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Autore: Snafu    24/07/2012    3 recensioni
A chiunque creda nell'amore.
E magari nelle seconde possibilità.
Perché la notte fondamentalmente è il momento migliore per coltivarli entrambi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'The Made in Hell Series'
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When you’re screaming in the night

Capitolo XIX - I guess it’s over.


Dorothy aspettava di fronte alla porta del monolocale: non aveva molto tempo, John ed Anthea a momenti sarebbero andata a prenderla a casa per portarla all’aeroporto, e lei non ci sarebbe stata. Bussò impazientemente e aspettò che Tim aprisse. Quando questo successe, lo salutò educatamente, ricordandosi che non era lì per se stessa, ma per lui.

L’uomo si appoggiò allo stipite della porta, come nel tentativo di bloccargli ogni via di accesso alla casa, e chiese, risentito:

«Che cosa ci fai tu qui?»

«Volevo parlarti... è che... tra poche ore parto.»

Tutta la freddezza d’un tratto si sciolse e lui manifesto tutto il suo terrore e la sua preoccupazione:

«Per dove?»
«Stati Uniti d’America.»

«Perché parli a monosillabi?»

«Perché non è un viaggio di piacere. Mi trasferiscono per lavoro.»
«Ma... per quanto tempo?»

«Per un po’. Non lo so quanto.»

«Sì, ma cazzo, non posso credere che te l’abbiano detto ieri. Da quanto lo sai?»

«Non l’ho detto a nessuno fino a ieri sera, tra tutti avreste cercato di farmi cambiare idea. Soprattutto Anthea. E non avrebbe retto il segreto...»

«Ho capito...»

«Beh, tutto qui? È tutto quello che hai da dire?»

«Ti lasceresti forse fermare? Ne dubito. O perlomeno, non da me. Mi sbaglio?» Dorothy abbassò lo sguardo «So riconoscere una causa persa. E ho perso di nuovo. Pace.»

«Se ti consola non ci è riuscito neanche Roger.»

«Per la verità, non ne dubitavo.»


Arrivati tutti all’aeroporto si evitò la rissa per poco. Staffell e Taylor non erano proprio dell’umore adatto per incontrarsi, quel giorno. Mentre loro due quasi venivano alle mani, gli altri discutevano dell’improvvisa partenza.

Quando Dorothy ritornò dalla fila per imbarcare il bagaglio enorme, Roger le andò incontro e Anthea tirò da parte Tim, che si stava avvicinando con fare minaccioso, così il moro si allontanò sbuffando.

«Credo che quei due abbiano bisogno di un paio di minuti per conto loro...» asserì, lanciando un’occhiata distratta alla carrozzina, dove il cucciolo Deacon stava facendo un riposino.

«Dici che è davvero finita qui?» domandò John. Non aveva ancora tirato fuori i fazzolettini, ma presto ne avrebbe avuto bisogno. «Voglio dire, dopo due fan fiction e una testa tanta dici che la Cath lascerà che questa storia non abbia un lieto fine?»

«Chi ti dice che questo non sia un lieto fine? Forse non erano fatti l’uno per l’altra, davvero.»

«Non puoi averlo detto. Anthea torna in te!!» il marito scosse la moglie afferrandola saldamente per le spalle. I due scoppiarono a ridere. «Comunque queste storie struggenti e tormentate non fanno per me. Ho un animo troppo sensibile! Ci soffro! Spero solo che tra sei anni quei due non ritornino insieme... non avrei l’età per sopportare un altro sequel!»

Da quella via sbucò Dorothy.

«Hey, John, quando porterai Anthea a trovarmi?»

«Quando avrò tempo. Naturalmente questa cosa non si sarebbe resa necessaria se tu non avessi avuto questa trovata degna di Roger Taylor. È proprio vero, Dio li fa e poi li accoppia...»

«Tu dici?» domandò la mora, appoggiandosi alla bionda. «Credo che questa sia una lezione per tutti noi. Quello che diamo per scontato, un giorno svanirà. Niente è per sempre... è passata l’età dell’amore platonico, delle sbronze, dei festini a casa Bowie, delle scappatelle... siamo gente adulta adesso. Voi avete un bambino, io ho un volo per New York che parte tra mezz’ora. In effetti, dovrei fare il check-in.»

Così arrivò il momento dei saluti. Anthea aprì i rubinetti praticamente subito e monopolizzò l’abbraccio di Dorothy per circa dieci minuti, continuando a borbottare minacce e singhiozzare. Promise all’amica che le avrebbe salutato David e in cambio si fece promettere di chiamare non appena arrivata nella nuova casa.

«Cazzo, Anthea, ho detto ai miei di non venire perché mi avrebbero fatto piangere, e ora ti ci metti tu?!» inveì la più anziana.

Dopo quel saluto, visto che anche la mora aveva attaccato con le lacrime, non fu troppo difficile dire addio a tutti gli altri. Fu il turno di Brian, Freddie, John, Tim, infine Roger.

Si abbracciarono, non si guardarono in faccia.

«Ti prego, metti una fine a questa pazzia. Non cercare di distruggere sempre tutto... resta.»

Dorothy ignorò deliberatamente le sue parole ed accarezzò la testa

«Non mi dimenticherò mai di te. Cerca di essere felice, hai tutta una vita davanti.»


Anthea si era dovuta sedere. Vedere la sua migliore amica sparire oltre il bancone del check in l’aveva quasi traumatizzata.

«Dai, ti telefonerà tra poche ore, non è morta, la rivedrai presto.» disse Tim, accomodato con le gambe accavallate accanto a lei. «E la rivedrò presto anch’io...» annunciò, lanciando un’occhiata all’orologio da polso. «Anzi, sarebbe ora che andassi, prima che il check-in chiuda, quindi vi saluto.»

Il silenzio calò nel gruppo, fino a che Roger non domandò:

«Che cosa?»

«Taylor, secondo i miei calcoli diventerai sordo da vecchio, non ora. Ho detto che devo andare a fare il check-in, quindi tanti saluti e statemi bene.»

«Dove pensi di andare? Tu non puoi...» strillò il batterista, che stava per avere un attacco isterico.

«Io non posso vivere senza di lei, è questo che volevi dire?» No, decisamente non era quello che voleva dire «Già. Per questo vado. Appena me l’ha detto ho prenotato un biglietto, ok? Devo dare altre spiegazioni a qualcuno?» domandò. «È stato bello, ragazzi. Ora vado.»

Roger guardò sparire anche Staffell oltre il bancone del check-in.

Era finita. Per la prima volta in tutta la sua vita, si sentiva davvero vuoto, senza uno scopo, senza una motivazione per arrivare al giorno dopo.

Era davvero finita.

Lei aveva scelto un altro, non aveva più bisogno di lui, per scopare, una compagnia prima di addormentarsi, qualcuno che le intasasse la segreteria telefonica per chiedere scusa, per essere felice.

Semplicemente, lei era riuscita a scrivere Fine. e voltare pagina.

Se lei era mai stata come stava lui in quel momento, quella era solo una fatalità del destino che gli rovesciava addosso tutto il male che le aveva fatto, e lui era disposto a pagare, ma a patto di averla di nuovo indietro.


   
 
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