Insomnia | |
Fa
freddo e poi di nuovo caldo. C'è il gelo e poi di
nuovo il fuoco. Scappo
dal muro di fiamme e salto per non cadere nel
torrente ghiacciato. C'è
Rue che urla. -
Katniss!- Mi
sveglio in un lago di sudore, le labbra secche e le
mani ghiacciate. Mi alzo leggermente sostenendomi sui gomiti sperando
di non
aver svegliato nessuno e i corpi immobili di mia madre e Prim me ne
danno
conferma. E'
ancora notte fonda. Lo capisco dalla luna ancora
alta in cielo e dal silenzio quasi macabro che regna nel Distretto. Mi
capita
spesso di svegliarmi durante la notte dopo essere tornata dall'arena;
per
questo Prim non dorme più con me e per questo lascio sempre
pronti accanto al
mio letto un paio di pantaloni, una maglia e i miei stivali di pelle.
Me li
infilo e con cautela esco di casa per dirigermi verso la recinzione che
divide
il Giacimento dai boschi, ma quando la supero non vado in direzione
dell'albero
nel quale sono accuratamente nascosti il mio arco e le mie frecce. Non
ne
impugno una da quando sono tornata dagli hunger games. "Non ce
n'è più
bisogno" mi dico. Ormai non c'è più bisogno che
io vada a cacciare per
barattare qualche scoiattolo per avere da mangiare e tanto meno ne ho
bisogno
per uccidere qualche adoloscente assetato di sangue. Del mio sangue. La
verità
è che quando impugno l'arma che mi è sempre stata
compagna nelle battute di
caccia, mi ritorna in mente l'odore putrido del cadavere di Lux e il
ragazzo
del Distretto 1 che si accascia sul corpo della piccola Rue con una
freccia nel
collo e Cato che, fra le sue stesse membra, mi supplica di finirlo. Cammino
silenziosa per raggiungere la collina sulla
quale io e Gale abbiamo passato insieme la maggior parte dei pomeriggi
prima della
mietitura. Ora so che non ci sarà lui ad aspettarmi
perchè sento due mani
-tremanti- che mi stringono il collo e la mia schiena impattarsi
violentemente
contro il tronco di qualche albero. Sono proprio quelle mani tremanti
di paura
che mi fanno realizzare che da quell'arena non sono la sola ad esserne
uscita
viva. -
Peeta, sono io... sono Katniss - La
sua presa si fa sempre meno forte, fino a lasciar
cadere le mani sulle mie spalle. Mi sta fissando. E con uno slancio mi
abbraccia. Non
lo vedo da quando le nostre mani si sono slacciate
all'arrivo nella stazione del Distretto. Non ci siamo più
parlati, incontrati o
visti di sfuggita. Lui troppo arrabbiato e io troppo imbarazzata. Solo
ora che
sento le sue braccia circondare il mio corpo ancora troppo magro, mi
rendo
conto di quanto mi sia mancato. Ci
sediamo ai piedi dell'albero aspettando che
qualcuno parli. Ne approfitto per respirare a pieni polmoni e
regolarizzare i
battiti del mio cuore, che sembra sul punto di saltarmi fuori dal petto.
-
Scusami per prima ... è che scatto con niente da
quando...- Non
c'è bisogno che finisca
la frase. Quando
si è nell'arena si pensa alle varie possibilità
che si presentano. O meglio alle due possibilità: vivere o
morire. Oltre alla
fama e alla ricchezza, nessuno ti prepara a dover affrontare tutto
ciò che
viene dopo, di conseguenza. All'odore del sangue impregnato
perennemente nelle
narici, alla vista dei cadaveri che ti coglie di sorpresa non appena
chiudi gli
occhi o al terrore che ti assale quando qualcuno ti tocca senza che tu
sia
preparato. -
Tu come stai?- mi domanda. -
Sono disarmata e ansimante, in un bosco, nel bel
mezzo della notte- tu
come credi che
stia? -
Io ti ho quasi strangolata- Ride.
E prima che me ne possa accorgere, gli angoli
della mia bocca si alzano in un sorriso spontaneo. E' da tanto che non
rido. Rido
nonostante queste siano le uniche parole che ci scambiamo e nonostante
abbia
appena tentato di uccidermi. Nonostante tutto questo sono contenta di
averlo
incontrato questa notte. Sbadiglio.
E' da tanto che non dormo per almeno
quattro ore filate e, guardando le sue occhiaie, neanche lui deve
riuscirci.
Sbadiglio ancora e questa volta mentre lo faccio la mia testa si adagia
sulla
sua spalla. Sbadiglio ancora e le palpebre si fanno pesanti. Sbadiglio
ancora e
quando riapro gli occhi gli uccellini cantano, il sole filtra dalle
chiome
degli alberi e io sono ancora viva. Peeta
accanto a me sorride. Mi ha salvata. |