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Autore: hibou    22/07/2012    5 recensioni
Vegeta fissò la propria espressione, i suoi occhi un tempo così freddi e illuminati da una sola perfida luce che ora brillavano di emozioni e sensazioni che gli erano state private troppo a lungo.
La schiuma da barba, il rasoio, i residui raffermi sul lavandino... da quando aveva iniziato a radersi?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi ringrazio per l'attenzione che dedicherete alla mia storia. Sono piuttosto emozionata, è un periodo in cui mi sembra di partorire solo boiate e ho paura che questa storia sia un totale disastro. E' stata un'ardua decisione postarla, ho dovuto combattere una lotta infinita contro la voglia di renderla pubblica e cestinarla senza pietà. Bé, alla fine eccola. Se i miei timori dovessero rivelarsi fondati, vi prego in ginocchio, vi scongiuro, aiutatemi a capire e migliorare! Date sfogo a tutti i più subdoli pensieri contro di me :)
Un grazie di cuore,
hibou.


Changing






L’acqua scorreva veloce dal rubinetto. Accese i faretti del bagno ed estrasse dall’armadietto vicino la schiuma da barba. Se ne spruzzò una noce nel palmo aperto della mano e con cura la distese sul viso, concentrandosi particolarmente nella zona tra la bocca e il naso. Si rimirò allo specchio e rimase a fissare l’immagine riflessa, studiando la propria espressione impassibile e gli occhi neri e profondi che, un tempo, erano stati in grado di raggelare e terrorizzare i nemici all’istante. Portava i capelli corti ora, e i lineamenti duri e marcati si intravedevano appena tra la schiuma e i segni della vecchiaia.
Sbuffò scostando lo sguardo dai propri occhi così simili all’uomo di una volta, in preda ad un vortice di pensieri e ricordi lontani. Allungò una mano e, dalla mensola vicina, afferrò una lametta.

Una lampo proruppe dalla punta del dito disteso e, silenzioso e rapido, si proiettò contro il cranio dell’ultimo avversario rimasto in vita. L’impatto fu veloce e letale, gli occhi esanimi e sbarrati dello sventurato assunsero un colorito chiaro e persero di intensità, incastonati in un volto sfigurato; la creatura si accasciò con lentezza, tuffandosi a terra in una pozza vermiglia e nauseabonda. Si mischiò con l’odore e il ribrezzo degli altri cadaveri che ricoprivano la superficie di quella landa deserta e sconosciuta, mentre lui, soddisfatto della carneficina appena commessa, ostentava impassibile cinismo e indifferenza.
Si guardò attorno e scorse poco lontano un lago dalle acque cristalline, ricoperto dalla vegetazione rigogliosa che caratterizzava il luogo. Era davvero un gran bel pianeta, ne avrebbe guadagnato molti soldi vendendolo.

Si voltò vero la capsula, deciso a far ritorno e incontrare Freezer a rapporto, ma lo sguardo si posò su i suoi abiti sudici. Fissò le proprie mani e i guanti a brandelli, luridi di sangue e fango; si tastò il viso, avvertendo la barba ispida e incolta pizzicare da sotto il tessuto. Passò le dita lungo il profilo fino al mento, distinguendo il bruciante fastidio di tagli e graffi a contatto con la pelle. Contrasse il viso in una smorfia, percependo l’odore acre che emanavano le sue vesti e, dopo un breve calcolo, si rese conto solo in quel momento di quanto tempo avesse impiegato a portare a termine la missione e si innervosì al pensiero che Freezer, probabilmente, lo avrebbe richiamato e punito per ciò.
Strinse una mano a pugno e proseguì verso il suo mezzo, sporco, sbarbato e pregno di un odore nauseabondo, pronto a ricevere l’incontro con l’essere più odiato dell’universo...


Fece scorrere l’oggetto per l’ennesima volta lungo il mento e, risciacquatolo per bene e posto accanto al lavabo, si ripulì il viso dai residui di schiuma e barba. Tamponò delicatamente con un asciugamano, sentendo la dolce sensazione di freschezza e pulito propagarsi per tutto il corpo. Studiò nuovamente la propria immagine riflessa e il volto ora privo di baffi.
Sua figlia era stata molto chiara a riguardo. Non gli donavano affatto.
Vegeta fissò la propria espressione, i suoi occhi un tempo così freddi e illuminati da una sola perfida luce che ora brillavano di emozioni e sensazioni che gli erano state private troppo a lungo. La schiuma da barba, il rasoio, i residui raffermi sul lavandino... da quando aveva iniziato a radersi, a preoccuparsi di ciò che la gente pensava del suo aspetto?
Fissò l’uomo riflesso davanti a se e ripensò alle parole della figlia. Sospirò ed uscì dal bagno.
Non si riconobbe.

  
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