non hai perso la testa?»
Lo stregatto si lasciò fuggire una risatina.
«Ha perso completamente le staffe. La hai preso la corona, ma ora l’hai lasciata. Devi parlare con lei, o almeno con quello che ne rimane…» così dicendo l’animale si dissolse.
Alice fece un passo avanti. Il ponte che l’avrebbe portata al castello –o ciò che ne rimaneva- della Regina di cuori era a pezzi, in alcuni punti addirittura non c’era. I mattoni da cui era formato erano crepati e alcuni sembravano essere sul punto di sgretolarsi con un soffio di vento.
Alice iniziò a correre.
“Tagliatele la testa…” bofonchiò la voce della regina. Alice si fermò, poi si guardò attorno.
Dalla voce della regina sembrava che fosse ubriaca, aveva una voce dondolante.
Alice si ricordò che la regina aveva il controllo su tutto il castello, ed anche con la parte esterna a quanto pareva, lei poteva vedere, sentire, e interagire con tutto ciò che voleva se era nel suo dominio.
Alice riprese la sua corsa. Un pezzo di ponte crollò dietro di lei. Quel posto stava letteralmente cadendo a pezzi.
“Non sei la benvenuta…” Un’altra volta con quella voce altalenante la Regina cercò –invano- di scoraggiare Alice e farla tornare indietro.
Saltò da pezzo di ponte a pezzo di ponte, fino ad arrivare davanti ad un grosso portone a forma di cuore.
Era una porta a due ante, era ricoperta da cuoio rosso.
Alice si avvicinò preparandosi a qualche stratagemma per buttare giù l’enorme portone, ma, quando Alice fu abbastanza vicina, il portone di aprì l’asciandole intravedere la prima stanza del castello.
Alice varcò l’enorme portone: Si trovo in una stanza molto grossa, ma- a quanto pareva- non era ancora all’interno del castello, era solamente un’area del “giardino” se così si poteva definire l’area esterna del castello.
Un rumore. Alice scrutò la terra nel punto in cui era provenuto e vide una guardia reale sbucare dal terreno. Era un zombie, era tutta sanguinolenta e le mancavano dei pezzi di carne.
Poi ne sbucarono altre. Alice si preparò mentalmente alla carneficina che da lì a poco avrebbe compiuto.
La lama vorpale le comparì in mano, lei la mosse agilmente nella carne putrefatta dei suoi nemici.
Una volta che ebbe finito il suo ‘lavoretto’ Alice si accorse che l’unica via di entrata che era disponibile era da un enorme portone. Ma c’era un problema: a bloccare quel portone c’era il Re Bianco, tenuto fermo da vecchie radici che lo avvinghiavano.
«Il Regno rosso è in rovina, ma tu non stai meglio.» osservò Alice. «Quando l’hai sconfitta, ho cercato di riavere il mio castello, ma sono stato attaccato dai suoi mostri. La malvagia stronza reale regna ancora.» le rispose lui.
«Sono qui per parlarle. Ho bisogno di entrare» lo informò Alice.
«Devi passare sul mio cadavere. Il sacrificio è necessario.»
«Chi dice così, di solito intende il sacrificio di qualcun’altro.» osservò Alice.
«Il cinismo è una malattia! Si può curare. Una volta dentro, attenta all’enorme boia che sorveglia il suo territorio. Stagli alla larga: è invincibile. Ed ora liberami. Ti mostrerò cosa significa sacrificio.» concluse lui.
Alice si avvicinò e con un colpo di Lama Vorpale  creò una crepa nel Re Bianco, sa quel punto partirono delle crepe che distrussero il suo corpo, che cadde in mille pezzi con un gessetto calpestato tirandosi dietro le radici.
Alice varcò la soglia. A terra c’era un tappeto rosso rovinato e polveroso. Il tetto era inesistente e le pareti erano ricoperte da una sostanza simile a catrame, solo di colore più chiaro.
Alice percorreva quella sottospecie di corridoio quando un altro ricordo le venne alla mente:
“Anche nei giochi si compiono scelte difficili. Spesso servono sacrifici sgradevoli per raggiungere uno scopo.”
Alice salì una piccola rampa di scale e poi entrò da un portone: Ora era definitivamente entrata nel castello.
“Preparati regina! Sto arrivando!”
 
