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Autore: wideawake    21/07/2012    0 recensioni
La storia di Petrel, ex-generale del Team Rocket, che decide che non è mai troppo tardi per ricominciare a seguire i propri sogni.
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Il primo passo fatto per iniziare la sua nuova vita fu di liberare tutti i Koffing e i Weezing che gli erano stati affidati in allenamento una volta diventato generale. Aveva sempre notato come quelle creature soffrivano nell’essere sfruttate fino all’ultimo momento, per poi vederle cadere a terra miseramente a terra, esauste. Questo trattamento non se lo meritavano, e liberarli fu la prima cosa che volle fare. Solo dopo tutto ciò comprò il primo biglietto possibile per poter fuggire lontano da Johto e Kanto: non poteva rimanere, non voleva rimanere. Il carcere lo spaventava, e visto quello che aveva fatto forse avrebbe fatto più di qualche anno chiuso in una stanza buia. L’unica cosa che l’avrebbe trattenuto, forse, sono gli altri generali, con cui aveva stretto un legame molto forte nonostante i suoi e i loro ideali.

Erano le 00:44 e la serata era limpida. I quattro generali del Team Rocket, per una volta senza divisa, ma in abiti normali, erano davanti alla stazione del treno di Zafferanopoli. “Direi che questo è un addio… non credo che nessuno di noi quattro si potranno più rivedere… è troppo pericoloso” disse affranto Archer, quasi sul punto di piangere. Petrel non lo aveva, anzi, non li aveva mai visti così i suoi compagni. Nelle facce di ognuno di loro si leggeva la delusione di un fallimento, la vergogna di non essere riusciti a completare qualcosa d’importante, in cui credevano. Ma Petrel non si sentiva deluso, anzi, si sentiva quasi sollevato. Salendo sul treno, spegnendo l’ennesima sigaretta fumata della giornata, salutò tutti con un sorriso: “Ci rivedremo, non è vero che è finita qui. Un giorno… magari quando saremo vecchi… ci rivedremo”. Dette queste parole la porta del treno si chiuse con un tonfo, e salutando gli altri dal finestrino ebbe solo un sussulto. Non voleva mai far vedere le sue debolezze, o vedere di poter essere triste anche lui. Era lo scemo, il burlone della squadra, se si metteva a piangere o disperare lui, chissà che poteva succedere al resto della compagnia.  Pensò, però, che essendo da solo qualche lacrima se la poteva per mettere: la vita sarebbe cambiata definitivamente da quel momento in poi.

Lui, nel Team Rocket, non era mai voluto entrare. Ci era capitato, forse in un periodo in cui servivano più i soldi che gli ideali, e per questo neanche ha badato a quello che stava facendo, e a quali potessero essere le conseguenze… dopotutto mantenersi costava, un lavoro non si trovava e lui si reputava un buono a nulla. “Allenare Pokémon non sarà poi così complicato” pensava, ricordando quando era stato bambino e gli regalarono la sua prima “compagna” di avventure, una Budew femmina che aveva chiamato Foglia. Petrel adorava Foglia quasi come se stessa, lui l’ha vista evolvere in una bellissima Roselia, lei l’ha visto crescere fino al suo ventesimo compleanno, giorno in cui ci furono i funerali di Foglia e la sua sepoltura nel cimitero di Lavandonia. Da quel momento Petrel decise che non avrebbe più allevato un Pokémon. La decisione fu mantenuta a tutti gli effetti, fino a dieci anni dopo il funerale, quando entrò nel Team Rocket come un semplice scagnozzo.  La sua carriera all’interno dell’organizzazione durò per appena due anni (la promozione, infatti, arrivò inaspettatamente presto).

Ora, all’età di 34 anni, si ritrovava a fuggire verso il nulla, a dover ricominciare una nuova vita senza nessuno su cui fare affidamento, se non un vecchio amico che abitava a Austropoli, nella regione di Unova. Il viaggio sarebbe durato 6 ore, fu provvidenziale prendere un treno la sera, per poter quantomeno dormire e rilassarsi un po’. Era agosto e l’aria condizionata era rotta. Petrel si era messo la sua maglietta viola e i suoi soliti pantalocino strappati e usurati (dal veleno sputatogli addosso qualcuno dei Koffing più ribelli). La sua divisa da lavoro estiva era diventata qualcosa di banale, e questo gli faceva un certo effetto. Immerso dai pensieri arrivò al suo posto un po’ barcollando, causa la velocità che aveva acquistato il treno in quella manciata di minuti. Non aveva accanto nessuno, se non al posto davanti una signora grassoccia e sudata con accanto un Purugly che ogni tanto tirava un’occhiataccia alla sua presunta padrona, forse infastidito dal suo russare. Sistemata la valigia, Petrel si buttò sul suo posto e si sdraiò occupando anche l’altro, con le gambe a dondolare verso il corridoio e i piedi a giochicchiare con le sue infradito. Farle sbattere su e giù con la pianta dei piedi, oltre a farlo pensare e rilassare, gli ricordava i momenti quando andava al mare vicino a Fucsiapoli e si godeva il sole con i suoi amici e Leaf. Ma quella serata, tra un po’ di stanchezza e tristezza non gli permetteva di fare riflessioni così profonde. I suoi pensieri variavano tra “Chissà come ce l’ha fatta la casa Artemio”, “Voglio farmi una doccia” e “Puzzo? Oddio… si.”. Nel giro di una ventina di minuti sentì gli occhi farsi pesanti e si addormentò. Si risvegliò all'alba, sentendo una botta sui piedi. Era il capotreno che lo avvertiva che stavano entrando nella stazione di Austropoli.

  
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