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Autore: BBV    23/07/2012    3 recensioni
Sequel di 'A Year Without Rain'.
2011, Wisconsin.
Victoria Hamilton torna a Longwood,
dopo tre anni d'assenza.
Con sé porta i ricordi di un'estate, di Nathan.
Ma tutto è diverso ormai.
"Un po’ le ricordavano Catherine e Heathcliff. In altre circostanze, fissando nella sua mente quelle due anime instabili, avrebbe trovato una certa soddisfazione nel rivedere il suo amore in quello eterno di due personaggi come i protagonisti di Cime Tempestose.
Ma adesso aveva ben chiaro cos’è che tanto le sembrava semplice accostare alle due figure: l’atroce dolore che erano destinati ad infliggersi l’un l’altro senza pietà. Perché quella passione, quell’amore inquieto e distratto, quell’amore così pieno di sé, invalicabile, era tanto forte quanto distruttivo. Li aveva consumati poco a poco, e ancora in quel momento Victoria poteva sentire il logoramento nel suo petto, che lavorava ancora per finire l’opera d'arte."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''The Rain Series''
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 Capitolo 11

Fix a heart”

 

«Perché sei sempre così indecifrabile, Vic?», le chiese Emma sedendosi sulla sabbia dorata e brillante. Non lo so, avrebbe voluto sbuffare. Se lo sapessi non sarei più così complicata!

Parlava così da quasi un quarto d’ora, imperterrita, fissando tutto tranne la sua sorellastra, quasi avesse dimenticato che le era impossibile rispondere.

Era più che frustrante. La sola idea che per chissà quanto tempo non avrebbe potuto parlare la faceva impazzire.

Avere una voce significava esistere. Se non poteva averla, era praticamente invisibile al mondo.

Perciò, fino a poco prima la sua intenzione era quella di chiudersi in se stessa, in solitudine, per fingere di non parlare solamente per non distruggere la purezza del silenzio. Ma era stato inutile, Emma l’aveva perseguita prima di tutto con i suoi sguardi che passavano dall’accusa alla pietà, per poi prendere a farle domande irritanti a cui non avrebbe saputo rispondere nemmeno se avesse potuto

«Scusa», la voce della bionda attirò di nuovo la sua attenzione. «Ma sei ancora più irritante del normale quando non puoi dire una parola», disse.

Non era un insulto, Victoria aveva imparato a capirlo col tempo, sua sorella era spudoratamente e crudelmente sincera quando si trattava di tirare fuori i pensieri sbagliati. E in qualche modo, era una delle cose più divertenti che possedeva. La sfrenata sincerità.

Tu non lo sei mai stata?

Scosse la testa e accennò un sorriso, il massimo che poteva regalarle.

«So che non volevi farlo», continuò assumendo una sfumatura più seria nella voce. «Cioè, sicuramente volevi, ma sono sicura che…in realtà, tu non avevi nessuna intenzione, perché… », aveva cominciato ad inciampare nelle parole.

Una reazione che aveva mille significati, ma che Victoria riuscì ad associare solamente ad una persona. Simon Westfield. Non le venne voglia di sorridere, ricordando quello che aveva combinato, eppure il suo petto si alleggerì quando il pensiero di Emma e quell’uomo la circondò. Era sempre più facile pensare agli altri felici, quando tu credevi di non poterlo essere mai.

Aveva davvero poco da dire, nulla che potesse esaurire i dubbi del mondo, o anche solo quelli di sua sorella. Decise in pochi istanti che quel poco da dire, lo avrebbe scritto sulla sabbia.

Con movimenti leggeri, esitanti, con l’indice trascrisse venti lettere. Tre parole.

"Carmen tradisce Nathan”, e con lo sguardo fisso sulle parole che aveva abbozzato sulla fragile sabbia, Victoria aspettò che sua sorella capisse che non era pazza.

«Non mi sorprende», rispose con risolutezza, solamente dopo qualche minuto. L’assenza di rabbia o sconcerto, ferì Victoria nell’orgoglio.

