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Autore: Werewolf1991    21/07/2012    1 recensioni
In un mondo in cui umani e Digimon convivono, si intrecciano le storie di alcuni di loro,legate, all'apparenza casualmente, da un invito molto particolare.
Tenetevi forte, signore e signori, e ricordate che, in quest'avventura, nulla è come sembra...
Preparatevi perché stiamo per entrare nella zona...ai confini della realtà!
Note: Un omaggio ad una delle mie serie preferite, "Ai confini della realtà"
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lo zoo dei Partner
 

 
 
-Adesso basta!-
 
-Di che parli?-
 
-Non far finta di non saperlo, tu sei un grandissimo ottuso!-
 
-Ma di che accidenti…?-
 
-Ancora non capisci, vero? Adesso ci penso io, a te…-
 
Detto questo, la donna, alta circa un metro e settanta e dagli occhi nocciola, all’apparenza sulla trentina,  afferra la creatura per il collo e la trascina via.
 
-Ma Debrah!- Protesta debolmente l’altro, una specie di pipistrello tondeggiante, dotato però di artigli rossi e ricurvi , mentre la donna lo porta lontano.
 
Mentre escono dal salotto, la donna gli mostra un biglietto.
 
-Questo l’ho trovato stamattina. Tu ne sapevi niente?- Sbraita Debrah, sventolando accusatrice il misterioso foglio.
 
-No, assolutamente!- Si difende l’altro, cercando di capire a cosa si riferisce.
 
-Non prendermi in giro!- Sbotta l’altra, la sua voce minacciosa e acuta.
 
-Non ti sto affatto prendendo in giro!- Replica l’altro, liberandosi dalla stretta.
 
-Certo, e allora questo è arrivato magicamente nella camera di David?- Enuncia l’altra, con tono di presa in giro.
 
-Io non c'entro nulla!- Insiste l’altro. –E adesso, lasciami guardare la tv in pace!- Conclude e fa per andare a sedersi sul divano del salotto.
 
Nel frattempo, nell’altra stanza, David, il figlio di Debrah, occhi nocciola come la madre, e capelli biondi come il padre, si sistema con cura e intanto spolvera con adorazione un piccolo marchingegno meccanico, grande quanto un tamagochi, la sua stanza piena di giochi e fumetti, come quella di un qualsiasi bambino della sua età.
 
Beh, a dirla tutta, David non è esattamente un bambino normale. È molto più maturo dei suoi coetanei, nonostante abbia solo sei anni.
 
Ma, questo non dovrebbe stupirvi troppo.
 
Debrah, David e il suo partner, DemiDevimon, stanno per apprendere una dura lezione, tramite quel misterioso biglietto. Perché, tutto è possibile, nella zona ai confini della realtà.
 
David , dunque, dopo essersi preparato, ed aver preso con sé il suo pupazzo preferito, raffigurante un Myotismon, si avvia in salotto, da dove arrivano le voci, sempre più alte e dal tono rabbioso degli altri due.
 
-Smetti di urlare, così lo spaventi!- Sibila Debrah, accusatrice, cercando poi di sorridere, anche se il suo tentativo non sembra riuscire più di tanto.
 
-Che diavolo vuoi, moccioso?- Sbraita DemiDevimon, fissandolo minacciosamente.
 
David si limita a scrollare le spalle, ormai abituato a queste scene. Indica poi col dito il foglio che la madre ha ancora saldamente stretto tra le mani.
 
-Beh, che cosa ti aspetti che ci facciamo?- Borbotta la donna, con aria offesa.
 
Il bambino afferra il foglio, lo apre e comincia a leggere, sotto gli sguardi duri e irritati del suo partner e di sua madre:
 
-Questo invito permette al suo possessore di fare una visita del tutto gratuita allo zoo dei Partner, e gli permette anche di usufruire di tutti i vantaggi che questo comporta. È possibile anche donarlo ad un amico, a patto che sia sincero, oppure conservarlo, dopo l’utilizzo, in attesa di una buona occasione per riutilizzarlo.-
 
Terminata la lettura, la madre ed il Digimon appaiono scettici al riguardo.
 
-Non ti aspetterai certo che ci si vada, vero?- Dice la madre, con tono rabbioso.
 
Lui la guarda, in silenzio, aspettando la sua reazione.
 
-Beh, forse dovremmo portarcelo!- Osserva DemiDevimon. –Almeno ti rinfrescherai le idee!-
 
La donna lo fissa rabbiosa, e poi sbraita – Ma se l’indirizzo è in un posto completamente deserto!-
 
-Beh, magari le mappe non sono aggiornate!- Le risponde DemiDevimon, con fare saccente.
 
-Dice anche che è essenziale che il partner del bambino sia presente! E anche quello del genitore!- Osserva spazientita Debrah.
 
-Allora chiamala, no?- Risponde DemiDevimon, con tono di sfida.
 
-E va bene! Gatomon, andiamo!- Chiama la donna, infuriata, facendo si che un gatto color bianco dai grandi occhi azzurri si presenti nel salotto.
 
-Andiamo da qualche parte?- Domanda timorosa l’altra.
 
-Allo Zoo dei Partner!- Asserisce irosa Debrah.
 
E così, urlando e rispondendosi male, i quattro lasciano l’appartamento.
 
-Beh, che scherzi sono? Non c’è niente qui!- Sbotta Debrah.
 
Il parcheggio sembra vuoto, ma è presente una costruzione fatta a misura di bambino, con immagini rassicuranti, che raffigurano bambini felici insieme ai loro partner.
 
