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Autore: Hyperviolet Pixie    09/02/2007    1 recensioni
Cosa sto qua a fare se nessuno si ricorda di me? Ma perché nessuno si ricorda di quel povero demone che deve tenere il conto dei punti del bene e del male nell’importante partita del mondo?
Recensioni?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Twist of fate

Avevo venticinque anni quando diventai un vampiro, era il 1791... Ok, la smetto di fare il verso a Anne Rice e divento serio. Non so se voi vi ricordate di me, anzi, so già che non vi ricordate.

Quindi cosa sto qua a fare?

Non lo so.

Cosa sto qua a fare se nessuno si ricorda di me? Ma perché nessuno si ricorda di quel povero demone che deve tenere il conto dei punti del bene e del male nell’importante partita del mondo? Perché nessuno si ricorda di Whistler il cantastorie?

Come chi è?

Whistler! Io!

L’avevo detto che nessuno si ricordava di me.

Probabilmente tra qualche tempo diventerò come quella ragazza timida che è diventata invisibile!

Oh, che brutta fine per un demone come me … sempre se si può dire che io sia un vero demone.

Forse sono solo un ibrido tra un demone e un coniglio.

Non prendo parte a niente di importante, niente che richieda sforzo fisico … Sono un po’ come quel lottatore di wrestling, quello che si fa sempre accompagnare dalla ragazza sul ring … Sì, esatto, Edge! Scommetto che quello non sarebbe in grado di vincere neanche mezzo incontro senza la sua bella Lita (scommetto che lei è più forte di lui!).

Oddio, avete capito quanto tempo passo davanti alla tv ad aspettare che mi venga qualche inviato qualche compito dal Power-That-Be?

La mia vita è sempre un’altalena di noia, noia e ancora altra noia, e di tv, tv, ed ancora tv.

Cosa posso fare se tutti si sono scordati di me?

Sono andato molte volte a parlare con i miei amici oracoli e loro non hanno fatto altro che riempirmi la testa con tutte quelle stupide frasi criptiche.

Cose tipo: quando avremo bisogno di te, lo capirai da solo.

Sì, ma come faccio a capirlo?

Non lo so, forse loro mi hanno preso per una sorta di demone veggente solo perché ogni tanto mi capita di avere qualche visione.

Oh, che eufemismo.

Non sono affatto visioni, ma solo qualche immagine sfocata. L’ultima volta sono riuscito solo a distinguere del fuoco e qualcuno che diceva qualcosa, ma niente che riuscissi a comprendere.

Ma non sto qua a preoccuparmi, perché quando avranno bisogno di me, lo capirò da solo.

Sì, come no …

Oh … è in arrivo un’altra di quelle immagini strane.

È tutto nero.

C’è solo una debole luce, ma non è abbastanza forte per illuminare tutto.

Ci sono due mani, si stanno intrecciando.

Sembra tutto così irreale.

Fuoco.

Del fuoco si sprigiona dall’unione delle due mani.

Qualcuno sta parlando.

C’è ancora del fuoco.

Odio poter vedere queste immagini, mi fanno sentire un demone debole, perché non posso intervenire per cambiare il destino.

Ormai ho compreso che quello che si stava svolgendo doveva essere qualcosa di molto triste.

Ecco perché non sono un buon demone: ho un cuore!

Sono dispiaciuto per quello che potrebbe essere successo ai ‘proprietari’ delle due mani.

È una cosa così brutta. Odio dispiacermi, ma mi dispiaccio. Sono solo uno scansafatiche con tanto di patentino europeo per il fare niente dalla mattina alla sera. Odio oziare, ma lo faccio. È più forte di me. Devo essere una totale contraddizione sempre e comunque.

Londra è troppo fumosa per i miei gusti, eppure ci abito. Ho lasciato l’adorata California per trasferirmi qui, certo che sono strano. Abito in piccolo appartamento a due passi dalla stazione ferroviaria di Kings Cross e ogni primo settembre vado a vedere se il muro tra i binari nove e dieci è oltrepassabile. E tutti mi credono un pazzo, ma forse lo sono. Ormai me ne sto auto-convincendo. Pazzo, pazzo, pazzo.

