Un grazie di cuore,
hibou.
L’acqua
scorreva veloce dal rubinetto. Accese i faretti del bagno ed estrasse
dall’armadietto vicino la schiuma da barba. Se ne
spruzzò una noce nel palmo aperto della mano e con cura la
distese sul viso, concentrandosi particolarmente nella zona tra la
bocca e il naso. Si rimirò allo specchio e rimase a fissare
l’immagine riflessa, studiando la propria espressione
impassibile e gli occhi neri e profondi che, un tempo, erano stati in
grado di raggelare e terrorizzare i nemici all’istante.
Portava i capelli corti ora, e i lineamenti duri e marcati si
intravedevano appena tra la schiuma e i segni della vecchiaia.
Sbuffò scostando lo sguardo dai propri occhi così
simili all’uomo di una volta, in preda ad un vortice di
pensieri e ricordi lontani. Allungò una mano e, dalla
mensola vicina, afferrò una lametta.
Una
lampo proruppe dalla punta del dito disteso e, silenzioso e rapido, si
proiettò contro il cranio dell’ultimo avversario
rimasto in vita. L’impatto fu veloce e letale, gli occhi
esanimi e sbarrati dello sventurato assunsero un colorito chiaro e
persero di intensità, incastonati in un volto sfigurato; la
creatura si accasciò con lentezza, tuffandosi a terra in una
pozza vermiglia e nauseabonda. Si mischiò con
l’odore e il ribrezzo degli altri cadaveri che ricoprivano la
superficie di quella landa deserta e sconosciuta, mentre lui,
soddisfatto della carneficina appena commessa, ostentava impassibile
cinismo e indifferenza.
Si guardò attorno e scorse poco lontano un lago dalle acque
cristalline, ricoperto dalla vegetazione rigogliosa che caratterizzava
il luogo. Era davvero un gran bel pianeta, ne avrebbe guadagnato molti
soldi vendendolo.
Si voltò vero la capsula, deciso a far ritorno e
incontrare Freezer a rapporto, ma lo sguardo si posò su i
suoi abiti sudici. Fissò le proprie mani e i guanti a
brandelli, luridi di sangue e fango; si tastò il viso,
avvertendo la barba ispida e incolta pizzicare da sotto il tessuto.
Passò le dita lungo il profilo fino al mento, distinguendo
il bruciante fastidio di tagli e graffi a contatto con la pelle.
Contrasse il viso in una smorfia, percependo l’odore acre che
emanavano le sue vesti e, dopo un breve calcolo, si rese conto solo in
quel momento di quanto tempo avesse impiegato a portare a termine la
missione e si innervosì al pensiero che Freezer,
probabilmente, lo avrebbe richiamato e punito per ciò.
Strinse una mano a pugno e proseguì verso il suo
mezzo, sporco, sbarbato e pregno di un odore nauseabondo, pronto a
ricevere l’incontro con l’essere più
odiato dell’universo...
Fece scorrere l’oggetto per l’ennesima volta lungo
il mento e, risciacquatolo per bene e posto accanto al lavabo, si
ripulì il viso dai residui di schiuma e barba.
Tamponò delicatamente con un asciugamano, sentendo la dolce
sensazione di freschezza e pulito propagarsi per tutto il corpo.
Studiò nuovamente la propria immagine riflessa e il volto
ora privo di baffi.
Sua figlia era stata molto chiara a riguardo. Non gli donavano affatto.
Vegeta fissò la propria espressione, i suoi occhi un tempo
così freddi e illuminati da una sola perfida luce che ora
brillavano di emozioni e sensazioni che gli erano state private troppo
a lungo. La schiuma da barba, il rasoio, i residui raffermi sul
lavandino... da quando aveva iniziato a radersi, a preoccuparsi di
ciò che la gente pensava del suo aspetto?
Fissò l’uomo riflesso davanti a se e
ripensò alle parole della figlia. Sospirò ed
uscì dal bagno.
Non si riconobbe.