-Forse hai bisogno di un paio di occhiali!- La sbeffeggia DemiDevimon,  ridacchiando.
 
-Pensa a te, che stavi per farti uccidere da quel tipo all’incrocio!-
 
Mentre i due battibeccano, David scende dall’auto e si avvia verso un bancone, a cui è affacciata una ragazza, all’apparenza intorno ai venticinque anni, che gli sorride cordialmente e gli dice:
 
-Ciao! Come ti chiami, piccolo?-
 
-David! David Blank!- Risponde acidamente la madre, avvicinandosi con DemiDevimon e Gatomon.
 
La ragazza sorride cordialmente ignorando la sua uscita poco educata, poi si rivolge nuovamente a David.
 
-Mi chiamo Miranda!- Si presenta con voce dolce. –Hai l’invito?- Domanda poi e David annuisce, porgendoglielo.
 
-Sai già come funziona?- Chiede poi Miranda, al che David annuisce. –Te l’ha data un amico?- Il bambino sorride felice. –Intendi tenerlo, dopo aver finito?- Lui annuisce serio.
 
-Bene. La tua entrata e quella della tua mamma, sono da quella parte.- Gli fa sapere cordialmente Miranda.
 
-Ehi, lui non può andare da nessuna parte senza di me! È uno stupidello!- S'intromette DemiDevimon, con aria da sapientone.
 
- Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo. Il percorso è uno solo, non c’è possibilità di sbagliare!-
 
-Ok, moccioso! Cavatela da solo!- Replica allora l’altro.
 
Mentre lui e Debrah si avviano da un’entrata situata accanto al bancone, DemiDevimon e Gatomon vengono diretti verso una porta girevole dall’altro.
 
-Ehi, carina, ci vediamo dopo!- Saluta DemiDevimon, sogghignando. Miranda si imita a sorridergli ed allontanarsi.
 
 
7 anni dopo
 
 
Da quanto sono qui? Ormai ho perso la cognizione del tempo.
 
A volte ho l’impressione di aver sempre vissuto qua dentro.
 
Ricordo ancora benissimo quando,  tra l’incredulità mia e di Gatomon i nostri ormai ex-partner, si allontanarono, lasciandoci qui, chiusi in questa specie di gabbia da esposizione, quasi come se fossimo degli animali dello zoo.
 
Ho scoperto di recente che questo, oltre ad essere una specie di zoo per Digimon, lo è anche per gli umani.
 
Già. Proprio come, se si dovessero verificare condizioni tali che il proprio umano decida di cambiare Digimon, può avvenire anche il contrario.
 
Questa zona è una specie di scarico in cui vengono lasciati i partner indesiderati.
 
 
Siamo come dei reietti della società.
 
Certo, si occupano di noi, nel senso che si assicurano che siamo tutti in salute e presentabili, come delle bestie, da esposizione, appunto.
 
-Forse questo ti aiuterà a capire cos’hai perso.- Mi ha detto Miranda, quella che manda avanti questo pseudo-carcere. –Potresti anche imparare qualcosa-
 
Certo, come no. Non passa giorno che io non desideri essere da tutt’altra parte.
 
Gatomon sta dormendo. Ultimamente si è lasciata un po’ andare. Anche troppo.
 
È l’effetto di questo posto, o almeno credo.
 
A poco a poco, ci si rende conto che, nonostante lo si desideri con tutti se stessi, quello che si è perso non tornerà più.
 
All’inizio si è speranzosi. Si crede che quelli che ti hanno lasciato, si renderanno conto di aver fatto un errore e torneranno a riprenderti quando se ne saranno accorti.
 
Si convive con questa speranza per un po’, nel frattempo attaccandosi ad ogni più piccolo ricordo, anche spiacevole, per rimanere collegati con la vita di prima.
 
Poi, trascorre un po’ di tempo, e si comincia  a diventare spaventati. I ricordi cominciano a sbiadire e si cominciano a dimenticare cose come che giorno è, l’ora,  l’anno.
 
Oh, all’inizio è lieve, naturalmente. Una volta il giorno, una volta un certo particolare. Niente di preoccupante, o così sembra.
 
Non ci si da troppo peso e poi, essendo generalmente in compagnia, si fa presto a riempire i buchi.
 
Si convive con la convinzione che è tutto a posto.
 
È un processo molto lento e graduale. Ci possono volere settimane, anche mesi.
 
Finché, un bel giorno, ci si dimentica chi ti ha portato qui. Magari ti sfugge il nome, o il volto, o quel piccolo dettaglio che solitamente ti aiutava a ricordarlo.
 
Poi all’improvviso ti torna in mente. Il sollievo spazza via quella sensazione strisciante che ti attanagliava, convincendoti che hai ancora il controllo.
 
Si va avanti così per un po’.
 
E poi, un giorno, quando meno te l’aspetti…puff. Tutto svanito.
 
Non importa quanti sforzi si facciano, ci si dimentica tutto.
 
E così, dopo aver dimenticato, si va avanti attendendo che qualcuno ti scelga.
 
Alcuni reagiscono male.
 
Ho visto persone, impazzite, prendere a testate la porta, fino a sanguinare.
 
Altri hanno cominciato a parlottare fitto fitto tra loro, guardandosi intorno con occhi vuoti.
 
Noi li chiamiamo “I Perduti”. Magari sono qui per qualcosa in cui loro non c'entrano.
 
Ce ne accorgiamo dall’espressione di Miranda.
 
Di solito li guarda con un misto di compassione e rabbia.
 