Oggi non ho niente da fare. Sono a Londra e non so che fare.

Le vie del centro sono affollate, piene di gente di tutti i tipi. Se riesco a concentrarmi un po’ riesco a distinguere i loro stati d’animo grazie all’unico potere da vero demone che possiedo. Oggi, però, non ho voglia di vedere la tristezza o la felicità altrui e così chiudo i ponti e le vie di comunicazione con l’esterno. Creo una sorta di barricata che mi impedisce la percezione. Cammino senza che nessun tipo di rumore mi penetri nelle orecchie. Non sento niente, forse ho un po’ esagerato con il muro mistico. È tutto vuoto, sordo, ma un urlo riesce a oltrepassare la barricata facendomi perdere la concentrazione permettendomi di sentire una marea di stati d’animo altrui assalirmi.

Disperazione, felicità, incredulità, sorpresa, noia, tristezza, freddezza, divertimento, gioia, …

Vacillo. Una fitta coltre nera mi avvolge nelle sue spire portandomi sull’orlo di qualcosa, forse il baratro? Non riesco a capire cosa mi abbia fatto perdere stabilità. Ho sentito come un urlo, qualcosa di forte. Un richiamo mistico? Forse è arrivato il tempo di contribuire. Tutto diventa bianco …

Un grosso palazzo di marmo bianco. Una bambina che canta in una lingua sconosciuta una canzoncina mentre salta la corda.

Uno, due, tre,

Uno, due, tre,

Il ritmo è quello. Scandito ogni volta che posa i piedi a terra. I codini biondi che saltano con lei. Un grosso orologio segna le otto di sera.

Uno, due, tre

Uno, due, tre

La bambina incespica e cade a terra. Si rialza con il volto contratto, mostruoso. Il sangue le scende lentamente dal ginocchio, macchiando la gonna e il giardino dell’edificio bianco. Lentamente si volge verso di me, Whistler, spettatore, e mi porge una manina. La afferro completamente stregato dal volto della bambina. Un essere mostruoso.

“E’ questo che vuoi, Whistler? Essere un demone? Un vero demone?”

Sanguinario, orribile, crudele e magnifico.

“NO!” urlo a gran voce richiamando su di me l’attenzione della folla.

Non lo voglio essere. O almeno credo.

Sono senza fiato. Ho corso per almeno sei isolati prima di sentirmi sicuro. Per scappare dalla bambina mostruosa. Dovevo mettere più distanza possibile dal luogo della visione. Ne sentivo il bisogno.

Sono esausto. Mi guardo attorno cercando di riconoscere il quartiere nel quale sono appena arrivato. Non mi è familiare. Affatto. Continuo a camminare lungo la strada principale, stranamente deserta. C’è un’atmosfera strana, un’aurea maligna aleggia qua attorno. Sento che il centro, il punto maggiormente demoniaco, è molto vicino. Cammino fino a un incrocio dove le auto accelerano per non rimanere a lungo qui. I palazzi si susseguono secondo lo stesso monotono ritmo, ma a spezzare questa continuità ci pensa un grande palazzo di marmo bianco, identico a quello della visione. Sono spaventato, è inutile non ammetterlo. Vorrei andare via, molto lontano, ma mi accorgo che tutto il potere malefico si accentra in quel palazzo. Come in una prospettiva, il palazzo è il punto in cui convergono tutte le linee, il punto di fuga. Guardo attentamente l’entrata del palazzo, per fortuna non c’è nessuna bimba demoniaca che salta la corda. Questo pensiero almeno in parte mi rassicura. Ma solo in parte. Spinto da una forza invisibile, comunemente chiamata curiosità, decido di entrare e di affrontare tutto ciò che si cela all’interno dell’edificio. Attraverso la strada in fretta fermandomi ad osservare l’insegna del posto che recita: “Wolframe & Hart sezione distaccata, Londra”.

“Ciao! Tu devi essere Whistler!” una vocina allegra mi saluta. Una bambina dai codini biondi, con il ginocchio sbucciato e la gonna sporca di sangue mi sta salutando. È la stessa della visione.

