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Autore: TooLateForU    26/07/2012    5 recensioni
Sindrome di Stoccolma: condizione psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro può manifestare sentimenti positivi (talvolta giungendo all'innamoramento) nei confronti del proprio sequestratore.
Sindrome di Madison White: condizione psicologica nella quella dopo un rapporto di merda con un ragazzo di merda che ti ha trattata di merda continui ad andargli dietro per nessuna buona ragione.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  “Ti voglio fuori di casa mia entro cinque minuti. Muoviti.”

E si era mosso sul serio. E ci aveva messo cinque minuti esatti, non un secondo di più o un secondo di meno.
Sul momento mi era sembrata una buona cosa da fare. Cioè, una bella frase ad effetto, con tanto di sguardo gelido e mascella contratta da vera dura, però non mi aspettavo che lo facesse sul serio.
Dov’era finito il ‘lotta per la tua donna’? Non avrebbe dovuto fare mille storie, non avremmo dovuto litigare ancora per ore e finire con del sano sesso di riappacificazione?
No. Niente di tutto di ciò. Aveva semplicemente raccattato disordinatamente tutte le sue cose per farle scivolare in un borsone e poi, senza guardarmi, mi aveva superato ed era uscito di casa.
Bum. Porta sbattuta, chiusa.
E non era tornato.
 
I don’t hear, I don’t see, I do nothing but think of you..
 
Ma la colpa era mia. Che avevo detto quelle parole, quel dannatissimo periodo, pensando l’esatto contrario. E avevo sperato che lui capisse, che in qualche modo leggesse tra le righe, che capisse che quando lo allontanavo non volevo altro che lui si avvicinasse di più.
Che ogni ‘ti odio’ non era altro che un ‘ti amo’ più sofferto.
Che ogni ‘vattene’ era un ‘abbracciami più forte’.
Che ogni ‘sto bene, smettila di chiedere’ era un ‘aiutami’.
Dio, mi sento una matta da legare. Sono completamente impazzita? Voglio tutto e il contrario di tutto.
No, cazzate. Io voglio solo lui, e basta.
 
do you know the difference between love and obsession? and what’s the difference between obsession and desire?
 
Perchè l’avevo cacciato? O meglio, lo sapevo perchè, ed un presunto, possibile, probabile tradimento era un’ottima ragione per cacciare qualcuno da casa propria, ma allora perché non riuscivo a convincermene?
Dio santo, come vorrei odiarlo. Odiarlo sul serio, odiarlo a tal punto di strappare ogni nostra foto riducendola in coriandoli senza dover passare due ore e un quarto a ricercare tutti i minuscoli pezzetti sotto al divano per ricomporla.
E invece no, invece sono sdraiata su questo dannato letto da quelli che mi sembrano secoli a fissare il soffitto e sperare che Tom Kaulitz piova dal cielo.
Ma perché non aveva capito? Perché non mi aveva capita?
Ma, perché, e se, e allora…tutte queste domande mi stanno bruciando il cervello, dannazione.
Forse ho una specie di malattia, come si chiamava quella delle persone che si innamorano di chi le rapisce o tortura? Sindrome di Henliski..
..di Strasburgo..?
Stoccolma, sindrome di Stoccolma, ecco come si chiamava! Ecco, più o meno tra me e Tom incorreva la stessa relazione di un rapitore con la sua vittima.
Era entrato (rotolato, caduto..) nella mia vita senza troppe parole, senza bussare o chiedere il permesso, perché Tom non è uno di quelli che chiedono ‘scusa’ o ‘per favore’.
No, lui era arrivato, mi aveva catturata e non mi lasciava più andare. C’era qualcosa nei suoi modi, nei suoi occhi, nelle sue battutine, che mi portava al confine tra il volerlo prendere a ginocchiate o baciare per un tempo indeterminato.
Era sempre come essere sul filo di un rasoio, con Tom, ed avere sotto duemila metri di totale buio. Dovevo stare attenta a dove mettevo i piedi, se non volevo sprofondare.
Peccato che il più delle volte era lui a darmi una spinta per rotolare nel profondo.
Ma, nonostante tutto, io lo amavo ancora.
 
you keep me under your spell, you keep me under your spell..
 
