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Autore: LunadiNotte    22/07/2012    2 recensioni
Denaro, Religione, Scienza, Guerra, Pace. Concetti astratti a cui si associano comunque persone in carne ed ossa.
Scienziati, Capi Spirituali, Politici.
E se anche Tempo e Spazio avessero dei rappresentanti in carne ed ossa?
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Central Park di notte è affascinante, quasi surreale. Vista poi ricoperta dalla neve arrivava quasi a diventare un set cinematografico stile film natalizio; era piacevole camminarci dentro, nel silenzio più totale, fra alberi illuminati a festa e piccole stradine utili al popolo newyorchese a godersi una tranquilla passeggiata in quel grande polmone verde della grande mela. I numerosi laghetti presenti erano solitamente occupati da varie razze di uccelli acquatici, ma col freddo uno spesso lastrone ghiacciato ricopriva la superficie dell'acqua, rendendo impossibile la navigazione degli sfortunati pennuti migrati ormai in zone più calde. La calma che aleggiava nell'aria non era disturbata da nessun rumore che non fosse quello della neve che continuava a ricoprire tranquillamente ogni cosa, un manto glaciale che attutiva anche i rumori lontani provenienti dalla città.

Una figura minuta era accoccolata su una delle panchine sulle rive del laghetto più grande del parco, immobile, talmente ferma da sembrare quasi una statua, tranne per un unico, lento movimento che faceva a tratti alterni di tempo, quello di portarsi alla bocca una sigaretta, aspirarne una boccata, attendere qualche secondo e riabbassare il braccio, buttando contemporaneamente fuori il fumo dalle pallide labbra.

A parte la figura solitaria, non c'era anima viva in giro.

Dalla città provenivano i rumori del traffico caotico che riversava nelle strade; chi rientrava a casa, chi aveva scelto proprio l'ultimo momento per comprare i regali del  natale praticamente alle porte o chi semplicemente si godeva le feste e le gioiose sensazioni che ne derivano semplicemente rimanendo bloccato negli enormi ingorghi tipici della metropoli.

Un'altra boccata di fumo si disperse nell'atmosfera.

L’ombra lanciò lontano il mozzicone, che atterrò su un cumulo di neve poco più in là, spegnendosi all'istante e sparendo alla vista.

Si alzò lentamente dalla panchina che stava occupando stiracchiandosi, portando le braccia in alto e incrociando le dita verso il cielo; rimase qualche istante in quella posizione, con gli occhi fissi all'immenso manto grigio che si estendeva sopra di lei, sospirò e riabbassò le braccia, togliendosi nel movimento in cappuccio della felpa che le nascondeva il capo. Una folata fredda le scompigliò i lunghi e spettinati capelli neri che le ricaddero morbidi lungo le spalle, superandole la vita, facendola rabbrividire. Di nuovo fissò lo sguardo verso un punto indefinito dell'intreccio di alberi; gli occhi di un verde intenso sembravano cercare qualcosa o qualcuno.

L'immobilità che aveva assunto era la stessa della posa che aveva abbandonato qualche istante prima; ma stavolta un sorriso rassegnato le si disegnò sul volto.

“Si va in scena”, mormorò con un sospiro.

Parlò tranquilla, con una voce chiara e antica, rivolgendosi a qualcuno che solo lei sembrava vedere.

“Allora? Vuole uscire fuori o dobbiamo rimanere a congelare qui tutta la notte?”

Le parole erano state pronunciate dalla ragazza continuando a fissare dinnanzi a sé, ma con un gesto fluido inclinò la testa verso destra, sempre mantenendo lo stesso ghigno.

Un uomo sulla quarantina era comparso a pochi metri nel punto in cui stava guardando.

Si fissarono per qualche istante, incrociando gli sguardi in un gesto che sembrava un saluto da parte di entrambi; nessuno dei due abbassò gli occhi al cospetto dell'altro. Due ombre, due presenze che si scrutavano con fare amichevole.

 Fu l'ultimo arrivato a spezzare il silenzio.

“ Credevi che non ti avremmo trovato?”

