If I die young
I'm
not scared of
dying,
And
I don't
really care.
If
it's peace you
find in dying,
Well
then let the
time be near.
If
it's peace you
find in dying,
And
if dying time
is here,
Just
bundle up my
coffin
'Cause it's cold way down
there.
(And
When I Die –
Blood, Sweat and Tears)
03# Stiles Stilinski
Stiles rideva.
Non era una di quelle risate che coinvolgono tutto il corpo e ti fanno
piegare
sulla pancia e venire le lacrime agli occhi, perché anche
per un tipo come lui ridere
in quel modo con un buco sanguinante che si gli allargava
sull’addome sarebbe
stato veramente da Svitato con la ‘S’ maiuscola.
Era più una di quelle mezze
risate che compaiono agli angoli della bocca e che proprio non riesci a
trattenere, anche se magari la situazione non è esattamente
delle più
appropriate. E ok, magari sarebbe stato più conveniente
cercare un modo per non
morire dissanguato invece che perdere tempo a ridere, ma proprio non
riusciva a
fare a meno di trovare l’intera faccenda esilarante.
Senza contare che l’idea della morte non lo spaventava
particolarmente; se hai
sedici anni, sei umano e te ne vai in giro con un branco di lupi
mannari non
può non esserti mai venuta in mente la
possibilità concreta di morire. E poi
seriamente, cosa avrebbe dovuto fare? Modestia a parte, si era sempre
considerato un tipo piuttosto sveglio (quantomeno non dormiva in piedi
come
Scott) ed era chiaro come il sole che a meno che Derek non
l’avesse trasformato
subito sarebbe morto nel giro di poco tempo. E anche se
l’Alfa fosse stato lì
in quel momento, restava comunque il fatto che Stiles si rifiutava categoricamente di essere trasformato.
Dopotutto
– pensò mentre si appoggiava al muro
dell’edificio di fronte a lui e si portava
una mano alla bocca per tossire sangue – non si trovava in
una situazione così
diversa dal solito. Aveva il respiro irregolare e il dolore fisico era
talmente
forte da farlo impazzire, ma era ancora lo stesso Stiles di sempre che
non riusciva
a tenere la bocca chiusa per più di venti secondi, anche se
anche se in quel
momento stava vomitando sangue invece che parole. Le parole per lui
erano
fondamentali, perché riempivano il posto a tavola di sua
madre quelle poche
sere in cui lui e suo padre riuscivano a mangiare insieme e
distoglievano la
sua mente da lei in quei momenti in cui sentiva che gli attacchi di
panico avrebbero
potuto ricominciare e lui avrebbe solo voluto affondare e affondare e
affondare
e non riemergere mai più.
Il Kanima
intanto se n’era andato – evidentemente era stato
soddisfatto di quel regalino che
gli aveva lasciato trapassandogli il busto da parte a parte –
e Stiles non
intendeva certo essere scortese o altro, ma sperava proprio che Scott e
gli
altri dessero a Jackson una bella lezione, perché se la
meritava proprio. Aveva
fatto tante storie per ottenere quell’ordine restrittivo, e
alla fine era lui che
gli era piombato addosso.
Si sedette a
terra, con la schiena appoggiata al muro e si asciugò
bruscamente la lacrima
traditrice che gli era scesa sulla guancia, inspirando ed espirando
profondamente come per calmarsi. Ok, forse aveva mentito. Forse un
po’ di paura
ce l’aveva. Forse non voleva ancora morire. È solo
che avrebbe voluto più tempo,
solo un po’ di tempo in più per aiutare suo padre
a riempire i buchi lasciati
da sua madre e poter baciare Lydia e almeno una volta, anche solo una,
giocare
da titolare in una partita di lacrosse. Voleva che Scott passasse
l’anno senza
essere bocciato e che tutto si sistemasse fra lui e la famiglia di
Allison –
perché ammettiamolo, una suocera come la signora Argent era
meglio averla dalla
propria parte – e finalmente pronunciare LA battuta, quella
che avrebbe fatto
ridere Derek togliendogli dalla faccia quella specie di espressione
corrucciata
che c’era sempre stampata sopra.
Ma non aveva
più
tempo, non aveva più tempo e tutto si annebbiava e Stiles si
rese conto fra i
respiri affannosi che in realtà non aveva capito niente in
quelle volte in cui si
era chiesto se sarebbe stato poi tanto orribile morire e soffocare il
dolore e
andare dovunque si fosse andata a cacciare sua madre per ricordarle che
gli
aveva promesso una torta al cioccolato da davvero troppo tempo e lei
gli aveva
insegnato che le promesse vanno mantenute. Non aveva capito niente
perché era ovvio che
sarebbe stato orribile, e lui
avrebbe sopportato il dolore più terribile se avesse potuto
vivere solo un
giorno in più, parlare per un giorno in più, e
convincere suo padre a fargli
cambiare definitivamente e legalmente il nome perché a che
razza di genitori
insensibili sarebbe mai potuto venire in mente di chiamare il loro
figlio con
quel nome assurdo?
Sentiva che il
suo intero corpo andava a fuoco e chiuse gli occhi. Non voleva
accorgersene,
non voleva accorgersi del momento esatto in cui sarebbe morto. Era una
cosa
stupida e infantile e insensata e Stiles aveva abbastanza buon senso da
capire
che ignorare il problema non l’avrebbe automaticamente fatto
sparire, ma ehi;
stava morendo. Aveva diritto di ingannarsi un’ultima volta.
Si costrinse a
tenere gli occhi chiusi mentre soffocava i respiri affannosi e il
dolore e aspettava
in silenzio che la morte lo prendesse, si concesse di pensare
“Spero davvero che quella dannata
torta al
cioccolato ne valga la pena”.
FINE.