Presumo l’ultima sia rivolta  quelli che li hanno abbandonati.
 
E adesso che succede?
 
Gatomon sta…non è possibile!
 
Quella…è…Gatomon?
 
-Beh, che hai da guardare?-
 
Mi apostrofa, sempre col suo tono da spaesata che la contraddistingue.
 
-Rispondimi!- Insiste poi.
 
Io sono ancora scioccato da quanto ho visto.
 
-Guardati…- Le sussurro, ancora sconvolto.
 
-Oh…questa sono io?- Domanda, non so se più a se stessa o a me.
 
Annuisco, ancora incerto.
 
-Ah, vedo che ti sei evoluta!- Si complimenta Miranda, facendomi sobbalzare.
 
-Ehi, donna! Ma sei impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo!- Le sbraito contro, indispettito.
 
Lei si limita a sorridermi in maniera così maledettamente finta, che se solo potessi le spaccherei la testa.
 
Ma non posso. E lei lo sa.
 
-Miranda! Non dovresti comportarti così!- La sgrida Gatomon, ora evoluta. Ancora non ci credo.
 
La sgridata sembra sortire l’effetto sperato, comunque.
 
Miranda china la testa, ed io cerco di celare la mia soddisfazione di fronte alla sua  condiscendenza.
 
Mi sento comunque orribilmente impotente. So che anche gli altri si sentono così.
 
È normale. Ormai non siamo più padroni delle nostre vite.
 
Siamo costretti ad attendere che ci scelgano, nel frattempo restando confinati qui, lontano dal mondo.
 
-Ragazzi, oggi è il “Giorno dello scambio!” –
 
Annuncia allegramente Miranda.
 
-Di che si tratta?- Domanda Gatomon, pardon, ex-Gatomon.
 
Dovrò decidermi a chiederle come si chiama adesso.
 
-Semplice: voi Digimon e gli umani rimasti qui avrete l’opportunità d’incontrarvi.-
 
Sta dicendo su serio? Vuol dire che potrò uscire da qui, finalmente!
 
-Fra poco ci saranno dei nuovi arrivi. Una volta sistemati, comincerà lo scambio.- Conclude Miranda, salutando e allontanandosi, presumibilmente per dare la notizia a anche agli altri.
 
-Non occorre che vi ricordi che non potete scappare, vero?- Domanda poi, indirizzandoci un’occhiata eloquente.
 
Deglutisco e faccio cenno di aver capito. La mia compagna di cella annuisce.
 
Quei pochi che hanno tentato la fuga sono stati congelati, poveretti.
 
È vero che alcuni erano dei poco di buono, ma altri erano solo stufi di stare qui.
 
Comunque, hanno ancora qualche possibilità i andarsene. Solo meno degli altri.
 
-Guarda, quelli sono i nuovi arrivati!- Mi dice Gatomon, o come si  chiama.
 
Li vedo passare. Un umano, forse sui tredici anni. Un Lopmon. Non se ne vedono tanti.
 
Li rinchiudono in una cella che sta proprio davanti a noi.
 
-Chissà chi sono?-Domanda lei, e a quel punto io le chiedo:
 
-Qual è il tuo nome, adesso?-
 
Lei si volta e mi risponde –Angewomon!- Ovvio. Dopotutto è un angelo!
 
-Chissà cosa gli è successo.- Commento, riferendomi ai nuovi arrivi.
 
Lopmon sta schiaffeggiando il ragazzo. I capelli del ragazzino sono biondi come il grano. Mi sembra di scorgere del nocciola, ma non ne sono certo.
 
Si gira, dopo aver allontanato l’altro, che ora sta armeggiando con la porta.
 
Oh mio Dio!
 
Forse sono pazzo, ma quello mi sembra…
 
-Angewomon!- Chiamo, sottovoce, quasi avessi paura che fosse tutto un sogno.
 
-Che c’è?- Domanda con aria assonnata lei.
 
-Guarda! Guarda quel ragazzo!- Le dico, indicandolo con un artiglio, tremante.
 
-Si, è vero assomiglia molto a…come si chiamava?- Domanda poi, ed io cerco disperatamente di ricordarlo.
 
Forse…forse ci sono…si, ecco si chiama…
 
-David! Quello è David!- Dice Angewomon, anticipandomi di qualche minuto.
 
Annuisco, ancora incredulo.
 
Possibile chi sia davvero lui?
 
E quel Lopmon, allora?
 
-Attenzione prego! Sta per avere inizio la giornata dello scambio! Tutti gli ospiti sono pregati di prepararsi all’apertura delle stanze!- Avverte una voce meccanica al microfono, e tutti ci alziamo e ci prepariamo ad uscire.
 
-I primi dieci minuti saranno dedicati al riadattamento all’ambiente esterno! Potreste avvertire panico, sensazione di paura e confusione. Restate calmi, e cercate di non agitarvi troppo, per non causare problemi!-
 
Detto questo, le porte si aprono e noi ci riversiamo fuori, come dei detenuti a cui è concessa l’ora d’aria, quasi a voler assaporare quella sensazione di libertà ritrovata.
 
Certo, è una libertà fittizia e temporanea, ma sempre meglio di altre ore trascorse rinchiusi li dentro.
 
-Ehi, amico! Come ti va la vita?- Mi domanda un Ogremon, con aria allegra.
 
-Tutto ok, a te invece?- Domando, cercando di essere civile.
 
-Erano anni che non uscivo da lì!- Replica, agitando in aria la sua mazza. –Fa piacere prendere un po’ d’aria, ogni tanto!-
 
-Infatti!- Asserisce Angewomon, nel mentre sgranchendosi le ali.
 