Perché non era sconvolta quando lei, al solo pensiero? Perché improvvisamente le sembrava di non aver fatto la cosa giusta?

Di scatto tirò uno schiaffo sulla spalla di Emma, con violenza, quasi a volerle ripetere quello che era successo. Quel tradimento assurdo. E neanche quello sembrò sorprendere Emma Cade. Fece una smorfia, socchiuse gli occhi per trattenersi dal cominciare una rissa con l’altra ragazza, poi finalmente il suo tono raggiunse il concetto nascosto dietro la sua indifferenza.

«Non mi sorprende, okay? Mi sembra una storia terribilmente familiare».

Ed era lì che Victoria sapeva sarebbero arrivate. Emma era sicuramente scioccata della notizia, ma in cuor suo sapeva di non poter reagire diversamente da come aveva appena fatto.

La usa testa ricostruì quello che il suo cuore non era capace di fare, vigliacco com’era.

Anche Nathan aveva tradito una volta. Aveva tradito Emma. Con lei.

E’ questo che vuoi? Godere di una piccola vendetta?  Pensò Vicky.

Emma si strofinò i pantaloni con maniacalità quando si rialzò per fronteggiare sua sorella.

«Non fraintendermi non sono affatto felice, e anche se non lo do a vedere, vorrei urlare e prendermela con qualcuno. Perché si tratta di Nathan, e gli vorrò sempre bene», abbassò il tono di voce, quasi la sua fosse una confessione non programmata.

Emma e Nathan non erano stati solamene la coppia perfetta di un paesino sperduto del Wisconsin. Erano cresciuti insieme, avevano imparato a conoscersi al tal punto che tutti si sarebbero aspettati che, un giorno, si fossero sposati. Ma non era andata così, ed Emma era riuscita a comprendere.

«…e Carmen è una delle mie migliori amiche, voglio bene anche a lei. Ma diciamoci la verità, nessuno ha mai pensato che potessero andare lontano, insieme», riprese a parlare velocemente, dimenticandosi della difficoltà di Victoria.

Avrebbe tanto voluto poter avere voce in capitolo, riuscire a…

«Ma questa storia non riporterà Nathan indietro», concluse con la stessa risolutezza, avvicinandosi di qualche passo per fronteggiare meglio la senzavoce.

«Cos’è? Credevi di tornare qui e riprendertelo?».

Colpevole, Victoria chiuse gli occhi.

«Non vorrei essere io a dirlo, perché la cosa mi infastidisce non poco, ma tu conosci molto bene Nathan. Sei probabilmente l’unica che sa la reazione che avrebbe. D’altronde, voi due solo sapete com’è andata davvero la notte in cui vi siete lasciati», ammise.

In cuor suo, Victoria rettificò quell’affermazione. Solo lei, Nathan e suo padre.

Il signor Hamilton era stato colpevole di molte cose secondo la minore dei suoi figli. Eppure ricordava con estrema chiarezza quanto grata gli fosse stata, quando quella notte di Dicembre, era tornata piangendo e pronta ad andare via, per averla capita e tenuta tra le braccia.

 

Ricordava quel dolore che le attanagliava il petto.

La follia che sembrava guidarla. Non c’era più lucidità in se stessa. Niente ragione.

Era preda di una sofferenza sconsiderata. Preda di un amore distrutto ed un cuore consumato.

E ricordava di aver urlato. Tanto. Mentre, devastato, suo padre era incapace di far nulla, se non guardare la sua bambina soffrire d’amore.

 

E anche in quel momento, davanti a sua sorella, Victoria si accorse di star gridando, memore dei ricordi che aveva rievocato.

Gridava, gridava forte dimenandosi dall’aria, tagliandola con gesti privi di significato, sotto lo sguardo finalmente sconvolto di Emma.

Urlava perché, come la tragedia per Aristotele, si sentiva leggera. Purificata.

Urlava perché era il modo migliore per riavere la sua voce e non dover pensare alle parole da pronunciare.

Ma, senza prevederlo, le sue grida vennero bloccate da due braccia saldamente strette alla sua vita, ed una testa bionda affondata nell’incavo del suo collo, che sussurrava con dolcezza.

