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Da
una tragica situazione, le vicende dei
colleghi del Jeffersonian adesso varavano anche sul comico: tutti, ma
proprio
tutti, avevano saputo che Marianne sarebbe uscita per un appuntamento
galante. Non
da sola.
Il
pretendente, però, era rimasto
stranamente anonimo. Infatti, Jack era riuscito a convincere la donna a
non
dire parola sul loro… “incontro”.
Non
sapeva ancora come uscire fuori da
quella brutta situazione. Non voleva ferirla, ma non riusciva a trovare
altre
soluzioni. Ormai, lei si era messa in testa quella proposta ed era
irremovibile. Magari stava già pensando al matrimonio!
Marianne
era fatta così. Una persona
terribilmente appiccicosa e molto, molto sociale… nel senso
che a volte si
ritrovava a parlare da sola, per via della sua lingua biforcuta che
proprio non
riusciva a fermarsi dal dire baggianate vagamente interessanti.
Sul
lavoro era impeccabile, niente da
ridire. Ma sul campo delle relazioni… forse, ricordava un
certo qualcuno. Ma in
uno stato piuttosto regredito.
Viveva
da sola in un piccolo appartamento
di città e, a volte, lasciava che alcuni gatti randagi le
facessero compagnia.
Non
si curava molto del suo aspetto
esteriore, se non i suoi capelli, che apparivano sempre perfetti.
‘La
femminilità sta tutta nei capelli’ diceva
sempre, con ferma convinzione.
Hodgins,
comunque, aveva imparato che
fidarsi dell’acconciatura di una donna poteva portare gravi
conseguenze. Nonché
mortali.
Si
torturava la mente, tentando di trovare
una soluzione, ma nessun sbocco si mostrava davanti ai suoi occhi.
Perciò,
decise che il lavoro, in quel momento, era la cosa migliore per
allontanarsi
dai suoi stupidi problemi.
Aveva
solo bisogno di distrarsi,
ritornare a quei favolosi insetti, che senz’altro preferiva
alla presenza della
sua nuova “conquista”.
*
* *
Mancava
poco all'incontro,
precisamente qualche decina di minuti. Tempe aveva chiamato intorno
alle 21:00,
poco dopo che Booth ritornasse a casa dall'incontro con suo figlio. Non
sapeva
quanto la donna sarebbe stata precisa, ma sperava che facesse presto, perché
quell'attesa era un pò
snervante.
In
verità, era anche
piuttosto nervoso. D'altronde, la collega gli aveva detto solo di
volerlo
incontrare, senza un motivo in particolare. Era anche possibile che lei
volesse
dirgli qualcosa di non molto piacevole, addirittura catastrofico.
L'ultima
volta che si erano visti, era scappata, lasciandolo solo e scomparendo
per
un'intera settimana. Non poteva assolutamente sapere e immaginare
quello che
adesso voleva da lui. Ed era proprio questo che lo spaventava. Una
possibile
reazione negativa. In quel momento, non gli importava nemmeno che
avesse
ragione, voleva calmare le acque con Brennan.
A
lui sarebbe andato bene
anche solo ritornare a lavorare, risolvere casi assieme e disgustarsi
per tutti
quei cadaveri decomposti.
Voleva
semplicemente tornare
indietro e continuare come aveva sempre fatto fino a qualche tempo fa.
Per
quei sette giorni, Booth
l'aveva sempre cercata, in ogni momento, con telefonate, messaggi o
addirittura
improvvisate sul posto di lavoro. Aveva fatto di tutto, ma lei lo aveva
sempre
ignorato. Ed era questo il problema: una volta avuto il rifiuto, non
poteva
certo costringerla.
In
ogni caso, aveva ricevuto
quel messaggio e adesso poteva finalmente affrontarla. Quello che
sarebbe
successo dopo... era ancora tutto da vedere.
Indossò
un semplice paio di
jeans neri, e una camicia bianca a maniche lunghe, che spesso aveva
anche sul
luogo di lavoro. Non sapeva come lei si sarebbe vestita, ma
pensò che fosse di
ritorno dal Jeffersonian, perciò non si fece molti problemi
riguardo
l'abbigliamento. Stranamente, non riusciva a trovare le scarpe. Di
tutte le
paia che aveva, voleva le Converse, comode e sportive, per far sembrare
il più
naturale possibile quella specie di “appuntamento”.
Cercò
dappertutto: sotto il
letto, nell'armadio, nella cassettiera, nelle varie stanze
dell'appartamento…
ovunque, non riusciva a trovare quelle maledette scarpe porta fortuna.
Che
fosse il segno del destino? Sperava proprio di no.
Aveva
ai piedi solo un
coloratissimo paio di calzini a strisce blu, grigie e rosse. Di certo
stonavano
con il completo, lei se ne sarebbe accorta subito.
Nel
profondo, però, sapeva
che in realtà stava solo cercando un modo per occupare la
mente, per non
pensare a quello che avrebbe dovuto dire quando lei sarebbe arrivata.
La sua
cintura Cocky era riposta sul comodino, accanto al letto. Quella si che
era
davvero importante.
Mentre
si avvinceva ancora
alla ricerca delle scarpe, sentì un suono molto familiare
provenire dalla
porta. Il campanello.
‘Ok…’
si
ripeteva, non sapendo cosa fare. Ovvero, certo che sapeva cosa
fare! Rispondere…
Quando
aprì la porta, scoprì
quel volto familiare. I lineamenti del viso, i capelli profumati e i
grandi
occhi. Era Temperance, che finalmente aveva trovato il coraggio di
mostrarsi
dopo tempo. Booth la fissò a lungo, ed entrambi non
proferirono alcuna parola.
Ci fu un silenzio piuttosto imbarazzante, anche perché non
sapevano
assolutamente cosa dire, cosa fare, come comportarsi.
Avevano
entrambi paura di
sbagliare qualcosa, oppure di rovinare tutto. Quel momento riusciva ad
essere
speciale, anche se completamente muto.
“Entra”
disse accogliendola.
Aveva il solito tono di voce pacato, e questo la tranquillizzava.
Temeva che
lui potesse essere arrabbiato, e per una piccola parte lo era. Ma
ormai,
qualunque fosse il suo stato d’animo, adesso era arrivata
lì, e non poteva
certo farsi indietro.