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Autore: sissi149    27/07/2012    4 recensioni
Avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua vita. Era quello che le era sempre stato detto da tutti, sua madre, sua zia, sua sorella maggiore, l'aveva sentito in ogni romanzo, in ogni film sdolcinato e in ogni soap opera di quart'ordine. Perfino Sanae, quando era stato il suo turno, era caduta nel cliché della famosa frase. Eppure Yayoi sentiva che c'era qualcosa che non andava...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe dovuto essere il giorno più bello della sua vita. Era quello che le era sempre stato detto da tutti, sua madre, sua zia, sua sorella maggiore, l'aveva sentito in ogni romanzo, in ogni film sdolcinato e in ogni soap opera di quart'ordine. Perfino Sanae, quando era stato il suo turno, era caduta nel cliché della famosa frase. Eppure Yayoi sentiva che c'era qualcosa che non andava: in quelle condizioni la giornata poteva finire decisamente in fondo alla classifica.

La sarta se n'era appena andata: l'aveva aiutata a infilare il vestito senza rovinarlo, con quello che era costato a suo padre ci mancava soltanto che non arrivasse integro nemmeno alla cerimonia.

Yayoi guardò fuori dalla finestra e vide camerieri e facchini intenti a sistemare il giardino dell'hotel per il banchetto di nozze. La cerimonia vera e propria si sarebbe svolta nel salone interno. Il suo fidanzato non aveva badato a spese, le aveva fatto riservare la migliore suite solo per prepararsi. Quello che ogni donna vorrebbe, ma...

Arrivò la parrucchiera e le acconciò i lunghi capelli rossi sopra la testa. Poi fu la volta dell'estetista. Sua madre appariva e spariva di continuo, sua sorella cercava di dividersi tra lei, il figlio, l'ex marito e il secondo marito. Yayoi sorrideva a tutte, ma più sorrideva, più si accorgeva di quanto il sorriso fosse di circostanza.

Terminate tutte le operazioni chiese di poter restare sola fino al momento di scendere nel salone. Si mise davanti al grande specchio a figura intera e si rimirò. Sembrava una principessa, non c'erano dubbi. Studiò il vestito, l'ampia gonna, i complicati intrecci di perline e cristalli che ornavano il corpetto, il fiore che chiudeva l'acconciatura dei capelli, che richiamava quelli del bouquet. Vedeva tutto questo come un'estranea che guarda un'altra persona sul punto di commettere il più grande errore della sua vita. Non si era accorta nemmeno che la porta si fosse aperta e qualcuno fosse entrato.

“Sei bellissima.”

Quella voce la fece voltare di scatto.

“Jun! Cosa ci fai qui? Non dovresti...”

“Dovevo vederti. Devo salutarti un'ultima volta prima che tu faccia il grande passo. Il tuo fidanzato è un uomo fortunato.”

Le sorrise come solo lui sapeva fare, in quel modo che lo rendeva così affascinante nonostante fosse vestito solo con una maglietta e un paio di jeans. Perché Jun Misugi era il grande assente di quel matrimonio. Yayoi ricordava lo shock di sua madre e sua sorella quando quello che consideravano il suo migliore amico aveva mandato la risposta negativa all'invito, mentre lei, nonostante sperasse nella sua presenza, aveva sempre saputo che sarebbe andata così, dopo quello che era successo durante il loro ultimo incontro. Vederlo lì, sorridente, sentire il suo abbraccio, la confuse ancora di più.

“Te lo ripeto, sei una sposa bellissima. Niente velo?”

Aoba aprì la bocca per rispondergli, ma una fitta allo stomaco la bloccò e la fece scappare in bagno. Riuscì a raggiungere la tazza giusto in tempo per il primo conato. Mentre vomitava sentì uscire anche l'anima. Irrimediabilmente la sua mente tornò a quella maledetta notte di un mese e mezzo prima.