«Andrà tutto bene».

E la fragile, tenace, ardente ragazza dal cuore in pezzi, le credette.

Non che fosse più facile riconoscere di aver ritrovato un po’ di voce.

«Prova a cantare qualcosa», le suggerì la bionda.

«Credi che possa anche solo intonare una nota in questo modo?», gracchiò Victoria. L’aver urlato le aveva restituito un filo sottile di voce, ancora più fastidioso del non poter parlare e basta. Sentire quel tono basso e sommesso era quasi soffocante, ma non se ne curò per più di qualche minuto.

Accennò una smorfia divertita, probabilmente più di sollievo che di reale gioia, e rimase ancora un po’ tra le braccia di sua sorella.

«Devi cercare di riprenderti, va bene?», Victoria alzò lo sguardo. «Devi farlo per Shane. Per il suo matrimonio».

Ma certo, il matrimonio. Ancora una volta il suo egoismo aveva avuto la meglio sugli affetti.

«Non voglio rovinare il matrimonio di Shane e Marnie», si affrettò a dire incespicando con le parole. «Shane non deve sapere nulla di tutto questo».

«Non sarò io a dirglielo».

«Va bene», annuì.

Tutte le preoccupazioni di Victoria avrebbero dovuto cercarsi un altro posto dove stare a causa di priorità ben più drastiche della sua situazione sentimentale.

L’idea che suo fratello convolasse a nozze non era riuscita a spaventarla fino alla viglia di quel grande giorno, stesa sul materasso della sua stanza, in preda ad un attacco di panico invisibile.

La voce cominciava a migliorare poco a poco, e con la benedizione di Meg, Victoria avrebbe terminato l’album in tempo. Tutto sommato, il suo problema si riconduceva al segreto che portava con sé.

Quanto sarebbe stata perfida se avesse confessato tutto a Nathan?

Quando sarebbe stato spregevole far finta di non sapere nulla? 
Non sembrava esserci fine a quell’orribile storia.

Nel frattempo, l’abito da damigella poggiava sulla sedia della piccola scrivania di legno, ben stirato e sgargiante, quasi rumoroso avrebbe osato dire Victoria. Era solo un vestito, eppure sembrava che opprimesse quella stanza.

«Vuoi sentirla una storia?», le aveva suggerito Maddie quella sera. La giovane ragazza era la più entusiasta della casa, insieme a quell’energica di sua madre Norah, che non la smetteva di sfornare biscotti al cioccolato per tutti.

«Conosco tutte le favole di questo mondo, Mad».

«Non chiamarmi Mad», si imbronciò. «E comunque non è una favola. E’ solo una storia, senza morale né significato», ammise di nuovo con euforia.

Quel luccichio innocente nei suoi occhi fece desistere Victoria dal mandarla via con parole poco carine, perché le ricordavano fin troppo il brillare degli occhi di quando si è così puri da non veder altro che colori e amore ovunque. Se ne accorgeva solo adesso, ma quel luccichio l’aveva avuto anche lei.

«Fanne un riassunto, forza».

Senza protestare, corse sul letto incrociando le sue gambe e fronteggiando la un po’ più alta figura della sua sorellastra dallo sguardo spento.

«Domani Shane si sposa».

«Madison, non mi sembra una storia…».

«…Fammi parlare! Niente interruzioni», alzò la voce per imporsi.

Victoria seppellì un sorriso divertito ed annuì facendogli cenno di proseguire.

La ragazzina fece un lungo respirò, poi parlò.

«Ti ricordi Gwen, la ragazza della mia classe che ti ha chiesto un autografo qualche giorno fa? Gwen ha una sorella, Charlotte. Charlie era stata insieme ad un ragazzo di Portville, vicino Longwood, credo si chiamasse Eddie», si fermò qualche istante per riflettere. «Comunque, da quanto mi diceva Gwen erano molto innamorati e sembrava andare tutto per il meglio fin quando non si sono lasciati».