Una breve risata divertita.
“Beh, diciamo che ci speravo più che altro, Capitano...”, calcò bene l'ultima parola e continuò.

“Ma come si potrebbe sfuggire alla potentissima, meravigliosa e affascinante Prima Squadra dell'altrettanto potentissimo, meraviglioso e affascinante Consiglio?” continuò a ridacchiare.

Dall'altra parte l'uomo non era per nulla divertito

“Molto spiritoso Erika, davvero. Ah-Ah-Ah, sto morendo dalle risate.”

La ragazza rise per qualche attimo mentre l'uomo proseguiva con una voce più cupa.

“Non puoi fuggire.”

Erika tornò seria all'istante. Lo scrutò a lungo, come per cercare di intuirne le intenzioni, poi si limitò a controbattere

“Sbagliato, Capitano, io posso fuggire, siete voi che sperate che io non lo faccia”, ancora una volta il ghigno comparve sul volto della ragazza

“Erika... ti prego... non farlo”, l'uomo assunse un'espressione fra il triste e l'arrabbiato ma continuò a parlare. “Sei troppo debole per combattere, forse non per fuggire, hai ragione, ma siamo in molti... e tu prima o poi ti stancherai...”, scelse attentamente le parole, dosandole con cura.
“ L'ordine di cattura potrebbe evolversi in qualcosa di peggio, Erika.”

La ragazza sgranò gli occhi sorpresa, tornando a rilassarsi subito dopo.

“Viva o morta eh?”, un lampo di rabbia le attraversò il volto, che abbassò subito verso la neve ai suoi piedi. Quando parlò la sua voce era fredda e calma.

“ Dica al Consiglio che la risposta era ed è rimasta no”, fece una breve pausa rialzando lo sguardo e puntandolo in quello dell'altro. “Sottolinei il fatto che no è stata la risposta negli ultimi quattro millenni, e che mi sembra davvero stupido da parte loro pensare che io possa cambiare idea proprio ora”. Con un gesto stizzito tirò fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca, prendendone una e portandosela alla bocca.

L’espressione si fece ancora più dura.
“E gli dica anche che continuare a mandare lei è ridicolo oltre che inutile”, sottolineò bene ogni parola, prima di accendersi velocemente la sigaretta.

La breve fiammata dell’accendino le illuminò per un istante lo sguardo, indurito da una rabbia malcelata.

I lineamenti dell’uomo si contrassero in un piccolo spasmo.
“La tua cattura è stata assegnata a me, non dimenticarlo”, ribatté atono.

Erika aspirò una boccata, trattenendo il fumo nei polmoni per qualche secondo prima di gettarlo fuori scuotendo la testa e ridacchiando.

“Anche il mio addestramento era stato assegnato a lei; crede di essere stato un cattivo maestro, Capitano?”

L’uomo la fissò senza capire “Dove vuoi andare a parare Erika?”

La ragazza gli si avvicinò di un passo, rimanendo comunque ad un paio di metri da lui.

“ Le sto chiedendo se davvero crede che io non abbia superato il maestro, se davvero è convinto che io non possa continuare a sfuggirle all’infinito.”

Attese qualche secondo prima di continuare

“Oppure è tutta una messinscena, e continua a darmi la caccia non solo perché glielo ha ordinato il Consiglio ma perché ormai è tutto ciò che le resta dei bei vecchi tempi.”

Lo sguardo dell’uomo si indurì maggiormente, ma non rispose.

Un sorriso vittorioso comparve sul volto della ragazza, mentre il silenzio si prolungava di secondo in secondo.

“Non è colpa mia se ci troviamo in questa situazione.”

La voce del Capitano le risultò piena di rancore in quell’istante; il sorriso le si spense in un attimo.

L’uomo continuò a parlare
“Sai benissimo che mi diverto a darti la caccia esattamente quanto tu ti diverti ad essere braccata”, disse quasi ringhiando.

La ragazza assottigliò lo sguardo
“ E lei sa benissimo che essere braccata è una cosa con cui convivo da quando ero bambina.”

Gettò la sigaretta a terra, schiacciandola sotto la scarpa.

“ L’unica cosa diversa ora è il cacciatore.”