 

 

Erano usciti insieme, come ai vecchi tempi. Lui era in città solo per qualche giorno, poi sarebbe ripartito. Tra un ricordo e un aggiornamento sulle loro vite, avevano entrambi bevuto un paio di bicchierini di troppo. Prima c'era stato un semplice bacio, quasi innocente, poi erano diventati più di uno. Erano fuori dalla sua camera d'albergo, si salutavano. Un attimo dopo erano dentro. Lei gli aveva tolto la giacca, lui le aveva sfilato il coprispalle. La camicia, i pantaloni, la gonna caddero uno alla volta sul pavimento. Senza quasi rendersene conto Yayoi si trovò sdraiata sul letto, con lui sopra. Si baciavano, si toccavano, ansimavano e nessuno dei due pareva esserne sazio. Una remota parte del cervello di Yayoi cercava di farle riacquistare lucidità, prima che le cose diventassero irrimediabili, ma l'altra si fece trasportare dal momento, non riuscendo a trovare nulla di sbagliato in quello che stava facendo. Lo amò e si lasciò amare, fino a gemere di piacere. Poi appoggiò la testa contro il suo petto e si fece cullare nel sonno dai battiti del cuore che ritornavano regolari.

 

 

Si pulì meglio che poté il volto e uscì dal bagno, dirigendosi al letto. Da sotto il materasso estrasse un sacchetto della farmacia e lo guardò pensierosa. Non poteva andare avanti così, doveva sapere.

“Yayoi, stai bene?” Jun la guardava incerto.

“Non lo so ancora. Chiudi a chiave per favore, non voglio che entri nessuno mentre faccio questo. Non posso sposarmi senza essere sicura di questa cosa.”

Mostrò la scatola del test di gravidanza e tornò in bagno, mentre l'uomo ubbidiva.

“Fatto, ora bisogna solo aspettare.” Si sedette esausta sul divanetto, prendendosi la testa tra le mani. Stava per scoppiare una bomba, se lo sentiva.

“Forse è meglio che me ne vada adesso.”

Yayoi scosse la testa:

“No, resta. Ho bisogno che ci sia qui qualcuno.” Ho bisogno che ci sia tu, ma non glielo disse. Lo vide sedersi accanto a lei.

I secondi passavano lenti, il tempo sembrava dilatarsi nella sua testa, non riusciva a pensare a niente, nemmeno a cosa fare una volta avuto il responso.

“Andrà bene.”

Sentire da Jun quelle due parole le diede un po' di forza. Quasi tutti avevano sempre pensato che, durante gli anni della malattia, fosse stata lei a dare forza al ragazzo. Ed era così, da una parte, ma dall'altra, era lei stessa ad assorbire forza da Jun. Una sorta di scambio reciproco, quasi simbiotico. Forse aveva ragione lui, qualunque fosse stato il risultato del test ne sarebbe uscita, in un modo o nell'altro.

L'orologio sulla parete segnò le due e trentacinque: meno di mezz'ora e avrebbe dovuto scendere a sposarsi. Si alzò per leggere il risultato, i suoi timori divennero certezza.

“Sono incinta.”

Sentì le mani di Jun appoggiarsi sulle sue spalle scoperte.

“Sarai una mamma fantastica, ne sono sicuro.”

“Non posso sposarmi.” Esalò in un soffio. Sentì lo stomaco contrarsi, questa volta non per la nausea della gravidanza. “Il bambino non è del mio fidanzato.”

“Ne sei sicura?”

Si voltò verso l'uomo, doveva dirglielo guardandolo negli occhi, voleva conservare un minimo di dignità.

“Sì. Dopo che abbiamo reso ufficiale il fidanzamento, cinque mesi fa, non siamo più stati insieme, volevamo aspettare la prima notte di nozze. Era un modo per cercare di rispettare la tradizione.”

Abbassò gli occhi, si sentiva sporca, come mai si era sentita: aveva tradito l'uomo che avrebbe dovuto amare per tutta la vita e che la stava aspettando all'altare, mentre lei portava in grembo il figlio di un altro.

Misugi rimase interdetto:

“E' mio?”

