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Autore: _CassidyDiamond    28/07/2012    0 recensioni
Ed è questo il fatto. Vado via ancor prima di farmi conoscere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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 Era una giornata come le altre. Dopo essere uscita da scuola mi ero subito precipitata nella fermata dell'autobus ma appena girata l'angolo, ecco la solita scena di tutti i giorni: l'autobus extra pieno che mi passava davanti agli occhi. Come al solito l'avevo perso, decisi quindi di prendere il mio lettore musicale e di ascoltare la musica per evitare di chiacchierare con dei compagni di scuola. No, non sono un asociale, ma quel giorno ero troppo su di giri che non mi andava proprio di parlare con nessuno.

Appena arrivata a casa, presi solo una scatola di cereali dalla cucina e mi rifugiai in camera mia così in fretta che non mi accorsi nemmeno degli scatoloni che riempivano la casa. Li notai solo quando finalmente decisi di uscire e di prendere un bicchiere d'acqua.

«Scusa, per cosa sono tutte queste scatole?» chiesi a mia madre che era lì vicino.

«Volevo aspettare che sia tuo padre a darti la notizia, ma non fa niente: ci trasferiamo tesoro!» era così felice che quasi mi sentivo incolpa di interrompere tutto quel entusiasmo.

«Stai scherzando, vero? Io non voglio trasferirmi! La mia vita è qui e sinceramente non mi va di ricominciare tutto da capo! Lo sai che mi sono fatta in quattro per rendere la mia vita, come dire, sopportabile, qui da quando ci siamo trasferiti l'ultima volta e cioè cinque mesi fa! Solo cinque mesi fa! E tu adesso mi vieni a dire che ci trasferiamo di nuovo? » Ero così arrabbiata che non riuscivo più a fermarmi.

«Lo so che è difficile, ma tuo padre ha appena ricevuto una promozione. Tesoro, è una grande occasione! » era anche lei consapevole del fatto che mi ero davvero impegnata per rendere la mia vita il normale possibile e che il mio impegno cominciava a dare frutto solo nelle ultime settimane visto che dopo quasi cinque mesi mi ero finalmente fatta delle amiche.

«Ma vi rendete conto di quello che mi state facendo fare? Nell'ultimo anno ci siamo trasferiti almeno quattro volte! Per un adolescente come me non è facile mamma! Cerca di capirlo! Abbi almeno la pazienza di dirmi per quanto dobbiamo restare in un posto così non mi faccio in quattro per farmi una nuova vita se poi quando riesco a farne una ci dobbiamo di nuovo trasferire! Non ne posso più! Sono stanca di costruire nuove vite di continuo! Basta! » Ero talmente arrabbiata che non riuscivo nemmeno a controllare il volume della mia voce. Urlavo con tutto il mio fiato, urlavo così forte da far venire mio fratello in cucina che stava nella stanza accanto a giocare con i video games.

«Ma cosa succede? » chiese.

«Ma non sei costretta a costruire una nuova vita, potrai continuare a sentire i tuoi amici. Potrai persino venirli a visitare! Ti prego tesoro, non farne una dramma! » rispose mia madre ignorando del tutto la domanda di mio fratello Jake.

«Mamma non capisci! Tutti mi voltano le spalle appena mi trasferisco in una nuova città! Tutti! » cominciai a lacrimare anche non volendo.

«Se ti voltano le spalle allora non sono dei veri amici! A questo punto è allora meglio perderli! » cominciava anche lei ad urlare.

«Ma è questo il fatto mamma! Non riesco ad instaurare un rapporto di profonda amicizia con loro perché il tempo non è mai abbastanza! Ed è quindi ovvio che mi voltano le spalle! Perché vado via ancor prima di farmi conoscere! »

Non ce la facevo più. Le lacrime non smettevano di scendere, mi faceva male la gola per le urla, e avevo una rabbia enorme dentro. Non volevo ricominciare tutto. No, ero stanca!

Ma alla fine cos'altro potevo fare? Era quella la mia vita: una serie di trasferimenti. Anche se non mi piaceva più quella vita, ero costretta a farla. Non avevo altre opzioni.

Solo al pensiero di una nuova casa, nuova scuola, nuovi compagni di classe, nuova città mi faceva girar la testa. Per quella notte continuai a piangere fino ad addormentarmi.

Il giorno dopo, rassegnata, decisi di non andare a scuola e di cominciare ad impacchettare le mie cose. I miei genitori non hanno avuto niente da ridire, in fondo, sapevano che per me era davvero uno sforzo enorme.