«Una cosa di tutti i giorni», si lasciò scappare Victoria, meritandosi un’occhiataccia nervosa da parte di Madison.

«…Erano sempre stati migliori amici, ma sapevano di essere innamorati l’uno dell’altra. Due anni fa Charlie ha scoperto che Eddie si stava per sposare», fece una pause aspettandosi una reazione da Victoria. La ragazza si ritrovò presa e incuriosita dalla storia, ma non tradì nessun tipo di emozione.

«…e Charlie è quasi impazzita. Era ancora innamorata di lui ma era praticamente finita».

«Smettila di prendere pause solo per aumentare la suspense», sbottò irritata. «Non stai raccontando una storia per Halloween».

«Okay, okay», Madison alzò le mani in segno di resa. «Dove ero rimasta? Ah si, Eddie si sposava. Charlie si è chiesta quante volte ancora avrebbe perso l’occasione di parlare e alla fine si è decisa a farlo. Il giorno del matrimonio ha interrotto le nozze», sorrise. «Dev’essere stata una scena divertentissima. Gwen mi ha raccontato che la madre di Eddie è quasi svenuta. Certe cose dovrebbero accadere solo nei film», ma Victoria ignorò le ultime parole della sorella, aspettando quelle giuste.

«E allora? Lui che ha fatto?».

Madison fece una smorfia scocciata e alzò le spalle. «Non lo so. Gwen non è riuscita a raccontarmi il finale».

 

-------------

«Vieni con me».

«Non scherzare, Lucas. Sei pazzo».

Il ragazzo scosse lentamente la testa. «Voglio solo andare via per un po’, cambiare vita», sussurrò chiudendo gli occhi. Era da un pò che quando lo faceva, l'idea di una vita nuova gli balenava in mente. Il desiderio di cambiare per un pò, di vedere persone diverse, posti diversi, per capire la propria strada. Lucas ne aveva così bisogno.

«Scappare sarebbe da vigliacchi», rispose la ragazza con tono incerto. Stava davvero prendendo in considerazione l’idea? Lei non poteva, non era neanche sicura di cosa stessero facendo. Un sospiro di frustrazione riempì la stanza.

«Sarebbe da innamorati».

«Non posso fargli questo. E neanche tu», bisbigliò Carmen. Da quando Victoria aveva scoperto di lei e Lucas, la situazione sembrava insostenibile, come se cominciasse a portare il fardello del tradimento solo adesso. C’era stato un momento in cui aveva creduto di amare davvero Nathan, ma una donna sa quando la persona che hai accanto non ti ama come dovrebbe.

Non aveva tradito Nathan perché si sentiva trascurata, quel ragazzo era riuscito a renderla davvero felice, ma non a farla sentire amata. Mentre Lucas…lui riusciva a farle avere i brividi sulla schiena lanciandole uno sguardo, anche solo sorridendole. 
Carmen sapeva perfettamente quanto tremenda fosse quella situazione, quanto male in ogni caso avrebbe causato e provato contemporaneamente, ma come farne a meno?
Chi sarebbe tanto stupido da guardare scivolare via l’amore a causa del senso di responsabilità? Non lei.

«Farà più male quando lo scoprirà».

«Victoria non dirà nulla. Ha promesso».

«Ma è ancora innamorata di lui», Lucas sbuffò spazientito. «Ed è una ragazza così imprevedibile!», scosse la testa accennando un sorriso. A Lucas piaceva ricordare Vicky come un vortice incasinato ma sconvolgente. Cosa non era capace di sconvolgere quella ragazza?

Era riuscita a rendere il suo migliore amico un ragazzo con i  rimorsi.

«Farà del male in ogni caso», sussurrò la ragazza.

«Se andassimo via però…».

«Va bene», lo zittì subito, ampliando la risposta annuendo velocemente, convincendo anche sé stessa dell'idea assurda.

Lucas raddrizzò le spalle e guardò accuratamente l’espressione risoluta di Carmen. «Verrai via con me?», richiese speranzoso.

«Dopo il matrimonio».