L’interno del Castello
 
Il pavimento era formato da delle mattonelle grigie, sopra le quali era stato posto un lungo tappeto rosso, malridotto e polveroso.
Ai lati del tappeto c’erano due candelabri di pietra a forma di cuore, ricoperti di cera rossa e di quello che rimaneva di quelle che una volta erano state candele.
Il tappeto rosso portava ad un altro candelabro uguale all’altro, solo più piccolo, ricoperto anche esso di c’era rossa. Sopra questo candelabro c’era un quadro che raffigurava la regina di cuori.
La stanza era enorme Alice cercò di non badare ai due enormi buchi nel pavimento. Una a destra e uno a sinistra.
Dandosi un’occhiata intorno la ragazza si accorse che, nel buco –o meglio- nella voragine, di sinistra c’erano delle piccole piattaforme sulla quale un corpo piccolo, agile, snello e leggero come il suo avrebbe potuto benissimo saltare. Alice prese la rincorsa ed iniziò, molto agilmente, a saltare su quelle piccole piattaforme rotonde. Su ognuna era raffigurato uno dei quatto semi delle carte: Cuori, Picche, Quadri e Fiori.
Qualcosa, uno sfiato, le apparve davanti. Lo sfiato era uno strumento in grado di fluttuare. Sopra di esso vi era un buco dal quale fuoriusciva vapore. Alice, o meglio, il paese delle meraviglie dava la capacità a quel vapore di far volare delle persone.
Alice volò in alto fino ad atterrare su una parte che dal basso non aveva visto. Si inoltrò in quell’area del castello fino ad arrivare in una zona che cadeva letteralmente a pezzi.
Un colonna cadde e per poco non trascinò con se Alice.
La regina rise, una risata malvagia, piena di disprezzo e cattiveria.
Alice proseguì.
“Tagliatele la testa” canticchiò la regina.
Alice si vide venire incontro altre guardie reali, dopo che le ebbe ‘sistemate’ udì un rumore, si girò e si trovò di fronte al boia.
Era un essere orribile armato di una falce lunga e appuntita.
Il boia si avvicinò Ad Alice E le puntò addosso l’enorme falce.
«Che idiota! Aveva più probabilità Don Chisciotte contro I mulini. E non rischiava la decapitazione.» esclamò Alice cercando di sfuggire all’abile –e pericolosa- lama del boia.
«Un’uscita prudente non lo è meno se affrettata» le consigliò lo stregatto che era apparso ad un angolo della stanza indicandole un enorme portone.
Alice corse verso l’unica via di salvezza, una volta fuori chiuse la porta.
Il boia urlò poi cercò di buttare giù la porta.
Alice iniziò a correre lungo il corridoio quando sentì un rumore fortissimo, si voltò, il boia era riuscito a sfondare la porta ed ora la inseguiva, muovendo la falce amò di elica.
“Se mi prende mi fa a fette!” pensò Alice.
Correva quando vide la porticina a lato del corridoio. Usò la sua abilità speciale e si rimpicciolì, per poi passare attraverso la porticina ed arrivare in un altro corridoio meno lungo ma molto più distrutto.
Alice si fece spazio tra le macerie a colpi di lama Vorpale e Macinapepe finchè non arrivò in uno spiazzo all’aperto.
Lo stregatto apparve davanti a lei.
«Il guardiano della Regina esce di rado dal suo nido… Ma tu sei speciale!» le disse sempre con quel insopportabile ghigno sulla faccia.
Alice attraversò tutto il castello e, tra sfortunati incontri con le guardie reali ed inseguimenti del boia, arrivò davanti ad una porta. Dietro vi era del fuoco. Alice l’aprì e vi entrò.
Si ricordò dell’odio di sua sorella per le porte chiuse, non chiudeva mai la porta a chiave, e conosceva una via di fuga: la finestra. Non era morta a causa del fumo o del fuoco, qualcuno l’aveva uccisa e poi aveva appiccato il fuoco, il piano era ucciderli tutti.
Alice uscì da quella porta e si ritrovò nell’esterno del castello. Nel giardino interno.
Prese a correre per il labirinto che vi trovò.
Corse. Finche non si ritrovò il boia alle calcagna, e allora corse più forte.
Arrivò in una specie di vicolo cieco, era in trappola. Poi, su un tavolino vide una torta: “Mangiami” vi era scritto. Alice ne prese un pezzo e lo mangiò. Iniziò ad alzarsi fino a diventare il quintuplo del boia.
Alice alzò e un piede e con tutta la forza che aveva spiaccicò il boia a terra.
Iniziò a pestare le guardie reali, e a farsi largo fino ad arrivare davanti alla torre della Regina Rossa.
Vide una fontana dalla quale usciva dell’acqua. Sul fondo della fontana vi era scritto: “Bevimi”
La ragazza strappò, letteralmente, la fontana da terra e bevve l’acqua in un lungo sorso, poi gettò la fontana a terra e –rimpicciolendosi- si addentrò nella torre della regina.
 