Appena scesi in macchina, presi la mia valigia e cominciai a camminare verso la nostra nuova casa che si trovava dall'altra parte della strada da dove ci eravamo fermati.
«Tesoro dove vai? E' qui la casa! » mi disse con entusiasmo mia madre.
La guardai incredula, incerta se stava scherzando o no. La casa che stava indicando era estremamente gigante, con almeno tre piani, ed ero sicura che non potevamo permettercelo. Mi trovavo davanti al cancello di quella villa e spalancai gli occhi appena vidi il nome scritto in grande sopra il citofono: STANFORD.
« State scherzando? Nemmeno vendendo tutta la nostra roba possiamo permetterci questa casa! » dissi senza staccare l'occhio dalla essa.
Mio padre si avvicinò e disse: « Amore mio, fa parte della promozione che ho avuto al lavoro! Non è fantastico? Sono compresi persino i mobili, perciò penso proprio che doneremo questi nostri! »
Bastò uno sguardo tra me e mio fratello per scatenare la gara a chi arriva per primo dentro casa.
Solo l'ingresso era già più grande del salotto della nostra vecchia casa; il mezzo ad essa c'era la scala a sbalzo in legno con la ringhiera con design molto dettagliato.
Scesa i due scalini dall'ingresso, a sinistra c'era un grande salotto con tanto di divini, TV ad almeno 56 pollici e libreria; a destra invece c'era un'altra specie di salotto, molto accogliente e calda e in mezzo c'era un pianoforte, bellissimo!
Collegata alla sala musica - decisi di chiamarla così - c'era la sala pranza, collegata a sua volta al salotto, dove c'era un lampadario molto particolare e un tavolo ovale grande circondato da otto sedie. Proprio davanti al tavolo c'era un apertura grande dove portava in cucina; la cucina era bellissima, aveva uno stile moderno: era pieno di armadietti e il frigo, la.. Insomma, tantissime cose che nemmeno mia madre riusciva ad spiegare a cosa servissero, come quella specie di interruttore che stava vicino al lavandino e che alla fine scoprimmo che era un trash disposal, un'utensile che riduceva qualsiasi cosa in poltiglia.
Non mi era nemmeno passata per la mente dove o come fosse la mia stanza finché non sentì mio fratello urlare dalla felicità dal piano di sopra, e senza esitare lo raggiunsi.
Ma non ci feci nemmeno caso della sua stanza perché i miei occhi erano oramai fissi sulla porta in fondo al corridoio destro. Era una porta bianca con una grande "A" molto dettagliato disegnato sulla porta, e mi avvicinai lentamente sorpassando altri due o tre porte: girai la maniglia e...
« OH MIO DIO! NON CI POSSO CREDERE!! » cominciai a strillare come una matta e poi a salterellare sopra il letto.
« Questa stanza è semplicemente magnifica! Oh mio dio, oh mio dio! E' davvero mio tutto questo? »
Le pareti erano di color rosa pastello; il letto era grande, alto, morbido e caldo; i mobili erano tutti di color bianco e esse illuminavano ancor di più la stanza, e poi c'erano due finestre, grandi, ai lati del letto. ma rimasi a bocca aperta appena notai il nuovissimo computer che stava appoggiata alla scrivania: era grande, era bello, magnifico ed era tutto mio! Solo a guardarlo mi misi a saltare di gioia.
« Tua madre mi ha detto che il tuo vecchio computer è rotto, così abbiamo deciso di comprarti uno nuovo. » mio padre era appoggiato sulla porta e mi sorrideva.
« Beh, sì. E' da un pezzo che è rotto veramente. Ma, papà, tutto questo è davvero mio? Insomma, è troppo! » nonostante ero entusiasta di tutto quel dono di Dio, non riuscivo a non pensare a quanto sono costati. Noi non eravamo una di quelle famiglie ricche, eravamo.. Beh, diciamo che non eravamo né ricche né povere. In mezzo! Ma comunque sia, avrei preferito avere cibo in tavola che un computer costosissimo sopra la scrivania.
« Farfallina mia, per una volta che on dobbiamo pagare la casa, io e tua madre abbiamo deciso di comprare ai nostri bellissimi figli qualcosa di nuovo! Insomma, approfittane, non capiterà più molto presto! »
Musica per le mie orecchie: non sentivo mio padre ridere da tanto, tantissimo tempo, visto che era sempre occupato con il lavoro.
« Okay, okay, va bene! Grazie papà! E comunque, no chiamarmi più farfallina, ho già diciassette anni. Dai, sono grande! » arrossì.
« Ma tu per me sarai sempre la mia piccola farfallina. Sempre! » -e mi diede un bacio sulla testa - « Forza, andiamo a magiare, non so te, ma io ho una grandissima fame. Tua madre ha fatto gli spaghetti! » e prima che potessi dire qualcosa, precipitò giù in cucina.
Il giorno dopo andai alla mia nuova scuola: non so come ma ero esaltata dal pensiero di frequentare quella scuola. Forse perché, facendo delle ricerche, avevo scoperto era l'unica scuola in cui c'era un corso di lingua coreano. Sì, lo so. Era strana come cosa, ma a me era sempre piaciuta quella lingua soprattutto per la scrittura. Infatti, fu il primo corso in cui mi iscrissi.
Oltre alla lingua coreana, seguivo il corso di anatomia, psicologia, sociologia, scienze della natura, matematica e inglese. Cominciai a seguire le lezioni già dal terzo giorno dal nostro trasloco.
Sembrava strano persino per me, ma avevo già fatto amicizia con alcune delle mia compagne del corso di inglese. Eh già.
  
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