Toc. Toc.
Sgranai gli occhi, domandandomi se stessi sognando o no.
Toc. Toc. Toc.
No, non stavo sognando. Qualcuno bussava alla porta, e neanche con troppa delicatezza. A questo punto, se fosse stato un sogno, mi sarei svegliata no?
Girai la testa verso la sveglia tonda e verde sul comodino, che segnava le due e trentotto di notte, poi misi a sedere lentamente sul letto e posai i piedi nudi sul marmo freddo.
Toc. Toc. Toc. Toc. TOC.
Il mio primo pensiero corse a Tom
Il secondo alla mazza da baseball che tenevo nello sgabuzzino.
Il terzo al diciassettenne del quarto piano che non aveva ancora chiaro il concetto di ‘bere otto lattine di birra in un quarto d’ora per una scommessa FA MALE!’
Mi avvicinai velocemente alla porta, sentendomi molto come una di quelle ragazze semi svestite da sole in un’enorme casa che vengono brutalmente uccise da un mostro senza-faccia.
Non pensarci, non pensarci, non pensarci..
Spalancai l’uscio, e per poco il corpo di Tom non mi si sfracellò addosso.
“AAAH!”
“Cazzo ti urli, Mad? Sono le tre di notte!” borbottò lui, irritato.
Io respirai profondamente, chiudendo gli occhi solo per un secondo, prima di riaprirli e registrare ogni singolo dettaglio del suo viso.
Dio mio, lo conoscevo a memoria quel viso, e rimanevo senza fiato ogni volta.
Resta lucida, resta lucida, resta lucida!
Ora ti ricordi che sono le tre di notte? E quando stavi sfondando la porta che ore erano, secondo te?” sibilai, stringendo più forte la maniglia.
Lui sospirò, scompigliandosi velocemente i dreads quasi preistorici sulla sua testa. Mi accorsi che aveva delle profonde occhiaie sotto gli occhi, e puzzava di birra da due soldi.
“Senti, mi fai entrare?” continuò, fissandomi negli occhi. Io restai in silenzio, mentre sentivo agitarsi una vera e propria guerra dentro la mia testa.
Sì, sì che ti faccio entrare, ti faccio entrare e non ti lascio più, ti faccio entrare e sarà per sempre.
“Io non..no..”
“Per favore.”
Mi sentii quasi crollare, smontata. Stava chiedendo per favore. Stava pregando, per la prima volta nella sua vita.
Dovevo farlo entrare?
Volevo farlo entrare?
Che cosa stavo facendo?
“Mad, mi dispiace, okay? E’ tutta colpa mia, sono un coglione del cazzo e ne pago le conseguenze, ed è giusto così, ma ti giuro che mi sento una merda. Avrei dovuto dire di no, lo so, vorrei aver detto di no. Perché non ne valeva la pena, davvero, e nessuna varrà mai la pena in confronto a te. Non me ne frega niente delle altre, Mad, sono serio. Non le guardo nemmeno. Cioè, le guardo, ma non come quando guardo te mentre dormi, o mentre ridi, o mentre mi prendi a sberle. E non ho sentito niente, con quella, mentre quando sono con te sento di tutto..Hai presente i merdosi frullati di frutta di Bill? Hai presente come li shakera? Ecco, mi sento come quei frullati quando sono con te e l’ho capito, ora.”
Non so dire con esattezza a quale punto, parola o intera frase avevo cominciato a sentir vorticare furiosamente la testa. Non so dire con esattezza quando decisi che da ora, da quel preciso istante, sarebbe stato per sempre, ma lo decisi.
E lo feci entrare. E richiusi la porta.
“Ci hai messo un secolo.”
“C’era traffico.”
Lo attirai a me, e lo strinsi nell’abbraccio più forte che potessi. Mi accarezzò la schiena, mentre io affondavo la testa nel suo collo.
“Una curiosità: come era a baciare quella tipa?” chiesi, quasi mormorando.
“Uno schifo. Sono stato quasi divorato, e continuava a sbavare sulla mia camicia.”
Sorrisi, prima ti tappargli la bocca con un bacio.
Per sempre.
 
 
 
 
 
 
 
Non so cosa pensare di questa one-shot. E dire che l’ho scritta io.
In realtà la trovo un po’ macabra. Stavo pensando ad una persona che conosco, che aveva una relazione praticamente morbosa con un altro, e poi ho cominciato a scrivere.
E non so bene cosa sia uscito fuori. Boh. Fatemi sapere, se vi va.
Besos.
 
p.s i pezzi scritti in corsivo sono spezzoni della canzone ‘under your spell’ dei Desire. Sentitela, merita.

   
 
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