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Autore: LoveBerries    23/07/2012    1 recensioni
"Se fossi innamorato di qualcuno e se l’amore è davvero forte come dicono anche io abbandonerei il Paradiso per stare con quella persona" disse Leon.Sophia é un'arcangelo costretto a cadere dal Paradiso, sulla terra trova gli altri angeli e conosce le loro storie, critica Luce e Daniel per aver lasciato il Paradiso per quella cosa che chiamano amore, finché non accade qualcosa di inaspettato.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La Caduta e la Solitudine



Cado, sempre piú veloce, sono confusa, non capisco come sia possibile essere cacciati in quel modo, prima ancora di poter aver detto qualsiasi cosa. Il mio parere non era stato ascoltato. Se solo fossi stata anche solo di due ranghi inferiori al mio, ad un rango piú basso di quello di Daniel, ora sarei ancora in Paradiso al posto che mi spetta, ad adorare il Trono. Invece no, c'é chi non ha potuto scegliere a causa dell'intervento fuori luogo di Lucinda, e tutto per quel sentimento che lei e Daniel chiamano amore, io non lo capisco. < Non é giusto! > grido, poi svengo, non sono completamente cosciente durante i nove giorni della caduta, ma nei momenti di luciditá mi accorgo di tutti i miei fratelli e delle mie sorelle che mi circondano. Ritorno completamente cosciente quando sento un dolore tremendo sulla faccia e su tutto il resto del corpo, sento un dolore ancora piú atroce degli altri provenire dalle mie ali, si sono spezzate, lo sento. Non ricordo chi sono e sono confusa, a differenza di poco fa mi accorgo di rimanere ferma, ho smesso di cadere. Perché stavo cadendo? Da dove? E ora dove mi trovo? Chi sono io? Non ricordo niente, decido di non muovermi, di aspettare che i ricordi tornino, il dolore é sempre piú acuto , svengo. Quando mi risveglio é come se qualcuno avesse aperto una finestra nella mia mente e un vento di ricordi mi fosse venuto addosso. Ora ricordo, sono un Arcangelo, sono Sophia l'angelo della costellazione del Sagittario, sono appena caduta dal Paradiso a causa di una decisione che non ho potuto fare. Poi mi travolgono i ricordi di Margot,la mia migliore amica, l'angelo della costellazione dei Pesci, ricordo i suoi capelli neri che le arrivano appena sotto le orecchie la sua carnagione pallida come la mia, il suo viso piccolo e il suo grande sorriso, i suoi enormi occhi blu elettrico sono la cosa piú vivida nei miei ricordi. Con nostalgia mi vengono in mente i momenti passati con lei in Paradiso. Sento il corpo ancora dolorante, ma sono stanca di stare con la faccia schiacciata nel fango. Mi alzo e controllo le ferite, ma il mio corpo, coperto da una tunica bianca lunga fino ai piedi, é indenne. Le ferite devono essere guarite mentre aspettavo che tornassero i ricordi. Il mio corpo é completamente sporco di fango ma non mi importa. Avvicino le ali al mio viso. Ahi! Questo fa male, anche se l'ala destra é intatta, la sinistra ha ancora un taglio, non profondo ma esteso. Non posso volare in queste condizioni. Spero che anche Margot stia bene. Mi guardo intorno, è tutto un immenso campo di buche, provocate dagli angeli caduti, io mi trovo praticamente al centro di quel mare che arriva quasi all’orizzonte. Chiamo il nome di Margot, aspetto, nessuna risposta, la chiamo piú forte, ma ancora niente. Cerco di alzarmi in volo per avere una visuale panoramica ma le ali ferite me lo impediscono. Allora mi limito a girare tra quei crateri fangosi, ma non c’è ancora nessuna traccia di lei. Ci sono molti angeli ancora sdraiati nelle loro buche, alcuni sono incoscienti altri sono svegli e si lamentano per le ferite. A quanto pare nessuno riesce ancora a volare. A questo punto decido di lasciare il posto della Caduta e incamminarmi nella speranza di incontrare Margot. Oltre tutte quelle buche vedo solo sabbia, sabbia ovunque e nient’altro. Parto per una direzione a caso e cammino, cammino, cammino per un tempo che sembra infinito, sotto il sole cocente. Camminare è stancante, se solo potessi volare… Durante la mia camminata ho attraversato una tempesta di sabbia che mi sbatteva la tunica sul corpo e mi sbatacchiava le ali da una parte all’altra, una distesa di sassi bollenti che mi scottavano i piedi nudi. Le notti sono orribili e fredde, illuminate solo dalle altrettanto fredde stelle in cielo e dalla Luna, nelle sue diverse fasi, mentre i giorni sono tremendamente calde, con il Sole cocente che cerca di affaticarmi ancora di piú. L’unica cosa che non cambia è il panorama sempre arido e vuoto, come la mia mente a causa della stanchezza che mi impedisce di pensare. Quando un giorno all’improvviso scorgo qualche albero con uno specchio di acqua limpida accanto. La stanchezza è sparita, oppure