Quel tanto odiato, amato, atteso convolare a nozze. Il pensiero fisso di Marnie, la preoccupazione di Shane, la ragione di Victoria, la favola di Madison, l’ansia degli Hamilton, l’emozione dei Nichols.

Un evento, un giorno, un pezzo di carta. Celebrare la prova che due giovani ragazzi si sarebbero amati finché morte non li avrebbe separati. Ecco quale era il concetto di matrimonio quel giorno.

«La chiesa dovrebbe rivedere il testo», borbottò Shane. «Insomma. In salute e in malattia, finché morte non ci separi?», il tono del giovane sposo si incrinò nuovamente, da lì ad un’ora avrebbe perso la voce.

Erano le prime ore del mattino e Victoria aveva raggiunto suo fratello nel suo piccolo appartamento, per guardarlo prepararsi al suo grande giorno.

Ovviamente la preparazione di Shane si era ridotta allo strafogare un cornetto al cioccolato fissando il suo abito da sposo come se fosse un disgustoso insetto gigante.

Victoria sorrise di fronte alla tenerezza nascosta del suo fratellone.

«Non credo che protestare contro la Chiesa il giorno del tuo matrimonio sia una mossa giusta da fare», ammise. Ancora in pigiama, esattamente come il ragazzo, Victoria era stessa sul materasso in una posizione irregolare, sbadigliando ininterrottamente sotto le parole dell’agitato Shane.

«Dovresti essere un sostegno, sai?».

«Perché sei agitato? Un paio d’ore in chiesa, un anello al dito, un ricevimento divertente e…puff, tutto finito!», Victoria giocò con i suoi capelli cercando di alleggerire la situazione.

Parlava facile lei, la piccola ribelle di New York.

Con un balzò deciso corse ad afferrare la stampella che teneva perfettamente l’abito di Shane

«Ti sei rammollito col tempo, Shane», lo prese in giro. «Sono sicura che se facessimo una sfida non la vinceresti neanche».

Shane alzò le spalle ed inclinò la testa per accogliere la proposta di Victoria.

«Al mio tre, il primo che riesce a vestirsi vince».

Una bella sfida che ricordava quelle che i due erano soliti fare quando i buoni voti a scuola erano la più grande preoccupazione della loro vita, era proprio quello di cui avevano bisogno i nervi tesi di Shane Hamilton.

E non arrivarono neanche al tre.

Victoria era tante cose, e tra quelle peggiori emergeva una piccola invisibile qualità: era una buona sorella. In qualche modo, la ragazza era riconoscente a Shane il fatto di aver mantenuto quella promessa che, prima di arrivare a Longwood, lui le aveva fatto. Dopo la morte di Rain, lo sbruffone dispettoso di New York era diventato un magnifico fratello maggiore, e poi con lei a Longwood era diventato un giovane uomo.

Nulla più di suo fratello, la rendeva fiera in quel momento.

Per questo Victoria rallentò quando fu sul punto di allacciarsi i tacchi vertiginosi in tinta col vestito di sabbia rosa, come lo aveva ribattezzato lei, spostatasi nel salone per cambiarsi. Ricordando la brutta esperienza della prova dell’abito, Vicky era rimasta piuttosto sconcertata quando la sposa le si era presentata alla porta col suo abito da damigella. Proprio quello che lei preferiva.

“L’ho scelto perché so che ti piace”, l’aveva informata. “E perché so che questa scelta farà infuriare Emma”, aveva poi scherzato unendosi a Victoria in una risatina nervosa.

«Mi dispiace sorellina. Credo che la storia continui a ripetersi», la voce più leggera di Shane, scatenò finalmente in lei una risata genuina e un po’ d’eccitazione.

Dopotutto era un matrimonio. Una celebrazione.

Eppure, quando volteggiò verso il fratello come una ragazza che gioca a fare la principessa, rimase colpita dalla figura sottile del ragazzo di fronte a lei.

Shane non era mai stato il tipo da abiti eleganti. Al ballo di primavera dei suoi sedici anni aveva indossato una camicia hawaiana per distinguersi dai ‘pinguini’ che giravano in palestra.