Ancora il silenzio a circondarli.

Passò diverso tempo prima che Erika riprendesse a parlare

“Andiamo avanti col copione, Capitano. La parte in cui ci insultiamo, punzecchiamo e rinfacciamo quello che è stato ormai non mi diverte più.”

Detto ciò si voltò iniziando a camminare dalla parte opposta.

“Erika, fermati!”, l’ordine fu impartito dal Capitano con una voce colma di rabbia.

La ragazza si limitò a fermarsi, guardandolo da sopra alla spalla sinistra.

“Chi arriva ultimo paga pegno.”

Con uno scatto fu subito fra gli alberi del bosco che li circondava.

 “ERIKA!!! Sta fuggendo!!! Verso Est, fermatela!!”, si gettò all'inseguimento subito dopo aver urlato gli ordini.
L’avevano circondata da un bel po’ di tempo, ma aveva dato preciso ordine hai suoi uomini di non muovere un muscolo fino a nuovo comando.
Il fatto che avesse permesso alla ragazza di fuggire prima di dare l’ordine era una di quelle cose per cui si sarebbe preso a pugni da solo.

Dall'oscurità emersero dieci figure che inseguirono a ruota le prime due, ormai già lontane.

Erika sfrecciava sicura fra gli alberi, schivandone le fronde più lunghe all'ultimo minuto, zigzagando e cambiando direzione ogni secondo, ma avendo ben chiara in mente la sua “zona di fuga”.

Il cancello sul lato Nord del parco.

Se fosse riuscita ad arrivarci probabilmente sarebbe riuscita a far perdere le sue tracce senza che nessuno si fosse fatto male; purtroppo dubitava fortemente di riuscirci ad arrivare integra... o di riuscirci ad arrivare e basta.

Saltò facilmente una panchina, dribblò uno scivolo e un'altalena e si lanciò verso un cespuglio, scivolandoci praticamente dentro e spuntando dalla parte opposta ricoperta di foglie. Non doveva perdere tempo, la prima squadra era famosa per la rapidità dei suoi membri nonché per l'ottimo fiuto nell'individuare  anche al buio più completo qualunque cosa animata o meno nel raggio di centinaia di metri.

“Non per niente li ho addestrati io”, mormorò scocciata riprendendo fiato. Ed infatti eccoli, erano già arrivati. Davanti a lei l'ennesimo laghetto ghiacciato; vi si lanciò sopra senza esitazione, un secondo perso a riflettere poteva costare la vita in quelle situazioni.

Leggera e sicura, corse spedita verso la parte opposta del piccolo specchio d'acqua ghiacciata, raggiungendone la riva opposta in poche falcate. Altrettanto velocemente adocchiò un sasso abbastanza grande per il suo scopo; lo sollevò con facilità e girandosi lo scagliò con forza contro la superficie proprio mentre quattro delle dieci ombre la stavano attraversando. La lastra si frantumò all'istante e il resto lo fece il peso dei quattro sfortunati.

La corsa riprese immediatamente; quella piccola scaramuccia non li avrebbe fermati di certo
“ Al massimo gli farò venire un leggero raffreddore”, pensò scocciata.

“Ci manca solo che dopo tutto quello che ho fatto per renderli i guerrieri che sono, li vada anche ad ammazzare” i pensieri furono interrotti da un urlo alla sua sinistra

“ERIKA!”

La ragazza inchiodò, estraendo contemporaneamente la spada che portava legata dietro la schiena, nascosta dalla giacca che le arrivava alle ginocchia. Incrociò la lama dell'altro a pochi centimetri dal suo volto, provocando alcune scintille che non le fecero comunque distogliere lo sguardo da quello del suo avversario.

Quella era la parte del copione che adorava: prendere in giro e confondere .

 “Capitano, mi era parso di averle fatto chiaramente capire che non ho intenzione di collaborare. Quindi perché si ostina a venirmi dietro?  Qualche problema con la sua adorata mogliettina?”

L'uomo la guardò con odio ma ignorò il suo commento.