c’è ancora ma non la sento con la mia mente fissa su quella bellissima acqua che quasi mi sembra un miracolo mandato dal Trono. Raggiungo quell’oasi e mi tuffo nell’acqua, è bassa, io mi ci sdraio dentro e mi immergo completamente, apro gli occhi sott’acqua e vedo i miei lunghi capelli castani con le sfumature rosse che mi fluttuano davanti agli occhi. Quando decido di essermi ripulita e rinfrescata abbastanza mi alzo in piedi e guardo il mio riflesso sull’acqua, il viso circondato dai capelli bagnati è identico a quello che avevo in Paradiso, anche se mi sentivo diversa, in qualche modo piú pesante, piú solida. Gli occhi grandi e verdi sono gli stessi, la bocca piccola e a forma di cuore è quella che ricordo e il naso un po’ lungo e pieno di lentiggini è quello di sempre. Dal riflesso noto anche che le ali, ora di quel bianco perlaceo completamente pulito, sono migliorate. La destra sembra completamente a posto, forte, la sinistra sembra piú debole ma anche quella non ha piú i segni della caduta. Lentamente inizio a batterle, i miei piedi si sollevano di pochi centimetri sulla superficie dell’acqua poi la sinistra cede e ricado. < È comunque un miglioramento >, mi accorgo di aver parlato ad alta voce solo quando una voce maschile alle mie spalle mi chiede,< Sophia, sei talmente stanca che parli da sola? > non mi ero accorta di aver compagnia. Mi giro di scatto e vedo Leon, l’angelo del Sole, completamente bagnato, che mi sorride. Gli corro incontro e lo abbraccio, il mio impeto improvviso lo fa barcollare all’indietro, ma si riprende subito, e risponde al mio abbraccio anche se sembra un po’sorpreso dal mio scatto improvviso,io stessa sono meravigliata. Non ho mai avuto molta confidenza con lui ma avere un compagno dopo tutto quel vagare in solitudine mi solleva l’animo. Ci allontaniamo e ci sorridiamo a vicenda. “Sembra proprio il sole”penso, lo penso fin da quando lo avevo visto la prima volta in Paradiso. Con quei capelli biondi e lisci che gli circondano la testa ( sono un po’ sparati) sembrano proprio i raggi del sole anche se ora sono scuriti dall’acqua. Il suo sorriso è capace di sciogliere iceberg tanto è luminoso e caldo, e gli occhi sembrano proprio il sole circondato dal cielo, con l’iride che vicino alla pupilla è color miele e mano a mano che si allontana diventa azzurro con qualche pagliuzza ambrata. Ha la carnagione scurita dal sole e un bel viso, con labbra piene e il naso dritto, è un po’piú alto di me ed è di corporatura massiccia. < È bello vedere un amico > dico, lui sorride ma non dice niente. In Paradiso lui era amico di tutti, mi sorprende che sia solo. < Hai forse visto Margot? È dalla Caduta che la cerco > chiedo. < Sei il primo angelo che vedo, ma se vuoi possiamo continuare a cercarla insieme, non mi va piú di stare da solo >. Io sorrido e annuisco, come lui sono stanca di quella solitudine e ora che ho trovato qualcuno con cui condividere il mio tempo non voglio staccarmene. Poi improvvisamente noto che non ha le ali. Leon si accorge che lo sto guardando con aria preoccupata e sorpresa allo stesso tempo e mi sorride. Sento un fruscio e dietro di lui vedo stendersi le sue magnifiche ali bianche. Mi guarda, ridacchiando della mia espressione che ora è di totale sorpresa < Non lo sapevi? > mi chiede. Io scuoto la testa e noto che la sua ala destra ha un rivoletto di sangue che gli cola quasi all’attaccatura, mi bagno le mani con l’acqua fredda strappo la fine della mia tunica e la passo su quell’orribile striscia rossa, lui rabbrividisce e chiude gli occhi. Noto che il rivolo deriva solo da una piuma staccata, questo non gli impedirà di volare, lancio un’occhiata anche al suo corpo per vedere se è ferito, ma come la mia la sua pelle abbronzata è liscia e intatta, mi accorgo solo ora che indossa solamente un paio di morbidi pantaloni bianchi e sul petto si vedono i forti muscoli sotto la pelle. < Bhé > dico un po’in imbarazzo < iniziamo a incamminarci? Mi dispiace ma io non posso ancora volare, scusa. > smetto di ripulire il sangue e lui riapre gli occhi e sorride ancora. Questa volta è un sorriso gentile, < Figurati, nessun problema, dove vuoi andare? > mi chiede, io indico la direzione opposta da quella da cui provengo. Inizio ad incamminarmi, quando lui mi ferma e mi dice < Raccogli le ali, nascondile agli occhi degli umani, e poi camminerai piú facilmente >. < Non so come si fa >gli rispondo io, lui spiega che è facile, basta solo che io desideri farle sparire. Chiudo gli occhi e sento dei piccoli schiocchi provenire dalle mie ali finché non sento svanire il loro peso, lui fa lo stesso. Poi entrambi iniziamo a camminare uno di fianco all’altra verso il rosso e caldo tramonto.
 


  
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