Quella mattina, Shane Hamilton era lì di fronte a sua sorella, con una spalla poggiata sullo stipite della porta del piccolo soggiorno in un meraviglioso smoking nero che delineava le sue forme longilinee e sensuali, e sorrideva – non senza un po’ di imbarazzo – come lo stesso bambino che da piccolo era solito rubarle lo stereo rosa che lei tanto amava.

Con una mano sulla bocca per trattenere un singhiozzo, Vicky avanzò verso di lui.

«Sei bellissimo».

«Ho cercato di farti dire una cosa simile per vent’anni. Perché ora che me lo dici non sento altro che…».

«…hai voglia di piangere?».

«No, che ti voglio bene».

«Shane», sussurrò lei, intenerendo le labbra in un dolce sorriso mischiato a calde e fastidiose gocce di lacrime.

«Fortuna che ancora devi truccarti».

Con un gestaccio non degno di una ragazza, Victoria chiuse la conversazione.

Dovettero aspettare entrambi che, una volta arrivati i loro genitori, passata la crisi di pianto della ex signora Hamilton davanti a suo figlio pronto a sposarsi, la mattinata continuasse, entrambi sapendo che per quel giorno, non avrebbero avuto più tempo solamente per loro.

Mentre Marienne legava i lunghi capelli della figlia in un elaborata acconciatura che ricordava vagamente le attrici delle serie tv ambientate nell’Ottocento, il signor Hamilton dispensava consigli al futuro sposo, dopo aver lasciato Norah e le sue figlia a prepararsi nella casa sul mare.

L’appartamento di Shane non era male, ma era soffocante, e una volta sposati, né lui né Marnie sarebbero durati molto in quel posto. L’atmosfera che alleggiava era irritante e scomoda, anche se l’emozione saliente che dettava il tempo che scorreva, riusciva a cancellare ogni forma d’ansia.

«Ci saranno proprio tutti. Gli invitati sono moltissimi, non posso crederci che anche i nostri amici di New York abbiano accettato di venire», raccontava sua madre. «Kate e Rachelle sono atterrate da poco, arriveranno direttamente in Chiesa dopo essersi cambiate in chissà quale stanzino segreto dell’aeroporto», aggiunse Victoria contemplandosi allo specchio.

Un pensiero, una smorfia le attraversarono la mente di colpo.

«Spero non ci siano paparazzi», sussurrò. «Meg ci sarà?».

La donna annuì, nel suo splendido abito lungo blu scuro. «Me lo ha confermato ieri. E il bestione darà una mano in situazioni estreme», aggiunse divertita pensando a Big Rock in abiti eleganti. Scosse la testa e si lasciò distrarre da altre parole.

«Andrà tutto a meraviglia», dalle scale la voce tesa del signor Hamilton arrivò alle due donne.

Una volta raggiunte, giusto un passo avanti allo sposo pronto ad andare via, Victoria poté contemplare per pochi secondi quella scena estremamente commovente.

Non vedeva tutta la sua famiglia insieme da quando era piccola. Adesso erano tutti adulti, persone con problemi e gioie, con una vita e una carriera.
Ma anche se solo per quel giorno gli Hamilton, erano di nuovo insieme. 

 

---

 

«Adesso può baciare la sposa», decretò il prete.

E così fece Shane, baciando sua moglie, sotto una coperta di applausi e soorisi smaglianti.

Non aveva pianto, Victoria. Non davanti a tutti perlomeno, dopotutto era la testimone dello sposo.

Marnie aveva fatto scomparire dal viso quella pressante espressione di dubbio e incertezza, lasciando spazio a dolci lineamenti adornati da due piccoli boccoli ad entrambi i lati del viso.

Era tutto troppo confuso per fermarsi a riflettere, le persone erano tantissime e il peso del cuore era sempre più pesante. 

Il tempo aveva deciso di prendersi gioco della sua memoria. Victoria era stata presa dalla frenesia degli invitati, dall'emozione di aver visto suo fratello pronunciare il si più importante della sua vita. Era stata costretta a trascinare sua madre in un posto appartato per farla smettere di piangere e lanciare urletti inquietanti.