Mi fa ancora un certo effetto vederla evoluta.
 
A proposito, chissà com’è stato possibile?
 
-S-Scusate? Vi s-spiace s-se mi-u-u-unisco a voi?- Balbetta incerto uno Tsubamon, piccolo e innocente.
 
È stato abbandonato qui che era ancora nel suo Digi-Uovo.
 
Quel giorno è stata lasciata qui anche Lara.
 
Lara era una neonata di pochi mesi, quando la lasciarono qui, insieme all’uovo.
 
Adesso è una bimba di circa quattro anni. O almeno credo.
 
-Vieni pure, piccolo!- Gli rispode Angewomon, facendogli segno di avvicinarsi.
 
Lui le salta in braccio e lei e Ogremon cominciano a fargli il solletico.
 
  -Potete andare dall’altra parte, a partire da questo momento!- Riprende a parlare la voce e la grande porta che separa la nostra area da quella degli umani, si apre permettendoci di attraversarla.
 
-Demi!- Sento dire. Abbasso lo sguardo e i miei occhi si soffermano su una cascata di capelli rossicci, al di sotto dei quali due occhi color miele su un faccino lentigginoso, mi fissano curiosi.
 
Il quadro è completato da un sorriso bianco e infantile,  ed un nasino a patata assolutamente adorabile.
 
-Ciao, Lara!- La saluto, con aria da imbecille. O almeno è quello che devo sembrare!
 
Non posso farci nulla. La piccola ha quest’effetto su tutti.
 
-Giochiamo?- Mi domanda con quella sua vocina da birbante.
 
Dunque mi avvicino e, veloce come un fulmine, la prendo per le braccine e la sollevo, per quanto possibile facendola ridere divertita.
 
-Ancora! Ancora, Demi!- Mi incita, sorridendo. Io annuisco.
 
Poi, all’improvviso, succede qualcosa.
 
È un attimo.
 
Tutti sono impegnati a parlare e cercare di tirarsi su di morale, sia Digimon che umani.
 
Ma, in quest’istante, il tempo sembra fermarsi.
 
La scena sembra andare al rallentatore, mentre il vociare si quieta di colpo.
 
E Lara, la sua boccuccia contorta in un rlo di spavento e sorpresa, cade.
 
E cade, e cade ancora.
 
Sono tutti fermi.
 
Rimango a guardare per un secondo ancora, poi scatto.
 
No, non può succedere! Non DEVE succedere!
 
Mi sento stranissimo.
 
All’improvviso mi pare di avere la forza di centinaia di uomini, e, senza pensarci, afferrò Lara, prima che cada nella buca che si è formata nel terreno, proprio sotto di noi.
 
Mi sembra che sia tutto a posto, adesso. Lara è al sicuro fra le mie braccia, la gente mi indica e sussurra e…
 
Un momento…braccia?
 
Da quando ho le braccia?
 
Mi osservo…
 
Oh…
 
Ma che accidenti mi è successo?
 
Sono davvero questo, io?
 
Penso di essere impazzito!
 
-Demi? Sei diventato grande grande!-
 
Dice Lara, tutta contenta, battendo le manine e scalciando l’aria.
 
Vorrei avere un briciolo della sua eccitazione.
 
Ma, soprattutto, vorrei capire cosa mi è successo!
 
-Come ti chiami adesso?- Mi domanda Angewomon, guardandomi seria, Tsubamon ancora tra le sue braccia.
 
-Myotismon!- Rispondo, senza pensarci.
 
-Allora anche tu sei evoluto!- è la conclusione di Angewomon.
 
Veniamo interrotti subito dopo.
 
-Ehi, ragazzino? Dove sono i tuoi genitori?- Sbotta con disprezzo un ragazzone, più grosso che alto, sputando saliva, rivolto a David.
 
-  Che succede? La tua mammina e il tuo papino si sono stufati di te? Eh?- Riprende quella palla di grasso, e a questo seguono le risate di altri due ragazzi, alti ma con aria poco sveglia, i suoi scagnozzi, presumo.
 
 
Sento un’irrefrenabile impulso di prendere quella palla di lardo per le mutande e…
 
-E il tuo partner? Che c’è? È stato lui a portarti qui?-Insiste il lardoso, ostentando finta compassione.
 
-Si, è vero! L’ho visto io, Buster!- Replica uno dei suoi scagnozzi, quello sulla destra, capelli neri, impomatati fino all’inverosimile.
 
Il puzzo disgustoso di quella sostanza m’invade le narici facendomi contorcere le budella.
 
Anche gli altri sembrano disturbati da tale immondo fetore.
 
Sento dei mormorii. Dicono che qualcuno dovrebbe intervenire.
 
-Non andare!- Mi dice Angewomon, avendo intuito le mie intenzioni, posandomi una mano sulla spalla.
 
So che qualcuno deve farli smettere. Ma so anche che ci saranno delle conseguenze, se qualcuno dovesse farsi male sul serio.
 
-Già. L’ha portato qui e la donna che era con lui si è portata via DeviDramon!- Ribatte l’altro, che ha solo un ciuffo di capelli biondo cenere a coprire la sua testa altrimenti pelata.
 
A quelle parole, lo sguardo del lardoso si fa furente. Butta fuori aria dal naso e la sua bocca si contorce in un’immagine di crudeltà bestiale. Afferra saldamente david per il colletto della maglia e lo avvicina al suo viso.
 