“Chi sei? Come fai a sapere il mio nome?” nonostante abbia la consapevolezza che in questo luogo ci sia più potere oscuro che sulla Bocca dell’Inferno e di essere al cospetto di un demone dal corpo di bambina non sono spaventato. La voce allegra della bimba mi tranquillizza, mi infonde una calma pericolosa per un demone assopito come me. Già, perché io sono assopito, vero?

“Io sono Jade e ti stavo aspettando.” mi porge la piccola manina paffuta e mi conduce all’interno dell’edificio.

Un baluginare incerto di una piccola candela cattura il mio occhio non appena dentro. È posata su un banco, una specie di reception. Tutto di splendido marmo bianco. O almeno, credo che sia marmo. La bimba mi spinge su per le scale fino a un corridoio buio. L’edificio è deserto, vuoto, e questo non fa altro che accrescere la sensazione di malessere interiore che provo. La bimba si allontana un attimo lasciandomi la mano per accendere la luce del corridoio.

“Si dimenticano sempre di accenderla”. mi spiega gonfiando indignata le guanciotte. Una domanda mi sorge spontanea: ma chi è questa bambina?

“Dove hai lasciato la corda?” le chiedo riferendomi alla corda che saltava nella visione.

“Nell‘ufficio di papà.”

Potrebbe non essere un demone. È solo una bimba innocente a mio avviso. Emana purezza da ogni poro in contrasto con la malvagità del posto. Anche mentre saltava e cantava aveva un non so che di puro. Bianco.

Le canticchiai il motivetto sconosciuto che avevo sentito in sogno. “Che cos’è?”

“Non lo so, mi dispiace, signore. Ma adesso potrebbe chiederlo al mio papà.”

“E’ da lui che mi stai portando?”

“Sì. Lui ti potrà dare le risposte che cerchi.”

“Ma come mi può dare delle risposte se io non ho domande?”

“Io sono solo una bambina!” si giustificò. “Non so queste cose di voi grandi.”

Questa bimba è troppo innocente per essere un demone. O per diventarlo.

“Ecco, siamo arrivati.” mi dice indicando una porta che reca la scritta: avv. D. Sheridan. Buona fortuna.

Sto per bussare alla porta, quando Jade mi anticipa ed entra facendomi segno di seguirla. Questo posto deve essere una specie di seconda casa per lei, sembra essere a sua agio in mezzo a quest’aura di malvagità. La stanza al di là della porta è un semplice bureau di legno chiaro. Computer, scrivania, poltrona, sedie, libreria. Tipico ufficio di un avvocato. Ma una cosa attira subito il mio sguardo: una corda abbandonata per terra. La stessa che usava la bambina nel sogno. Jade che adesso è affianco a me che mi tiene la mano e mi fa accomodare su una poltroncina di fronte alla scrivania. Dall’altra parte della stanza, vicino a una bandiera inglese c’è un uomo che prende in braccio Jade e si avvicina a me. Indossa un completo giacca e cravatta blu scuro, camicia azzurra e cravatta in tinta. Il prototipo dell’uomo comune con i suoi capelli leggermente brizzolati. Prima di sedermi gli stringo la mano dicendogli il mio nome.

“Whistler Smith” Cognome scelto al momento tra i più comuni che si esistono al mondo. Come Lopez o Cortez in Spagna, Rossi in Italia, Smith e Murphy in Inghilterra.

“Non c’è bisogno che si inventi nomi finti, io so chi è lei.”

“E lei? Chi è?”

“Non ha letto sulla porta?” chiede posando a terra Jade che corre a prendere quella dannata corda e cominciare a saltarci. Il ritmo però non sembra quello della visione. No, non lo è affatto. “Sono l‘avvocato Desmond Sheridan capo della sezione distaccata di Londra della Wolframe and Hart, conosce?”

“No, mi dispiace.”

“Davvero? E pensare che dalle nostre fonti è venuto fuori che lei era la guida spirituale del vampiro con l’anima.”

“Probabile, ma non ho mai sentito parlare di voi.”

“Se non le dispiace rimanderei la questione del chi siamo a dopo, adesso c‘è una faccenda molto più importante che ci aspetta. Jade, vai a giocare in giardino.” dice rivolgendo le ultime parole alla bambina che dopo aver dato un bacio sulla guancia all’avvocato se ne va. Tranquillamente. Sempre con quella maledetta corda.

