L'altra sera il cielo ellenico aveva perso le stelle e la luna era nascosta dietro le nuvole nere di notte. Camminavo calpestando i teneri arbusti che crescevano intorno alle paludi e mentre avanzavo sentivo le ranocchie gracidare rumorosamente. Le sentivo cantare ad una ad una, e il loro verso era così sincronizzato, continuo, monotono da sembrarmi il borbottio del mare. Mi ricordai, allora, di quel mar Mediterraneo che univa la mia terra a quella della mia amata Sud Italia, e di quel giorno in cui, mentre il mare faceva da sottofondo, ci lasciammo per sempre.
 

Il rumore del mare, era tanto forte e per poco non copriva le nostre voci. Lei mi guardò, con i suoi occhi malinconicamente lucidi, con uno sguardo capace di gettare nella tua anima le sue emozioni più intime. Era vestita con abiti eleganti ma non abbastanza da superare la sua naturale e spontanea grazia. Aveva il portamento di una principessa e, come la figlia di un re, era promessa in sposa ad un uomo che non amava.

Mi disse, con voce flebile, che voleva darsi la morte, perché il nostro amore non poteva più esistere, perché sarebbe stato solo un ricordo e, anche se bello e inossidabile, non sarebbe più tornato. Lei voleva darsi la morte, mentre io cercavo di aggrapparmi alla vita come un naufrago cerca di ancorarsi stabilmente allo scoglio. 

Si sfilò un rosso garofano che aveva tra i capelli e me lo donò con la modestia di una dama. Era il regalo più dolce che mi avesse mai fatto. Spezzai un ramo d'ulivo delicatamente e glielo donai, chinandomi un poco; glielo regalai affinchè non si abbattesse, proprio come coloro ai quali veniva donata una palma. 

-Io partirò domani in Spagna- disse, con il volto coperto di lacrime, con il cuore imprigionato nelle mani dello spagnolo.

Lei se ne andava in Spagna, mentre io sarei partito in Turchia, combattendo un'altra guerra, sanguinando ancora, ma nulla poteva essere più doloroso di una ferita al cuore.

-Principessa, sei la mia fidanzata- le dissi, abbracciandola dolcemente.

Si allontanò, con incedere lento cingendo la mia palma. La vidi allontanarsi silenziosamente e non potevo fare più nulla per fermarla. Si voltò verso di me prima di sparire all'orizzonte mentre il sole tramontava e si faceva sera. Una colomba volò accanto a me, posandosi sull'ulivo da cui avevo staccato il rametto.

-Vola colomba, vola- dissi alla creatura -vola lontano-

La colomba volò. 

-Vola lontano e và dal mio amore, dille che le ho dato il mio cuore!-. Strinsi il fiore al petto.

 

Una sera io passeggiavo per le paludi, e sentii le ranocchie gracidare a tal punto da sembrare il rumore del mare....