Non so come sia, ma a giudicare dall’espressione disgustata che fa, si direbbe che il suo alito sia nauseabondo, almeno.
 
Strofina i piedi per terra, ripetutamente, sollevando polvere.
 
È simile ad un grasso toro infuriato che si prepara a caricare il malcapitato di turno.
 
-Beh, novellino, c’è una cosa che dovresti sapere- Inizia, e, se i suoi occhi fossero magma bollente, David sarebbe squagliato.-Quel DeviDramon era MIO, dunque tua madre me l’ha rubato-
 
-Ed io, non tollero che mi si rubi ciò che è MIO!- Detto questo, si prepara a scagliare un pugno in faccia a David.
 
Lui chiude gli occhi.
 
Tutt’intorno, la folla tace. È un silenzio carico di paura e tensione.
 
I due scagnozzi sogghignano e poi sghignazzano divertiti.
 
Patetici esempi di persone vuote.
 
Il braccio di Buster parte verso il suo bersaglio.
 
Ma non ci arriva.
 
-C-cosa? Come…?- Farfuglia confuso.
 
Una mano lo tiene saldamente immobile, per il polso.
 
La mia.
 
-Come ti permetti?- Mi abbaia contro, furioso, sputando saliva sula mia faccia e nei dintorni.
 
La folla emette un “Ahhh!” collettivo.
 
-Myotismon…!- Esclama Angewomon, un misto tra rimprovero e stupore.
 
Io li ignoro.
 
La mia attenzione è tutta per il lardoso.
 
-Sean! Tyler!- Abbaia ai suoi scagnozzi, nel mentre tentando di liberarsi dalla mia presa, e colpire David.
 
La sua forza è solo un’infinitesimale frazione della mia.
 
Mi basterebbe un nonnulla, e potrei spezzargli il braccio.
 
La mia espressione calma lo fa infuriare ancora di più.
 
-Saen! Tyler! Attaccate!- Sbraita nuovamente, nel mentre tentando di sferrarmi un calcio.
 
Blocco il suo piede con la mano.
 
Lui è sempre più furioso e lotta per liberarsi.
 
Poi, si gira e sbraita di nuovo –Sean! Tyler! Vi avevo detto di--
 
 Si blocca, e la sua espressione fin’ ora irata muta in una scioccata.
 
I due imbecilli sono stesi a terra, immobili.
 
È stato un giochetto arrivare alle loro spalle e metterli a nanna.
 
-Come ci sei riuscito? Che sporco trucco è questo?- Mi sibila contro, e nei suoi occhi è presente un accenno d’incertezza, in mezzo ad un mare d’odio.
 
Sento la sua paura. Il suo sangue ne è saturo.
 
Provo un forte desiderio di affondare i miei canini nelle sue carni flosce e cedevoli, ed assaporarne il dolce nettare.
 
Al solo pensiero mi viene l’acquolina in bocca.
 
Mi lecco le labbra, sentendo crescere la bramosia.
 
La mia aria famelica lo fa andare in panico.
 
Oh, si…è così squisito questo profumo…
 
-Lasciami! Lasciami andare, capito?- Urla, il misero insetto, dimenandosi come un pesciolino nella rete.
 
Io sorrido, allora, pregustando il momento in cui potrò saziare la mia sete.
 
Lui continua a tirare con tutte le sue forze.
 
Io lo lascio fare, poi mollo la presa.
Lui rotola all’indietro, proprio come una palla.
 
Quando recupera il controllo di sé, si gira e striscia sulla schiena, tentando di allontanarsi.
 
Com’è patetico.
 
-No! Non ti avvicinare! Vai via!- Implora, terrorizzato.
 
Io ormai, ho in mente solo una cosa.
 
Sangue.
 
Rosso, dolce, succoso sangue.
 
Ma, proprio mentre sto per chinarmi sull’ormai inerme e piangente ragazzino, sento una voce.
 
-Fermati!- Mi dice.
 
Ma chi diavolo è?
 
-Per favore, fermati!- Insiste.
 
Che razza di seccatura!
 
-Non farlo!- Riprende.
 
-Non ne vale la pena!-
 
Ma che sta dicendo? Certo che ne vale la pena!
 
-Vuoi restare qui ancora a lungo?- Prosegue quella voce, con aria di scherno.
 
Qui? A che si riferisce?
 
-Non hai imparato niente, dopo tutto questo tempo?-
 
Non ho…imparato…niente?
 
All’improvviso, un turbinio d’immagini e suoni si fa strada nella mia mente.
 
Voci di umani e Digimon.
 
La voce di Miranda.
 
Io e Gatomon.
 
Io e Debrah.
 
Io e…David, qualche giorno prima che mi portasse qui.
 
I primi giorni di prigionia.
 
Gatomon che piangeva di notte.
 
Io che piangevo.
Io che desideravo tornare a casa.
 
Io e Angewomon, poco fa.
 
I tre bulli, che stavano minacciando David.
 
Il lardoso, che stava per colpirlo…
 
Io, che l’ho fermato.
 
Il lardoso che implorava…
 
Oh mio Dio!
 
Che cosa stavo per fare!
 
Scuoto la testa, cercando di riprendere il controllo di me.
 
Sono ancora qui. Gli altri mi guardano preoccupati.
 
Il lardoso è ancora a terra, che trema. Sono arrivati i guardiani. Probabilmente lo isoleranno.
 
E…David.
 
È ancora lì a terra.
 
Mi volto e lo aiuto ad alzarsi.
 
-Ciao.- Saluta, timido.
 
La sua voce è cambiata, ma non il suo carattere.
 