La Regina
 
Era fatta completamente di carne, sangue, cuori e altri strani organi che si muovevano e pulsavano.  La torre della regina era un luogo stranissimo.
Tuttavia Alice riuscì a farsi strada fino ad arrivare davanti al trono della Regina.
Era seduta su un trono completamente fatto di carne.
Alice si avvicinò alla Regina. Era molto più bella dall’ultima volta che l’aveva vista, ovvero quando le aveva fatto crollare il castello addosso.
Aveva i capelli corti e neri, e la pelle chiara e pulita. Se non fosse stato per la voce strana e le mani grosse, rosse e viscide sarebbe potuta passare per una persona normale.
«Mi aspettavo qualcun altro» confessò Alice.
«Tu non conosci I tuoi stessi pensieri» la rimproverò la Regina.
«Mi sono quasi completamente estranei.» confessò Alice portandosi le mani ai fianchi.
«Ciò che dici di non sapere, è solo ciò che rinneghi. Hai ritrovato i tuoi ricordi errabondi. Che cosa ne farai? In passato non hai permesso che controllassi le nostre vite. Ma ora hai lasciato che qualcun altro lo faccia a posto mio.»
«I tuoi tentacoli non mi mancheranno.» le rispose Alice riferendosi al fatto che la Regina Rossa era una sottospecie di unione tra una persona e una piovra.
«Preferiresti forse l’alito caldo e nefasto e le attenzioni continue di un attaccabrighe potente, irrazionali e privo di emozioni? Io non credo proprio.» la rimproverò la regina sbattendo il pugnò sul suo trono.
«Puoi darmi qualcosa di più di un avvertimento? Il Brucaliffo ha detto che puoi aiutarmi.»
«Mi serve una buona motivazione per rispondere: la posta in gioco è troppo bassa.»
«Se non lo farai, saremo spacciati.» la rimproverò Alice.
«Non spacciati. Dimenticati. Io potrei anche sopravvivere qui, ma tu sei finita. So per certo che conosci il disegno di distruzione. Il Treno sta cercando di cancellare tutte le tracce del tuo passato, specialmente il fuoco. Chi può volere tutto questo? Chi trae vantaggio dalla tua follia?»
«La distruzione del Paese delle Meraviglie è la mia distruzione?» chiese Alice stupita.
«E’ chiaro. E viceversa.» le rispose regina.
«Io l’ho fatto partire e lo posso far deragliare. E’ un bene per me, non sono pazza! Non ho ucciso la mia famiglia. Sto bene. Non sono folle, Sono innocente… Io… Io intendevo non colpevole.»
I tentacoli della regina avevano circondato Alice, erano da tutte le parti.
«Cosa succede? Cosa stai facendo?» chiese Alice mentre i tentacoli la stringevano.
«Bisogna fermare il Treno. Ma c’è dell’altro. La tua visione nasconde una tragedia. La verità assoluta che dici di voler cercare ti sfugge perché non guardi ciò che ti circonda!»
Alice venne inghiottita dal buio.

 
 
   
 
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