Penseremo a cosa è successo quando né avremo tempo. Adesso comportati da donna dignitosa”, le aveva detto con voce poco sicura.
Al ricevimento, fu costretta a prendere posto a tavolo più scomodo che potessero dargli. Essendo il testimone della sposa, Lucas stava al suo fianco in un completo semplice ma attraente, giusto per far risaltare quell’aura incantevole e dolciastra che lo attorniava. Subito dopo loro due, il tavolo rotondo ospitava una Carmen nervosa accompagnata da un raggiante – ed emozionato - Nathan.

Il fatto che avesse dimenticato il loro ultimo incontro con così facilità la urtò. Non toccava a lui essere così felice! Non più del fratello stesso della sposa.

Ma Marnie è la sua migliore amica. Lui la adora. La accuso la sua coscienza. Fortunatamente, anche Kate e Rachelle sedevano con loro, disinvolte come sempre.

La sala del ricevimento era enorme, per questo ringraziò mentalmente Emma di aver aiutato la sposa a scegliere un posto tanto grande da far disperdere la gente. Erano troppi i visi che non conosceva, e troppi quelli che conoscevano lei.

«Vorrei tanto stare qui con voi», aveva detto Marnie circondando le spalle di Nathan e rivolgendosi a Vicky, proprio di fronte a lui.

La ragazza scrollò le spalle e accennò un sorriso. Il vestito di Marnie era più semplice di quanto lo ricordasse. Era elegantemente fasciato intorno al suo corpo dalle curve sottili, Victoria immaginò che dovesse essere anche un pò troppo stretto per i suoi gusti, eppure donava alla sposa una regalità invidiabile. In testa, per abbellire l'acconciatura, portava una coroncina di finti fiori bianchi, che Vicky non avrebbe mai saputo indovinare quale fosse il loro nome. Sotto il lungo abito, aveva messo da parte i fastidiosi tacchi color crema, per sostituirli con semplici scarpe basse e non appariscenti.
Ma facevano un bell'effetto. In realtà era lo strano sorriso timido che addolciva le guance di Marnie a renderla la ragazza più bella di quella festa.

«Non allontanarti da mio fratello», la rimproverò Victoria con divertimento. «Sembra sul punto di svenire da un momento all’altro», indicò il ragazzo che girava tra i tavoli per accettare le congratulazioni e sorridere a tutti con cortesia. Mentre con lo sguardo girava tra i tavoli con la curiosità di riconoscere tutti, Vicky fermò gli occhi in un punto.

E per qualche istante perse il respiro.

«Nessuno mi ha detto che sarebbero venuti», si rivolse a Rachelle con sconcerto e quando l’amica non le rispose, con sguardo accigliato, Vicky fece un balzo deciso, lasciò il suo tavolo e raggiunse l’altro lato della sala volteggiando in quel vestito così leggero e adorabile.

Da dietro, Shane la raggiunse, quasi come se avesse capito le sue intenzioni e avesse deciso di appoggiarla.

Nel frattempo però, Nathan lanciò un occhiata curiosa Marnie, che alzò le spalle a mo’ di scusa, segno che neanche lei sapesse chi stessero raggiungendo. 
Per non lasciare ulteriore silenzio in quel gruppo, Kate si decise a spiegare la reazione improvvisa dell'amica.

«E’ andata lì», indicò le persone che Vicky aveva raggiunto con un pò di timore. «Quelli sono i genitori di Rain».

Nate spalancò gli occhi appena, e si voltò per guardare Victoria con un'altra espressione.

La disinvoltura della ragazza rimase accecata da quel ricordo inaspettato che le si era presentato nel momento più giusto e più sbagliato. Ma non lasciò vincere la tensione, con un leggero sorriso salutò il signore e la signora Taylor.

«Sono così felice di rivedervi», pronunciò una volta abbracciati entrambi.

«E’ un onore avervi al mio matrimonio», continuò Shane con il suo inconfondibile fascino.