-Come va?- Chiedo, fingendo indifferenza.
 
-Non c’è male, a parte i bulli…- Scherza lui, abbassando lo sguardo.
 
Poi si volta verso Angewomon.
 
-Non le avrai messo le mani addosso, vero?- Chiede, con aria maliziosa.
 
-Io? Addosso a lei?- Mi fingo indignato, e la guardo con falso disgusto.
 
-Semmai, sono io, che non vorrei toccarti neanche con un mignolo!- Replica la bionda , incrociando le braccia al petto, e voltandosi dall’altra parte.
 
-Mi sei mancato!- Mormora commosso David, al che mi blocco.
 
-Anche tu mi sei mancato…- Gli rispondo, mentre cerco di celare l’imbarazzo affondando le dita tra i suoi capelli.
 
-Senti…e se…- Comincia lui, un po’ incerto. È arrossito.
 
-Via, David! Arrossire è da femminucce!- Lo canzono, cercando di farlo ridere.
 
-Ma guarda, non sapevo che fossi una di loro!- Mi risponde a tono lui.
 
Io sbatto le palpebre, incredulo.
 
Poi scoppiamo a ridere, come matti.
 
-Dunque, volevo chiederti se…- Riprende il discorso dopo aver preso un respiro.
 
-Dimmi pure, ti ascolto!- Gli dico, non so neanche esattamente perché.
 
-Sai, io ho ancora il mio biglietto…-
 
Un attimo! Ma allora come mai è qui?
 
-Mi ha portato qui il mio partner, sai, quello che ho scelto dopo che…insomma…- Si ferma, non è necessario che prosegua.
 
-La cosa buffa è che, anche mia madre non mi voleva!- Lo dice con finta noncuranza, ma io so che gli fa male.
 
Lui adorava sua madre.
 
-Quindi, sai, visto che le cose stanno così…- Mi dice, guardandomi con un misto di speranza e timore.
 
-Stavo pensando…cioè mi stavo chiedendo…-
 
A queste sue parole, segue un ricordo.
 
Risale a quando David aveva cinque anni.
 
Voleva andare a giocare al parco. Io l’ho mandato via, a male parole, ma lui ha detto:
 
-Se potremmo andarci insieme?-
 
Con lo stesso tono che sta usando ora.
 
-Se non ti andrebbe di…venire via con me.- Conclude, guardando a terra.
 
Aspetta un attimo…vuol dire che…?
 
-Ma David…io pensavo che…?-
 
-Sai, sono passati sette anni, da allora…-
 
Mi dice lui.
 
Davvero? Sette anni…
 
Incredibile.
 
-E tu mi sei mancato davvero tantissimo.- Mi spiega poi.
 
-C’è un vuoto in me…che ho cercato di riempire, scegliendo un altro…-
 
Un vuoto, dentro di lui?
 
-Anch’io…l’ho sentito…-
 
Mormoro, abbassando lo sguardo a mia volta.
 
-Ma, le cose…non sono andate come speravo.- Aggiunge poi, con aria afflitta.
 
-Anzi, mi si sono…ritorte contro…-
 
Vedo delle lacrime scendere dal suo viso.
 
 A questo punto, lo abbraccio, stringendolo forte.
 
-Sshhh…va tutto bene…sei con me, adesso.- Gli sussurro, cercando di calmarlo, e allo stesso tempo di ricacciare il nodo in gola che mi sta strozzando, quasi.
 
È la prima volta in tanto tempo, che mi permetto di lasciare che le mie emozioni mi avvolgano.
 
Le ho sempre represse, per non apparire vulnerabile, ma adesso basta.
 
Sento una profonda sofferenze insieme a quel vuoto, freddo e desolante che si prova quando si viene abbandonati.
 
Ho combattuto con quel freddo per sette anni, cercando disperatamente di resistere, di evitare che mi penetrasse fin nello spirito.
 
Mi sei mancato, David… non immagini neanche quanto, amico mio.
 
Se sapessi di tutte le notti che ho passato, raggomitolato su me stesso, a pensare a tutte le cose che tu e lui stavate facendo, e che, se solo fossi stato migliore, avremmo potuto fare insieme.
 
Non sai che cosa non avrei dato, pur di poter passare un solo, infinitesimale, attimo del mio tempo, con te.
 
Spesso, in quelle lunghe ore in cui non c’era nessuno, fantasticavo di poterti vedere.
 
Immaginavo che saresti entrato da quella porta, e saresti venuto da me.
 
Avremmo parlato, magari all’inizio tu ti saresti arrabbiato, più per controllare che fossi cambiato, che per effettivo astio nei miei confronti, perché tu non sei mai stato il tipo da portare rancore.
 
Poi io ti avrei chiesto scusa, e saremmo tornati a casa insieme.
 
Magari avremmo convinto anche Debrah, a riprendere Gatomon.
 
Quando arrivava gente, ero diviso in due:
 
Speravo che m’ignorassero, così avrei potuto ancora attendere il tuo ritorno, o magari che mi scegliessero, così avrei avuto modo di venire a  cercarti, una volta lasciate queste mura.
 
Poi, insieme, avremmo tirato fuori Gatomon.
 
Avremmo convinto Debrah a riprenderla come partner e saremmo tornati ad essere una famiglia.
 
Ma, a quanto pare, queste fantasie sono destinate a restare tali. Almeno in parte.
 
-Debrah non…ti voleva?- Sento chiedere ad Angewomon, con voce rotta dal pianto.
 
-Esatto…-Le risponde lui, la sua voce ridotta ad un filo.
 