 

 

La mattina, quando si svegliò, Yayoi si accorse di essere ancora appoggiata al petto di Jun. Il suo cuore batteva lento e regolare: dormiva. Per un attimo pensò di chiudere gli occhi e restare lì ancora un po'. Non poteva, doveva andarsene al più presto. Colla lucidità del mattino non poteva perdonarsi quello che aveva fatto nell'oscurità della notte. Faticò a sollevarsi, quel battito regolare era come una calamita per lei, l'attirava. Passò delicatamente le sue dita sul profilo della cicatrice, fino a fermarsi nuovamente sul cuore, voleva sentirlo ancora, calmo come in quell'istante o frenetico come quella notte. Uscì dal letto, raccolse i suoi vestiti sparsi per la stanza e si rivestì, cercando di fare il meno rumore possibile. Era meglio che Jun non si svegliasse, che non la vedesse andare via. Mentalmente pregò che avesse bevuto al punto da non ricordarsi nulla. Non avrebbe potuto sopportare il suo sguardo disgustato. Uscì e chiuse la porta dietro di sé, lasciandosi alle spalle ciò che era avvenuto in quella stanza.

 

 

“Non volevo metterti in questa situazione, mi dispiace.” Scoppiò a piangere, la tensione degli ultimi giorni la stava facendo crollare. Jun l'abbracciò, forte, come non aveva mai fatto. Restarono così per alcuni istanti.

Qualcuno bussò alla porta.

“Yayoi, tesoro, sono la mamma. Tutto bene? Vado a prendere papà nell'altra ala così ti accompagna di sotto.”

“Va bene mamma.” Cercò di mantenere un tono fermo. Quando fu sicura che se ne fosse andata, si rivolse all'uomo di fronte a lei.

“Portami via! Portami dove nessuno possa trovarmi, ti prego. Non posso affrontarli adesso.”

Misugi annuì e con un fazzoletto le asciugò le lacrime.

“Cambiati, svelta, abbiamo poco tempo.”

Yayoi cercò di togliersi l'abito, ma più ci provava, più non riusciva ad aprire il corpetto. Stava quasi pensando di strapparlo, ma Jun venne in suo soccorso. In pochi istanti fu pronta.

“Credi che ce la faremo?”

“Ci basta arrivare in fondo al corridoio, poi c'è la scala anti incendio.”

Jun controllò che non passasse nessuno, la prese per mano e la portò fuori.

Yayoi si voltò un'ultima volta verso la stanza, si soffermò sul suo vestito, il suo bellissimo vestito tutto stropicciato e gettato in un angolo. Pensò al conto in banca di suo padre. Gliel'avrebbe ripagato, era il minimo che poteva fare, dopo tutto il casino che sarebbe successo non appena avessero scoperto la sua fuga. Nonostante tutto, per la prima volta quel giorno, sentì che stava facendo la cosa giusta.

Arrivarono in fondo alla scala senza nessun problema, fino a che:

“Jun! Credevo non saresti venuto!”

Yayoi sentì il terreno cederle sotto i piedi, li avevano scoperti. Era la fine.

“Hikaru, non adesso, non è il momento. Ti spiegherò. Dobbiamo andare.”

Il difensore li guardò incuriosito, poi disse:

“E' meglio se fate il giro largo, lì c'è un gruppo di invitati. Buona fortuna.”

Aoba non ebbe nemmeno il tempo di ringraziarlo, che Matsuyama era già sparito. Lo sentì tentare di convincere Yoshiko e Sanae ad andare a vedere i quadri della hall.

Misugi la strattonò e ripresero la loro fuga.

 

 

Yayoi guardò l'orologio sul cruscotto dell'auto di Jun. Erano un paio d'ore che l'uomo stava guidando, ormai erano in aperta campagna. Immaginò la delusione dei suoi genitori nello scoprire che la loro figlia aveva abbandonato tutto, la rabbia del fidanzato per essere stato mollato sull'altare. Ed era solo una piccola parte di quello che sarebbe successo quando l'intera verità fosse venuta a galla. Sospirò profondamente.

“Stai bene? Devo fermarmi?”

“No, ti prego continua.”

“Siamo quasi arrivati.”

Si fermarono davanti ad un cancello. Jun scese, spostò un grosso vaso e recuperò un mazzo di chiavi, con cui aprì. Yayoi vide una villetta. Aveva l'aria di essere quasi abbandonata.

“E' dei miei genitori. Ormai è parecchio che non ci vengono. Nessuno ci cercherà qui. E Hikaru non ci tradirà, potrei mettere la mano sul fuoco.” Le spiegò mentre, una volta all'interno, toglieva un telo dal divano e apriva una finestra per arieggiare.