«E’ ancora strano crederlo», disse la donna fissando Shane con sguardo dolce. «Sembra ieri che giocavate tutti a casa nostra».

Vicky si irrigidì come previsto. Aveva la vaga sensazione di essere osservata da più parti della sala, ma non si voltò neanche per un secondo ad appurare i suoi sospetti.

«E tu Vicky», l’uomo mise una mano sulla spalla della moglie. «Se così cresciuta, è da tanto che non ti vedevamo».

«Oh, ma che dici! La vediamo ogni volta in tv, non ricordi?», la rimproverò il marito, mentre la moglie annuiva.

«Ma adesso posso vederla dal vivo», mormorò con tenerezza al marito.

«Ed è ancora più bella di quanto ricordassi», continuò a tenere la voce bassa, ma Vicky arrossì perché quel sussurrò non fu abbastanza debole da farsi ignorare dai presenti.

«Scusaci, Victoria», continuò, tutto ad un tratto rivolta verso di lei. «Prima che andiamo via, ripassa da noi. Dovrei darti una cosa», addolcì nuovamente il suo viso con un sorriso a fior di labbra.

Da lontano, Nathan aveva notato i lineamenti addolciti del viso della testimone dello sposo. In effetti, Victoria era stata colta da una sensazione di calore e tranquillità, davanti a due persone ancora così forti di fronte ad un dolore che lei ancora cercava di distruggere. 
Quando salutò i genitori di Rain, con la muta promessa di rivederli ancora, raggiunse il suo tavolo con maggiore disinvoltura, stanca della pressione inutile che cedeva di dover portare quel giorno.

Dopotutto non era lei che si era sposata, giusto?

Mentre il suo sguardo gironzolava per la lunga sala che stava percorrendo, alzò il mento, quasi ad imitare un’espressione di fierezza.

 

I suoi gomiti poggiavano bruscamente sulle ginocchia, mentre le guance prendevano una forma irregolare perché affondate tra i palmi delle mani.

«Vuoi sapere la verità, Nathan?».
«Sono molto più semplice di quanto tutti pensino. Sono solo una ragazza. Confusa e contraddittoria. Oh, terribilmente contraddittoria! Così tanto che delle volte ho paura. E’ normale, giusto? Avere paura del mondo, della vita, delle persone, del futuro. Eppure, nonostante sento di essere tanto fragile da potermi spezzare…non succede mai. Continuo a reagire, e allora penso di essere forte», sbuffò senza staccare il contatto visivo che tanto aveva faticato a costruire con lui in quel momento.

«Ma allora che sono? Sono fragile o forte?». La chiarezza con cui Vicky aveva finalmente parlato, aveva spiazzato Nathan.

Molte volte quel ragazzo aveva sperato di capirla, magari nel modo sbagliato, complicando tutto. E quando lei, involontariamente, quella volta riuscì a farsi comprendere, Nathan non fu capace di soffocare una risata.

«Ridi di me, Carver?», borbottò infastidita.

«Puoi cercare di salvare te stessa trovando una strada giusta, buona. Ma non puoi salvare il mondo, Vic».

«Chi ha parlato di salvare il mondo?».

«Tu vuoi essere perfetta. Cerchi in ogni modo di imitare qualcosa che il più delle volte non ti si addice. Ecco perché sei una contraddizione, perché ancora non ti conosci. Ma invece di provarci davvero, pensi a come fare per apparire perfetta davanti ad un mondo che se ne frega di te».

«Quindi, mi stai dicendo…».

«si, che sei ancora una bambina».

Victoria sorrise al pensiero. Avrebbe dovuto infastidirla, ma l’irritazione fu immediatamente scavalcata dalla sensazione di sicurezza che era riuscito ad infonderle Nathan.

Non era sicura che la risposta del ragazzo fosse giusta, anzi.
Ma lui, almeno, aveva provato.




Fine undicesimo capitolo.



Questo capitolo non è fondamentale, ma mette le basi per qualcos'altro...chi lo sa.
Per quanto riguarda Victoria: è così che me la immagino. Contraddittoria. Strana. Irritante. Alla ricerca di sé. 

  
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