Angewomon crolla a terra, piangendo.
 
-Allora? Che ne dici?- Mi chiede di nuovo David.
 
Non ho bisogno di pensare per rispondergli.
 
-Si!- Affermo con convinzione.
 
-Evviva!- Esulta tutto felice. Poi mi abbraccia più forte di prima.
 
-Bene! Se le cose stanno così, potrete andare via domattina!- Annuncia allegramente Miranda, apparsa alle nostre spalle.
 
-è inusuale che avvenga, ma, dopotutto, c’è una prima volta per tutto, no?- Cinguetta, divertita.
 
Noi ci limitiamo ad annuire.
 
 
È mattina, finalmente.
 
Questa è stata la nostra ultima notte qui dentro.
 
Abbiamo convinto Miranda a farci portare via anche Angewomon da lì. Le abbiamo detto che sappiamo noi a chi affidarla.
 
È stata dura, ma alla fine, ci siamo riusciti.
 
 
-Mmhh! Mhhh!- Mugugna la bionda, imbavagliata, da dietro di noi.
 
-Accidenti se tira eh?- Mi dice David, tentando di tenerla ferma.
 
-Già. E pensare che sembrava così mansueta prima!- Osservo, mentre mi assicuro che le catene che la bloccano siano ben salde.
 
 
-Chissà come sarà contento!- Esclama David, riferendosi a suo padre.
 
-Sono felice che tu l’abbia ritrovato!- Gli rispondo, arruffandogli i capelli.
 
Lui scuote la testa, mentre ci avviamo verso la prigione.
 
Il padre di David è un poliziotto molto speciale.
 
- Ah, ragazzi! Finalmente! Ce n’è voluto di tempo, eh?-
 
-Si, papà! Davvero tanto!- Replica David passandogli un braccio intorno alle spalle, mentre con l’altra mano continua a stringere Angewomon, che ancora cerca di liberarsi.
 
-Ci si rivede, vecchio mio!- Pronuncia poi, rivolto a me.
 
-Signor Robert, che piacere!- Rispondo, allungando una mano.
 
  -Avete fatto un ottimo lavoro! Bravi ragazzi!- Si congratula, per poi prendere in consegna una scalciante Angewomon.
 
-Sembra proprio agitata.- Costato io, neutro.
 
-Ha ben ragione ad esserlo! Rischia la pena capitale!- Replica Robert, per poi guardare la prigioniera.
 
La bionda ha un’espressione insieme furiosa e terrorizzata in volto.
 
-Non credevo ci avremmo messo sette anni, a smascherare queste criminali!- Aggiunge poi, dando dei colpetti sulla schiena di Angewomon, che ha cominciato a piangere.
 
-Via, via ragazzona! C’è ancora una possibilità per te!- Le dice,con voce dolce, tentando di calmarla. Lei tira su col naso allora e si ferma.
 
 
-Lei è troppo buono con questa delinquente!- Sbotto, contrariato.
 
-In fondo, la vera delinquente è Debrah, voi lo sapete! Non è colpa sua, se le è capitata una delinquente per partner!- Replica Robert, cercando di calmare gli animi.
 
David annuisce ed io mi trovo ad essere d’accordo.
 
Il caso di Debrah Collins e della sua partner, che ora è in catene e sta per essere rinchiusa, è stato aperto tredici anni fa.
 
La donna, ordinando a Gatomon di ipnotizzare il qui presente Robert Blank, lo ha costretto a fare sesso con lui, ed è rimasta incinta.
 
Da questa sfortunato accadimento, è nato David.
 
Il padre ci ha contattati non appena ha potuto.
E da lì, è nato il piano.
 
Io mi sarei comportato in maniera odiosa col bambino, facendo in modo da essere spedito qui.
 
Debrah avrebbe approfittato di ciò, per spedire Gatomon lontana, dopotutto era sua complice.
 
Così, solo con David, avrebbe potuto scappare.
 
Ma la donna non ha mai avuto pazienza coi bambini.
 
Così, ha pensato bene di sbarazzarsi di lui. E di prendere un altro digimon, per scappare.
 
Ma, naturalmente, questo ha giocato tutto a nostro favore.
 
-Dai, Myo. Andiamo a casa.- Mi dice David.
 
Quelle due sono in carcere, adesso.
 
L’agente Robert Blank  ha finalmente messo la parola fine a questa storia.
 
Non per niente, è uno dei migliori agenti nel suo campo.
 
Da quando, circa 500 anni fa, i Digimon sono entrati a far parte della vita degli esseri umani, si sono presi provvedimenti affinché gli eventuali reati commessi a danno di altre persone con l’aiuto di Digimon,  venissero efficacemente contrastati.
 
E così è nata la polizia anti-partner.
 
-Ok, amico. Si torna a casa!- Gli rispondo, sorridendo.
 
-Io ho voglia di una pizza.- Mormora nel mentre portando una mano allo stomaco.
 
-Io di un po’ di sangue.- Rispondo con aria sognante.
 
-Lasciatemi un po’ di pizza, ragazzi!-
 
Si raccomanda Robert.
 
-Ok, papà! A dopo!- E con queste parole, ci avviamo alla pizzeria più vicina, per rifornirci di pizza.
 
 
 
 
Tre settimane dopo
 
Sono tre settimane esatte che stiamo di nuovo insieme.
 
Ogni tanto, andiamo in carcere a trovare Debrah.
 
Anche se è una criminale, è pur sempre la madre di David.
 
Angewomon ha ottenuto la grazia. Era stata manipolata da Debrah, per poi essere gettata via. Questo le ha spezzato il cuore.
 