Erika lo spinse via, ma l’altro le fu di nuovo addosso con un fendente dal basso, intercettato dalla ragazza come il precedente

“ Non mi dica che è già arrivato anche con questa nella fase del “ Ti amo tanto, ma non possiamo stare più insieme perché sei non mi sento abbastanza uomo vicino a te?”

Il Capitano sgranò gli occhi, perdendo per un attimo forza sulla spada dell’altra.

“Touchè!”, pensò divertita Erika prima di tentare un affondo, schivato all’ultimo momento dall’uomo che per tutta risposta le afferrò il polso, torcendoglielo e avvicinandola a sé con uno strattone.

“Piantala, gli altri stanno arrivando e non puoi tenere testa a tutti noi messi insieme.”

“Vero. Ma chi ha mai detto che voglio combattere?”
Puntò la mano destra, quella libera, verso il volto vicinissimo dell'altro. Con un ultimo, perfido sorriso, concentrò lo sguardo e in pochi istanti una lieve luce, che diventava via via sempre più forte iniziò a concentrarsi dal centro del palmo della sua mano.

Gli occhi del Capitano si spalancarono in un'espressione terrorizzata.

“Erika…”

“Sì?”, lo sguardo maligno non abbandonava il volto della mora, che continuava a fissare con una certa soddisfazione il volto dell’uomo.

Un rumore secco, un sibilo, e un dolore lancinante alla spalla destra la fecero tornare alla realtà all'istante. Una freccia le aveva attraversato da parte a parte il corpo all'altezza della clavicola.

Erika cadde in ginocchio davanti al Capitano con un gemito strozzato, fissando la punta che per fortuna era uscita dalla carne con uno sguardo dolorante e carico di odio e voltandosi verso l'artefice del colpo.

Riconobbe uno dei suoi vecchi allievi.

“Tu...“

Se lo ricordava bene.

Il biondo ragazzino dagli occhioni color cielo che sembrava tutto meno che un guerriero; l'aveva allenato personalmente giorno e notte per farlo diventare un maestro nell'uso dell'arco.

Distolse lo sguardo per concentrarlo su quello che stava accadendo attorno a lei in quel momento.

Non poteva rimanere lì, ormai era circondata. I suoi assalitori rimanevano immobili, in un rispettoso silenzio, mentre il Capitano si limitò ad inginocchiarsi anche lui, mettendosi alla sua altezza

“Erika, ora basta. Non puoi farcela, non nelle tue attuali condizioni; prendine atto.”

Erika si limitò a fissarlo reggendosi la spalla insanguinata.

“Non costringerci ad ucciderti, te ne prego.”

La voce implorante con cui venne detta l'ultima parte del discorso la sorprese. Chinò la testa in basso e i capelli le ricaddero sul volto, coprendolo interamente fino a toccare terra, impedendo agli uomini che la stavano circondando di decifrarne l'espressione del viso.

Il silenzio sembrò durare ore, interrotto solo in alcuni brevi istanti dal rumore del vento fra le fronde degli alberi o il cadere di tanto in tanto della neve dai rami congelati.

Fu il Capitano ad interrompere il silenzio
“Erika...”, fu poco più che un sussurro.

La ragazza alzò lentamente il volto verso di lui. Si fissarono per pochi attimi. Poi di nuovo il solito ghigno si dipinse sulle labbra della ferita.

L'uomo non capì quella reazione finché la sua attenzione non venne attratta dalla macchia di sangue che si era creata davanti Erika e che era rimasta coperta fino a quel momento dai suoi lunghi capelli; per un attimo guardò sbalordito le sottili linee di sangue che, colando dalle lunghe dita affusolate  del braccio ferito, erano andate a creare sulla neve uno strano simbolo… strano ma familiare.

Urlò l'ordine all'istante

“Allontanatevi!!!ORA!!”

Una luce enorme e luminosa quanto un piccolo sole avvolse la zona per un raggio di una decina di metri, cancellando ogni cosa che avvolgesse: piante, alberi, panchine, un vecchio monumento che sorgeva lì vicino... ogni cosa venne letteralmente annullata. Gli undici uomini erano riusciti ad allontanarsi con la rapidità di un fulmine dall'epicentro di quel caos, e ora guardavano sbalorditi e delusi il punto in cui pochi istanti prima era inginocchiata la fuggitiva.