Fisso in modo piuttosto contrariato il signor Sheridan in attesa di un suo discorso che chiarisca il motivo che giustifichi la mia presenza in questo luogo così malvagio. Non sono a mio agio e lui se ne accorge. Mi porge del tè che gentilmente rifiuto. Non ho assolutamente voglia adesso. Lui non parlerà mai se non incomincio io.

“Cosa ci faccio qui?”

“Questo dovrebbe saperlo lei, ” comincia mentre versa il latte nel tè. “è lei che ci ha degnato di una sua visita, signor Whistler. E devo dire che era ora che venisse.”

Ogni suo movimento è lento, studiato. Possibile che per versarsi un po’ di zucchero ci voglia tutto quel tempo? Impossibile. È peggio di, uhm non saprei a chi paragonarlo. La mia conoscenza televisiva al momento sembra essere andata a farsi benedire. Bene, meglio per me.

“Sono stato come richiamato da questo posto” dico quasi per giustificare la mia presenza qui.

“Beh, probabile. Ma ora parliamo di una cosa che mi sta molto a cuore: mia figlia Jade.” fa una pausa. Si passa una mano sulla fronte. È stanco e probabilmente questa notte non ha dormito un granché. Chissà se la mia visione ha a che fare con tutto questo.

“Vede, spesso, ultimamente mi è apparsa in sogno in versione demoniaca. Mi sono informato presso le forze dell‘essere che mi hanno detto il suo nome. Forze dell‘essere, conosce?”

“Sì” rispondo atono. Eccome se le conosco. Mi hanno rovinato la vita da demone.

“Mi hanno detto che mia figlia è una predestinata perché nata sotto lune sfavorevoli. Ma soprattutto indicandomi il suo nome, mi hanno precisato anche il modo con cui lei potrebbe essermi d‘aiuto.”

“E? Di cosa si tratta?”

“Una visione. Una visione con una specie di filastrocca in sanscrito o forse aramaico. Jade la dovrebbe cantare il sei giugno 2006 alle otto di sera per diventare una sorta di demone con fattezze da bambino.”

“E io cosa ci posso fare? Qual è il mio ruolo in merito a questo?” chiedo già intuendo la risposta.

“Deve riferirmi cosa dice precisamente la filastrocca così da poterla cercare e trovare un controincantesimo efficiente.”

“Si rende conto che se sua figlia è una predestinata niente si potrà fare contro il suo destino?”

“Ci voglio provare. È solo una bambina.” sussurra con voce incrinata. Ecco un motivo per cui non vorrei avere un cuore. Ci soffro orribilmente. È straziante ascoltare un padre che è consapevole di avere in mano l’unica carta che potrà salvare la sua bimba. Povera bambina, non possiamo niente contro il destino, il fato.

“Tutto questo deve stato scritto millenni prima della sua nascita. Non si può fare nulla!” sto alzando il tono della voce.

“Dobbiamo fare qualcosa.” non sembra volersi rassegnare all’idea. È così ostinato. “lei deve fare qualcosa!”

Quell’uomo mi ha spossato. Non reggevo più l’immenso dolore che proveniva dalla sua aura e così me ne sono andato lasciandolo solo. Esco dall’edificio trascinando i piedi e riflettendo sul da farsi: non posso non aiutarlo. Mi dispiace ma sono solo un povero demone senza alcun potere. E straziato come non mai comincio a piangere. Povera bambina. Sono inutile.


Potrò sembrare una patita di wrestling da questa ficcina e non posso fare altro che dire di sì. Il titolo è preso dalla finisher del mio amato Matt Hardy, la twist of fate, il giro del destino. Ora non sto qui a descrivere ogni singolo accenno vago della storia che avete appena letto, ma sono qui per ringraziarvi per averla anche solamente letta e/o recensita. Grazie, grazie mille. E’ stato strano descrivere i pensieri di un personaggio che, praticamente, appare solo una volta. Strano, ma piacevole. Io adoro i personaggi secondari e Whistler su tutti. Beh, grazie mille ancora *__* e scusate il finale non finale.

   
 
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