Oh, eccola lì…
 
-Salve. È un po’ che non ci si vede!- Mi saluta, cercando di suonare docile. Si sente ancora un po’ a disagio, con me.
 
-Già. Come procede qui?- Domando, osservando bene la casa.
 
Già. È qui che vive adesso. Con noi.
 
-Tutto a posto, signore!- Replica, mettendosi sull’attenti. Io annuisco, soddisfatto.
 
-Myo, siamo a casa!- Annuncia David, entrando a passo di marcia in cucina, con un cartone di pizza enorme.
 
-Ma quanto mangiate!- Lo apostrofo, tra l’incredulo e il divertito.
 
-Siamo agenti di polizia! Abbiamo bisogno di mantenerci in forma!- Ridacchia Robert, poi i due si siedono a tavola.
 
-Tu non mangi?- Domanda David. Io, a quel punto, afferro Angewomon e succhio un po’ del suo sangue.
 
Dopo diversi minuti, mi fermo.
 
-Oh, no! Di nuovo!- Si lamenta Robert.
 
-Papà, stavolta ci penso io!- Si offre volontario David, alzandosi trascinando via Angewomon, tirandola per la catena che ha addosso.
 
-Quante volte dovrò ripeterle che quando tu devi bere il suo sangue, deve sdraiarsi sul letto, per evitare di sporcare il tappeto?- Borbotta sconsolato il pover’uomo.
 
-Tranquillo, Robert, lascia fare a me.- Replico, andando in cantina, dove David ha incatenato Angewomon.
 
-Certo che abbiamo davvero un ottimo sistema per reintegrare i criminali nella società, vero?- Mi dice David, mentre si allontana.
 
Io annuisco.
 
-Mi raccomando, non andarci troppo pesante! Lo sai che senno non ce la fa a lavorare no?-
 
Annuisco nuovamente, poi torno a concentrarmi su Angewomon.
 
-Mi dispiace…mi dispiace…- Prende a dire, spaventata.
 
Io roteo gli occhi.
 
-Lo sai come funziona, no? Queste sono le regole.- Pronuncio, facendo comparire una frusta infuocata nella mia mano.
 
-No! No! Per favore! Farò attenzione la prossima volta, lo prometto!- Pigola, con tono supplichevole, tremando.
 
Che commediante…sospiro, mentre la faccio voltare e mi preparo a frustarla per bene.
 
E, mentre le sue urla riecheggiano nello spazio angusto della cantina, le dico:
 
-Te l’ho ripetuto tante volte: se vuoi tornare ad essere libera, devi fare attenzione! Non vorrai tornare allo zoo, vero?- E nel mentre, ripenso ai sette anni che ho passato in sua compagnia rinchiuso come un qualsivoglia criminale.
 
Credevo che non l’avremmo mai presa, quella bastarda. Ma, alla fine, giustizia è stata fatta.
 
In quanto ad Angewomon, beh…dovrebbe ritenersi fortunata se non sfogo su di lei la mia frustrazione per questi sette anni lontano dal mio David!
 
A parte questo, finalmente io, David, Robert e…
 
-Ehi, amico, lasciala un po’ anche a me!- Ah, ecco. È arrivato finalmente.
 
-Phelesmon, che piacere vederti, vecchia pellaccia!- Gli dico, mentre quello fissa il suo sguardo su Angewomon.
 
-Vai, è il tuo turno, adesso!- Aggiungo, facendogli segno di avvicinarsi.
 
Lui annuisce, e poi mi dice
 
-L’ha fatto di nuovo, eh?- Io annuisco.
 
-Sei proprio incorreggibile…- Commenta, sconsolato.
 
-Già. E dire che io glielo ripeto sempre.- Rispondo, mentre sto per uscire dalla cantina.
 
-Ma veramente, io mi riferivo a te, mio caro!- Mi risponde lui, sfrontato come non mai.
 
-Ah-
 
-Myotismon! Dai, vieni sta iniziando la partita!- La voce di David mi blocca prima che io possa ribattere.
 
-Uno a zero, fratello!- Mi sfotte Phelesmon.
 
Io mi fingo sconfitto e m ne vado. Ma, prima…
 
-Auhahauah!- Grida Phelesmon, mentre io, chiusa la porta, me ne vado sul divano, seduto in mezzo a Robert e David, mentre l’arbitro suona il fischio d’inizio e inizia la partita.
 
   -Perché Phelesmon urla?-Mi chiede Robert, gettando un’occhiata alla porta della cantina.
 
-Sai com’è fatto. Si sarà chiuso di nuovo la coda nella porta.- Rispondo con noncuranza.
 
I ragazzi mi guardano un po’ incerti, poi scrollano le spalle e ritornano a guardare la tv.
 
-Uno pari, palla al centro!- Esulto, mentre uno degli attaccanti lancia la palla, cercando di fare goal.
 
 
 
 E così finisce la nostra storia. Le vite di David, Robert, Debrah e i loro Digimon, hanno preso una piega del tutto nuova. Perciò, ricordate. Se dovesse capitarvi uno strano invito, non esitate ad accettarlo. Questo ovviamente, se avrete voglia di fare un viaggio…ai confini della realtà!
 
 
 

 
 
 
Spero di non beccarmi qualche ammonizione! Ho voluto rendere omaggio alla serie tv “Ai confini della realtà”, titolo originale “The Twilight zone”. Spero che vi piaccia! Fatemi sapere, ok?
Un bacione.
Werewolf1991  
 
  
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