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Autore: Sheisarebel_    22/07/2012    5 recensioni
Aveva bisogno di qualcuno più forte di lei, qualcuno che l'aiutasse ad abbattere le sue insicurezze facendone un punto di forza, qualcuno che, durante la notte, quando si svegliava in preda agli incubi, la stringesse e le baciasse la fronte, sussurrandole di stare tranquilla.
E lei sapeva che la piccola cerbiatta non avrebbe potuto darle nulla di tutto questo.
Il solo pensiero, la faceva cadere a pezzi.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Santana/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa è la mia prima Fan Fiction Sebtana, basata , però, su di una storia che , io ed un'altra ragazza, abbiamo creato in un GDR.
Devo ringraziare davvero tanto lei, se sono riuscita a scrivere qualcosa. E poi, beh, spero che vi possa piacere, come inizio. Ciao. (:
-




- .. Ti prego, Brittany, abbiamo affrontato l'argomento così tante volte.. Sai che ti amo, ti amo davvero tanto.. -
Mormorò la mora, stringendo per l'ennesima volta al petto la dolce  bionda.
Non erano parole vane, quelle di Santana. Amava davvero Brittany, in un modo totalmente nuovo e completo per lei. Ma la loro relazione stava, pian piano, facendo affondare la latina e così, aveva dovuto decidere tra amore e futuro.
Non avrebbe avuto un futuro, con quella tenera cerbiatta dagli occhi azzurri. 
Teneva a lei, per questo l'aveva lasciata.
Santana non sarebbe stata sempre al fianco di Brittany, e quest'ultima avrebbe dovuto imparare a cavarsela da sola. La vita non era tutta rose e fiori, ma in quel periodo, per la mora erano tutte spine. 
Partendo dalla sua relazione, che rappresentava più un rapporto fraterno che altro.
Brittany l'amava a suo modo, ma non era ciò di cui, Santana, necessitava in quel momento.
Lei si doveva prendere cura di se stessa, non poteva occuparsi anche di Brittany, non voleva sgretolarsi.
Aveva bisogno di qualcuno più forte di lei, qualcuno che l'aiutasse ad abbattere le sue insicurezze facendone un punto di forza, qualcuno che, durante la notte, quando si svegliava in preda agli incubi, la stringesse e le baciasse la fronte, sussurrandole di stare tranquilla.
E lei sapeva che la piccola cerbiatta non avrebbe potuto darle nulla di tutto questo.
Il solo pensiero, la faceva cadere a pezzi.
- Va a casa, Brittany.. ti prego.. fallo per me, per noi.- Sussurrò Santana, posando le labbra sulla tempia della giovane ed allontanandola appena dalle sue braccia. Le spostò una ciocca di capelli dal viso, ed aprì la porta, facendole cenno di uscire.
La biondina, di tutta risposta, tirò su con il naso e rivolse a Santana uno di quegli sguardi talmente dolci da farla sciogliere, mentre si trascinava con delicatezza fuori dal loft in centro a New York.
La mora, riuscì a trattenere le lacrime fin quando la porta non si chiuse con un sonoro 'Spof', ma poi si lasciò completamente andare, e le sue gambe scivolarono velocemente al pavimento, mentre piccole gocce salate iniziavano a rigarle la pelle ambrata.
Avrebbe solo voluto tornare a casa, a Lima. Andava tutto bene, lì.
Lei aveva ancora se stessa, ed aveva ancora la sua vita tra le mani. Le era tutto sfuggito così facilmente .
 
 
 
- Dio, Mamma ! Smettila e vattene  ! -
Urlò rabbiosamente Sebastian, dopo l'ennesimo tentativo di sua madre di entrare nella sua mente, cercando di capire per quale motivo non avesse ancora portato qualcuno a casa. 
Non era facile, per lui, tenersi tutto dentro.
Era come una morsa che gli si stringeva intorno al cuore, ogni qual volta doveva mentire ad uno dei genitori.
Teneva a loro, nonostante l'avessero spesso abbandonato a se stesso.
Di amore non ne aveva di certo ricevuto molto, di oggetti, forse troppi.
Quando la madre partiva per uno dei suoi viaggi insieme al padre, lo lasciava nell'enorme villa con un intero esercito di baby-sitter e al ritorno lo riempiva di giocattoli per farsi perdonare.
Da piccolo, Sebastian passava i giorni davanti all'enorme vetrata di camera sua, disegnando su di un foglio bianco il paesaggio, e chiedendo continuamente alle sue dame  quanto tempo mancasse al ritorno della madre.
Così, ogni mattina, si svegliava, correva da una di loro, ed attaccandosi alla gonna iniziava ad urlare: ' Torneranno oggi, Signorina. Non è vero?' , per poi scoppiare in un rumoroso e sentito pianto quando quest'ultime gli svelavano che , in realtà, mancavano ancora lunghe settimane. 
Una volta cresciuto, imparò a badare di più a se stesso, ma milioni di pensieri, ormai, erano padroni della sua mente.
Quando scoprì di essere bisex, fu un enorme shock per lui. I genitori si erano sempre dimostrati omofobi convinti, etichettando quelli come lui come ' Non normali' oppure ' Malati da ricovero'.
Come si sarebbero sentiti scoprendo di avere uno di loro in casa?
La madre, probabilmente, sarebbe stata più comprensiva ma il padre gli avrebbe sicuramente tagliato i fondi , e lui aveva bisogno dei suoi soldi.  
Da quando si erano trasferiti a New York, passavano ancora meno tempo insieme ed il biondino passava le sue giornate chiuso nell'auditorium a provare, provare, e provare ancora.
Così, per un attimo, dimenticava i suoi problemi. Traferiva le sue insicurezza nell'ampiezza della sua voce, le faceva risuonare nell'aria, e pian piano si allontanavano da lui.
Ma per abbatterle tutte, gli sarebbe servita una vita.
 
Quando la madre uscì con un sospiro dalla camera del giovane, lui si lasciò cadere delicatamente tra le lenzuola di seta azzurra, ed una piccola lacrima rigò il suo pallido e rosato viso.
-Non piangere, va tutto bene- sussurrava a se stesso, dondolandosi quasi freneticamente tra le lenzuola. Si sentiva fragile, troppo. Era vulnerabile, per questo si era costruito una di quelle maschere da stronzo insensibile. Nessuno, mai, si sarebbe permesso di sfiorarlo o di fargli del male, e lui necessitava di quella certezza. 
-I-io non sono bisex, io non sono bisex, io non sono bisex- continuò a ripetere a se stesso  finchè ,stremato dal pianto, non crollò in un lungo sonno profondo. 
  
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