Aoba si sedette.

“Grazie per quello che stai facendo, non me lo merito.”

“Lo faccio anche per me. Dobbiamo parlare.” Le rispose, sedendosi poi accanto e prendendole le mani fra le sue. Lei le ritrasse d'istinto e ricominciò a piangere.

“Io non mi merito niente. Sono solo una vigliacca. Sono scappata dal mio quasi marito, dalla mia famiglia, da tutti come sono scappata da te quella mattina. Sospettavo di essere incinta, ma sono arrivata fino a questo punto perché avevo paura di esserne sicura. Avevo paura di far crollare tutto, invece è crollato tutto lo stesso. Ho tradito chi più mi vuole bene e sono pure scappata.”

Nascose il viso tra le mani, si sentiva... non sapeva neppure lei come si sentiva, stava male per quello che aveva fatto, eppure era sollevata di non essere più sul punto di sposarsi.

Jun scivolò davanti a lei cercando di costringerla a guardarlo.

“Qui se c'è un vigliacco, sono io.”

Yayoi alzò lo sguardo di colpo, stupita e colpita.

“Per tutta la vita, ho avuto ragazze e donne con cui era facile stare, che amavano di me l'immagine data dalla tv e dai giornali.”

Aoba non faticò ad immaginare le copertine delle riviste di gossip degli ultimi anni, in cui Misugi appariva con la modella, la soubrette o la celebrità di turno.

“Sai meglio di me che non ho avuto storie che siano durate più di sei mesi. La verità era che non volevo impegnarmi con loro, c'era un'altra donna, l'unica con cui avrei voluto impegnarmi, ma avevo paura che in me lei non vedesse altro che un amico. Il codardo sono stato io, dopo quella notte. Avrei potuto chiamarti, avrei voluto cercarti, avrei dovuto dirti che, nonostante avessi bevuto, ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo. Non volevo venire al matrimonio, perché non avrei resistito a vederti sposare un altro. Sono venuto prima, perché mi sembrava di farti un torto a non salutarti nemmeno. Se non fosse stato per questo bambino, io ti avrei lasciata andare senza fare niente. - Allungò una mano e l'appoggiò sul suo ventre – Yayoi Aoba, io ti amo, più di ogni altra cosa, e amo già anche nostro figlio. Io credo, anzi, sono convinto che un simile miracolo non possa essere avvenuto se quello che abbiamo fatto fosse stato un errore e basta.”

Yayoi aveva ascoltato tutto in silenzio, attraversata da mille emozioni contrastanti: senso di colpa, sollievo, confusione sui suoi stessi sentimenti, rifiuto della situazione, rabbia. Si alzò di scatto e si allontanò da lui.

“E mi dici questo solo ora? Quando ormai ho perso tutto? Quando dirti sì sembra essere l'unica via d'uscita possibile per me? Quando...”

All'improvviso, nella sua invettiva, capì quello che aveva sempre avuto dentro, che il suo cuore aveva cercato di farle capire più volte, ma la sua testa negava: Jun Misugi era sempre stato il suo unico vero amore. Per questo motivo quella notte era stato così facile lasciarsi andare con lui, abbandonarsi ai suoi baci e alle sue carezze senza opporre resistenza. Era stato qualcosa che avrebbe dovuto accadere molto tempo prima, ma le insicurezze di entrambi l'avevano sempre impedito.

“Mi hai messa con le spalle al muro. Forse avevo bisogno di questo per capire che l'unico uomo che potrei amare davvero l'ho sempre avuto accanto, che non era stata solo una stupida cotta adolescenziale.”

In pochi passi Jun la raggiunse, l'abbracciò e la baciò con passione.

Yayoi non sapeva più se le sue lacrime fossero di disperazione o di felicità, ma non le importava: aveva trovato il bandolo della matassa. Certo, aveva ancora parecchie cose da sistemare, da affrontare, ma sapeva di non essere sola.

Se non il più bello, quel giorno era diventato di sicuro il più importante della sua vita.







Un ringraziamento a quanti sono arrivati in fondo a questa shot.

Un grazie particolare a berlinene per la lettura in anteprima e i buoni consigli dati. Grazie per sopportarmi. :)

  
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