Capitolo 1.

“Ciao, io amo la danza e me.”

-E cinque, sei, sette e otto!- Iniziai  a riprovare quella coreografia che ormai veniva trasmessa dalla mia mente al mio corpo in automatico.
Una volta finita la lezione, corsi negli spogliatoi, mi feci una doccia e poi mi affrettai a vestirmi per uscire di corsa. –Sei notevolmente migliorata! Complimenti! Se continuerai così potresti vincere una borsa di studio!- Mi bloccò la direttrice avanti alla sua scrivania. –Grazie mille! Ora, mi scusi, ma sono di fretta. Arrivederci!- La liquidai frettolosamente. Erano settimane, ormai, che mi ripeteva sempre la stessa cosa, eppure della borsa di studio non si era vista nemmeno l’ombra.
Arrivai in casa: posai il borsone di danza e presi l’ “attrezzatura” da baby-sitter. Giusto un paio di film e i bambini Monteith sarebbero stati tranquilli.
Uscii di casa e mi incamminai verso la casa dove lavoravo.

*

Erano ormai le 21.00 quando tornai a casa.
Stanca com’ero, dopo ben cinque ore di pulizie e caccia alle pesti, mi limitai a farmi una doccia e coricarmi. Saltai la cena, ma poco importava: male non mi faceva.
La mattina mi svegliai alquanto affamata, quindi feci un’abbondante colazione.
Dopodiché una doccia e poi a fare le pulizie a casa Monteith.
Stavo per suonare il campanello quando la porta di aprì. Era Cory, il figlio maggiore. Doveva avere 19 anni, circa. –Buongiorno signore.- Dissi educatamente e con la testa bassa mentre mi spostavo per farlo passare. –Ciao- Mi rispose seccato e con aria da superiore, continuando a fissare il cellulare. Dopotutto io ero la sguattera di casa, come doveva parlarmi?
Entrai in casa, salutai la signora Hudson e mi misi subito al lavoro.
Ero in camera di Cory, a disfare il letto, quando cadde una lettera aperta. La raccolsi.

“Congratulazioni! Sarai papà!”

Rimasi sconvolta da quella frase, ma facendo finta di nulla feci il letto e rimisi la lettera sotto di esso.

Appena finii di sistemare la camera del ragazzo, quest’ultimo entrò. Piangendo. –S-scusa.- Balbettò fra i singhiozzi. Stava per uscire, ma io lo presi per un braccio e lo tirai, chiusi la porta, lo abbracciai e lui ricambiò. –So le persone di che hanno bisogno solo guardandole: tu avevi bisogno di un abbraccio.- Dissi convinta e lui confermò stringendomi di più. –Vuoi dirmi che hai?- Chiesi timorosa, sciogliendo l’abbraccio. Lui annuì, aveva un evidente bisogno di sfogarsi. –Vedi, io sarò padre e la ragazza è… Minorenne- Disse evidentemente preoccupato. Lo abbracciai nuovamente. –Non lo sa ancora nessuno. Ti prego, non dirlo a nessuno.- Concluse, continuando a piangere.

NdA