“Signore...” ,era stato uno degli uomini più vicini a lui a parlare.

Il Capitano si voltò stancamente verso di lui, incitandolo a parlare

“Signore... da dove riprendiamo le ricerche?”

Con un sospiro rassegnato l'uomo alzò di poco la voce, in modo da poter essere udito da tutti

“Torniamo a casa per stasera, riprenderemo le ricerche domani. Dobbiamo informare il Consiglio che la ricercata è ancora in grado di utilizzare i suoi poteri” e abbassando la voce, più rivolto a se stesso che agli altri continuò. “… e questo non li farà per nulla felice”.

Scomparvero contemporaneamente, mescolandosi nell'oscurità degli arbusti, silenziosi come erano arrivati.

Non molto distante dal punto dove erano spariti, sotto un piccolo pontile di legno in disuso, in una rientranza di uno dei muri di sostegno, Erika era rimasta in ascolto finché non era stata certa che fosse rimasta da sola. Percepì chiaramente la scomparsa dei suoi pedinatori, ma il dubbio che qualcuno di loro fosse rimasto appostato in zona la costrinse a prendere le dovute precauzioni; per prima cosa, non poteva assolutamente uscire allo scoperto, né tanto meno rischiare di morire dissanguata. Si accomodò meglio nella piccola ma asciutta rientranza e  si dedicò alla freccia che ancora era saldamente piantata nella sua spalla; stava perdendo parecchio sangue, doveva muoversi a rimuoverla.

“Sto invecchiando... non l'ho nemmeno sentita arrivare. Maledizione.”

Spezzò per prima cosa la punta dal resto della freccia, trattenendo un gemito soffocato e scagliandola subito dopo nelle acque scure davanti a lei.

Riprese fiato, cercando di sfruttare il freddo pungente come anestetico e spalmandosi grandi manate di neve sulla spalla ferita; quando fu certa di aver perso la sensibilità dal collo al gomito, respirò profondamente un paio di volte, afferrò saldamente il resto della freccia che le spuntava da dietro la spalla e tirò con un gesto secco.

Soffocò l'urlo che voleva uscire disperatamente dalla gola mordendosi l'avambraccio sinistro, lasciando andare i resti della freccia che aveva ancora in mano. Rimase cinque minuti immobile, cercando di stabilizzare il respiro e prestando orecchio ai rumori che provenivano dal parco.

I suoi inseguitori avevano creduto al trucchetto di magia: simulare l’annullamento di una piccola porzione di spaziotempo era una cosa che aveva imparato a fare quando aveva due anni.

Se fossero rimasti lì per altri cinque minuti avrebbero rivisto quella porzione di parco ricomparire esattamente com’era, senza il minimo danno.

Ma questo loro non potevano saperlo.

O meglio, uno fra loro lo sapeva, ma l’aveva comunque assecondata.

“Aaah Capitano... Questa sua eterna indecisione la porterà alla tomba prima o poi… Dovrà scegliere da che parte stare o finiremo male entrambi…”

Si rese conto di quanto fosse davvero stanca quando gli occhi le iniziarono a chiudersi contro la sua volontà e la spalla sembrò non farle quasi più male. Non mangiava ne dormiva da giorni, e quell'ultima ferita non facilitava le cose. Doveva riposare, anche per poco. Poi avrebbe cercato un posto asciutto e caldo, e possibilmente dei vestiti puliti, avrebbe mangiato e si sarebbe allontanata da quella città. Il Consiglio non ci avrebbe messo molto a capire il trucco e a rimandarle un'altra decina di squadre all'inseguimento.

Mentre pensava a tutte le possibili destinazioni che avrebbe potuto prendere il giorno seguente, non si accorse del sonno che la stava iniziando ad avvolgere  lentamente; il suo ultimo pensiero prima di cadere fra le braccia di Morfeo fu che qualsiasi direzione avesse preso, l'avrebbe dovuta portare in zone decisamente più calde di quella.

“Magari la California...o il Brasile. Andrebbe bene l'inferno stesso.”

 

 

 

  
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